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Autore: Lady_Wolf_91    05/02/2014    3 recensioni
Sally è una giovane e normalissima donna, ha una vita normale, un lavoro normale e un'amica fidata!
Certo ha qualche dolore passato ma come tutte le persone normali l'ha nascosto in fondo al cuore così che non possa più fare tanto male...fino a quando il suo passato ritorna, o meglio RIAPPARE pronto a metterla ancora alla prova!
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO CINQUE

(Compagni di classe, feste e omicidi)
-seconda parte-




 

L’indomani mi risvegliai più stonata del solito, non avevo sognato nulla, il che per me era peggio che avere incubi. Mocho miagolò e fece le fusa e, infine, si guardò intorno, probabilmente alla ricerca di Miles. Era assurdo che avesse plagiato anche il mio gatto, sbuffai e ci provai ancora: “Miles?”

Niente. Voleva davvero farmi arrabbiare, mi fissai i piedi.

I piedi...

Sia Laura che l’altra ragazza avevano i piedi nudi, perché?

Magari era un dettaglio insignificante ma, perché una persona che decide di togliersi la vita si toglie le scarpe? E poi, come aveva fatto ad entrare? Perché il maggiordomo non l’aveva fermata? E la maglietta era messa al contrario.

Chissà se anche Laura… troppe domande e tutte senza risposta. Afferrai il telefono e feci partire la chiamata e, proprio in quel momento, apparve Miles: “Perché continui a chiamarmi?”

Lo zittì alzando un dito, lui mi guardò confuso.

“Brad, ciao!”

Sentii Miles sbuffare.

“Ehi, Sally! tutto bene?”

“Sì, tutto bene. Ecco, mi servirebbe un favore, beh! Una specie di favore”

“Che genere di favore?”

“Ecco, mi chiedevo se la ragazza di ieri, se sai se è stata stuprata.” “Immagino ti serva per il giornale?”

“Ehm… sì, certo, sai com’è? Giovane ragazza si toglie la vita nel bel mezzo di una festa: oro per i giornali.”

“Immagino di sì. Comunque, il caso è stato già archiviato e non c’è molto, però sì, dall’autopsia è venuto fuori che ha subito uno stupro, più di uno, da diverse persone e…”

Perché la cosa non mi sorprendeva?

“E…?”

“Sotto la maglia, nella zona dell’addome, sono state ritrovate diverse ferite inferte prima della morte, ferite ricoperte in modo approssimativo come se…”

“Come se qualcuno l’avesse medicata?”

“Qualcuno di inesperto, sì. Hanno controllato e non è stata in nessun ospedale.”

“Scusa, ma perché non hanno indagato?”

“Alcuni testimoni hanno detto di averla sorpresa più volte mentre si auto infliggeva delle ferite, quindi hanno lasciato correre.”

“Testimoni? Che genere di testimoni?”

“Ragazzi che l’hanno vista alla festa.”

Mi morsi un labbro.

“Non puoi dirmi i nomi, vero?”

“Non posso. Ti ricordi del nostro vecchio amico, Miguel Travel? Che strano! Com’è che il suo nome mi sia venuto in mente così, all'improvviso, eh?”

Sorrisi, Brad era proprio un tesoro.

“Io… davvero, non so come ringraziarti.”

“Bene, io sì. Avrei in mente qualcosa.”

“Davvero?”

“Certo! Magari, uno di questi giorni, possiamo andare a prenderci un caffè.”

“Oh… beh! Direi di sì, va bene.”

“Sì? A presto, allora.”

“Sì. Ciao!”

Lasciai il telefono sul letto, sorridendo.

“Spero tu non mi abbia chiamato per farmi ascoltare la vostra conversazione.”

Alzai lo sguardo e il mio sorriso sparì, mi ero dimenticata di Miles.

“Ho bisogno di risposte. Loro sanno qualcosa?”

Si avvicinò al letto e prese ad accarezzare quell’infedele del mio gatto: “Loro, non si occupano di suicidi.”

“Questo, non lo è.”

“Solo perché tu pensi che non lo sia non vuol dire che non lo sia davvero e io non so niente.”

“Allora puoi anche andartene, io ho da fare.”

“Da fare, cosa?”

“Niente che ti riguardi.”

“Sally…”

“No! Sei stato uno stronzo ieri, ti sei comportato da stronzo e non so nemmeno il perché. Io non ho fatto niente e poi ce l’hai con Brand, nemmeno fosse un demone, quindi, sono arrabbiata con te e, quindi, non ho voglia di averti tra i piedi!”

Sospirò toccandosi i capelli: “Va bene, mi dispiace. Io ero solo… niente. Ho sbagliato. Possiamo ricominciare daccapo? Dove vai?”

Cercai di calmarmi, in fondo si era scusato, no?

“Sono ancora arrabbiata, però ho bisogno di te e vado a scuola.”

