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Autore: Kia85    07/02/2014    6 recensioni
Il sole caldo di maggio riscaldava piacevolmente l'aria e si rifletteva sul Lago Nero. Quel giorno sembrava ci fosse calma piatta in quel lago misterioso, evidentemente le sirene erano meno arrabbiate del solito.
John Lennon, studente di Hogwarts al sesto anno, appartenente alla casa di Corvonero, sospirò e strinse il suo libro fra le braccia. Era stata una giornata di scuola davvero terrificante.
[Storia partecipante al primo concorso della pagina Take a Beatles' song and you will feel better, Jude: Once Upon a Time]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al primo concorso  della pagina Take a Beatles' song and you will feel better, Jude: Once Upon a Time

 

A day in Hogwarts

 

 

Il sole caldo di maggio riscaldava piacevolmente l'aria e si rifletteva sul Lago Nero. Quel giorno sembrava ci fosse calma piatta in quel lago misterioso, evidentemente le sirene erano meno arrabbiate del solito.

John Lennon, studente di Hogwarts al sesto anno, appartenente alla casa di Corvonero, sospirò e strinse il suo libro fra le braccia. Era stata una giornata di scuola davvero terrificante.

Innanzitutto alla lezione di Trasfigurazione con i Tassorosso, la professoressa McGranitt aveva sorpreso la smorfiosa Marlene Macavoy e la sua amichetta Mary McDonald mentre scrivevano sul banco, “Che palle la McGranitt”. In questo modo avevano fatto innervosire la professoressa, che le aveva richiamate prima di punire tutta la classe con un tema di tre fogli di pergamena sull’ultimo argomento spiegato.

Poi, alla lezione di Pozioni con i Grifondoro, quel babbeo di Lumacorno aveva fatto preparare il Decotto Dilatante a quell'imbranato di Peter Minus. Risultato: la pozione era esplosa, imbrattando le pareti e tutti gli studenti. Il bellissimo mantello blu e nero di John si era rovinato con i residui di quel pastrocchio appiccicoso. Per fortuna che gli elfi della scuola avevano visto di peggio. L'avrebbe riavuto il giorno dopo, lindo e come nuovo.

Infine al termine della lezione di Incantesimi con gli idioti di Serpeverde, il professor Vitious aveva assegnato per il weekend la lettura di ben cinque capitoli del Libro Standard degli Incantesimi, con relativo riassunto, solo perché i suddetti Serpeverde avevano deciso di fare chiasso per tutta l’ora, facendo arrabbiare come mai prima di quel momento il piccolo professore.

Così ora John si ritrovava con una marea di compiti per lunedì. Doveva farli al più presto, se voleva andare a Hogsmeade nel weekend.

Tuttavia era un peccato stare al chiuso, dentro il castello, quando al di fuori di quelle mura vi era la più bella giornata primaverile che quella stagione avesse offerto finora.

Per questo motivo John decise di prendere il suo libro di Incantesimi e andare all’aperto, alla ricerca di un posto tranquillo e tiepido per studiare.

Provò prima di tutto in cortile, ma pensò subito che non andava bene: era troppo affollato per i suoi gusti. C'erano studenti di tutte le case: i secchioni di Corvonero studiavano con le teste chine sui libri, e i Grifondoro e i Serpeverde discutevano animatamente dell'ultima partita del Campionato di Quidditch, tra le Holyhead Harpies e i Wigtown Wanderers.

In angolino John scorse anche uno scarno gruppetto di Tassorosso. Erano davvero molto tranquilli, mangiavano i dolci di Mielandia che erano posti al centro su una piccola tovaglia, e intanto ascoltavano uno di loro che stava strimpellando dolcemente una chitarra. John si fermò un istante ad ascoltarlo e lo riconobbe subito. Si chiamava George Harrison. Probabilmente il più tranquillo dei Tassorosso. Era uno a posto, John aveva lavorato con lui qualche volta negli anni precedenti, quando condividevano un calderone alla lezione di Pozioni. Non era un ragazzo particolarmente loquace, ma quando parlava era in qualche modo affascinante da ascoltare. John aveva così scoperto che i suoi genitori erano Babbani e facevano parte di un gruppo musicale molto famoso. John, provenendo da un orfanotrofio Babbano, li conosceva, aveva anche ascoltato qualche loro canzone. La trovava una cosa affascinante, vivere di musica. Se la magia non l'avesse conquistato in modo così coinvolgente, probabilmente John avrebbe anche potuto pensare a imparare a suonare la chitarra e fondare un gruppo e perché no? Fare dischi, tour e diventare famosi in tutto il mondo.

George era molto bravo in tutte le materie a scuola, si impegnava, ma lo era ancora di più a suonare la chitarra. Non aveva bisogno di una bacchetta per fare incantesimi. Era lei la sua bacchetta e la sua musica era l'incantesimo più ammaliante.

Oh, John sarebbe rimasto ad ascoltarlo per ore, ma il libro di Incantesimi non si leggeva da solo.

Così quando George si accorse di lui e gli sorrise, accompagnando il gesto con un cenno del capo, John ricambiò il saluto e poi se ne andò.

