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Autore: Stillnotginger_221b    30/01/2014    1 recensioni
SPOILERS per chi non ha visito la 3x03.
Ispirata alla scena dove John si arrabbia quando ha scoperto chi è veramente Mary, perché quella scena doveva andare diversamente perché di si u.u
Un' idea venuta dal nulla, per ora solo one shot, ma chissà...magari potrà evolversi in seguito.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Angolo autrice: non sto a tediarvi con descrizioni inutili....dopo aver visto la 3x03 non potevo non scrivere montagne di Missing Moments, quindi poveri voi. In cantiere c'è ne sono altre tre, ma intanto spero che questa vi piaccia ;)
segnalatemi eventuali errori o incomprensioni, grazie :)
ciau *si rifugia nel TARDIS*


"Perché è sempre COLPA MIA?!" Urlò John, dando un calcio ad un mobile non meglio identificato.
"John" lo chiamò Sherlock. A quella manifestazione di rabbia Mary se ne era andata. Aveva guardato Sherlock prima, come a cercarne il permesso, e lui glielo aveva dato con un leggero cenno del capo.
Sherlock non aveva mai visto John così arrabbiato. Certo, qualche volta era successo che si fosse arrabbiato per qualche arto mozzato nel frigorifero, "messo vicino alla roba da mangiare" come diceva sempre John. E tutte le volte Sherlock roteava gli occhi esasperato davanti a quella poca manifestazione di fiducia; John credeva veramente che un giorno o l'altro avrebbe mangiato cibo contaminato.
Mpf.
Ma la cosa finiva li. John urlava, Sherlock sbuffava, e tutto tornava come prima.
Questa volta invece era diverso. John camminava avanti e indietro per la stanza con fare irrequieto, i passi pesanti e cadenzati, quasi come stesse marciando. Cercava di regolare il respiro, senza riuscirci. 
"John" lo chiamò ancora Sherlock.
"Lasciami da solo" sibilò quello in risposta. 
"No" 
Due secondi. Sherlock li aveva sentiti distintamente nel silenzio totale che era succeduto a quella risposta. 
"LASCIAMI DA SOLO" gridò John. Si era voltato verso Sherlock, piantandogli addosso i suoi occhi azzurri. Sherlock li guardò a sua volta, e una leggera ansia iniziò ad abbattere il suo muro di certezze. 
Gli occhi di John non erano come sempre. Erano cambiati. L'azzurro del cielo che rassicurava sempre Sherlock aveva lasciato il posto ad un freddo color ghiaccio. Erano occhi tristi, quelli. Solitari. Troppe volte invasi dal pianto. Vedevano gli occhi del suo migliore amico senza riconoscerli veramente. Guardavano, ma non osservavano.
Troppe cose erano cambiate in John, e Sherlock si rese conto di non farne parte. 
"Perché non te ne vuoi andare?" Chiese esasperato John, con voce ferma, almeno in parte.
<"perché ti amo.">  
"Perché sono il tuo migliore amico." Rispose Sherlock.
Anche ora non era riuscito a dirglielo. Eppure è così che ogni persona normale fa, aspetta la prima crisi fra una coppia per poter raggiungere il suo oggetto del desiderio. 
Ma Sherlock Holmes non era una persona normale. Era uno stupido sociopatico iperattivo che non era capace di intrattenere relazioni interpersonali per più di mezzo minuto, il tempo necessario per dedurre la vita di quella data persona. 
<"tu sei il mio migliore amico">
Quelle parole erano state per Sherlock come un terremoto. Lo avevano scosso fino ai più reconditi anfratti del suo essere. La sua mente era andata in stand-by, cosa più unica che rara, e lui era rimasto imbambolato davanti a John per la sorpresa. 
Voleva bene a John. Lui lo aveva salvato dalla droga; la sua sola presenza nell'appartamento era diventata anche peggio, a volte. John gli causava dipendenza, ma una dipendenza buona, che lo faceva stare bene, senza effetti collaterali. 
A parte forse il matrimonio.
Matrimonio significava cambio casa, significava niente più John, niente più suo migliore amico. 
Ma non si era opposto. Si era accorto di volere soltanto che John fosse felice. E aveva cercato di andare avanti, vedere la poltrona spostata, o almeno così credeva John. In realtà l'aveva scaraventata lontano perché odiava vedersela davanti vuota.
Voleva solo il bene per John. Qualunque sacrificio avrebbe chiesto. Anche reprimere i propri sentimenti.
John sogghignò sarcastico. 
"Una memoria tanto straordinaria...eppure proprio non ti viene in mente..."
Sherlock lo guardò, corrugando le sopracciglia. John sospirò.
"Due anni, Sherlock. Mi hai lasciato da solo per due anni." Gli disse, distogliendo lo sguardo e buttandosi pesantemente sulla prima cosa che gli era capitata sotto mano. La poltrona di Sherlock.
"John ne abbiamo già parlato, l'ho fatto perché mi era stato ordinato, perché..." Ma non fece in tempo a finire la frase.
"TI ERA STATO ORDINATO?! Sherlock, quando tu eri in giro per il mondo a dare la caccia ai peggiori delinquenti che possano esistere, per una TUA soddisfazione personale, io me ne stavo qui a piangere, a gridare e a cercare di non dimenticare tutto quello che avevi fatto per me, a combattere contro chiunque dicesse che eri un imbroglione. Sono stato male, Sherlock. Senza Greg, e poi Mary, non sarei qui a raccontartelo." Durante questo discorso John si era nuovamente alzato in piedi.
Ogni parola di ciò che disse ferì Sherlock, che si sentiva come se gli avessero sparato ancora, e ancora. Gli si mozzò il fiato, ma non lo diede a vedere. Abbassò solo il capo, come i bambini quando si sgridano, perché sapeva che era tutto vero. Aveva accettato quell'incarico per pura e semplice soddisfazione personale, per uscire dalla monotonia oppure per altre ragioni a lui ignote. Pensava, anzi, era sicuro che John non fosse affezionato a lui a tal punto. Aveva calcolato tutto, aveva previsto tutto. 
Aveva sbagliato tutto.
Sapere quello che John aveva tentato di fare, anche se non glielo aveva detto esplicitamente, gli aveva fatto male. Si sentiva l'essere più spregevole sulla faccia della terra.
"John..." Sussurrò a denti stretti, non sapendo cos'altro dire, perché lui non era mai stato bravo con i sentimenti, lui, il mostro. Sentì che una lacrima stava rotolando giù, fermatasi pochi secondi dopo sulle sue labbra. Sentì un sapore salato sulla lingua, quel sapore che, tanto tempo fa, si era ripromesso di non assaggiare mai più. 
"John, io....mi dispiace..." Balbettò.
John abbassò lo sguardo e scosse il capo, sconsolato.
"Ormai non serve a niente." 
Sherlock strinse i pugno ancora di più. Stava iniziando ad essere frustrante. 
Poi non ci vide più. 
In uno scatto di rabbia afferrò le spalle di John, facendolo voltare verso di lui.
"GUARDAMI JOHN! GUARDAMI! Io sono qui non me ne andrò più lo vuoi capire?! Non ti lascerò più da solo!"
Mentre diceva questo, stringeva ancora John per le spalle.
I sensi di John, già all'erta per la rabbia, risposero negativamente a questo contatto, ordinando al suo pugno destro di attaccare. Con precisione millimetrica, John colpì lo stomaco di Sherlock, che si piegò istintivamente in avanti. John si scostò dalla sua traiettoria, permettendo a quel corpo statuario di cadere rovinosamente a terra. 
Capendo cosa aveva fatto, si avvicinò a quel corpo all'apparenza esanime, dimenticandosi con chi aveva a che fare. 
"Sherl..." 
Non finì nemmeno di chiamarlo che subito quello gli prese le gambe in una morsa talmente salda da fargli perdere l'equilibrio. 
John cadde accanto a Sherlock, e questi con una mossa fulminea gli fu sopra, restituendogli il colpo ricevuto poco prima. Non fece in tempo a caricarne un secondo che le posizioni si erano invertite. John gli bloccò le mani ai lati, tentando di calmarlo. Adesso era lui a dover chiedere scusa.
"Mi hai rotto il labbro!" Disse invece. Si guardarono per qualche secondo negli occhi, poi scoppiarono a ridere all'unisono. 
"John...John levati da li!" Gli disse Sherlock, tra una risata e l'altra. John eseguì e gli si distese accanto. Senza che se ne fosse accorto, stringeva ancora la mano sinistra di Sherlock. 