“Il preside ti caccerà appena ti vedrà e poi sono i primi di Settembre, non dovrebbe essere chiusa?”

“Ci sono gli esami di riparazione e per il preside ho una mezza idea in mente”.

Lui annuì continuando ad accarezzare il mio gatto. Li lasciai soli e mi vestii velocemente. Il telefono prese a vibrare: era Ellen. La ignorai, non avevo tempo, le avrei spiegato tutto dopo.

Arrivai a scuola velocemente, mi sarei aspettata auto della polizia ovunque, con Laura era successo così, ma no, il caso di questa ragazza era stato chiuso ancora prima, quindi, niente polizia, niente curiosi, niente.

I cancelli, come al solito, erano spalancati, quindi entrai senza problemi e, sempre senza problemi, raggiunsi la segreteria. Bussai, mentre Miles mi guardava confuso.

Una donna sulla quarantina, con le labbra rifatte, aprì la porta squadrandomi: “Posso fare qualcosa per lei?”

“Ho bisogno di parlare con il preside.”

“È molto occupato al momento.”

“Sono sicura che troverà il tempo per me.”

“Aspetti un secondo.”

Raggiunse con passo incerto, dovuto a tacchi esageratamente alti, il telefono: “Sì, sì è una ragazzina.”

Storsi la bocca. Ragazzina, le sarebbe piaciuto avere la mia età.

“Scusi, il suo nome?”

Sorrisi.

“ Sally Blacket.”

“Bene, può andare.”

Feci un sorriso di circostanza e mi avviai verso la stanza del preside, bussai e aprii la porta. Lui era di spalle, seduto sulla sua comoda poltrona di pelle; appena sentì la porta si girò, guardandomi con un’espressione corrugata: “Credevo che il discorso si fosse concluso ieri sera.”

Guardai la stanza. Più che una stanza, sarebbe stato meglio definirla una reggia in miniatura, arredata con quadri, vari preziosi e rari monili: ecco dove finivano i soldi dell’iscrizione.

“In realtà, sono venuta a scusarmi, il mio comportamento di ieri è stato davvero indecoroso.”

Lui sorrise.

“Bene, sono contento che se ne sia resa conto.”

“Sì, lei è sempre stato così comprensivo e io ero troppo impulsiva.”

“Certo, capisco che la perdita della sua amica sia ancora una ferita aperta, la morte di Laura è stato un dramma per tutti noi, era una studentessa modello e una ragazza adorabile, capisco che quella ragazza l’abbia ricordata ma… non potevano essere più diverse.”

Continuavo a ripetermi di sorridere mentre in realtà volevo prenderlo a pugni: “Infatti, sono contenta che abbia accettato le mie scuse, ora la lascio al suo lavoro. Oh! Un’ultima cosa: la professoressa Robins insegna ancora qui?”

“Certo, in questo momento è nella sua solita aula con alcuni ripetenti.”

“Vorrei salutarla, è sempre stata così… buona, con me. Posso?”

“Certo!”

Bastava davvero un sorriso e qualche moina per comprarsi quell'uomo?

“Bene, arrivederci allora.”

“Arrivederci!”

 

Uscii dall’ufficio e andai verso l’aula della Robbins.

Miles al mio fianco: “Credevo la odiassi!”

“È così, ma tutti credevano che fosse buona con me e la sua aula è la più vicina al bagno.”

Annuì: “Un’ottima scusa.”

“Esatto!”

Arrivammo al bagno senza che nessuno mi vedesse. E devo dire che la scuola mezza vuota era utile. Richiusi la porta, ispirai a lungo e mi concentrai sul pomello: sentii l’energia fluire in me, arrivare alle dita e sprigionarsi sotto forma di luce e, con uno scatto, la porta si bloccò.

“Ah, però! Fai progressi.”

Ignorai Miles e guardai lo specchio: niente. Raggiunsi, allora, il bagno centrale. Dal tubo pendeva ancora un pezzo di corda.

“Cosa ti aspettavi di trovare?”

Già, cosa volevo?

“Sali”

Strabuzzò gli occhi: “come, scusa?”

“Sali sul water.”

“Credo di non capire.”

“Sali- sulla- tazza- del- water. Cosa c’è di così difficile?”

Sbuffò ma lo fece: “E ora?”

“Prova ad afferrare la corda.”

“Sai che non posso toccarla.”

“Fa finta.”

Allungò un braccio. Proprio come pensavo: raggiungeva quasi il tubo.

“Bene. Considerando che, normalmente, un uomo è più alto di te, direi che ho ragione.”

Lui mi fissò: “Scusami. Cosa vuol dire: normalmente? Mi stai dando del nano? Guarda che sono più alto di te.”

Continuai a ignorarlo: “La mia scarpa.”

“Non cambiare discorso, sai?”

Gli sventolai una mano davanti per farlo calmare.

“No. La mia scarpa aveva la suola sporca di sangue.”

Entrambi ci guardammo intorno.

“Qui, però, non c’era sangue.”