Decise di uscire completamente dalle mura del castello e di dirigersi verso le sponde del Lago Nero. Intraprese il piccolo sentiero che discendeva costeggiando il campo di Quidditch e man mano che si avvicinava  John poté udire sempre più distintamente gli schiamazzi che arrivavano dall'interno del campo. Incuriosito da tanto chiasso, si prese cinque minuti per entrare e dare un'occhiata.

Erano quei montati dei Grifondoro, quel gruppetto di fanatici di Quidditch che rispondevano ai nomi di James Potter, Sirius Black, quell'idiota di Peter Minus e Richard Starkey. Stavano facendo una partitella due contro due, sembrava, James e Peter contro Sirius e Richard. Certo, una divisione equa. James e Richard erano nella squadra di Quidditch di Grifondoro, rispettivamente come Cacciatore e Cercatore. Sirius Black invece, per quanto fosse bravo a volare e avesse il fisico perfetto per un Cacciatore come il suo compare Potter, preferiva impiegare il suo tempo a oziare, infrangere le regole e correre dietro le ragazze, possibilmente quelle già fidanzate, altrimenti dove stava il divertimento?

E Peter...beh, sì, era piccolo come Richard, ma non altrettanto agile e veloce. Era tutto il contrario in effetti, goffo, impacciato e traballante sulla sua scopa malconcia. Non riusciva a stare dietro a Richard né tantomeno all'imprendibile Boccino d'Oro, suscitando in questo modo le ire di Sirius che gli rivolgeva gli epiteti più cattivi. Ma tanto ormai, a quanto pareva, Peter era abituato a un trattamento del genere. John davvero non lo sopportava, c’era qualcosa in lui che gli faceva storcere il naso, ma allo stesso modo non lo capiva. Perché mai continuava a frequentare quei bulletti di James e Sirius, se lo trattavano così? Al posto di Minus, John li avrebbe già mandati a quel paese.

Richard, invece, non era come loro: pur essendo nato in un’importante e rispettata famiglia di maghi, era un ragazzo davvero umile e gentile, il più gentile che John avesse mai incontrato.

Una volta, durante la lezione di Astronomia, John aveva finito i fogli di pergamena e Richard gliene aveva prestato uno. Quando poi John aveva cercato di restituirglielo, dopo aver fatto un'abbondante scorta a Hogsmeade, lui non l'aveva voluto, accompagnando il tutto con un dolce sorriso.

Sì, Richard era ciò che si intendeva per "la gentilezza fatta persona".

John si lasciò scappare un sorriso, quando all’improvviso un rumore alla sua destra attirò la sua attenzione e lo fece subito voltare: Remus Lupin era seduto sugli spalti, con libri, piume d’oca e fogli di pergamena che erano caduti intorno a lui.

John lo raggiunse, aiutandolo a raccoglierli. Remus non era il classico Grifondoro, John l’aveva sempre considerato come un Corvonero mancato. Forse il Cappello Parlante, quella sera di cinque anni prima, aveva sbagliato a emettere il suo verdetto.

E anche in quel caso, John si chiese come facesse a trovarsi bene con quegli scapestrati che stavano ora svolazzando sulle loro scope. Remus era un ragazzo studioso e tranquillo, gli unici guai in cui si cacciavano vedevano sempre magicamente coinvolti anche Sirius, James e Peter.

Era come se ci fosse qualcosa, sotto, qualcosa di molto importante che li univa così incredibilmente. Se si trattasse solo di amicizia, forte amicizia, John non ne era sicuro, ma gli piaceva pensare che condividessero qualche sorta di segreto, di cui nessun’altro era a conoscenza.

“Grazie.” lo ringraziò Remus, sorridendogli flebilmente, permettendo così a John di vedere un paio di graffi ancora rossi sul suo viso.

Tuttavia John non ebbe tempo di pensarci, perché stava già porgendo a Remus i fogli, “Di niente.”

“Devi studiare anche tu?”

“Sì, Vitious ci ha assegnato una punizione per colpa dei Serpeverde.” sbottò lui, mostrando apertamente il suo disappunti.

Remus ridacchiò dolcemente, “Sì, l’ho sentito.”

“Tu cosa stai studiando?”

“Difesa Contro le Arti Oscure. Abbiamo un tema da fare per lunedì.” rispose il giovane Grifondoro.

"Su quale argomento?"

"I Dissennatori e l'Incanto Patronus."

"È molto difficile. L'abbiamo provato a lezione settimana scorsa, ma non c'è riuscito quasi nessuno." commentò John, sedendosi accanto a lui.

"Veramente ho sentito da un Serpeverde che tu ce l'hai fatta."

John sbatté le palpebre, sorpreso, "Ah sì? A essere sincero, era a malapena un piccolo lampo di luce argentea. Niente di che, davvero."

"Non è quanto mi hanno detto." rispose Remus, ammirato, "A quanto pare hai evocato un vero e proprio Patronus con una chiara forma di aquila."

"Era più che altro un passerotto." cercò di minimizzare John.

