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Autore: LaRagazzaConLaSciarpaRossa    26/01/2014    4 recensioni
AU!
Elena Gilbert è una giovane avvocatessa appena laureata che viene convinta dalla sua migliore amica Caroline a raggiungerla a New York dove lavora allo studio legale Somerhalder&Wesley. L'ultima cosa che le interessa è farsi coinvolgere da un ragazzo, ma quando conoscerà Damon Salvatore scoprirà che non è facile dire di no a due occhioni profondi.
Dalla storia "Prima di alzarmi dal letto quella mattina, rimasi avvolta dalle lenzuola leggere per dieci minuti buoni. Avevo sognato Damon. Oddio era così strano chiamarlo per nome. Mi dava l'impressione di conoscerlo. E questo non poteva assolutamente essere più stupido visto che avevamo scambiato appena qualche parola sull'aereo mentre cercavo ripetutamente di non vomitare. Ma dovevo essere onesta con me stessa: mi aveva colpito. All'inizio in modo negativo e dopo in modo molto, molto positivo. Era uno sconosciuto e si era preso cura di me in un momento in cui mi sentivo letteralmente morire"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stop the World I wanna get off With You

 

Pov Elena

 

In quanto avvocato sentivo che il mio lavoro era questo: ricercare la verità nel mezzo di tutte le leggi e gli emendamenti che il Congresso approvava ogni giorno. Ma in quel momento, distesa sul letto e rintanata sotto le lenzuola, l'unico fatto o verità di cui ero certa era che non riuscivo a togliermi dalla testa Damon. Era più forte di me, qualcosa che non riuscivo a controllare, lui e i suoi maledettissimi occhi blu si palesavano in ogni mio pensiero.

Mi succedeva la stessa cosa da ragazzina, quando vedevo il nome del ragazzo che mi piaceva su ogni insegna, programma televisivo o rivista.

“Ma sei ancora qui, perciò una parte di te deve essere intrigata dalla tua proposta”. Una parte di me? Una sola? Possiamo pure dire che tutte le Elena che convivono dentro di me erano intrigate dalla sua proposta, perché le sue battute, la sua voce, il movimento delle sue labbra...erano tutti dettagli così magnetici che non solo ne ero intrigata ma anche irrimediabilmente attratta!

Tuttora faccio una gran fatica mentale per ricordami perché ho rifiutato il suo invito. E ancora una volta la verità era semplicissima: paura.

Damon Salvatore è un giovane avvocato di successo in uno dei più importanti studi legali di New York, un domani potrei perfino vedere il suo cognome affisso sulla parete nell'atrio del grattacielo sul Financial Distric e io non posso, non devo prendermi una cotta per lui.

Tutti sanno come vanno queste cose: “giovane neo assunta che viene promossa per la relazione con il suo capo” o peggio, “licenziata dopo anni di lavoro per interruzione relazione con il capo”. Anni di fatica, d'impegno buttati via per un ragazzo con dei bellissimi capelli corvini e la battuta sempre pronta. Quanto ne vale la pena, Elena?

Sebbene avessi queste idee chiare nella mia mente non c'era modo di evitare che i miei pensieri tornassero su di lui, perché quella tensione in sua presenza, quel batticuore improvviso...mi avevano fatta sentire di nuovo viva, come non mi sentivo da tempo.

 

La mattina dopo mi svegliai fresca e pronta per una nuova giornata di lavoro. Sapevo bene che la mia emozione non era dovuta al fatto che avrei stampato altre fotocopie per Mary...anche se cercavo di controllarmi la mia felicità dipendeva dal fatto che, in qualche modo, anche oggi lo avrei rivisto.

Lo sapevo, sapevo che non potevo pensare a queste sciocchezze, sopratutto dopo gli interminabili ragionamenti notturni sul perché era meglio stare alla larga da Damon, ma emergevano spontanee nella mia mente ed ero del tutto incapace di zittirle.

«Stasera usciamo» mi disse Caroline non appena varcai la soglia della cucina. Era seduta difronte al tavolo mentre beveva caffè fumante dalla sua tazza con la scritta “Miss Fashion”.