“E questo può solo significare che sia stata uccisa in un altro posto.”

“Oppure, che non è stata uccisa!”

“Andiamo! Lo hai visto anche tu. Io non ci arrivavo, tu invece sì. E non è nemmeno uno solo, devono essere almeno in due, perché sarebbe troppo difficile sollevare un corpo in quel modo. Brad ha detto che aveva delle ferite sul’ addome, ferite recenti.”

“Ha anche detto che credono se le sia fatte da sola.”

“Di solito chi si auto infligge ferite lo fa sulle braccia o sulle gambe.”

“E va bene, Sherlock! Mi dici la tua teoria?”

Iniziai a fare avanti e indietro nervosamente, come la migliore delle investigatrici, quelle dei telefilm, si intende.

“Brad ha detto che è stata stuprata, quindi: viene alla festa, qualcuno la stupra e poi la cosa degenera, magari voleva chiamare la polizia e la uccidono, trasportano il corpo in bagno e inscenano il suicidio, le coprono le ferite, così che non siano visibili, e la lasciano qui.”

“Ma il medico legale le avrebbe viste?”

“Avrebbe pensato a ferite auto inflitte, per l'appunto, forte della testimonianza, probabilmente, proprio degli assassini, oppure lo hanno corrotto, magari era un loro amico, non lo so.”

“E perché non lasciarla dove l’hanno uccisa?”

“Perché… perché il loro metodo aveva già funzionato una volta.”

“Cosa?”

Deglutii. Stavo davvero per dirlo?

“Laura. Non è solo la stessa scena, sono gli stessi aguzzini, certo! Tutto torna”

“A me non torna proprio niente.”

“Quando ritrovammo Laura aveva dei segni sui polsi e sono sicura che li aveva anche sotto la maglia, dissero che voleva essere sicura di morire e così si era tagliata anche le vene, ma il sangue? Non c’era, come non c’è ora, solo che, stavolta, le hanno bendate per non destare sospetti.”

“E chi sarebbero gli assassini? Perché dopo tutto questo tempo, poi? Perché loro due?”

“Non lo so, ma dai! Perché qualcuno che sceglie di suicidarsi si toglie le scarpe?”

“Va bene! Mettiamo che ti credo, non abbiamo prove.”

“Possiamo trovarle.”

“Come?”

Incrociai le braccia al petto e sorrisi: “Elementare Watson! Dobbiamo trovare la stanza dell’omicidio.”

Miles scosse la testa: “Sì, certo, ovvio! E che ci vuole? Ci sono solo… quante? Trenta aule? E solo su questo piano.”

“Invece è semplice. Ci basterà cercare tracce di sangue nelle aule. Dall’aula magna al bagno, non sono poi così tante.”

Continuò a fissarmi perplesso: “Non pensi che se hanno elaborato questo piano hanno pensato anche a togliere il sangue?”

“Le tracce di sangue possono rimanere anche per sempre.”

“Sì, piccolo genio del crimine, ma non credo che tu disponga di luminol.”

Il mio sorriso si allargò e Miles indietreggiò di un passo.

“No, ho te però, giusto? A cosa serviresti, altrimenti?”

Uscimmo dal bagno. Miles sbuffò ripetutamente, ma entrò in tutte le aule, comprese quelle dove c’erano alcuni studenti, mentre io, ovviamente, aspettavo fuori cercando di non farmi vedere.

“Allora?”

“Niente, nemmeno qui.”

Sbuffammo entrambi, ma non volevo perdere la speranza: “Non è che i tuoi occhi sono guasti? O, magari, i tuoi poteri?”

Mi guardò storto: “No! non c’è niente di guasto in me!”

“Io avrei qualche dubbio.”

Per una volta, fu lui a ignorarmi: “Abbiamo finito le stanze.”

“C’è sempre l’aula magna.”

“Ma, andiamo! È impossibile che l’abbiano fatto lì.”

In effetti, era abbastanza rischioso commettere un omicidio nello stesso posto della festa? Una cosa da pazzi, sì! Però, dato che l'omicidio non era premeditato, poteva essere e poi... poi c'era quella stanza!

“Ricordi? Un tempo c’era un aula di fotografia, l’hanno chiusa poco dopo la morte di Laura, ma c’è una seconda entrata, proprio nell’aula magna!”

“D’accordo, andiamo”.

L’aula era stata completamente ripulita, l’unico testimone della festa del giorno prima era un solitario palloncino viola attaccato al soffitto. Mi guardai intorno. Dove c’era la porta era stato messo un grosso armadietto, il giorno prima non c’era. Giusto? Mi avvicinai e provai a spostarlo, ma era troppo pesante.

“Non potresti darmi una mano?”

Miles si gratto la testa: “Ehm… lo farei. Ma ti ricordo che sono un tantino immateriale.”

Ovviamente, mai una volta che fosse utile quell'uomo.