I complimenti, le lusinghe erano sempre piacevoli, ma lo mettevano dannatamente in imbarazzo. Come se ci fosse una vocina dentro di lui che gli sussurrasse di non meritare quegli apprezzamenti, che lui non valeva più di uno stupido zellino di bronzo. Era una vocina stupida, davvero, perché lui sapeva di essere intelligente e in gamba. Era sempre stato molto sicuro nella sua vita, ma allo stesso modo questa vocina era sempre stata dentro di lui e niente e nessuno poteva metterla a tacere.

"Paul mi ha detto che era una bellissima e luminosa aquila d'argento. Ha anche aggiunto che secondo lui, potrebbe respingere centinaia di Dissennatori, talmente era brillante."

"C-centinaia?" balbettò lui, arrossendo appena.

"Sì.” rispose Remus, annuendo e fissandolo intensamente, “Non lo trovi strano?"

"Cosa? Il Patronus?" domandò ancora scosso per quanto aveva appena scoperto.

"Ma no. Anzi, non mi ha sorpreso sapere che proprio tu sia riuscito a evocare un vero Patronus. Sei uno degli studenti più in gamba di Corvonero. Mi riferisco a un Serpeverde come Paul che parla così bene di un Corvonero come te. Dovevi vedere quanto fosse entusiasta e orgoglioso. Sembrava quasi fosse stata opera sua."

"Oh... Beh..." iniziò lui, compiaciuto, "Io e Paul siamo amici da tanti anni. Inoltre non siamo noi i mortali nemici dei Serpeverde."

John gli fece l’occhiolino e Remus si lasciò scappare una risata.

"Hai ragione, e se devo essere-"

Il giovane Grifondoro fu interrotto da un improvviso urlo e subito scattò in piedi, guardando verso il campo. John lo imitò senza esitare e vide Peter Minus che stava cadendo sempre più velocemente verso il basso, dopo essere stato disarcionato dalla sua scopa. Remus estrasse immediatamente la sua bacchetta.

"Aresto Momentum!"

La caduta del ragazzo si arrestò a pochi centimetri dal suolo, e poi Peter cadde dolcemente senza farsi un graffio. John guardò Remus, mentre James e Sirius si congratulavano per i suoi riflessi pronti, e Richard si avvicinava al ragazzo per controllare che non si fosse fatto male.

Ora John capiva. Remus era colui che li tirava fuori dai guai. Per questo li frequentava.  Senza di lui, chissà che fine avrebbero fatto quei tre malandrini.

“Sta bene!” urlò Richard agli altri due.

“Allora sbrigati, Peter, e torna in sella.” affermò Sirius,  “Abbiamo una partita da finire e io e Ritchie dobbiamo stracciarvi.”

James scoppiò a ridere in modo isterico, tenendosi la pancia, “Ti piacerebbe, vero, Sirius? Pensa piuttosto a evitare che segni ancora. A quanto siamo arrivati? Cinquantadue a?”

“Non esultare tanto presto, Potter, Ritchie prenderà quel maledetto Boccino e allora saremo noi a ridere!”

John si riscosse dalla scenetta, ricordando a se stesso che doveva studiare, per la barba di Merlino!

“Devo andare.” disse infine, voltandosi verso Remus.

“Certo, il dovere chiama. Buono studio.”

“Grazie. Ci vediamo."

Detto questo uscì dal campo di Quidditch e tornò sul sentiero che portava al Lago Nero. Non sentiva schiamazzi, per cui pensò che non ci dovessero essere troppi suoi compagni di scuola.

L'acqua del lago era più scura vista da così vicino. Molti studenti stavano alla larga da quelle rive da quando si era sparsa la voce che le sirene potessero saltare fuori, catturare i ragazzi e trascinarli giù con loro per affogarli e mangiare i loro cuori.

Ma John sapeva che non era vero. Se lasciavi stare le sirene, loro lasciavano stare te. Più semplice di così…

Quando finalmente arrivò, si guardò intorno. Come aveva pensato, non c'erano molti ragazzi: una coppietta di Tassorosso amoreggiava all'ombra di un platano; più in là due sue compagne di casa stavano studiando, probabilmente, la stessa materia, ma John non voleva unirsi a loro. Preferiva fare e stare da solo. Rendeva meglio. In compagnia avrebbero finito per parlare di quanto fossero poco stimolanti le lezioni di Erbologia o quanto ridicoli fossero gli argomenti di Divinazione.

Infine c'era un’altra ragazza, poco più in là. I capelli rossi e la divisa di Grifondoro dicevano chiaramente a John che si trattasse della dolce, bella e intelligente Lily Evans. Una nata Babbana come lui, nonché, dicevano, la strega più brillante della sua età. E John non faceva fatica a crederci. Era davvero in gamba in tutto ciò che faceva, ammirata da tutti professori, invidiata dalle ragazze e amata dai ragazzi.

A parte John ovviamente. Lui la stimava, anche se le aveva rivolto la parola due volte, sì e no, ma niente di più. Tutti sapevano che era territorio di caccia di quel Potter, e non ci voleva un genio per capire che presto avrebbero cominciato a uscire insieme.

E ora, ora sì, John doveva studiare. Lasciò la visione di Lily che leggeva con la schiena appoggiata a un albero, e poi lo vide. Lui, l'albero perfetto presso cui studiare. Era maestoso, con un tronco robusto e grandi fronde verdi che riparavano dal sole, lasciando passare la giusta quantità di raggi.

