Salve gente, vi propongo la prima parte di
una fan fic a due capitoli incentrata totalmente su Sakura, e sulla coppia
Sasu/Saku nel nostro mondo…(che,
soggettivamente, può essere quello desiderato o no. Per voi?)
Piuttosto amara e drammatica, come storia
con un significato di base ed un messaggio molto forte.
Buona Lettura.
Ci ho messo l’anima…
SIMPLE
LIFE…NOT FOR HER
[…ed è come quello che non c’è
che io
rimpiangerei
quando penso che non è cosi il mondo che
vorrei
non si può fare quello che si vuole
non si
può spingere solo l’acceleratore
guarda un po’ ci si deve accontentare
qui
si può solo perdere
e alla fine non si perde neanche più…
Il mondo
che vorrei *]
La
macchina procedeva veloce lungo la strada di montagna, sotto il diluvio universale.
I
tergicristalli spazzavano l’acqua ai bordi, donando, a momenti, la visuale del
mondo infernale.
Tirava un
forte vento, controllare la vettura non era facile.
Quella
sera alla radio davano soltanto nostalgiche ballate rock,
interminabili, estenuanti.
Se ne
stava aggrappata al volante, protesa in avanti cercava di scrutare la semi oscurità davanti a lei; aveva il piede sinistro
ostinatamente premuto sull’acceleratore.
Di usare
il freno nemmeno parlarne.
Non
girava anima viva, di fuori.
Nè cani
né macchine ostacolavano il suo folle viaggio senza meta.
Soltanto
un clima impazzito.
Era sola,
sola come mai lo era stata.
Lanciò
una triste occhiata alla sua sinistra nel posto dove, solitamente, se ne stava
seduto il suo migliore amico Naruto, oppure lei stessa, assillante e sorridente,
quando guidava quell’altro, dal nome
così doloroso.
Una fitta
le attanagliò il cuore e gli occhi, una volta così verdi, si
appannarono.
Non ci sarebbe stato più lui al
suo fianco.
Tornò a
guardare davanti a sè e represse le lacrime, rabbiosamente, gridando
silenziosamente dal dolore.
Strinse
più forte le mani al volante di quella vecchia
utilitaria rossa.
Anche lui l’aveva lasciata..
Ed era finita nel peggiore dei
modi.
Si morse
il labbro inferiore tanto da farlo sanguinare.
Due ore
prima…
L’orologio battè le
dieci.
L’osservò
stancamente, sospirando.
Sasuke
non era ancora tornato a casa dal lavoro, come ogni sera,
d’altronde.
Posizionò
meglio le posate sopra i candidi tovaglioli e cambiò daccapo la sistemazione
della bottiglia di champagne.
Il suo
stomaco brontolò dalla fame: unico spiacevole suono in un appartamento dal
silenzio assordante.
“Quando
arrivi?”
Il suo
speranzoso sguardo cadde sulla fotografia appoggiata sulla piccola mensola a
muro, raffigurante lei dai lunghi capelli rosa che le ricadevano morbidamente
sulle minute spalle e un sorriso felice che l’illuminava tutta, abbracciata ad
un ragazzo nero di capelli e di occhi che fissava il vuoto davanti a sé con
severità, le guance leggermente arrossate. Sullo sfondo si vedeva un ragazzo
biondo e vivace, che li salutava energicamente.
Era stata
scattata tre anni prima, uno dei primi giorni del loro
rapporto.
Ricordava
bene quel tempo, era inizio primavera e lei, finalmente, era riuscita a
prendersi il ragazzo che amava da una vita, il desiderato Sasuke
Uchiha.
Ebbe un
lieve sussulto al rivedersi così serena e piena di vita, e soprattutto, al
notare la possessione con cui il ragazzo la cingeva sé, leggermente
imbarazzato.
Il
periodo felice era durato un anno.
Poi…
“Che fine hai
fatto?”
…la morte
di Naruto.
Improvvisamente tutto era
cambiato.
Naruto,
loro amico d’infanzia, era morto in un incidente d’auto.
A guidare
la vettura era proprio lei.
