Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Namixart    31/01/2014    5 recensioni
- Chi sei? - chiese flebilmente.
- Jack Frost. - rispose il ragazzo, senza realizzare subito cosa era successo.
Lo vedeva! Lo vedeva davvero!
- Andrà tutto bene, Elsa. Fidati di me. - disse.
Senza sapere cosa stava facendo, mosse una mano e creò un cristallo di ghiaccio a forma di rosa dal nulla, che volò in mano a Elsa.
La bimba trasalì, con il fiore che fluttuava tra le sue mani.
- Andrà tutto bene. - ripeté Jack, poi si allontanò dai cavalli.
Elsa riuscì ad accennare un lieve sorriso, mentre il ragazzo spariva.
- Ci vediamo presto, scricciolo. - mormorò lui.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A una certa Serpe, che farebbe bene a darsi
una mossa con la sua storia
 
 
Gli umani sono convinti che i fenomeni naturali siano opera… della Natura, ecco! Credo che non si siano mai sbagliati tanto su qualcosa. Le stagioni, la pioggia, i venti… Non spuntano fuori dal nulla! Né sono opera di qualche strana congiunzione astrale. No, c’è qualcuno dietro i cambiamenti del mondo. Spiriti.
Io? Mi chiamo Jack Frost. Sono lo spirito dell’inverno. Dove passo io, automaticamente scatta la stagione fredda, anche siamo ad  Agosto e la gente sta tranquillamente nuotando in mare.  La neve, il ghiaccio… tutto opera mia! Peccato che nessuno lo sappia.
 
