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Autore: Fluxx    28/01/2014    3 recensioni
“Possiamo… Fare qualcosa?” domandò il Turian, dopo aver sceso gli scalini. Vega si fermò accanto all’alieno. Si guardò intorno per poi posare lo sguardo sul Maggiore. Quest’ultimo scosse il capo.
“Sto bene.“ Rispose con voce roca. “Non c’è bisogno che vi preoccupiate.”
Bene era una gran parola. Forse in un’altra circostanza Kaidan sarebbe stato bravo a mentire, ma in quel momento stava palesemente negando l’evidenza.
“Non volevamo disturbarti ma… Ci tenevamo solo a dirti che se ti dovesse servire qualcosa. Beh… Sai dove trovarci.”
Alenko scosse il capo. “Non è solo il mio dramma.” mormorò. Sentì nuovamente l’impellente bisogno di piangere, ma si trattenne. “E’ il dramma del nostro equipaggio, della razza Umana… Se non dell’intera galassia. Shepard… Era vicino a tutti noi. Indistintamente.”
“Lo sappiamo bene ma… Tu e Shepard…” azzardò Garrus.
“Io e Shepard nulla. Tutti abbiamo lo stesso diritto di piangere il nostro Comandante. Tutti." precisò. "Alla stessa maniera. “
“Sì, hai ragione. Ma nessuno di noi è solo in tutto questo. Ci siamo dentro tutti insieme, proprio come sempre.” Allungò una mano e gliela appoggiò sulla spalla. “E’ chiaro?”
Il Maggiore incrociò gli occhi del Turian. Fece un cenno d'assenso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Comandante Shepard Uomo, Garrus Vakarian, Jeff Joker Moreau, Kaidan Alenko, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Don’t leave me behind

 

 

Please don't go, I want you to stay
I'm begging you please, please don't leave here
I don't want you to hate;
For all the hurt that you feel,
The world is just illusion, trying to change you.”

 

“Shepard!”
“You gotta get out of here.”
“Yeah. That’s not gonna happen.”
“Don’t argue with me Kaidan!”
“Don’t leave me behind...”

“No matter what happens, know that I love you. Always.”
“… I love you too. Be careful.”
“Go…!”