“Quindi, scusa, i miei poteri crescono e l’unica cosa che ottengo è che tu puoi toccarmi se mi concentro?”

Alzò le spalle: “Non è colpa mia se non ti impegni.”

“Lascia stare.”

Spinsi con tutte le mie forze, ci ero quasi riuscita: “Sally”

“Sono un tantino impegnata, ora.”

Finalmente riuscii a spostarlo quanto bastava per entrare.

“Sally?”

Mi voltai verso Miles, i suoi occhi erano quasi completamente gialli: “C’è del sangue.”

“Dove?”

“A terra, davanti alla porta... ovunque.”

“Entriamo.”

La porta era chiusa a chiave, sbuffai mentre Miles la oltrepassò senza problemi, ispirai a fondo e, in breve tempo, la serratura scattò. Ottimo, se perdevo il lavoro al giornale potevo darmi sempre al crimine come scassinatrice di porte professionista.

“Hai trovato altro?”

“Molto sangue. Lì, lì e anche lì e…altri liquidi organici e credo… c'è del sangue più vecchio, Sally, molto vecchio.”

“Laura…”

Mi avvicinai a uno dei muri, alcuni ganci erano attaccati con delle viti, ne sfiorai uno e mi accasciai a terra.

“Sally?!”

Mi alzai tremando: “L’hanno portata qui… legata e… imbavagliata. Loro… lei gridava e lui… rideva e poi…” Miles poggiò una mano sulla mia spalla: “Lui chi? Loro, quanti erano?”

“Non lo so! Io… era tutto confuso e la ragazza e Laura erano entrambe qui e…”

“Ok, calmati ora. Respira, pensa, qual è il prossimo passo?”

Tirai su col naso: “Ci servono prove, dobbiamo chiamare la polizia e fargli esaminare questo posto e… cos’è quello?”

Lui si voltò seguendo il mio sguardo: sulla vecchia cattedra impolverata c’era qualcosa che brillava, quasi. Mi avvicinai, era una carta d’identità: “Molly Lisbet.”

La foto di Molly mi sorrideva mentre gli occhi azzurri esprimevano gioia e vitalità, ripensai a come l’avevo ritrovata e rabbrividii: “dice dove abita?”

“Come?”

“C’è l’indirizzo?”

“Uhm… si, eccolo, dici che dovremo andare?”

“È un inizio”

“Va bene.”

 

La casa era a pochi isolati dalla scuola, un piccolo appartamento dalle pareti grigie e il giardino curato. Bussai alla porta mentre Miles si guardava intorno.

“Chi è lei?”

Una ragazzina con delle trecce rosso fuoco e gli occhi nocciola mi squadrò con l’espressione tesa.

“Sono… ero, un’amica di Molly.”

Guardò dentro, poi richiuse la porta rimanendo fuori: “io sono la sua miglior amica e non ti ho mai visto prima.”

Sospirai osservando i suoi occhi gonfi, chissà quanto aveva pianto: “eri la miglior amica di Molly?”

Guardò in basso: “sì, lo ero, non riesco ancora a parlarne al passato.”

“Voglio essere sincera con te, ho mentito, è vero, non conoscevo Molly, ma sto cercando di aiutarla, quantomeno, di fare giustizia.”

“Giustizia? È stato un suicidio!”

“Ne sei davvero convinta?”

“Lia, mi chiamo Lia. La polizia ha detto questo.”

“Ascolta, Lia. Ci sono passata anche io, so cosa stai provando, ti stai facendo mille domande, hai mille pensieri nella testa ma so che, in fondo, sai anche tu che non è stato un suicidio, pensaci bene, aveva motivi per farlo?”

Lia scosse la testa e le lunghe trecce rosse ondeggiarono da un lato all’altro: “tutti continuano a ripetere che era una ragazza problematica perché i genitori non c’erano mai, ma lei non soffriva la lontananza, era una ragazza indipendente, sognava di trasferirsi lontano, amava tutto quello che la vita le offriva, amava la scuola… sul serio, nessuno ama la scuola! Ma lei, sì. Voleva andare all’università, lo voleva. Non l’avrebbe mai fatto, non se ne sarebbe mai andata senza lasciare almeno un biglietto, una spiegazione.”

Le presi la mano e la guardai negli occhi: “noi non ci conosciamo, ma devi credermi, devi fidarti di me, lei non voleva farlo e non lo ha fatto. Tanto tempo fa hanno provato a farmi credere le stesse cose e alla fine ci ho creduto, perché ero piccola e non avevo nessuno dalla mia parte, ma tu hai me e puoi aiutarmi, puoi aiutarla, lei ti aveva parlato di qualcuno? Magari qualcuno che la infastidiva?”

Alzò le spalle: “io, cioè, c’è stata una cosa ma…”

“Non avere paura, Lia.”

“Qualche giorno fa mi ha confidato di aver ricevuto delle avances dal preside… cioè, niente di che, qualche parola in più, qualche gesto e… magari non era niente, anche lei non ne era sicura.”