Anche uno spirito dispettoso ha i suoi momenti di noia. Come li combatte? Beh, Jack Frost amava girare il mondo e osservare i bambini. E fu proprio uno di questi pellegrinaggi a farlo finire ad Arendelle. Era una città molto bella, con delle strade animate e tanti bambini che giocavano nella neve. Ma ben presto la giornata tranquilla si trasformò in una colossale battaglia di palle di neve scatenata da Jack. Era la cosa che amava di più al mondo, divertirsi e divertire i bambini.
- Se solo potessero vedermi… -
Jack era invisibile. Il grosso guaio di uno spirito come lui era che se le persone non credevano nella sua esistenza, non potevano vederlo.
Sbuffò, tutto a un tratto demoralizzato, e schizzò via in volo dalla folla. Appollaiato su un tetto, scrutò il suo riflesso nel vetro della finestra.
Non aveva nulla di normale. Cioè, quale ragazzo normale ha i capelli bianchi? E gli occhi azzurri in cui si scorge un cristallo di neve? E un ragazzo normale non sarebbe mai andato in giro scalzo d’inverno, né avrebbe viaggiato in tutto il mondo armato solo di un bastone ricurvo.
- Beh, un ragazzo normale non controlla la neve e il ghiaccio, in effetti. - borbottò, alzandosi in volo sopra la città.
Scorse una costruzione che poco prima non aveva notato: un castello.
- Ehi, guarda, guarda… - fece, affacciandosi alla finestra di un enorme salone.
Dall’interno provenivano delle risate di bambine che giocavano.
Jack accostò la vetrata e scivolò nella stanza, chiedendosi come poteva vivacizzare la loro giornata, ma rimase a bocca aperta. La stanza era diventata un’enorme pista ghiacciata e coperta di neve. Le bambine erano intente a costruire un pupazzo di neve a cui diedero nome Olaf. Mentre la più piccola, una bimba minuta dai capelli rossi, correva nella neve l’altra, che aveva occhi azzurro ghiaccio e capelli biondo platino, quasi bianchi, si spostò in disparte e cominciò ad agitare le mani.
Mentre la mascella di Jack minacciava di toccare terra dallo stupore, le montagne di neve iniziarono a crescere  fino a sfiorare il soffitto.
- Ehi, scricciolo, stai cercando di fregarmi il lavoro? - disse Jack, senza fiato.
- Anna, vieni! - gridò lei.
La sorellina corse verso di lei ridendo.
- Vediamo che sai fare… - mormorò Jack, ridacchiando e sedendosi per godersi la scena.
La bimba bionda e la sorellina iniziarono ad arrampicarsi su una delle montagne di neve.
- Muoviti, Elsa! - gridò Anna, già arrivata in cima.
- Eccomi, eccomi… - fece Elsa.
- Sei pronta? -
- Certo! - strillò Anna.
Le due bambine iniziarono a scivolare su una pista di lancio fatta di ghiaccio che Elsa creava mano a mano che avanzavano. Quando ebbero raggiunto una velocità sufficiente la lastra si curvò verso l’alto e le bimbe si ritrovarono a sfrecciare nell’aria.
Ora Jack le osservava con un pizzico di preoccupazione. Se Elsa si fosse distratta solo un po’ si sarebbero potute fare male. Ma lei sembrava abituata a quei giochi sfrenati e creò una coltre di neve molto spessa nel punto di atterraggio.
Jack era molto impressionato. Adesso Anna stava saltando nel vuoto e a ogni salto una nuova torre di neve le impediva di cadere. Ma la bambina andava troppo veloce e Elsa faticava a tenere il ritmo.
Il ragazzo era in allerta, pronto a intervenire se le cose fossero andate storte. Infatti Elsa, presa dalla foga, scivolò sul ghiaccio e, nel tentativo di erigere la sua torre di neve, colpì la sorella alla testa, che svenne.
- Anna! - gridò la bambina, ma era troppo atterrita per fare qualsiasi cosa.
Intanto Anna precipitava nel vuoto.
- Oh, no che non cadi! - esclamò Jack, creando un soffice letto di neve sotto di lei.
Pochi secondi dopo la porta del salone si spalancò e ne uscirono un uomo e una donna, probabilmente i genitori delle bambine.
- Elsa, che cosa hai fatto? Non lo controlli più! - gridò il re.
- È stato un incidente, non volevo! - esclamò Elsa, abbracciando Anna.
- Come se una bambina potesse davvero far del male alla propria sorella di proposito mentre giocano… - borbottò Jack, avvicinandosi.
Anna era in braccio al padre, ancora svenuta. Jack notò con sgomento che una ciocca dei suoi capelli era diventata bianca.
La famiglia uscì velocemente dalla sala e dal castello, diretti in un luogo dove, secondo il re, avrebbero potuto guarire Anna.
Jack li seguì durante tutto il tragitto, tenendo d’occhio soprattutto Elsa. La bambina era così spaventata che il terreno sul quale il suo cavallo passava gelava all’istante. Continuava a guardarsi intorno, terrorizzata. A un certo punto alzò gli occhi e li piantò in quelli di Jack.
- Chi sei? - chiese flebilmente.
- Jack Frost. - rispose il ragazzo, senza realizzare subito cosa era successo.
Lo vedeva! Lo vedeva davvero!
- Andrà tutto bene, Elsa. Fidati di me. - disse.
Senza sapere cosa stava facendo, mosse una mano e creò un cristallo di ghiaccio a forma di rosa dal nulla, che volò in mano a Elsa.
La bimba trasalì, con il fiore che fluttuava tra le sue mani.
- Andrà tutto bene. - ripeté Jack, poi si allontanò dai cavalli.
Elsa riuscì ad accennare un lieve sorriso, mentre il ragazzo spariva.
- Ci vediamo presto, scricciolo. - mormorò lui.
Tuttavia continuò a seguirli dall’alto, finché non arrivarono in una radura dove non c’era niente, fatta eccezione per un centinaio di grossi massi rotondi. Jack si nascose dietro un cespuglio.
- Aiutatemi, vi prego! È per mia figlia! - gridò il re.
- Oh, andiamo! Chi diavolo dovrebbe aiutarvi? I massi? - esclamò Jack, esasperato.
All’improvviso quegli stessi massi iniziarono a tremare e si trasormarono in piccoli esseri dalle fattezze umane.
- Troll… - borbottò il ragazzo.
- Frost! Via di qui! Peggiorerai la situazione! - esclamò uno di loro, notandolo.
- Va bene, va bene! - fece Jack, allontanandosi in volo.
La radura era a cielo aperto, quindi poté osservare la scena dal’alto. Uno dei troll posò una mano sulla fronte di Anna e disse qualche parola. Nell’aria comparvero delle immagini: i giochi magici di Anna e Elsa tramutati in giochi normali, giochi che fanno i bambini senza fratelli con poteri magici, insomma. Poi un’immagine confusa: ad occhio sembrava una sagoma di una ragazza, Elsa, che usava i poteri del ghiaccio. Ma poi quegli stessi poteri si rivoltavano contro di lei.
L’Elsa del presente sussultò di terrore.
Il troll parlò ancora e i genitori delle bambine annuirono, per poi ripartire in fretta.
Jack li seguì ancora, ma non fece in tempo a raggiungerli che erano già scomparsi nel castello e avevano serrato porte e finestre.
- Dannazione, sono invisibile, non fatto di fumo! - sbottò il ragazzo, mentre cercava uno spiraglio per penetrare nel castello.
Ma quello spiraglio non esisteva. Il palazzo era completamente isolato dal resto del mondo.
Jack setacciò i dintorni per una settimana, prima di perdere le speranze.
Solo allora, silenzioso com’era arrivato, lasciò Arendelle, forse per non tornare mai più.
  
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