Il braccio di Kaidan rimase sospeso a mezz’aria e i loro sguardi rimasero uno immerso in quello dell’altro per una frazione di secondo che sembrò un tempo indefinito, lunghissimo, ma anche troppo breve: uno sguardo in cui vi erano racchiuse parole, sentimenti, emozioni. Uno sguardo con cui Kaidan avrebbe voluto gridare a Shepard di non andare, che era pericoloso, di rimanere assieme a lui, che avrebbero trovato un’altra soluzione o – quantomeno – di lasciare che lo seguisse. Uno sguardo con cui Shepard avrebbe voluto dirgli che sarebbe andato tutto bene, che lo avrebbe raggiunto presto, che non avrebbe dovuto preoccuparsi… Eppure sapeva che non era così, sapeva che erano più le probabilità di uscirne morto di quelle di uscirne vivo. Ma era fiducioso, lo era per le persone che amava, per tutte le specie, per la galassia intera: aveva un obbiettivo e a costo della sua stessa vita lo avrebbe portato a termine o, per lo meno, avrebbe dato il tutto e per tutto per tentare.
Il Comandante indietreggiò di un paio di passi, senza interrompere il contatto, ma quel momento arrivò presto e Shepard volse le spalle al compagno che sentì il petto dilaniato dal dolore, un’orribile sensazione, come se il cuore gli fosse stato strappato via.
“Forza...!” Lo intimò Garrus il quale lo teneva con un braccio attorno alla vita, intento a dargli sostegno e – per lo più – per non farlo fuggire.
Lo tirò con sé e risalirono i pochi metri che li dividevano dall’hangar mentre il portellone cominciava a chiudersi.
Tutto quello che Kaidan vide fu la figura di Shepard correre via tra soldati caduti, macchine distrutte, macerie e fiamme. Il tutto divenne velocemente annebbiato per via delle lacrime che sopraggiunsero l’attimo dopo. Strinse i denti e lasciò il braccio cadere lungo il fianco mentre il Turian lo sorreggeva e lo portava verso l’ascensore. Entrambi poterono sentire la Normandy sotto i loro piedi muoversi e lasciare il suolo devastato della Terra.
Prese un profondo respiro e represse quel violento bisogno di piangere: non era finita, non poteva essere finita! Shepard sarebbe tornato, ce l’avrebbe fatta e sarebbe tornato tutto intero. Glielo aveva promesso, in un qualche modo glielo doveva.
“Dov’è il Comandante?” Sopraggiunse qualche attimo dopo Vega, il quale era stato fatto evacuare assieme a tutti gli altri. Notò che le condizioni del Maggiore non proprio delle migliori. Anche Garrus sembrava ferito, seppur in maniera più lieve.
“Sta andando a prendere a calci quei bastardi dei Razziatori per rispedirgli da dove son usciti fuori.” Gli spiegò Garrus, mentre assieme a Kaidan salirono sull’ascensore.
“Oh, Loco...” Mormorò seguendo i due, “Speriamo se la cavi.”
Quelle parole furono un’ulteriore pugnalata per Kaidan, il quale aveva smesso ormai di parlare da un pezzo.
“Ce la fai?” Chiese il Turian ad Alenko, aiutandosi con la mano a posizionarsi il braccio di quest’ultimo meglio attorno alle spalle. Il Maggiore gemette appena ed un’espressione di dolore gli si dipinse sul volto.
“Sì…” sussurrò.
Le porte si aprirono di fronte a loro e Garrus si preoccupò di portare il compagno in infermeria dalla dottoressa Chakwas.
Karin stava medicando alcuni dei soldati che avevano trovato conforto nelle sue cure dopo l’inferno al quale avevano assistito sulla Terra. Appena la porta si aprì, la dottoressa si voltò e vide Vakarian assieme ad Alenko entrare, entrambi feriti.
“Ragazzi… Santo cielo!” Andò incontro ai due ed aiutò Garrus a far sedere Kaidan su uno dei lettini.
“State bene?”
“Sono stato meglio…” Rispose il Turian: aveva un’espressione triste dipinta sul volto, così come anche il Maggiore. La Chakwas aveva sentito delle ingenti perdite.
“Il… Comandante?” Azzardò.
“Ci sta salvando la pelle. Prenditi cura di Kaidan, io vado di sopra a vedere che cosa sta succedendo. I miei sono solo dei graffi.” Gli spiegò prima di voltarsi e raggiungere la porta, sparendo dietro essa.
Karin volse il capo verso Alenko, quest’ultimo teneva lo sguardo fisso sul pavimento.
“Andrà tutto bene Maggiore.” Gli portò una mano sulla spalla, sulla fredda e pesante armatura.
“Questa credo che dovrai toglierla. Ti aiuto.”
La dottoressa aiutò Kaidan a spogliarsi e dopodiché cominciò a medicarlo: aveva alcune ferite e delle bruciature, ma fortunatamente nulla di grave o – per lo meno – irreversibile.
Per tutto il tempo che la dottoressa Chakwas medicò Alenko, quest’ultimo sembrò distante, assente. Il suo sguardo era fisso sull’uscita, in attesa di chissà che cosa, forse di buone notizie, forse in attesa di vedere Shepard varcare quella dannata porta. Eppure ciò non avvenne e Kaidan rimase ad attendere una cosa che non sarebbe mai accaduta.
Una volta che Karin finì di medicarlo il Maggiore si rivestì e decise di salire al ponte di comando per sapere se ci fosse qualche novità.
Non appena le porte dell’ascensore gli si aprirono di fronte tirò dritto e percorse tutto il ponte fino ad arrivare alla porta della cabina di pilotaggio. Tali e James erano lì fuori mentre accanto a Joker v’erano  Liara, Garrus ed IDA.
Avevano da poco ordinato la ritirata, riferendo ad Hackett che non v’erano superstiti. Non appena Kaidan varcò la soglia notò i volti abbattuti dei compagni.
“Che succede?” domandò. Vedendo le loro facce gli venne istintivo allarmarsi.
Nessuno di loro fece in tempo a rispondere che si sentì la voce di Hackett, ancora, informare che Shepard ce l’aveva fatta: era sulla Cittadella.
Tutti poterono tirare un sospiro di sollievo: oltre ad un’altra possibilità per la galassia, Shepard era ancora vivo.



