Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: teabox    24/01/2014    7 recensioni
Nessuno gli aveva mai fatto notare come il tempo raramente fosse perfetto. E come, in realtà, la mancanza di tempismo fosse uno dei suoi peggiori difetti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: non so bene neanche cosa sia, quello che segue. Avevo bisogno di staccare la testa da un'altra cosa che sto scrivendo ed è uscita questa cosa qui. La lascio a voi, magari qualcuno ha voglia di leggerla. Grazie per la pazienza (perché Tom Hiddleston m'ispira sempre mini-storie strane).

(Ovvio, ma necessario: quello che segue è fantasia.)

 

 

 

Tempo Imperfetto

(esprime azioni o eventi accaduti nel passato e coglie aspetti abituali, descrittivi e continuativi)

 

 

 

Tom non era sicuro di quando glielo avessero detto la prima volta. 

Forse aveva avuto quindici o sedici anni.

Era stata una battuta, nel gruppo dei suoi amici di sempre, nel mezzo di una discussione sulle ragazze. Qualcuno l’aveva detto. “Le piaci”. Così. Qualcun altro aveva riso aggiungendo un “certo che le piaci”, solo per poi continuare con una stringa di oscenità e prese in giro. La cosa era diventata uno scherzo e come tale era stato messo da parte.

Eppure. Se ne ricordava ancora, più o meno. Non che quella frase fosse arrivata come una sorpresa, comunque. Non era mai stato uno stupido e anche allora l’aveva capito già da tempo che sì, lei aveva questa specie di infatuazione per lui.

Ma non aveva saputo come prendere l’informazione - né aveva saputo come farlo per anni, in seguito. 

 

Lei era sempre stata un’amica, ecco cos’era stata. Ma nel tempo Tom non aveva mai esitato ad attraversare appena quella linea, quando necessario. Quando la vedeva allontanarsi un po’. La riportava indietro. E bastava poco, davvero. Un gesto, una parola, un sorriso solo per lei. E lei era di nuovo lì, al suo fianco, l’amica non amica. La ragazza che contava, ma non sapeva quanto. Forse non abbastanza. Forse troppo. Quel genere di persona che conosci da una vita e che durante i discorsi per l’accettazione di questo o quel premio racchiudevi nella frase “grazie a tutti quelli che mi sono sempre stati accanto”. Nessun nome, nessun volto, eppure sempre lì. 

 

Obiettivamente? Obiettivamente lei era sempre stata carina. Perfino bella, ultimamente. Qualcosa era cambiato. Forse lui - ma no, correzione. Lui era sempre lo stesso. Doveva essere lei. Ma non avrebbe mai saputo dire perché non avesse mai cancellato del tutto quella linea che li aveva sempre divisi. Forse aveva tutto a che fare con lui e il suo egoismo. Lei gli piaceva, certo, eppure non aveva mai voluto vederla sotto la luce della potenziale ragazza/fidanzata/compagna. Per anni si era raccontato che era perché non voleva mettere a rischio la loro amicizia, quando in realtà sapeva bene che era una bugia. Squallida, se volete. Egoismo, ecco cos’era. Sapere di avere disponibile questo affetto, questa attenzione e tutto questo sentimento, senza dover dare nulla in cambio.

 

Non sapeva cosa gli avesse fatto cambiare idea. Ah. Forse tutta quella frase era sbagliata. Perché non pensava che fosse stato solo un elemento - un momento preciso - che gli avesse fatto cambiare idea. Nè era sicuro che avesse davvero cambiato idea. Gli era sempre piaciuta. Sempre. Era il volume e l’intensità di quell’attrazione che erano cambiati.

Diciamo allora che - forse - la prima volta che era riuscito ad ammettere a se stesso che qualcosa era diverso era stato quando gli avevano detto che lei si era fidanzata. Era stata un’amica comune a passargli la notizia. Di come lei si sarebbe sposata e sarebbe stata portata via da questo ragazzo “così carino” e che l’adorava “così tanto” e che erano una coppia “così bella” e sarebbero stati “così felici”.

Era stata alla terza vodka tonic che Tom aveva ammesso l’esistenza di un problema.

Poi il fidanzamento era finito. Non aveva mai saputo i dettagli. Non li aveva davvero chiesti, ad essere sinceri. La sua testa era stata troppo occupata a chiedersi cosa fare e come farlo. Aveva deciso, alla fine, di cominciare piano. Piccoli passi. Esserci per lei, per una volta, i ruoli invertiti. Consolarla. 

Si era preparato. Si era preparato per quella serata.

 

E ora lei era lì, dall’altra parte di una stanza piena di amici di vecchia data e facce nuove, e rideva. Non gli era mai sembrata così distante, davvero. Intoccabile, in qualche modo. Per lui, quanto meno. Ed erano bastate solo poche parole sentite per caso.

 

«E pensare che anni fa credevo di essere innamorata di Tom», aveva detto con un tono leggero. Allegro. Divertito. Senza freddezza, senza rancore, senza dispiacere. Si stava prendendo in giro e trattava i sentimenti che aveva provato per lui con la stessa disinvoltura di un errore giovanile. Una sciocchezza. Una scrollata di spalle.

«Ma per quanto tempo puoi rimanere in sospeso, comunque, prima di stancarti di aspettare», aveva poi aggiunto con un’altra risata.

 

E Tom era rimasto per un istante a qualche passo da lei, prima di muoversi nel lato opposto della stanza. Un sorriso sul viso e una battuta pronta per tutti. Anche quando tutto quello che avrebbe voluto fare sarebbe stato coprire quella nuova distanza che li separava, cancellare linee e chiedere scusa, dirle che comunque il tempismo era sopravvalutato e che quello che importava era aprire gli occhi e vedere. Capire. Certo, in ritardo, ma capire. 

 

Ma quando incrociò il suo sguardo, lei gli offrì un sorriso incerto e uno sguardo esitante. Come se vedesse qualcosa sul volto di Tom per la prima volta. Qualcosa che non aveva mai visto prima.

E lui si chiese se il rimpianto lasciasse segni sul viso. 

  
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