Proprio perfetto.

Si diresse verso il prescelto e cominciò ad arrampicarsi. Lasciò il libro a terra e raggiunse un ramo particolarmente stabile su cui sistemarsi. Poi estrasse la sua bacchetta e la puntò verso il libro.

"Wingardium Leviosa!"

E il libro si librò nell'aria fino ad arrivare di fronte a lui e posizionarsi delicatamente sulle sue gambe. Bene, ora niente poteva impedirgli di aprire il libro, iniziare a leggere il capitolo e…

Niente, a parte chiunque stesse avvicinandosi fischiettando senza curarsi di quella oasi di tranquillità.

John scostò un piccolo ramoscello per riuscire a scorgere il disturbatore e quasi cadde giù dall’albero: James Paul McCartney, meglio conosciuto come Paul, il suo amico Paul, arrivava con la sua andatura spavalda, dal sentiero che pochi minuti prima aveva percorso anche John.

Come al solito, era una visione: la pelle bianchissima, i capelli neri e scompigliati, la cravatta verde-argento allentata e la camicia fuori dai pantaloni.

Forse stava cercando John, forse l’aveva visto allontanarsi dal castello e l’aveva seguito. Forse voleva stare con lui. Forse-

 “Ehi, Evans!”

John aggrottò la fronte, stringendo il libro fra le mani e seguendo attentamente Paul che si dirigeva verso Lily. La ragazza non sembrò particolarmente turbata e continuò a leggere, senza badare a lui.

“Che magnifica visione sei, oggi.” commentò, sedendosi accanto a lei, “Hai sempre avuto i capelli così splendenti?”

Quando lui le accarezzò una ciocca dei suoi lunghi capelli rossi, Lily alzò gli occhi al cielo e nello stesso momento anche John la imitò; poi lei si alzò in piedi e si spostò, avvicinandosi all’albero sui cui rami era seduto il giovane Corvonero.

“Oh, andiamo, Evans, perché non mi parli?” esclamò Paul, correndole dietro.

“Sparisci.”

“Sparisci?!” ripeté Paul, fintamente oltraggiato, “E perché mai, sei arrabbiata con me?”

“Voglio solo leggere il mio libro in santa pace.” sospirò lei, implorandolo di andarsene con lo sguardo.

Paul le sorrise, intrigante, “Giuro che ti lascio stare, a una condizione.”

“E quale sarebbe?” domandò Lily, spazientita.

“Esci con me.”

“Non se ne parla.”

“Avanti, perché no?” la pregò Paul, “Hai anche, e permettimi di aggiungere finalmente, lasciato quello sfigato di Piton.”

“Non che siano affari tuoi.” sbottò lei, che, sentendo quel nome, si rabbuiò improvvisamente, “Ma non stavamo insieme.”

“Beh, comunque, non gli stai più appresso. Il che significa che hai più tempo libero da dedicare a te stessa.” insistette Paul.

John sospirò, Paul non era uno che accettava facilmente un no. E faceva quasi male, in quel momento, sapere che fosse un po’… anzi, soprattutto colpa di John.

“Non direi, siamo al sesto anno e abbiamo un mucchio di cose da studiare.”

“Suvvia, che devo fare per convincerti, Evans?” le domandò Paul, afferrandola per un braccio.

Lei si liberò gentilmente dalla sua presa, “Proprio niente.”

“Non sarà forse che stai pensando di cedere a quel bulletto di Potter?”

Nonostante si trovasse a una certa altezza, John poté vedere le guance di Lily colorarsi lievemente. Ecco, lo sapeva!

“Se fosse così, neanche questi sono affari tuoi.” esclamò Lily, “E poi credo che anche tu abbia già una persona a cui pensare…”

John sussultò, sporgendosi ancora di più per guardare i due ragazzi. Paul era impassibile, lo sguardo da malizioso e implorante, era diventato improvvisamente apatico. Vuoto.

“Ti sbagli, non c’è nessuno.” fu la sua risposta.

“Ma…”

Aguamenti!”

L’incantesimo uscì dalle labbra di John senza che lui se ne accorgesse, ritrovandosi ora con la bacchetta puntata verso Paul, Paul bagnato fradicio come un pulcino per colpa dell’incantesimo dell’amico, Paul che fece scattare subito la testa verso l’alto, scorgendo John in mezzo ai rami dell’albero.

John?!” esclamò allibito, mentre Lily ridacchiava sommessamente.

Con un agile balzo, John raggiunse i due ragazzi a terra, “Ciao, Macca.”

“Cosa…si può sapere che ti è preso?” domandò Paul, cercando di strizzare i vestiti per liberarli dall’acqua.

“Mi sembrava che stessi importunando questa ragazza. Dovevo intervenire.”

“Importunare?” ripeté Paul, sempre più sconvolto, “Ma che stai dicendo? E poi che ci facevi là sopra?”

“Stavo studiando per la punizione che ci avete procurato voi stupidi Serpeverde.” sbottò infastidito, “E ora se vuoi scusarmi…”

John cercò di andarsene, ma Paul lo fermò afferrandogli un braccio, “John, aspetta.”