Il Comandante Shepard si ritrovò da solo di fronte quella scelta: distruggere le macchine, farle vivere in pace per sempre assieme agli organici oppure prenderne il controllo.
Era probabilmente la scelta più difficile che avrebbe mai dovuto prendere in vita sua… E sicuramente anche l’ultima.
Non voleva morire, questo era era ovvio. Ma come mai sarebbe potuto essere così egoista da pensare a sé stesso quando in ballo c’erano così tante vite? Era impossibile. Non era da lui. Non era una persona simile. Quale scelta sarebbe stata la migliore?
Inevitabilmente cominciò con lo scartare la distruzione di tutte le macchine: i Geth, sarebbe stato un sacrificio vano quello di Legion.
Quella fu la prima cosa che gli venne in mente, seguita subito dopo dalla voce e dal volto di IDA. Poi Joker. Non glielo avrebbe mai perdonato. Sarebbe stato ciò che Anderson avrebbe voluto, ma non era Anderson ad essere lì. Non più. Non aveva visto ciò che lui aveva visto, ed ora non si ritrovava dove lui si era ritrovato.
Il controllo… Era assurdo che ora quell’idea potesse sembrare plausibile. L’Uomo Misterioso. Lui era stato soggiogato, la sua sete di conquista, di elevare l’umanità, di farla progredire su tutto ed oltre tutto.
Portò poi lo sguardo di fronte a sé: il raggio.
Mosse un passo. Poi un altro. La pace. Di tutti. Per sempre.
Una morte sicura, ma quello non importava. L’importante era la salvezza della galassia.
Si rese conto che, mentre lui vacillava tra una scelta o un’altra, migliaia di vite venivano spezzate.
Un passo. Poi un altro.
Cominciò ad avvicinarsi piano, gli sembrava come se in un istante fosse divenuto tutto chiaro ma anche che quella distanza appariva enorme, lunghissima, eterna.
Strinse i pugni e serrò la mandibola e con uno scatto cominciò a correre verso quel fascio di luce che avrebbe spazzato via ogni sofferenza.
Nella sua mente si fecero spazio i volti dei suoi compagni, e le loro voci.
La rettitudine di Vega.
“E’ stato un onore combattere al tuo fianco, Loco.”
La fedeltà di Garrus.
“Non so se il paradiso dei Turian è lo stesso ma se tutto va bene e ci ritroviamo lì… Ti aspetterò al bar. Offro io.”
La diversità di IDA.
“Posso farti una domanda, Shepard?”
La fede di Thane.
“Questa preghiera non era per lui. Era per te.”
La devozione di Samara.
“Sei l’unica persona di cui mi fido, Comandante.”
La purezza di Liara.
“Ho un regalo per te, Shepard.”
L’audacia di Jack.
“Meno male, cominciavo a non riuscire più a sopportare il tuo bel faccino.”
La forza di Grunt.
“E… Shepard. Grazie per avermi tirato fuori da quella vasca.”
L’imperfetta perfezione di Miranda
“Non so come ci riesci ma… Ok. Non è ancora finita.”
La correttezza di Jacob.
“Conosco un localino a Rio che devi assolutamente vedere.”
La bontà di Steve.
“E Comandante… Grazie per avermi ridato un po’ di fiducia. Senza di te, ecco, è bello avere uno scopo nella vita.”
Il coraggio di Legion.
“Questo corpo ha un’anima?”
La tenacia di Mordin.
“Peccato. Sarebbe piaciuto fare esperimenti su conchiglie.”
La lealtà di Anderson.
“Hai fatto un buon lavoro, figliolo…”
Il candore di Tali.
“Keelah Se L’Ai, Shepard”
L’amore di Kaidan.
“Per chi mi hai preso? Mi farò in quattro per avere la possibilità di riabbracciarti.”
Continuò a correre ormai stanco ed affaticato da quella lunga lotta, da quella guerra che si era protratta per troppo tempo, che aveva spazzato via troppe vite innocenti.
Ed una volta che arrivò al raggio saltò. Aprì le braccia e si sentì libero: libero di poter prendere finalmente respiro, libero di non dover più pensare, libero dalla guerra, libero dai doveri, libero dalle responsabilità. Libero da tutto quanto.
Sentì un’intensa sensazione di calore pervaderlo e percorrere il suo corpo: non provò dolore.
Socchiuse gli occhi e vide distintamente i volti dei compagni che lo avevano accompagnato in quella lunga avventura ed infine Kaidan sorridergli: il suo unico rimpianto era non aver avuto abbastanza tempo da passare insieme, da passare con lui. Era l’unica strada, l’unica via, l’unica possibilità… Avrebbe capito.
Gli sembrò di risentire la sua voce, per l’ultima volta.
“Ti amo anch’io.”

‘Perdonami.’