Come Laura. No, Laura non aveva ricevuto avances dal preside, me lo avrebbe detto.

“Lia, perché era a scuola quel giorno?”

Lei si attorcigliò la punta della treccia fra le dita: “aveva ricevuto un messaggio con l’invito. Io le avevo detto di non andare, che era una cosa per gli ex alunni, se solo l’avessi accompagnata, forse...”

“Ehi! Non è colpa tua, chiaro? Sai chi è stato a mandare quel messaggio?” annuì: “il suo ex, Thomas. Viene in classe con noi, lui e Molly hanno avuto una specie di storia e si sono... cioè, si erano lasciati da poco.”

Qualcosa nel mio cervellino fece: ‘drin!!!

“Il cognome di questo Thomas, per caso, è Travel?”

“Ehm, sì.”

“E ha un fratello di nome Miguel, vero?”

“Sì.”

Come Laura. Cosa? Cosa, come Laura?

“Grazie Lia, mi sei stata di grande aiuto.”

Le sorrisi e mi avviai al cancello.

“Tu, davvero scoprirai la verità?”

Mi voltai e le sorrisi ancora: “non farò solo questo, Lia. Io farò giustizia, puoi giurarci!”

 

Guidai a vuoto per un po’. Avevo bisogno di schiarirmi le idee. Cos’era: come Laura? Sì, certo! La scena, il modo, Molly assomigliava molto a Laura, era vero e Thomas: perché aveva inviato quel messaggio a Molly? Perché il maggiordomo li aveva fatti entrare? Miguel era un testimone. Era solo un caso?

“Ma certo! Come Laura.”

“Sì! Ehm… lo hai già detto almeno mille volte.”

“No! È solo… ok! Ragioniamo: cosa accomuna Molly e Laura?”

Miles mi guardò confuso: “Mmm, direi: stessa altezza, stessi capelli…”

“...stessa passione per la scuola, stessa scuola, eh?”

Spalancò gli occhi: “stesso preside!”

“E poi c’è Thomas. Che nel caso di Laura possiamo sostituire con Miguel.”

“Tu pensi che non sia stato Thomas a spedirle il messaggio, vero?”

“No, il maggiordomo non li avrebbe mai fatti entrare.”

“Ma se Molly era accompagnata da un ex alunno, magari.”

“E chi meglio del fratello del suo ex ragazzo, di cui probabilmente era ancora innamorata?”

“Le avrà detto che Thomas l’aspettava dentro. Sai che stai sostenendo? Che il preside e un tuo ex compagno di scuola hanno commesso, non uno, ma ben due omicidi, senza contare lo stupro.”

“Non solo uno.”

Mi guardò con sguardo interrogativo e fermai l’auto.

“Laura mi diceva sempre che il preside aveva una rosa di studenti. I genitori di questi studenti sborsavano molti soldi e, allo stesso tempo, gli studenti erano considerati degli eroi, dato che vincevano tutte le partite con le loro squadre.”

“Quindi, non solo Miguel.”

“Anche i suoi tre amici. Passavano intere giornate dal preside e, spesso, erano esonerati da compiti e cose simili.”

“Sì, ma perché?”

“Questo non lo so.”

“Senza contare che, le tue, sono solo supposizioni e dubito che la polizia dia retta ad una pazza che vede fantasmi, senza offesa.”

“Lo so, infatti. Thomas ci fornirà la prima prova.”

“Cioè?”

“Che lui non poteva mandare il messaggio.”

“Bene e, di grazia, dove pensi di trovare Thomas?”

Chiusi gli occhi e ispirai: “ok, Molly. Riesco a sentirti. Non so perché tu non ti faccia vedere e non importa, voglio aiutarti, davvero, ma mi serve un aiuto.”

Miles guardò fuori dal finestrino e indicò qualcuno: “chissà perché… credo che quello sia Thomas.”

Mi affacciai anche io, stava indicando un ragazzino con una maglia larga e dei jeans scambiati. Il ragazzo in questione era circondato da una luce grigiastra.

“Uhm… chissà perché, lo credo anche io!”

Thomas comprò delle sigarette ad un distributore automatico e poi si diresse alla fermata del’ autobus, iniziando a fumare.

“Bene. Ottimo fiuto da segugio, ma ora: come lo avvicini?”

Senza accorgermene, misi una mano in tasca, trovandoci una sigaretta. Bene! A quanto pare lo spirito aveva iniziato a collaborare attivamente.

“Da quando fumi, tu?”

Alzai le spalle, sospirando irritata. Miles proprio non capiva che non potevo rispondergli davanti a tutta quella gente e che, quindi, era più irritante del solito. Mi avvicinai a Thomas con il sorriso migliore che riuscii ad esibire: “scusa, hai da accendere?”

Lui si voltò, con l’aria sognante e gli occhi cerchiati: “sì.”