Il tocco sembrò bruciare sulla sua pelle, come Ardemonio, e quando Paul lo costrinse a voltarsi, John puntò istintivamente la bacchetta contro di lui.

Levicorpus!”

Paul non ebbe il tempo di sorprendersi, perché subito si ritrovò appeso a gambe all’aria e la testa in giù. John si lasciò scappare una risata e fece per girarsi sui tacchi, pronto per andarsene davvero, quando…

Locomotor mortis.”

L’incantesimo di Paul lo immobilizzò sul proprio posto, le gambe di John erano bloccate e non c’era modo di farle muovere.

A quel punto, Lily cercò di intervenire per calmare gli animi, “Ragazzi, forse è meglio se-”

Ma John non la ascoltò e mentre Paul si rialzava, dopo essere caduto sul fondoschiena, esclamò, "Rictusempra!"

Subito Paul si contorse in preda a spasmi per un improvviso solletico causato dall'incantesimo, ma si costrinse, con tutte le forze che riuscì a recuperare, a reagire.

"Everte statim!" rispose Paul, e John fu scaraventato all'indietro di un paio di metri.

Si rialzò ed era pronto a scagliare un altro incantesimo contro Paul, quando intervenne prontamente Lily.

"Immobilus!" esclamò la ragazza.

I due ragazzi, presi alla sprovvista, si ritrovarono incapaci di muoversi.

"Ora basta. Non sono ammessi duelli fra studenti a Hogwarts. Perciò, in qualità di Prefetto, cinque punti in meno a Corvonero e Serpeverde.” sentenziò solennemente Lily, “Ora vi libero, ma se vi sorprendo ancora a duellare così insensatamente, non esiterò a riferire il tutto ai professori delle vostre case." esclamò e poi fece terminare il suo incantesimo, "È chiaro?"

John tornò ad avere il controllo del proprio corpo e guardò Paul riprendersi e pulirsi la divisa, prima di annuire, mantenendo però nella sua direzione uno sguardo profondamente arrabbiato.

"Chiaro!" disse poi.

"Paul?" lo incoraggiò Lily.

Paul ricambiò lo sguardo di John con la stessa fiera rabbia, "Cristallino."

John sostenne gli occhi di Paul ancora qualche minuto, poi si voltò e si allontanò con passo affrettato. Voleva essere lontano da Paul, lontano da tutti, essere solo, lui e la sua rabbia, la sua gelosia, la frustrazione di non poter essere, in quella scuola, libero di fare quello che voleva. Era il colmo, aveva a disposizione la magia, eppure questa non poteva porre rimedio a tutto, non poteva far sì che il sentimento di John fosse accettato da tutti, che fosse rispettato, non poteva proteggerlo dalle accuse, dagli insulti...

Per quanto riguardava Paul... beh, John era arrabbiato anche con Paul, perché sembrava che ignorasse tutto non appena ci fosse qualcun altro con loro. Bastava la presenza solo di un'altra persona per cancellare velocemente tutti quegli attimi insieme, rubati a un mondo cieco e ottuso che non voleva accettarli. E John odiava quando Paul si comportava così, soprattutto se intorno a loro ronzava una ragazza. Per tutte le mutande di Merlino, John lo odiava quando faceva il cascamorto con la prima ragazza che capitava a tiro.

Così arrabbiato era, che non si rese conto di dove le sue gambe lo stessero portando esattamente. Si ritrovò dentro il castello, e si fermò un istante per cercare di orientarsi. Perdersi ancora a Hogwarts dopo sei anni di scuola... sì, era possibile. Anche per la mente eccelsa di John Lennon. Grazie tante, signori fondatori di Hogwarts. 

Proprio mentre cercava di capire dove si trovasse, sul muro di fronte a lui apparve una porta. Così, dal nulla. Un momento c'erano i mattoni del muro, quello dopo un grande portone di legno.

John sorrise fra sé, prima di avanzare e aprire quella porta che dava su una stanza: non era molto grande. Vi era un camino scoppiettante e di fronte un gran mucchio di cuscini, tutti colorati e di dimensioni diverse. Sembrava un posticino caldo e invitante.

Tuttavia la cosa veramente meravigliosa di quella stanza erano le pareti: erano composte da librerie piene zeppe di tomi finemente rilegati. C'era anche una scala per poter raggiungere gli scaffali più alti.

John li osservò ammirato, cercando di scorgere qualche titolo: tutti questi libri erano uno più interessante dell'altro. Voleva, anzi no, doveva leggerli tutti. Ne afferrò subito uno e si tuffò sui cuscini, pronto ad avventurarsi fra le pagine del prescelto.

Aveva sentito parlare di quella stanza. Era la Stanza delle Necessità. Appariva solo a chi ne aveva davvero bisogno e John, in quel momento di assoluta frustrazione, aveva desiderato un posto dove sparire, dove essere lontano dagli occhi di tutti, dove poter stare da solo con i suoi pensieri.