Rimasero tutti con il fiato sospeso dopo aver appreso la notizia che Shepard era riuscito ad arrivare alla Cittadella mentre i Razziatori continuavano a decimare le flotte.
Ma poi accadde qualcosa: i bracci della Cittadella cominciarono a colorarsi di un verde luminoso.
L’equipaggio rimase ad osservare dalle vetrate ciò che stava accadendo, mentre Liara si avvicinò al pilota, appoggiandogli una mano sulla spalla.
“Jeff, dobbiamo andare…” Sussurrò a malincuore.
Lui aveva un’espressione affranta sul volto: dovevano fuggire, ma fuggire da cosa? Avrebbero dovuto lasciare lì il Comandante? Strizzò gli occhi per un istante, prendendosi ancora un attimo di tempo, ma qualcosa nell’aria stava cambiando e lo si sentiva.
“Maledizione!” Imprecò l’uomo: dovette lottare con tutte le sue forze contro sé stesso, contro la voglia di rimanere lì. Si affrettò a far ripartire la Normandy.
Una bolla di un verde vibrante cominciò ad espandersi dalla Cittadella, mentre la Normandy prendeva velocità e lasciava l’orbita della Terra.

 

La guerra era finita. Sintetici ed organici lavoravano per un obbiettivo comune: la ricostruzione.
L’equipaggio della Normandy si era riunito di fronte al muro memoriale per portare onore, per l’ultima volta, al grande Comandante Shepard: colui che aveva salvato la galassia a costo della sua vita, colui che aveva dato quest’ultima in cambio di quella di tutte le specie. Colui che aveva lottato contro tutto e tutti, colui che non si era mai fermato di fronte a nulla. Colui che appariva indistruttibile, che non sembrava accusare danni, fatica, perdite, sconfitte… Colui che, dopotutto, era solo un semplice umano.
Il Maggiore Alenko osservò quella targhetta nominativa tra le sue mani, una placca in metallo con inciso il grado ed il nome di un uomo, di una leggenda.
Mosse un passo ed un altro, allungò  le braccia e posizionò la targhetta sopra a quella dell’ammiraglio Anderson: due eroi che avevano lottato fino alla fine per un ideale, non per una semplice vittoria. Un’ideale di speranza, di libertà, di uguaglianza.
Indietreggiò di un passo, osservando quel muro ormai completo: erano tutti lì, non mancava più nessuno. Arricciò le labbra e si morse l’interno della guancia sentendo una profonda sensazione di sconforto pervaderlo: solo in quell’istante realizzò che lo aveva perso… Per sempre.
Con quell’amara certezza si voltò e vide gli occhi dei compagni cercare i suoi, i quali evitarono quei sguardi per poi – per puro caso – posarsi su IDA.
La cyborg lo guardò con espressione di sincero rammarico. Quando il Maggiore si avvicinò lei stessa mosse un passo verso di lui ed allargò le braccia per accoglierlo in un caldo e sincero abbraccio.
I due si strinsero in quel silenzio intenso, pieno di sentimento. Non v’era bisogno di parole: tutti erano lì per lo stesso motivo e tutti potevano immaginare e comprendere i sentimenti dei compagni accanto.
Una volta che quell’abbraccio si sciolse, il Maggiore incrociò per un’ultima volta lo sguardo di IDA per poi raggiungere l’ascensore lì accanto.
Salì fino al primo piano, quello della cabina del Comandante. Ogni luogo su quella nave, da quando avevano lasciato il sistema Sol, gli sembrava troppo caotico ed affollato, fin quando non mise piede però nella cabina di Shepard. Quel luogo… Quella stanza sembrava deserta, fin troppo vuota.
Si mosse piano mettendo un piede di fronte all’altro, guardandosi intorno. Quello era stato il loro piccolo rifugio: non importava chi altri avesse varcato quella soglia, quello era il posto dove si erano parlati, dove si erano confidati, dove avevano sperato di vedere l’alba di una nuova era insieme. Ovunque portava il suo sguardo vedeva lui, vedeva loro. Quello era il luogo dove si erano amati.
Arrivò fino ai piedi del letto e lì si sedette. Portò i gomiti sulle ginocchia e lasciò ciondolare le mani tra le gambe osservando un punto indefinito della stanza. Quel silenzio era quasi assordante: troppi pensieri, troppe emozioni, troppi sentimenti tutti insieme. Gli sembrava quasi di poter sentire il battito del suo stesso cuore, quel cuore straziato ormai stanco e dolorante, privo di speranza. Quando aveva salutato Shepard a Londra, prima di tornare sulla Normandy, avrebbe dovuto capire che quello sarebbe stato un addio. Sapeva che un pezzo del suo cuore era rimasto lì, con lui, e mai lo avrebbe riavuto indietro. Quel pezzetto era ormai andato distrutto, mentre quello che ne era rimasto era stato colpito da un male immenso: era stato corrotto, rovinato. Era come un campo di sole macerie, devastato dopo la guerra. Nessun germoglio, nessun rigoglio, solo morte e desolazione.
Sentì una fitta lacerargli il petto e lasciarlo senza fiato: gli occhi cominciarono a bruciare mentre le guance si bagnavano di lacrime salate, di lacrime amare. Portò il capo tra le mani, spinse i palmi contro l’incavo degli occhi per poi scivolare con le dita tra i capelli corvini, stringendoli. In un attimo tutte quelle emozioni che aveva cercato di reprimere da quando aveva detto addio a  Shepard, sopite in fondo dentro di lui, uscirono con una violenza inaudita, brutale.