Tirò fuori l’accendino nero lucido e premette il piccolo interruttore in rilievo che sprigionò la piccola fiamma azzurrognola, bruciacchiando la punta della sigaretta.

“Grazie. Ehm… ma noi, ci conosciamo?”

Alzò appena lo sguardo leggermente infastidito: “no, non credo.”

“Ma, sì! Tu sei Thomas. Non ti ricordi di me? Sono un’amica di tuo fratello Miguel e… ero un’amica di Molly. Mi spiace per quello che le è successo, mi parlava spesso di te.”

Il suo volto improvvisamente si illuminò: “davvero?”

“Sì. So che avete avuto una storia e che dovevate vedervi alla festa per chiarire.”

Spalancò gli occhi: “aspetta: quale festa? Quella per gli ex alunni?”

“Si, le è arrivato un tuo messaggio.”

“Impossibile. Anche volendo non avrei potuto mandarle messaggi.”

Bingo.

“Perché?”

“Il giorno prima della festa il telefono di mio fratello si è rotto, così gli ho prestato il mio, sarebbe più giusto dire che se l’è preso. Comunque, ancora deve ridarmelo.”

“Oh! Magari ho sbagliato a capire, allora. Comunque, grazie ancora per l’accendino, ci si vede.”

Fece un cenno del capo e si rimise le cuffie, voltandosi dall’altro lato, Miles mi raggiunse sorridendo.

“Non gongolare, Miles. Ora viene la parte più difficile.”

“Cioè?”

“Dobbiamo ottenere una confessione.”

“Stiamo tornando a scuola, quindi?”

“No, dobbiamo prima passare a casa.”

“Conosco quello sguardo, piccola investigatrice, hai un piano, vero?”

“Piano: forse è una parola grossa. Ma, sì. Ho in mente qualcosa.”

Lui si sfregò le mani: “fico!!!”

 

Arrivata a casa rovistai fra le vecchie cose, finché non trovai una foto di Laura.

“Questo è il piano?”

Lentamente la foto si levò in aria, ondeggiando da un lato all’altro. Sorrisi, almeno due di noi, in quella stanza, erano intelligenti.

“No, Miles. Questo, è il piano.”

 

Ritornai in auto più sicura che mai, misi in moto ma fui costretta subito a fermarmi.

“Sally, dove stai andando?”

Abbassai il finestrino: “Ellen, non ho tempo ora.”

“Nemmeno per rispondere al cellulare? Sai quanto mi sono preoccupata? Dove stai andando?”

Sfuggii il suo sguardo e mi morsi il labbro: “a scuola.”

“Cosa??”

“Ti prego, per favore, puoi fidarti di me? So quello che faccio, più o meno.”

“Non è questo il punto.”

“Ellen, ti prego!”

Ci guardammo negli occhi. Sapevo che aveva paura per me, era sempre stato così.

“Va bene. Cosa vuoi che faccia?”

“Portami la polizia e metti il vivavoce.”

“Ok… aspetta, cosa?”

Misi in moto senza rispondere, ero sicura che ci sarebbe arrivata anche da sola e io avevo perso già troppo tempo.

Come la mattina, entrare non fu un grosso problema,

“Signorina, signorina? La scuola è chiusa al pubblico, gli esami sono finiti!”

Le passai oltre e, usando i miei poteri, feci scoppiare tutte le vetrine dietro di me. Miles si girò a guardare la scena: “tu, lo sai che questo è vandalismo, vero?”

Alzai le spalle: “ho sempre odiato questo posto.”

Spalancai la porta dell’ufficio del preside, lui mi guardò con un'espressione sconvolta sul volto: “ma cosa? Credevo che avessimo concluso il discorso.”

Chiusi la porta e mi accomodai sulla sedia, davanti alla scrivania.

“Lo sa?! Lei non mi è mai piaciuto, pensavo fosse perché era il preside della scuola che odiavo. A chi piace il preside? Sa a chi? A Laura. Sì. Lei credeva fosse un uomo colto e buono, lei l’ammirava, ma io, io l’ho sempre considerata un uomo viscido, un corrotto che agevolava quattro stupidi studenti solo perché avevano genitori ricchi e portavano premi a scuola. Nonostante tutto, però, non avrei davvero mai pensato che potesse arrivare a tanto.”

Si alzò di scatto rosso in volto: “non ha il diritto di venire a parlarmi in questo modo.”

Usai i miei poteri per costringerlo sulla sedia e lui mi guardò confuso.

“E lei, lei lo aveva il diritto di prendersi la vita di Laura? E di Molly?”

“Queste sono solo accuse infondate.”

Iniziò a sudare, mentre io non ero mai stata più calma.

“Sa qual è la cosa buffa? È che una parte di me l’aveva capito da subito che c’entrava qualcosa. Il modo in cui era uscito dal bagno. Entrambe le volte non aveva mai provato a tirarle giù, eppure poteva arrivarci senza problemi e poi, solo lei ha le chiavi dell’aula di fotografia ed è stato lei a farla chiudere poco dopo la morte di Laura. Perché? Vede, quando tante coincidenze si uniscono, diventano una prova.”