Un
dannato bastardo aveva frenato tutto d’un tratto, davanti a loro, non era
riuscita a fare in tempo ad accorgersene e a frenare pur avendo tentato con
tutte le sue forze.
Aveva
sentito la voce di Naruto che la diceva di non preoccuparsi, lontana,
surreale.
Poi più
nulla.
Quando
aveva riaperto le comunicazioni con il mondo…Naruto non esisteva
più.
Lei si
era salvata per miracolo, dovendo soltanto portare il collare per un paio di
mesi.
L’atteggiamento di Sasuke nei suoi
confronti cambiò; non drasticamente perché il loro rapporto non era mai stato
fatto da moine affettuose e dolcezze varie, ma si modificò, avvolto da un gelido
insopportabile.
Le dava
la colpa.
Avrebbe voluto…sprofondare.
Gli ci
erano voluti mesi per togliersi una parte di sensi di colpa, almeno la notte; ma
lui, in ogni modo, glieli faceva tornare, insofferente.
La
trattava come una serva, un robot senza cuore, come uno sfogo silenzioso e
mansueto del suo remoto dolore.
Aveva
visto, provato di cosa era capace Sasuke…aveva cominciato ad odiarla, allo
stesso modo con cui odiava Itachi, se non di più.
Itachi
era il fratello di Sasuke.
Itachi
non aveva chiamato subito aiuto quando aveva i suoi
genitori si erano sentiti male.
I Signori
Uchiha erano morti per avvelenamento; all’epoca i due fratelli avevano
rispettivamente dieci e sette anni.
Questa
storia se la fece raccontare proprio da Itachi, una mattinata uggiosa di
parecchi anni prima, in corriera per raggiungere la
scuola.
Le era
bastato guardarlo negli occhi per afferrarne il dolore di aver perso tutto,
anche un fratello minore per un destino crudele.
Destino
che non l’aveva risparmiata.
Era
diventata la colpevole.
Per lei
solo maltrattamenti psichici, malumori, ordini, snervanti
attese.
Non
possedeva un uomo, ma un padrone.
“Quand’è
che torni, Sas’ke?”
Strinse
una parte della stoffa del suo lungo vestito da sera, rosa: l’aveva comprato
appositamente per quella sera, concedendosi un regalo costoso, nel nome
dell’orgoglio.
Era
bella, Sakura, appassita ma ancora molto bella.
Click…Sdang.
La porta di casa sbatté, facendola
sobbalzare e sgranare gli occhioni, come una bambina. Si diede una sistematina
ai profumati capelli rosa, portandosi un ciuffo di frangetta ribelle dietro alle
orecchie, velocemente. Curvò le labbra in un sorriso, tristemente sincero, ed
avanzò di qualche passo tremante verso l’entrata della
cucina.
“Ciao…”mormorò, cercando di tenere
ferma la voce e alzò il capo alla ricerca di un volto amaramente
familiare.
“Hai preparato? Ho già cenato, grazie”esordì Sasuke, e si tolse la
cravatta, gettandola sulla prima sedia a portata di tiro.
La squadrò dall’alto in basso, con
fare gelido ed espressione indecifrabile, mentre si
sbottonava la camicia bianca, lasciando così in vista il torso
allenato.
In lui regnava una rigida
bellezza.
Bellezza tanto adorata-desiderata
da Sakura, che, anche in quel momento, non potè non gettare un’occhiata fugace
al meraviglioso fisico dell’uomo che la odiava.
Arrossì, seppur abituata a tale
visione, e gli accarezzò una guancia, con delicata e timorosa amorevolezza,
dandogli a modo suo il “Bentornato”
Lui non si
mosse.
“Odio le moine, dovresti saperlo”
Lei ritrasse, umiliata, le
mani.
“Scusa…”
“…”
“Non ti siedi neanche un minuto?
Te ne prego…”
“Un minuto”
Le ubbidì, stranamente, e il suo
cuore velocizzò il battito.
“Non vuoi assaggiare il ramen? Hai
mangiato abbastanza?”
“Cosa hai
detto?”
Avrebbe volto strapparsi i
capelli: non doveva parlare a sproposito…non doveva dire..
Trattenne il fiato, angosciata dal
teso silenzio creatosi, non osando guardarlo negli occhi, impaurita da ciò che
avrebbe potuto vedere.