Si sentì impossibilitato a fare qualunque cosa: incapace di fermare le lacrime, incapace di respirare, incapace di continuare semplicemente a sopravvivere. Cosa sarebbe stata la vita senza di lui, di lì in poi, se non un semplice sopravvivere? Si erano giurati eterno amore nei loro ultimi istanti e sapeva che il loro era un sentimento che andava oltre il semplice desiderio carnale o il sesso. Era qualcosa di più profondo, di più completo, che forse non avrebbe più provato con nessun altro. Non aveva mai desiderato un uomo come era accaduto con Shepard, non si era mai concesso con tale semplicità, con la stessa facilità con cui lo aveva fatto con lui. Era un amore puro, incondizionato: per una volta in vita sua si era innamorato della persona e non del sesso e non gli importava di che cosa pensassero gli altri.
I violenti singhiozzi scuotevano il corpo del Maggiore che poteva contare di trovare forza e conforto solo in sé stesso e nelle sue memorie: le memorie che aveva di loro. Eppure, invece che aiutarlo, sembravano solo spingerlo sempre più giù, più in fondo, e seppellirlo tra sentimenti di amarezza, dispiacere e dolore.
Alcuni minuti dopo, nei quali aveva dato sfogo alla parte più oscura di tutta la frustrazione accumulata in quelle ore, sentì l’ascensore fermarsi al piano e qualcuno uscirne fuori.
Si asciugò velocemente le lacrime e tentò di reprimere i singhiozzi, i quali – a quell’atto – si manifestarono come un nodo alla gola, un groviglio che gli toglieva il respiro.
La porta si aprì e mostrò le figure di Garrus e Vega. Sembrarono forse un po’ imbarazzati, forse un po’ a disagio.
Non appena i due compagni varcarono la soglia, Kaidan si alzò. Lo guardarono e poterono notare gli occhi ancora lucidi, le guance umide seppur pulite dalle lacrime e le goti lievemente arrossate. Era a pezzi, lo si vedeva benissimo.
“Possiamo… Fare qualcosa?” domandò il Turian, dopo aver sceso gli scalini. Vega si fermò accanto all’alieno. Si guardò intorno per poi posare lo sguardo sul Maggiore. Quest’ultimo scosse il capo.
“Sto bene.“ Rispose con voce roca. “Non c’è bisogno che vi preoccupiate.”
Bene era una gran parola. Forse in un’altra circostanza Kaidan sarebbe stato bravo a mentire, ma in quel momento stava palesemente negando l’evidenza.
“Non volevamo disturbarti ma… Volevamo solo dirti che se ti dovesse servire qualcosa. Beh… Sai dove trovarci.”
Alenko scosse il capo. “Non è solo il mio dramma.” mormorò. Sentì nuovamente l’impellente bisogno di piangere, ma si trattenne. “E’ il dramma del nostro equipaggio, della razza Umana… Se non dell’intera galassia. Shepard… Era vicino a tutti noi. Indistintamente.”
“Lo sappiamo bene ma… Tu e Shepard…” azzardò Garrus.
“Io e Shepard nulla. Tutti abbiamo lo stesso diritto di piangere il nostro Comandante. Tutti. Alla stessa maniera. “
L’alieno annuì. “Sì, hai ragione. Ma nessuno di noi è solo in tutto questo. Ci siamo dentro tutti insieme, proprio come sempre.” Allungò una mano e gliela appoggiò sulla spalla. “E’ chiaro?”
Il Maggiore incrociò gli occhi del Turian. Fece un cenno assenso.
“E’ chiaro.”
Vakarian nell’incrociare il suo sguardo poté notare quanto quest’ultimo fosse vuoto, privo di qualsiasi energia, di quella grinta che di solito animava gli scuri occhi del Maggiore. Sembravano uno specchio impenetrabile.
“Lo stesso vale per voi.” Aggiunse infine Kaidan.
Sul volto del Turian comparve l’ombra di quello che sembrava quasi un sorriso. Gli strinse la spalla e – dopodiché – si voltò ed assieme a Vega tornarono da dove erano venuti. Capirono che avrebbe avuto bisogno di tempo, forse un po’ come tutti loro.
Non appena i due compagni lasciarono la stanza, Kaidan si rese conto che per quanto quest’ultima si potesse riempire di persone sarebbe sempre risultata vuota. Mancava lui, mancava tutto. Mancava l’essenza.
Si sedette nuovamente ai piedi del letto e si lasciò ricadere indietro, con la schiena sul materasso. Osservò lo spazio infinito sopra di lui, oltre la vetrata, e si chiedeva se da qualche parte Shepard lo stesse guardando, se stesse vegliando su di lui proprio come aveva sempre fatto quando era stato sotto il suo comando.
Ricordò le notti in cui, proprio dove era sdraiato, si stringevano l’uno all’altro e realizzò ancora, crudelmente, quanto gli mancasse. Socchiuse gli occhi e vide il suo volto sorridergli, l’immagine di Shepard quasi imbarazzato quando a cena gli aveva confessato che avrebbe voluto passare il resto della vita assieme a lui.
“Io e te… Mi piace. Molto.” Gli aveva detto.
Inspirò piano, a fondo.
I suoi occhi animati dalla speranza, dalla forza,  dalla volontà di vedere e di credere in un futuro migliore. L’espressione di preoccupazione dipinta sul volto e la mano raggiungere il suo viso insanguinato per un’ultima, fugace carezza.
“Qualsiasi cosa accada… Sappi che ti amo. E ti amerò sempre.”
Si abbandonò a quei pensieri pieni di malinconia ed afflizione ormai stanco. Due lacrime scivolarono giù dall’estremità dei suoi occhi lungo le tempie. Si lasciò cullare dai ricordi del suo Comandante mentre lentamente, senza neppure accorgersene, cadde in un tiepido torpore, sfinito. Che cosa avrebbe dato per riaverlo indietro, anche solo per un istante, anche solo per essere cullato dalle sue braccia in quel momento, proprio come una volta…