«Dove?» le chiesi sorridendo mentre recuperavo del latte fresco dal frigorifero. Mi guardò sospettosa per un istante ma poi continuò:

«21 Club, dove Humphrey Bogart ha portato Lauren Bacall per il loro primo appuntamento e dove Marlene Dietrich ha conosciuto Salvador Dalì mentre scappava dalla Germania nazista» mi rispose con aria sognante.

«Wow, hai intenzione di fare grandi incontri questa sera, eh Care?» dissi mentre mi sedevo accanto a lei.

«Non sarebbe male in effetti, sono single da così tanto tempo che temo di aver dimenticato come si faccia sesso».

Riuscii a malapena a trattenermi dallo sputacchiare il latte che stavo bevendo dal bicchiere di vetro.

«Cosa?» fece lei seria, come se quello che aveva detto era del tutto normale alle sette del mattino.

«Niente niente...non eri uscita con quel Howard due settimane fa?». Nel nominare Howard la faccia di Caroline si corrugò visibilmente.

«Si e non la smette di chiamarmi...Dio dove sono finiti i vecchi uomini da un'uscita e via?» sbuffò annoiata appoggiando i gomiti sul tavolo e le mani sulle guance.

«Così male, eh?».

Caroline annuì affranta chiudendo gli occhi e stringendo le labbra.

«Vedrai che andrà meglio».

Sbuffò di rimando «Parli bene tu, corteggiata direttamente da uno dei Salvatore, non devi neanche faticare per cercarli».

Questa volta il latte uscii davvero dalla mia bocca per la sorpresa – scena da dimenticare peraltro –.

«C-cosa?» balbettai nervosa «Cosa dici?».

Caroline mi osservò socchiudendo gli occhi e un sorriso malizioso le spuntò sulle labbra «Oh andiamo, non dirmi che non è evidente, Damon ti stuzzica sempre e ti ha chiesto di uscire, secondo te cosa sta facendo?»

«N-non mi sta c-corteggiando, io...beh comunque gli ho detto di no, s-smetterà subito»

«Non è il tipo che si arrende lui...»

«Non uscirò con lui Care...non si può, noi lavoriamo insieme...se finisse male sarebbe un disastro, lui poi è un Salvatore...»

«Lo sai vero che quando balbetti dimostri...»

«Nervosismo, si lo so, mi capita spesso ultimamente» tagliai corto stizzita. Di certo non serviva che qualcuno me lo ricordasse, sapevo bene che Damon mi rendeva nervosa.

«Ad ogni modo» riprese Caroline con tranquillità «secondo me ne stai facendo una questione più grande di quello che è, un'uscita non ti farebbe affatto male, anche se Damon potrebbe diventare il tuo capo...un giorno o l'altro»

«Credevo volessi restare la piccola, dolce e silenziosa Svizzera» le dissi con ironia mentre si alzava sparecchiando il tavolo e infilando le tazze nella lavastoviglie.

«Hai ragione, ma ogni tanto un parere spassionato ed onesto non ti può fare male, no?»

«Cioè dovrei accettare il suo invito e dire addio alle mie ispirazioni di indipendenza maschile?» continuai sarcastica alzando le braccia al soffitto.

Caroline si fermò sulla porta della cucina e mi guardò seria: «No, questo mai...ma tu Elena, hai bisogno di un po' di sano sesso» rispose tranquilla e poi aggiunse «E anche io».

Sbuffai «Grazie Care! Molto maturo da parte tua» dissi ad alta voce di modo che potesse sentirmi anche se si stava allontanando verso la sua camera.

 

Pov Damon

 

«Pare che lavoreremo di nuovo insieme Stef!» esclamai entrando in soggiorno.

Stefan mi osservò con occhi sgranati, non potevo dargli torto, erano le sette e mezzo del mattino, non era da me essere comunicativo a quell'ora.

«Di che parli?» chiese ripiegando la sua copia del Financial Times appena stampata.