Pensieri che lo riportarono velocemente a diversi anni prima, quando era solo un piccolo mago al primo anno alla scuola di Hogwarts, con i libri più pesanti di lui, gli occhiali troppo spessi, ma anche con una grande eccitazione che scorreva nelle sue vene, nonché una consapevolezza di sapere di essere in un posto dove poteva diventare qualcuno, un posto dove poteva finalmente dire di appartenere.

Era stata una sorpresa per lui, ricevere la lettera di Hogwarts, dal momento che nessuno sapesse che fine avessero fatto i suoi genitori. Nessuno, né nel mondo Babbano, né nel mondo magico. La vita in orfanotrofio era stata difficile, ma John aveva affrontato ogni giorno con determinazione, con la convinzione che il riscatto per lui sarebbe arrivato prima o poi, e ora era lì, finalmente.  Era lì da sei anni, da sei splendidi, indimenticabili anni.

La magia era la sua vita, e quella vita era stata resa ancor più speciale da Paul.

John si abbandonò all’indietro, sprofondando nei morbidi cuscini con un gran sospiro.

Ricordava come fosse ieri quando aveva visto Paul, il piccolo Paul, appena smistato in Serpeverde, proprio lui che veniva da una famiglia di Grifondoro. Non avevano preso molto bene la notizia, e l’averli delusi aveva solo reso Paul più insicuro e indifeso di quanto già non fosse. Non era una sorpresa, in quei primi giorni di scuola, incrociare il piccolo Paul nei corridoi, alle prese con qualche compagno più grande che gli rubava il libro o la bacchetta. Era uno spettacolo sconfortante, soprattutto perché Paul arrossiva, non sapendo come fare a riprendere le proprio cose. Un giorno di questi, John, spazientito da quella visione, che gli ricordava troppe scene vissute sulla sua stessa pelle all’orfanotrofio, aveva deciso di intervenire. Li aveva affrontati con coraggio, dopo aver imparato qualche incantesimo utile sul libro di testo, Manuale degli Incantesimi, Volume Primo. Così aveva fatto in modo che Paul si riappropriasse dei suoi effetti personali, e da quel momento, da quel, “Ciao, mi chiamo John”, “Io sono Paul”, non passava giorno che i due ragazzi non trascorressero insieme, con John che difendeva Paul dai bulletti più grandi e gli mostrava come acquisire sicurezza in se stesso, e Paul che gli insegnava i particolari del mondo magico, un mondo in cui John era stata appena catapultato, un mondo di cui conosceva davvero poco.

Crescendo, John si era ritrovato nella condizione di non poter fare a meno di lui, il solo pensiero di non averlo più nella sua vita era terribilmente angosciante. Se prima era lui quello forte e determinato, ora diventava il ragazzo più fragile e vulnerabile, al pensiero che Paul potesse abbandonarlo. Paul che ormai non aveva più bisogno dei suoi insegnamenti, Paul intraprendente, intelligente, sveglio, simpatico. Paul per cui John impazziva.

Era stato difficile da accettare? No, per nulla. Era stata la cosa più naturale del mondo. Non c’era nessun’altra persona che John volesse accanto a sé, in tutta la sua vita, per tutti i giorni della sua vita.

E poi un giorno, un giorno qualunque a Hogwarts, in riva al lago, mentre studiavano, Paul gli aveva rubato un bacio, così, dal nulla, solo perché poteva, solo perché, “Sentivo che lo volevi anche tu, Johnny.”

Certo.

Certo che lo voleva. E lo voleva anche ora, in questo momento buio, in cui si ritrovava contemporaneamente a odiare e amare Paul. Odiare e amare ogni più piccolo elemento della sua personalità, del suo aspetto.

Voleva averlo proprio lì, per stringerlo fra le sue braccia e intanto urlargli che l’aveva fatto morire dentro quel pomeriggio.

Tuttavia era davvero troppo combattuto in quel momento, avrebbe solo fatto scappare Paul lontano da lui. E questa era certamente una cosa che voleva evitare.

Poi si ricordò del messaggio che Paul gli aveva inviato quella mattina stessa, con il suo gufo, un piccolo biglietto dove gli chiedeva di vedersi di notte, nell’aula abbandonata dove erano soliti incontrarsi da quando questo rapporto si era evoluto in qualcosa di più dolce.

Con la rabbia del momento, John pensò di dargli buca. Se lo meritava, in fondo. Ma ciò avrebbe significato una crisi ben peggiore di quella attualmente in corso. No, questa non era un’opzione accettabile.

Il pensiero che mancasse qualche ora all’appuntamento lo rilassò. Dopotutto aveva ancora  un po’ di tempo per sbollire la rabbia.

Sarebbe andato al loro incontro per chiarire tutto e avrebbe affrontato Paul con maggior razionalità.

Era pur sempre un Corvonero. Trovava sempre una soluzione.

****

La sera giunse con il suo manto scuro, trapuntato di stelle, che coprì Hogwarts e dintorni.

Alla fine John non andò nella Sala Grande per la cena, se n’era semplicemente dimenticato e ora moriva di fame. Con molta attenzione si aggirò nei corridoi semi-deserti della scuola. Che ore erano, le undici? Si supponeva che gli studenti fossero a letto e soprattutto che non fossero fuori dalle loro sale comuni.