“Come, scusa? Ramen a
me?”
“Io…oggi…”
Scosse la testa, lui, e battè un
pugno sul tavolo, facendo tremare pericolosamente i bicchieri in cristallo e la
bottiglia di champagne, regalo prezioso di Naruto offertole nel giorno del
fidanzamento ufficiale con Sasuke, tre mesi prima che morisse.
“Sei una
stupida”
Si fece piccola,
e prese a torturarsi nervosamente le dita sudate.
Dov’era finito il ragazzo serio,
leggermente timido, ma orgogliosamente adorabile che solo lei riusciva a
sciogliere?
“Pensavi che avrei accettato il
Ramen?”
“Ma oggi
è…!”
“Non hai capito nulla di me,
allora” disse atono, un ghigno folle gli imbruttì il
volto.
Si alzò.
Avvicinò il viso candido a quello
di lei, altrettanto candido ma più dolce di lineamenti.
La costrinse a guardarlo,
afferrandole il mento fra l’indice ed il pollice, con
insistenza.
“Cos’era una cena di compleanno
per un morto? Una commemorazione gioiosa a due campata per
aria?”
“Lui…”
Occhi profondamente neri ed
indagatori la scrutavano, ferendole l’animo, inculcandole paura, facendole
venire decine di dubbi relativi a quel dannato giorno.
Un vorticare di
ricordi:
L’incidente…
Naruto il cui sorriso
rappresentava un dono di Dio…
Il
risveglio…
Il primo
bacio…
Le tempie pulsavano a ritmo del
suo cuore, cuore che pompava energicamente sangue nelle
vene.
TU TUM TU
TUM
In un istante lo ebbe vicinissimo.
La fissava maliziosamente; lo vide passarsi la lingua sulle labbra, e poi
ammiccare al suo corpo.
“Sasuke…”
Sakura si portò le mani al viso,
nascondendo le prime lacrime, scrutandolo impaurita attraverso le fessure fra le
dita.
“Lo sai cosa tocca ad un’assassina
come te, vero?”
Si spezzò il
fiato.
Aveva intuito ogni cosa; sbarrò
gli occhi dal terrore quando lui la spinse contro la
parete gelida, imprigionandola.
“No, Sasuke,
no!”
Aveva cominciato a baciarla lungo
il collo, sempre più sù, fino a mordicchiarle l’orecchio destro, con
voga.
“No!”
Lo bloccò portando avanti le
braccia, schermendosi con esse, orripilata da ciò che
avrebbe potuto succedere di lì a poco se non fosse riuscita a
resistere.
Dov’era finito l’uomo che non
l’avrebbe toccata se non per amore?
“Non fare la
sciocca”
“Sei un…”
Non ebbe il tempo di concludere la
frase: lui aveva appoggiato le labbra alle sue, chiedendole ostinatamente di
ricambiare al freddo bacio.
“Mmh…”
Un oggetto, un gioco,
rappresentava per Sasuke.
Il mondo prese a girare
pericolosamente; la testa pareva voler scoppiarle da un momento
all’altro.
Brividi
incontrollati.
Paura.
Confusione.
“Non la devi passare
liscia”
Le lacrime sgorgarono
incontenibili dagli occhi verdi, e andarono a bagnare le labbra del bel diavolo.
“Ti…amavo”
Lo disse forte, cercando di
controllare la voce.
“Tsè, balle”
“Ma ora…”
Si divincolò dalla stretta feroce
dell’uomo, non permettendogli di spingersi oltre, coprendosi nuovamente del
vestito concessosi.
“Ora,
Sakura?”
“Ora…”
Lo riguardò negli occhi bramosi,
sentendo il cuore stringersi all’incontrare tanta follia.
Quello non era più l’amico di
Naruto, colui che avrebbe dato la vita in nome della loro
amicizia.
Non era più il ragazzino che
l’aveva ipnotizzata con il suo essere meravigliosamente misterioso, diverso da
tutto e tutti.
Non era più l’uomo che, una volta
sciolto, tirava fuori un’affettuosa possessività,
spiazzandola.