«Giuseppe non te l'ha detto? Lavoreremo insieme sul caso dei coniugi Walsh» spiegai versandomi del caffè dentro una tazza di porcellana bianca. Lanciai un'occhiata a Stefan che era rimasto ancora più sconcertato di quando mi aveva visto entrare poco prima.

Secondo quanto mi aveva detto Blondie il giorno prima, doveva essere una novità per il mio fratellino ricevere un caso di diritto civile/familiare da nostro padre.

«Ne sei sicuro?»

«Certo, sarà un caso semplice, molto rapido, che non ti toglierà energie per le tue numerose cause di diritto internazionale» specificai per punzecchiarlo un pochino «Anzi, stavo pensando di proporre anche ad Elena di partecipare alla causa...»

«Damon...» mi richiamò Stefan con voce perentoria «lascia in pace quella povera ragazza»

«È buffo che tu dica questo, quando solo qualche mese fa non facevi altro che telefonare a Katherine implorandola di ripensare alla vostra rottura» risposi pungente.

Stefan mi lanciò un'occhiata ferita mista a rabbia. Era ancora un tasto molto delicato da toccare questo; sopratutto perché l'ultima telefonata che le aveva fatto risaliva a quattro mesi prima, prima che me ne andassi da New York.

Infilai la giacca sotto lo sguardo impotente di Stefan e uscii di casa. Era davvero inusuale per me andarmene a quell'ora del mattino, sopratutto prima del mio fratellino, ma per la prima volta ero sinceramente divertito dall'idea di andare al lavoro. In tutta onestà non vedevo l'ora di osservare la fronte corrugata che Elena avrebbe mostrato non appena le avrei proposto di partecipare con me ad un caso. Era un gesto estremamente dolce da parte mia, aiutare una giovane nuova associata ad emergere in mezzo agli altri grazie ad una causa che altrimenti le sarebbe arrivata sulla scrivania solo dopo nove mesi dall'assunzione. Dopo questo era assolutamente in debito con me, dovrà per forza accettare il mio invito ad uscire, questo è ovvio.

Entrando nell'attico del palazzo mi ritrovai a sorridere divertito. Forse non dovevo aspettare di vederla in ufficio per attuare il mio piano di seduzione.

«Splendida mattinata, non è vero?» domandai con la voce più bassa e sensuale che riuscii a produrre.

«Si» rispose distrattamente Elena in piedi difronte all'ascensore, prima di accorgersi con chi stava parlando. I suoi grandi occhi nocciola si allargarono sorpresi e la sua bocca si schiuse in stato di shock. Non c'era da preoccuparsi, sono abituato a queste reazioni del tutto inevitabili. «Che cosa ci fai qui?»

«L'ultima volta che ho controllato, io ci lavoro qui».

Scosse la testa e muovendosi i suoi capelli emanarono un profumo dolce, vellutato che m'inebriò i sensi.

«Volevo dire a quest'ora. Cosa ci fai qui a quest'ora? Di solito arrivi sempre per le nove».

Le sorrisi «Hai per caso un diario segreto sul quale annoti tutti i miei orari?»

«Ovviamente, ma sto avendo problemi con la pausa pranzo, vedi vorrei fare un salto nel tuo ufficio per lasciarti la mia lettera d'amore anonima senza farmi scoprire ma cambi orario continuamente e questo mi confonde» rispose sarcastica varcando la porta dell'ascensore. Aveva uno sguardo fiero e soddisfatto, come se le sue parole mi avessero appena messo in un sacco. Povera piccola, non sa che sono io il re delle risposte pronte.

«In questo non posso aiutarti piccola stalker, sopratutto perché da domani passeremo tutte le pause pranzo insieme» ridacchiai allegro osservando la porta dell'ascensore chiudersi davanti a noi.

«Scusa?» chiese con una faccia pedante mista a sorpresa.