John stava andando all’appuntamento con Paul. Un miscuglio potenzialmente esplosivo di sensazioni diverse fra loro stava ribollendo in lui: c’era la fame, la rabbia, la gelosia, l’amore, la paura che Paul non si presentasse…

Era una cosa che stava prendendo in considerazione solo ora. Se John aveva pensato di non andare al loro incontro, non era altrettanto probabile che lo stesso pensiero avesse attraversato la mente di Paul?

Certo. E ora John si ritrovava divorato dall’ansia di sapere se anche lui stesse mantenendo la parola data.

Se l’avesse lasciato tutta la notte ad aspettare da solo in quella piccola aula, John non pensava che avrebbe potuto sopportarlo, sarebbe impazzito, avrebbe perso la testa e non credeva che le conseguenze di un tale evento potessero essere piacevoli, né per lui, né per Paul, né per chiunque altro fosse capitato tra i suoi piedi.

Fu così che raggiunse l’aula vicino alla biblioteca, quella che ormai nessuno usava più, quella con i banchi e le sedie tutti accostati lungo le pareti, quella che aveva visto così tanti momenti fra John e Paul, i litigi, le riappacificazioni, ancora litigi e poi baci e baci e ancora baci….

Ma quella sera c’era qualcosa di diverso nell’aula. John lo notò subito: era uno specchio. Doveva essere appena stato sistemato lì, a giudicare dall’assenza di polvere.

Era appoggiato al muro di fronte a lui e aveva una cornice d’oro riccamente decorata. John si avvicinò interessato. Si accorse che lo specchio poggiava su due zampe di leone; i suoi occhi percorsero tutta la cornice fino in cima dove vi era una strana incisione: Erouc li amotlov li ottelfirnon”.

John si sistemò gli occhialini sul naso e aguzzò la vista. Sì, c’era scritto proprio così. Rifletté un attimo su cosa potesse voler dire, non era latino, né qualche lingua derivante.

Stava per rinunciare e allontanarsi quando nel riflesso dello specchio apparve un’altra figura accanto alla sua. Era…

“Paul!” esclamò, voltandosi subito all’indietro.

Ma dietro di lui non c’era nessuno. Scosse il capo e tornò a guardare lo specchio: Paul era ancora lì. Solo che ora aveva la mano intrecciata con quella del riflesso di John. E sorrideva. Sorridevano entrambi. John chinò il capo per guardare la sua mano, ma era vuota. Sola.

Il suo riflesso non lo era. C’era Paul con lui, e poi arrivarono altre persone, tutti i loro compagni di scuola, tutti felici, non un solo viso si contrasse in una smorfia a vedere quei due ragazzi che si tenevano per mano.

Il cuore di John sussultò a quella visione e lui alzò il capo verso l’incisione in cima allo specchio: Erouc li amotlov li ottelfirnon

Forse aveva capito, forse quello specchio-

“John.”

Il giovane Corvonero si voltò e questa volta Paul era davvero lì. Paul in carne e ossa. John si sentì improvvisamente euforico e arrabbiato nello stesso momento. Forse la rabbia era più forte in quell’attimo, e prevalse su qualunque altro sentimento positivo che si accese alla vista di Paul, Paul che l’aveva raggiunto, che aveva rispettato il loro appuntamento.

E prima che potesse esplodere in uno sfogo di pura frustrazione, in cui avrebbe urlato le cose più cattive a Paul, il quale era proprio lì, di fronte a lui, che aspettava una sua risposta, fu Paul ad agire per primo.

Egli sorrise nervosamente, rivolgendo un cenno del capo allo specchio dietro John, “E’ nuovo quello, o sbaglio?”

Il tono solo lievemente agitato della sua voce, ma ancora pacato, fu il tranquillante perfetto per John e la sua rabbia cominciò a diminuire, a spegnersi come un piccolo falò sotto l’azione dell’acqua, perché in fondo John sapeva che non ci sarebbe stata alcuna violenta discussione quella sera, non lo voleva lui, né Paul, allora perché litigare? Erano lì, insieme, solo questo contava ormai.

“Già.” sospirò lui, come a voler allontanare tutti i sentimenti di rancore verso Paul, “Forse non sapevano dove metterlo e il preside ha deciso di sistemarlo qui.”

“E’ uno specchio molto bello, perché sbarazzarsene?” domandò Paul, avvicinandosi a John per ammirare meglio l’oggetto in questione.

“Non ne ho idea.”

“Troppo piccolo per contenere l’ego del vecchio Albus?” esclamò Paul e John, senza neanche rendersene contro, si ritrovò a ridere sommessamente.

Paul se ne accorse e si voltò a guardarlo con un dolce sorriso sulle labbra. Notandolo, John arrossì vistosamente, mentre Paul si affrettò per cercare qualcosa sotto il mantello. Estrasse dalla tasca un tovagliolo un po’ rovinato, che avvolgeva quella che sembrava una fetta di torta, e subito dopo la porse a John.

“Tieni, ho visto che non sei venuto a mangiare e ho pensato che potessi aver fame.”

John, un po’ sorpreso, anzi molto sorpreso, non riuscì a fare altro che guardarlo, senza poter muovere neanche un muscolo, ma Paul non si lasciò intimorire dalla sua mancanza di reazione, e rimase lì, con la mano protesa verso John.