 

Erano passate ormai più di ventiquattro ore dalla fine della guerra. Quelle ore erano sembrate infinite dal momento che furono piene di risvolti, di novità: nessuno rimase con le mani in mano, si misero tutti in movimento per ricostruire tutto dall’inizio, per seminare vita lì dove giaceva la distruzione.
Kaidan aprì gli occhi e solo un attimo dopo mise a fuoco l’acquario nel quale nuotavano i pesciolini del Comandante. Era raggomitolato in posizione semifetale al centro del letto, aveva dormito a lungo. Piantò il palmo della mano sul materasso e si tirò su seduto, guardandosi intorno: la cabina era vuota e lui era solo. Quella sensazione di pace con la quale si era svegliato svanì in un istante lasciando un pesante macigno gravargli sul petto.
Si passò una mano sul viso e scivolò fino ai piedi del letto, alzandosi: si riscoprì privo di energie nonostante avesse dormito parecchie ore. Lanciò un’occhiata all’orologio e si rese conto che era notte fonda, almeno per l’orario terrestre. Sì avviò alla porta ed uscì dalla cabina del Comandante, prese l’ascensore e scese fino al piano dove si trovavano le cabine dell’equipaggio e la parete memoriale.
Non appena le porte gli si aprirono di fronte svelando tutte quelle targhette piene di nomi sentì una fitta stringergli il petto.
Il ponte era deserto come era chiaro che fosse a quell’ora. Mosse un paio di passi e si fermò di fronte il muro, osservandolo. La mano del Maggiore scivolò sulla parete liscia accanto alle targhette dell’Ammiraglio Anderson e del Comandante Shepard. Il suo sguardo si fermò proprio su quest’ultima.
“Ammiraglio.” Disse piano. “Sono felice che qualcuno sia rimasto accanto a lui nei suoi ultimi istanti... E forse la persona più giusta era proprio lei.” Sussurrò abbassando il capo.
Tutto l’equipaggio era passato di fronte a quel memoriale da quando erano state poste quelle due targhette e tutti quanti si erano fermati lì almeno per alcuni minuti per parlare, per confessarsi e sfogarsi. Tutti volevano illudersi che il Comandante Shepard fosse lì e che li avrebbe ascoltati, proprio come aveva sempre fatto. L’unico che non ne aveva avuto ancora il coraggio era stato proprio Alenko.
L’uomo scese piano, piegandosi sulle ginocchia per poi appoggiare queste ultime sul pavimento. Voleva approfittare di un attimo di calma per rimanere da solo con il Comandante, e quale momento migliore se non il cuore della notte, quando tutti dormivano?
Passarono lunghi minuti di silenzio mentre Kaidan rimase nella medesima posizione, senza dire nulla, con lo sguardo fisso sul pavimento.
“Dove sei, Shepard?” Iniziò allora. Teneva entrambe le mani sulle cosce. Le strinse, stropicciando la stoffa dei pantaloni. “Avevi detto che finito tutto ci saresti stato.” Sussurrò con un velo di risentimento. “Ma mi hai abbandonato… E’ proprio così che mi sento: abbandonato. So che non avevi scelta e so che era necessario, che lo hai fatto per un bene comune e superiore ma… Diamine Shepard, era proprio necessario?!”
La sua voce vacillò, tremò appena. Deglutì e strinse i denti.
“Mi manchi. Mi manchi dannatamente… Ed è assurdo perché so che questo è solo l’inizio, perché so che dovrà peggiorare ancora molto prima di poter migliorare. Mi sembra un tunnel senza fine sinceramente, adesso. Vedo tutto nero.”
Sospirò frustrato. Cominciò a sentirsi uno sciocco solo per essere lì, che quasi prese in considerazione l’idea di alzarsi e andarsene via e fare finta che quella conversazione non fosse mai accaduta.
Si prese un altro momento, poi continuò.
“Puoi sentirmi…?”Domandò, a quel punto alzando il capo ed osservando la placca di metallo brillante, con su inciso il suo nome.
“Non so quali fossero le tue intenzioni, Shepard… Ma qualunque cosa tu abbia fatto lì, sulla Cittadella, ha funzionato: i Razziatori non sono più una minaccia, lavorano affinché possano portare ogni specie della galassia a rifiorire. Sono nostri… Alleati, oramai. Ma io…” Sospirò. “Io non riesco ad accettarli come tali. Credo… Credo di disprezzarli.” Si lasciò sfuggire un’amara risata. “E’ per colpa loro se tu ora non sei qui. Con me.”