«Oh non ti hanno informata? Ho chiesto specificatamente la tue ore lavorative sulla causa dei coniugi Walsh...scommetto che il fascicolo è appena arrivato sulla tua scrivania»

«Stai scherzando, vero? Io-io sono un'associata del primo anno, appena assunta, non posso seguire delle cause»

«Puoi invece, sopratutto se io voglio che tu lo faccia» risposi pungente. Dovevo ammettere che non avevo mai disprezzato i privilegi. Mi voltai ancora per guardare la faccia di Elena e rimasi sorpreso dal suo sguardo. I suoi occhi puntavano a terra ed erano illuminati da una luce che ricordavo a malapena. Era eccitata, non l'eccitazione che speravo provasse nei miei confronti, ma quella di un giovane avvocato al suo primo caso, pieno di voglia di mettersi in gioco, di salvare qualche vita...quella luce che non vedevo riflessa dai miei occhi da troppo tempo e che su di lei sembrava ancora più brillante.

«Oh mio Dio» esclamò infine trattenendo il fiato «Grazie, grazie grazie» ripeté emozionata e io non potei far altro che emozionarmi a mia volta. Quando sorrideva, era la persona più bella che avessi mai visto e l'aurea che emanava sembrava avvolgermi e condurmi in uno stato di pace che ricordo di aver provato solo quando mia madre mi cullava.

«Già ora sei in debito con me» aggiunsi quasi senza pensarci e mi pentii di averlo detto. Elena si spense e mi guardò infastidita.

«Allora è questo? È per questo che mi offri di lavorare con te! Non t'interessano le mie capacità o l'impegno che ci metto nel mio lavoro». Okay, d'accordo, forse avevo un po' sottovalutato la situazione. «Intendi sedurmi in questo modo? Dandomi dei privilegi? Delle scorciatoie? Beh hai capito male!». Era una furia, non respirava neanche tra una parola e un'altra. «Io non lavorerò con te, a costo di rimanere bloccata tra le fotocopiatrici per tutto l'anno!» sbraitò un'ultima volta prima di abbandonare l'ascensore e lasciandomi li senza parole.

Non era andata per niente come avevo programmato, nemmeno lontanamente.

Tirai fuori il cellulare e feci scorrere la rubrica fino al nome che stavo cercando.

Dovevo avviare il piano B.

 

Pov Elena

 

La fila davanti al 21 Club era lunga mezzo isolato. Caroline aveva ragione quando diceva che era un locale popolare e sebbene la gente si era vestita elegante per la serata questo non gli impediva di ammassarsi davanti all'entrata come adolescenti trepidanti per una serata in discoteca. Caroline non era riuscita a convincermi ad acquistare l'abito viola di lunghezza inguinale che avevamo visto in un negozio tornando a casa e avevo perciò optato per una camicetta senza maniche con motivi dorati in stile barocco («Non lo so, Elena, lo stile rococò non andava di moda l'anno scorso?» aveva storto il naso Caroline) e dei pantaloncini neri da sera con inserti in pelle.

«E se tornassimo più tardi? Magari la fila si è mossa» proposi annoiata alla mia amica. Eravamo ferme da più di dieci minuti, onestamente stavo cominciando ad innervosirmi. Ero stupita dalla calma di Caroline, normalmente era lei quella completamente priva di pazienza.

«No no, ho detto che entriamo alle dieci e così faremo» precisò seria «Vedi adesso la fila si è mossa!»

«Di mezzo metro...che cosa c'è alle dieci di così importante? Regalano Martini?» sospirai in un moto di frustrazione che veniva sistematicamente ignorato da Caroline.

«Niente, ma ho deciso così. Lo sai che non amo i cambiamenti, cose da maniaci del controllo sai...» mi rispose alzando le spalle e continuando a fissare la fila come se, con la forza del suo pensiero, riuscisse a dargli un'accelerata.

«Okay...allora parliamo di qualcosa o ti giuro che muoio qui, su questo asfalto»

«Mi lasci quei vestiti se muori? Più li osservo e più mi piacciono».

Alzai le sopracciglia sorridendo «Si, li inserirò nella tua eredità»

«Ottimo! Allora di cosa vuoi parlare?» domandò allegra stringendo la sua clutch nera.