“Lei è pazza, lo è sempre stata. La farò internare, non vedrà mai più la luce del sole!”

“Sa qual è il problema dei pazzi? È che, alla fine, finiscono col credere alle proprie follie. Ora, si lasci portare all’inferno con me.”

La stanza iniziò a tremare. Dai quadri appesi alle pareti iniziò a fuoriuscire del sangue, i vetri delle finestre iniziarono a creparsi, le sculture sembravano sciogliersi e negli occhi del preside c’era il terrore più puro: “basta, la smetta. Basta!”

“Basta! È questo che hanno gridato mentre le legava? Mentre le violentava?”

“La smetta, ho detto.”

“Ma signor preside, io non sto facendo proprio niente, non mi vede? Sono qui, ferma, l’unico ad agitarsi, qui, è proprio lei. Non sarà che ha la coscienza sporca? Lo sa?! Agli spiriti non piace chi ha la coscienza sporca.”

“Io…”

Si portò le mani alle tempie tirandosi i capelli, mentre un rumore di catene e urla riempiva la stanza. Le foto di Laura e Molly iniziarono ad ondeggiargli davanti agli occhi.

“Forse c’è un modo per fermarlo.”

“Quale? Quale???”

“In realtà è molto semplice. Dica la verità.”

Mi guardò, nei suoi occhi vidi terrore e confusione.

“Lo ammetto…” feci partire la chiamate per Ellen, la stanza smise di tremare.

“È tutta colpa mia, avrei dovuto fermarli, avrei dovuto fermarci, noi non volevamo ucciderle…”

“Cos’è successo alla festa?”

Lentamente il sangue si ritirò fino a scomparire.

“I ragazzi…”

“Quali ragazzi?”

“Travel, Mecfiller, Belinton e Lonter. Loro mi hanno mandato l’invito per la festa. Quando ci siamo incontrati abbiamo pensato di festeggiare, come ai vecchi tempi, poi Travel ha tirato fuori la storia di Laura e ha detto che conosceva qualcuno che poteva farci divertire…”

“E ha usato il telefono del fratello per mandare un messaggio a Molly.”

“Sì. All’inizio non ha capito, abbiamo approfittato della confusione per portarla nell’aula di fotografia e, una volta arrivati lì, volevamo solo divertirci, ma poi… qualcosa è andato storto. Lei ha iniziato a gridare più forte, avevo paura che qualcuno la sentisse e… ho premuto, io e Travel abbiamo premuto e poi, all’improvviso, ha smesso di muoversi…”

“Perché le ferite?”

“Si dimenava, volevamo farle capire che se fosse stata ferma non le sarebbe successo niente.”

Le statue tornarono alla loro forma.

“Niente, a parte essere stuprata da un branco di idioti… e poi?”

“L’idea di portarla in bagno è stata mia, con Laura aveva funzionato, Lonter ha suggerito di fasciarle le ferite, poi ho chiamato il medico legale, un mio amico, e gli ho promesso altri soldi, a patto che ci avesse aiutato di nuovo.”

“Di nuovo?”

“L’aveva già fatto… con Laura.”

“Come andò con lei?”

Si portò le mani alla fronte: “stavamo festeggiando l’ultima vittoria della squadra nell’aula di fotografia, stavamo bevendo, bevendo parecchio, a un certo punto è arrivata lei. Era così dolce e profumava di buono. Noi eravamo ubriachi e l’abbiamo presa e poi… le cose sono precipitate e… fu Travel ad avere l’idea di inscenare il suicidio. Così, mentre io e Belinton controllavamo che non ci fosse nessuno, Lonter e Travel la portarono in bagno, non volevamo ucciderla, noi eravamo…”

Chiusi il telefono.

“Erano dei ragazzini, i ragazzini fanno errori più o meno stupidi ma lei, lei era un uomo adulto già all’epoca. Lei avrebbe dovuto fermarli, avrebbe dovuto comportarsi da uomo.”

“Ma lei era così buona e la sua pelle era così candida… e tu, tu sei stata una spina nel fianco da sempre. Mi hai costretto a confessare ma nessuno ti crederà, tutti ti chiamavano ‘la pazza’, nessuno crede alle pazze.”

Mi alzai mentre la porta si apriva.

“Infatti non crederanno a me, ma alla sua voce.” gli mostrai il telefono, mentre lui, ancora incredulo, veniva portato fuori da tre poliziotti. Guardai Miles che mi sorrise. Ce l’avevo davvero fatta.

 

Rimasi, per un po’, seduta sulla panchina di fronte l’ufficio del preside, gli agenti stavano esaminando l’aula di fotografia.

“Sally!”

Sorrisi a Ellen che mi venne incontro con il fiatone.