Abbassò nuovamente il capo, scuotendolo appena. “Gira voce che vogliano mettermi a capo della Normandy. Il secondo Spettro umano, dopo che tu sei stato il primo, il nuovo comandante della Normandy, dopo che tu lo sei stato prima di me. E’ questa l’eredità che mi hai lasciato?”
La domanda rimase sospesa nell’aria, lo sapeva che non avrebbe mai ricevuto risposta.
Silenzio, ancora.
“Devo… Devo dirti la verità: sono arrabbiato, deluso, frustrato. Inizialmente lo ero a causa tua, perché te ne sei andato… Ma non mi ci è voluto molto per capire che in realtà l’unica persona con cui sono in collera sono io: è il mio egoismo il problema. Non so se riesci a seguire il filo del discorso…” Un’altra lieve risata, nervosa.
“Shepard io…” Si morse il labbro. La vista gli si appannò al sopraggiungere delle lacrime e – nello stesso istante in cui la prima gli rigò la guancia – Kaidan poté sentire un qualcosa scattare in lui e quel freno inibitore – che fino a quel momento lo aveva tenuto così freddo e distaccato – scomparve.
“Ti amo.” Un’altra lacrima scivolò sulla sua pelle. “E non so se riuscirò a riprendermi… Io e te, mi piaceva così tanto.” Deglutì, a fatica. Il nodo alla gola era tornato. “Sarei voluto essere vicino a te nei tuoi ultimi istanti. Nei nostri ultimi istanti. Ed invece non c’ero… Sono furioso con te! Non hai lasciato che venissi, non hai lasciato che ti proteggessi… Perché? Era la cosa più importante per me! Era il mio scopo… Almeno sarei morto al tuo fianco o sarei sopravvissuto con la consapevolezza di aver fatto il massimo per proteggerti.”
La sua voce tremò ancora mentre ormai le emozioni avevano preso il sopravvento e le lacrime scendevano copiose.
“Ed ora cosa mi resta? Una manciata di ricordi, di rimpianti, di rimorsi. Mi maledico per averti voltato le spalle su Horizon, per non aver approfittato di ogni istante che avrei potuto passare al tuo fianco… E Cerberus, come ho potuto lontanamente pensare che fossi con l’Uomo Misterioso?”
Le sue mani cominciarono a torturarsi l’una con l’altra, fin quando non si portò il dorso di una di esse al viso, asciugandosi le lacrime.
“E’ che non credo di essere ancora pronto a lasciarti andare… E non so quando lo sarò. Se mai lo sarò. Eri speciale per me… Forse più di quanto io sia riuscito a trasmetterti. E se al posto tuo ci fossi stato io? Se fossi morto io? Come avresti reagito? Ti saresti rialzato?” Domandò alzando nuovamente lo sguardo.
“Sì. Lo avresti fatto. Tu ti rialzi sempre, Shepard. Ed io non sono forte tanto quanto te… Non… Non lo sono affatto.” Si morse con forza il labbro, sentendo il sapore salato delle lacrime.
Rimase in silenzio e fermo ancora qualche istante, poi con le mani fece leva sulle ginocchia e si alzò in piedi.
“Almeno ora so che sei in buona compagnia, Comandante.” Sussurrò. “E… Dì ad Ash che mi dispiace, mi dispiace tanto. Dille che non avrei voluto che finisse così. Ho tutt’oggi ancora degli incubi per quanto riguarda Virmire.” E molto probabilmente da quel giorno in poi i suoi incubi non avrebbero riguardato solo Ashley e Virmire.
“Shepard. Ti chiedo solo una cosa: ovunque tu sia… Non dimenticarti mai di me. Io…” Appoggiò una mano sulla parete e serrò le labbra. “Io non lo farò.” Sussurrò prima di non riuscire più a trattenersi e scoppiare in un pianto silenzioso e disperato.
Rivisse in un istante tutti i momenti passati assieme a lui, dai più vecchi ai più recenti: migliaia di ricordi che si accavallarono uno sull’altro e che – uno dopo l’altro – lo colpivano come pugnalate al petto, mentre il dolore lo dilaniava.
Si piegò in avanti ed appoggiò la fronte contro l’avambraccio sulla parete mentre l’altra mano si strinse sul muro liscio fino a sfiorare la placca fredda di metallo sotto le sue dita.
“E’ così… Difficile… T-ti prego… Torna da me, Shepard…” Sentì la sua stessa voce afflitta, distrutta… Ecco che cos’era: un uomo distrutto dal destino.
Kaidan rimase lì, per un tempo indefinito, fintanto che i sensi di colpa non si sarebbero attenuati, fintanto che avrebbe avuto lacrime da versare, mentre il suo corpo veniva scosso da numerosi singhiozzi.