Avrei voluto parlare di Damon e della sua proposta indecente di questa mattina ma più avrei parlato di lui e più avrei fatto del male a me stessa. È vero, ero assolutamente indignata dal motivo per cui mi voleva a lavorare con se, eppure qualcosa dentro di me mi faceva pensare che ne ero anche un po' lusingata.

«Mary Porter mi odia» sospirai infine, decidendo che per una serata avrei smesso di pensare e parlare di Mr. Salvatore. «Mi obbliga a fare ricerche e a rimanere chiusa nell'archivio tutto il giorno. La mia speranza di assisterla in Tribunale è svanita»

«Scary Mary è...»

«Scary Mary?»

«Si! La chiamano tutti così, non lo sapevi?»

«No» ridacchiai divertita.

«È odiosa, nessuno la vuole come secondo avvocato perché è incapace di collaborare con le persone»

«È così deprimente lavorare con lei»

«Lo so, anche a me è capitato di dover lavorare per lei durante il mio primo anno»

«E come sei sopravvissuta?»

«Non l'ho fatto» rispose dopo averci riflettuto qualche secondo «Devo ancora smaltire i chili che ho messo su mangiando gelato e patatine con la senape che ho ingurgitato a causa sua».

La fila si era considerevolmente ridotta. Riuscivo addirittura a vedere l'entrata. Due bodyguard vestiti di nero erano all'entrata e lanciavano minacciose occhiate a tutti quanti.

Quando mi trovai a pochi passi riuscii ad intravedere gli auricolari con cui comunicavano con l'interno del locale. La mia eccitazione cominciò ad aumentare. Insomma era la prima volta che mettevo piede all'interno di un ambiente così controllato e alla moda. Mi sembrava di essere all'interno di un telefilm come Gossip Girl o The O.C. Di certo l'atmosfera che emanava il club era quella. Lusso ed eleganza.

«Prego ragazze» disse uno dei bodyguard con voce roca, mentre con una mano apriva la porta di vetro.

L'interno era immenso. C'era un lungo bancone nero di fornitura moderna lungo la parete opposta all'entrata, con alte sedie bianche, dall'aria terribilmente scomoda. La luce soffusa proveniva da un grande lampadario di cristallo appeso al centro del soffitto che sembra provenire dalla camera nuziale di Luigi XVI. Le pareti erano chiare – a causa della luce non riuscivo a capire se erano proprio bianche – ma una carta da parati nera si allungava dal basso disegnando rose dello stesso colore.

Potevo scorgere tutto con sufficiente chiarezza perché, sebbene la fila fuori sembrava lunghissima, all'interno il locale era così grande da sembrare ancora vuoto.

Il DJ, posizionato al lato sinistro del bancone del bar, mandava musica commerciale estremamente popolare, dall'ultimo singolo di Lady Gaga ai più ricercati Daft Punk.

«Devo ammettere che l'attesa ne valeva la pena» dissi a Caroline con voce alta ma quando non sentii risposta mi voltai, credendo non mi avesse sentita a causa della musica. La trovai a sorridere e a salutare verso una non ben definita direzione.

Cercai di seguire il suo sguardo e m'immobilizzai.

Damon Salvatore era seduto su una delle sedie bianche. Era, ovviamente, vestito di nero e stringeva in mano un bicchiere basso dall'ampio diametro. Mi lanciò un'occhiata veloce alzando il bicchiere e riprese a bere. Solo qualche istante dopo mi accorsi che accanto a lui, Stefan stava ricambiando il saluto di Caroline agitando la mano.

«Che cosa ci fa qui?» esclamai spazientita mostrando le spalle al bancone del bar. Dov'era finito il “io non ti darò consigli su cosa fare con Damon”?

«L'ha invitato Stefan credo» mi risponde con aria innocente.

«Caroline...» la guardo mentre stringo le braccia al petto. Non so sono più irritata dal fatto che Damon sia nel mio stesso locale o se sia l'impressione che tutto questo -la proposta di un'uscita serale, l'entrata prevista alle dieci e il resto- sia una specie di appuntamento organizzato da Caroline.