"Sherlock?"
"Mmmhm"
"Mi dispiace per quello che ti ho detto."
Sherlock si voltò verso John. Lo guardò intensamente per qualche istante, poi riportò la sua attenzione alle travi del soffitto.
"Suppongo sia lo stesso per me." Disse infine.
John sbuffò, dandogli una pacca sulla spalla. 
"Scemo" Gli disse.
Sherlock sorrise. 
"Mi dispiace per il tuo labbro" gli confidò. "Permettimi di rimediare"
John rise a quell'affermazione di Sherlock, ma non fece in tempo a ribattere.
Non poteva parlare.
Come in un sogno, sentì le labbra umide di Sherlock posarsi dolcemente sulle sue. Fu un tocco breve, e quando finì John di sentì orribilmente privato di qualcosa. 
Si voltò incredulo verso Sherlock, e lo trovò voltato dall'altra parte. Allungò timidamente una mano per sfiorare quei ricci corvini, ma subito dopo la ritrasse. Decise di optare per la voce.
"Sherlock" lo chiamò. 
"Scusa" rispose lui, secco.
"Da quando hai imparato questa parola non fai altro che ripeterla." Scherzò John. "Ma avresti anche dovuto imparare ad inserirla in contesti corretti" aggiunse.
Sherlock si voltò verso di lui, rivelando due zigomi lievemente imporporati. 
"Non..." Balbettò, ma John lo zittì a sua volta, come poco prima aveva fatto lui.
  
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