 


Lost in thoughts on open seas,
Let the currents carry me.
If I could would I remain
Another life or another dream.
No turning back, face the fact
I am lost in space and time,
Turning here, looking back in time.”




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Angolo Autrice:

Ed eccoci qua ancora!
Sinceramente? Non pensavo di essere così presente su questo fandom! x°D
Non saprei davvero che dire oltre che - dopo aver finito ME3 - una grande sensazione di sconforto mi ha pervasa e ho dovuto incanalare questo sentimento in qualche modo... E quale migliore se non una storia?
Yay!
Ovviamente dovete sapere (e credo che pian piano lo scoprirete da voi) che sono davvero una drama queen X°D drammi ovunque, dappertutto! Le mie storie sono un dramma continuo!
(Non è vero! Non sempre! :P)
Quiiindiiii boh, non saprei che dire (:
Spero che la storia vi sia piaciuta (per chi ha avuto il coraggio di leggerla tutta fino in fondo!)
E... Basta, credo!
Ora mi sto giocando il dlc Citadel che mi sta ritirando un po' su di morale x°D fantastico!
Ancora mi prendono gli scompensi se penso alla fine... ç_____ç
They were supposed to stay together forever ç.ç
*Se ne va in un angolino a piangere e disegnare cerchietti sul pavimento*
Ok, basta!
Ahahahahah! Riprendiamoci! *Si prende a schiaffi*
Comunque indubbiamente più avanti scrivero un qualcosa su Joker e IDA (li amo *-*) e... Appena postata questa mi metterò subito all'opera per una nuova fyccina, sempre su Kaidan e Shepard, purtroppo per voi! Lo so, sono pallosa... Ma visto che su questo fandom siete tutti fan di Garrus 'Calibration' Vakarian e Thane, qualcuno dovrà pur pensare al nostro piccolo biotico, no?! :D

A presto!

   
 
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