«Qual'è il problema, Elena? Usciamo con due colleghi niente di più» alza le spalle e accenna ad un innocuo sorriso.

«Il problema è che io non voglio uscire con un collega»

«Ma non è mica un appuntamento! Ho accennato a Stefan che uscivamo e gli ho allargato l'invito, questo è tutto».

Inclinai leggermente la testa e sospirai. Era inutile restare qui a prendersela, al contrario, più tempo passavo lontano dai Salvatore più avrei reso evidenti le mie intenzioni di evitarli. E mi sarei resa ridicola.

Seguii Caroline a passo svelto mentre si avviava verso il bancone dove era seduti Stefan e Damon.

«Elena! Come stai?» chiese Stafan allegro posando il bicchiere. Sembrava molto più rilassato del solito. Il suo sorriso era ampio ed emanava una piacevole aurea di tranquillità.

«Benissimo» gli risposi ricambiando il sorriso.

«Conosci già mio fratello, vero?».

Mi voltai leggermente verso Damon che mi stava osservando con il suo poco originale sorriso sardonico. Aveva le sopracciglia inarcate segno che aspettava con vivo interesse la mia risposta alla domanda di Stefan.

«Purtroppo si, non ho nemmeno fatto in tempo a mettere piede sul suolo newyorkese che il nome Damon era già arrivato alle mie orecchie» scherzai. Stefan corrugò la fronte ma prima che potessi spiegarli quello che avevo appena detto Caroline s'intromise rapidamente.

«Oddio non ti ho detto niente? Elena e Damon si sono conosciuti sull'aereo per New York prima che si trasferisse qui e cominciasse a lavorare per lo studio»

«Davvero? Beh questa mi è nuova, Damon non mi ha detto niente» Stefan guardò il fratello sorpreso.

«Preferisco condividere i racconti delle mie giornate con un diario segreto, Stef». Damon fece spallucce allo sguardo poco divertito di Stefan. Arricciai le labbra incuriosita da quella frecciatina. Probabilmente era una cosa da “Salvatore”.

Il Dj cambiò di nuovo canzone e dalle casse uscii la voce graffiante di Alex Turner dei Arctic Monkeys con la loro nuova canzone “Stop the world (I wanna get off with you) ”.

Caroline emise un gridolino e si voltò verso Stefan. «Io adoro questa canzone!» disse prendendolo per mano e trattenendosi dal saltellare per l'emozione. «Andiamo a ballare!»

«Io non ballo» rispose Stefan agitando la testa.

«Si che balli! E anche tu adori la canzone!» continuò lei alzando lo sguardo. Sarei stata pronta a scommettere cinquanta dollari che stava facendo la sua espressione da cucciolo per infondere pietà su Stefan e convincerlo a ballare.

Stefan abbassò lo sguardo verso il pavimento e poi lo rialzò lentamente, ruotando lentamente la testa verso destra e alzando contemporaneamente le labbra verso la stessa direzione «Hai ragione, amo questa canzone».

Caroline agitò il braccio libero dalla mano di Stefan e lo trascinò verso il centro della pista sotto il piano rialzato dove erano sistemate le casse.

In quel momento mi accorsi che mi aveva lasciata sola. Con Damon Salvatore.
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Okay è un capitolo sul quale non sono per niente sicura perchè, non lo so faccio davvero molta fatica e ricreare quello che la mia mente s'immagina, però alla fine, dopo averlo ricontrollato e riletto ad alta voce (fingendomi anche Damon hahahah), non l'ho trovato così noioso come mi aspettavo, perciò mi sono detta: Ehi! Pubblichiamolo prima che altre insicurezze ti sommergano!
Nel prossimo capitolo parlerò solo della serata, e lo pubblicherò a breve prima che la sessione mi ammazzi completamente.
Dal 15 febbraio sarò finalmente libera e potrò avere di nuovo una vita, per me e per scrivere questa storia! Un bacio enorme a tutte e grazie per avere la pazienza di seguire tutto questo!!

Immagino abbiate già capito quale sia il piano B di Damon....*muahahahah*
 

  
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