Non era più il compagno di vita
paziente e fedele, che ogni mattina si svegliava con il suo fare buffamente
imbronciato (perché era stato buttato fuori dal letto a
suon di urla)e che ogni sera lasciava da parte il nervosismo dato dalla fatica e
sopportava le sue lamentele.
Non era più il conforto né la
gioia di vivere.
Non era più il principe azzurro
desiderato da bambina né l’amore voluto
nell’adolescenza.
Era
divenuto un pazzo imprevedibile.
E sì che l’aveva creduto un angelo
particolare caduto dal cielo…
Il suo.
Chiuse la
visuale.
Non c’era più niente da
fare.
Naruto se ne era
andato.
La vera essenza di Sasuke se ne
era andata…
E lei…
…pure lei si era ridotta a non
essere più lei.
[…ed è come quello che non c’è che io
rimpiangerei]
Un
paradosso.
Aveva già subito una modifica, il
suo carattere, nel passaggio all’adolescenza, quando si era fatta più
coraggiosa, più intraprendente, più grintosa.
E ora si ritrovava a fare la schiava, la
pedina nelle mani di un pazzo.
Era tornata ad essere la bambina
indifesa, spaurita, inetta.
Come aveva potuto lasciare che
accadesse?
Strinse i pugni, fino al dolore
fisico.
Dov’era finito l’amor
proprio?
“Ora è tutto
finito”
“Non parlare a
vuoto”
Riaprì gli occhi color del bosco,
d’un tratto; alzò la mano destra davanti al perfetto volto di Sasuke e, con
tutta la sua rabbia, colpì.
“E’ la fine, la
fine”
Uno schiaffo in pieno
volto.
Un rumore
sordo.
L’unico in una casa terribilmente
sempre silenziosa.
Tremava, respirava affannosamente,
Sakura, ma non si lasciò andare al desiderio di un’altra
chance.
Quante gliene aveva date da mesi e
mesi a quella parte?
Vide gli occhi di lui offuscarsi,
farsi spenti e le sue labbra muoversi quasi impercettibilmente nel tentativo di
formulare parole, ma non uscì nulla da quella bocca
perfetta.
Lo vide toccarsi la guancia
scalfita, più volte, a voler constatare la realtà.
Lo vide abbassare il capo, ciuffi
di capelli neri oscurarono quel volto che mai più avrebbe avuto il piacere e il
timore di scorgere.
Lo vide sprofondare, cadere di
botto in ginocchio davanti a lei.
“Non c’è futuro,
Sas’ke”
[…quando penso che non è cosi il mondo che
vorrei]
Vide delle stille salate macchiare
invisibili il pavimento, sotto il peso della gravità.
Fece un
passo in avanti, affiancò l’uomo ma non lo guardò,
mantenendo il capo alto, tenendosi ferma e tirata per non cadere nella
tentazione di abbracciarlo, di ricominciare,
di…perdonarlo.
No.
Doveva
andare avanti.
Doveva…svanire.
[…quando penso
che non è così il mondo che vorrei]
[- Naruto…senti, ho deciso
questo.
- Spara,
dai!
- Ti va di farmi da testimone di
nozze?
- Oh, Saku, proprio io?! Ma è fantastico! Sarò il miglior testimone del mondo! Puoi
contarci.]
Due passi, tre, quattro, cinque
passi.
Due passi, tre, quattro, cinque
lacrime.
Due passi, tre, quattro, cinque
ricordi.
[ - Sakura, ho una cosa da
dirti.
- Cosa c’è,
Sas’ke?
-
Avvicinati.
Le parlò con la bocca
all’orecchio.
- Io e te ci
sposeremo.
Non una domanda né una
proposta.
Una possessiva
affermazione.
Lui era
così]
Afferrò il cappotto rosa scuro
dall’appendi abiti all’entrata, aprì la porta e uscì, sbattendola alle sue
spalle.
Scese le scale a tre gradini alla
volta, tuffandosi all’esterno; in furia salì sulla sua utilitaria, la accese e
partì a tutta velocità, mentre il mondo cominciava a
scatenarsi.
- Fine prima parte
–
* le frasi sono prese dalla canzone di Vasco Rossi “Il mondo che
vorrei”