“Sei stata bravissima, Ellen. Non avevo dubbi.”

“Io? Ma se hai fatto tutto tu? Mi spiace. Non avrei mai dovuto dubitare di te.”

“Non preoccuparti, a volte, è un po’ difficile seguirmi.”

Mi abbracciò e sorrisi, stretta nel suo abbraccio vidi una sagoma fluttuare per il corridoio, mi staccai da Ellen.

“Credo che dovreste seguirla.”

Guardai Miles: “anche lei?”

Lui annuì. Così presi la mano di Ellen e la trascinai con me.

“Sally? Credo che questo sia uno di quei momenti in cui è difficile seguirti.”

Arrivammo al bagno, ancora quel dannato bagno.

“Perché siamo qui?”

“Entriamo e lo scopriremo.”

Seguii Miles. Il bagno era vuoto e gelido, una piccola luce, però, illuminava solo un angolo: “Molly?”

La luce si fece sempre più intensa finché non mi arrivò difronte. Rimasi a bocca aperta: “L-Laur-a…”

Ellen mi fissò incredula: “Laura? Cosa? Dove? Sally?”

Le presi la mano e la luce, non so come, ci avvolse entrambe e anche Ellen riuscì a vederla, la strinsi più forte.

“Ragazze, che bello vedere che vi siete trovate.”

Era proprio lei, era lei, in tutto, la sua voce, il suo viso era…

“Perché?”

“Perché: cosa?”

“Perché ti vedo solo ora?”

Mi voltai verso Miles con le lacrime agli occhi: “tu sapevi che era lei, vero?”

“Non prendertela con lui, gli ho chiesto io di non dirti niente.”

“Ma… perché?”

“Dovevi essere concentrata su Molly, non su me.”

“Perché non ti ho visto prima? Quando...”

“Oh Sally, eri troppo coinvolta, non era il momento e guarda: ora ho aiutato a fare giustizia, come ai vecchi tempi.”

“Mi dispiace, mi dispiace così tanto…”

Lei mi sorrise e ci sfiorò i volti.

“E perché noi siamo nati per morire, Sally. È triste, ma è così. A nessuno è concesso il lusso di vivere per sempre, a me l’hanno solo tolto un po’ prima e, in ogni caso, non è stata colpa tua.”

Le lacrime iniziarono a scivolarmi lungo le guance.

“Sono così contenta di avervi potuto rivedere un’ultima volta, vi prego, non vi allontanate mai, non lasciate che gli eventi vi separino, rimanete sempre unite.”

Abbracciò Ellen: “ti prego, non piangere, io sto bene, davvero.”

Poi guardò me e mi sorrise: “un giorno, molto lontano, staremo di nuovo insieme e mi racconterete tutto quello che avete fatto. Fino ad allora, vivete la vostra vita senza rimpiangermi, ve ne prego.”

Abbracciò anche me e guardò Miles: “prenditi cura di lei.”

Si scambiarono un lungo sguardo.

“Ah, che schiocca! Quasi dimenticavo: Molly ti ringrazia.”

Ci rivolse un ultimo sorriso e poi venne avvolta da una luce bianca. E Sparì.

 

 

Le cose andarono tutte per il verso giusto. Il preside, i quattro ragazzi e il medico legale vennero arrestati, Molly e Laura avevano avuto giustizia.

Rivederla era stato doloroso, ma al tempo stesso liberatorio. Ora che avevo scoperto la verità mi sentivo più tranquilla, mi sentivo in grado, davvero, di continuare la mia vita.

Due giorni dopo la condanna all’ergastolo di ognuno dei partecipanti, mi ritrovai a scrivere un lungo articolo su tutto quello che era successo, tralasciando gli spiriti, ovviamente. Dopo aver inviato la prima bozza all’editore, notai di avere della posta arretrata. Erano stati giorni frenetici, non avevo avuto nemmeno il tempo di cestinare lo spam. Tra le varie offerte di pacchetti premio, notai una mail di Brad e mi ricordai della mia psicologa. Bevvi un sorso di the e aprii la posta. Era arrivato il momento di approfondire quella questione.













Angoletto cigoletto provoletto
ed ecco la tanta temuta(?) seconda parte.
E dunque, ve lo aspettavate questo risvolto?!
.-. 
Come ho gia detto questo è probabilmente il capitolo a cui tengo di più e quindi ringrazio ancora mille volte Bloomsbury che mi ha permesso di ripubblicare la storia *^*
Che si sorbisce i miei capitoli infiniti e che adora Miles *^*
E niente, non mi dilungo, vi ringrazio nuovamente Bolide e SuperNova perché seguite la storia dall'inizio e siete adorabili *^*
Aven e RosaRosa che si sono uniti alla cricca v_v
e DarkViolet che aveva già letto la storia e nonostante questo la sta rileggendo T^T
Grazie *^*
Al prossimo sorprendente(?) capitolo!!
:*
 

   
 
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