Cheesecake zucca e cioccolato, specialità degli elfi della cucina. È la tua preferita.”

Poi gli prese la mano e appoggiò la torta sul suo palmo. John osservò il dolce, mentre sussultava in modo impercettibile perché Paul l'aveva toccato.

"Mi dispiace per oggi." iniziò Paul, sinceramente mortificato, "Ti stavo seguendo per farti una sorpresa, ma poi ho visto che c'erano altre persone. E ho dovuto improvvisare."

A vederlo così dispiaciuto, così che glielo si leggeva sul volto, John si rilassò.

Paul stava seguendo lui. Lui.

Perché voleva stare con John, forse studiare con lui, o solo guardarlo mentre leggeva. Ma che importava? Era questo che contava, Paul voleva lui, come tutti gli altri giorni, come sempre, solo John.

"E mi dispiace anche per quegli stupidi incantesimi. Non avrei mai dovuto farlo."

"È stata colpa mia, Paul. Ho iniziato io." si affrettò a dire John, "Ero così... così..."

"Geloso?" concluse Paul.

"Sì. Geloso. Stavo impazzendo di gelosia." gli fece notare, e improvvisamente lo attirò a sé per un braccio.

Paul ridacchiò, lasciando che John lo abbracciasse.

"Non devi essere geloso. Non devi esserlo mai. Per me ci sei solo tu, John, ogni giorno della mia vita."

"Ogni giorno?" ripeté John, ammirato, stringendolo e facendo toccare le loro fronti, "Non ti stancherai di avermi tra i piedi tutti i giorni?"

Paul sospirò, "Correrò il rischio."

Poi lo baciò, gemendo dolcemente al contatto delle sue labbra, per far sapere a John che aveva aspettato tutto il giorno per poterlo fare, che quel pomeriggio non avrebbe mai e poi mai voluto duellare con lui, ma che al contrario avrebbe voluto stringerlo fra le sue braccia e non lasciarlo più andare.

John si concesse di abbandonarsi al suo bacio, almeno fino a quando gli fu possibile. Si allontanò da lui, con il respiro leggermente affannato e il viso arrossato. Paul sorrideva soddisfatto, le braccia avvolte intorno al suo collo, come se non avessero alcuna intenzione di lasciarlo andare. Era ancora troppo presto.

"Perché oggi pomeriggio ci hai provato proprio con Lily?” domandò poi John, rammentando dolorosamente quella scena e tutto ciò che era accaduto dopo fra loro, “Lo sanno tutti che va dietro a Potter."

Paul sospirò tristemente, "Non volevo farlo, ma probabilmente se mi avesse visto bighellonare lì intorno, si sarebbe insospettita. Ed è per quello che l'ho scelta. Sapevo che mi avrebbe rifiutato, ma almeno ho cercato di continuare questa farsa."

“Non credo che tu l’abbia convinta molto.” gli fece notare John, alzando maliziosamente un sopracciglio.

“Perché è la strega più brillante della nostra età.” ribatté Paul, ammiccando.

“Pensi che l’abbia capito?” domandò timoroso John.

“Probabile, ma non devi preoccuparti. Anche se fosse così, sono sicuro che manterrà il segreto.”

Paul sembrava tanto sicuro che John non poté non annuire, ma la poca convinzione del suo gesto non passò inosservata agli occhi di Paul..

“Cosa c’è che non va?” gli chiese, sollevandogli il capo con una mano sul mento.

"E’ solo che, Paul, sono stanco di dovermi nascondere ogni giorno, per stare con te." sospirò affranto ed esausto.

Paul lo guardò comprensivo per pochi istanti, prima di accarezzargli teneramente una guancia.

"Si tratta di resistere solo per un altro anno, John. Poi saremo liberi. Potremo fare tutto quello che vogliamo, viaggiare, vedere il mondo e potremo farlo insieme.” gli disse, sorridendo fiducioso, “Penso che per una tale prospettiva valga la pena aspettare solo un anno. Che ne dici?”

John strinse un po’ di più le braccia intorno a Paul, “Dico che posso aspettare.”

“E l’attesa renderà quel giorno ancora più bello, John, te lo prometto.” affermò Paul, aspettando che John annuisse con più sicurezza questa volta, prima di continuare, “E ora mangia questa dannata torta, prima di svenire qui.”

“Non accadrà.” lo rassicurò John, sciogliendosi dall’abbraccio per mangiare la sua cena.

“Me lo auguro. Non ho alcuna voglia di portarti in infermeria.” commentò Paul, incrociando le braccia, “Pensa cosa accadrebbe se Madama Chips vedesse arrivare un Serpeverde e un Corvonero a quest’ora della notte. Finiremmo subito nei guai, te lo dico io.”

John ridacchiò divertito e Paul lo imitò, mentre il giovane Corvonero gustava la fetta di cheesecake, assaporando il mix perfetto di zucca e cioccolata, caldo e dolcissimo.

Poi un rumore li fece sussultare entrambi e le risate si fermarono all’istante.

Paul portò un dito sulle labbra, per indicargli di stare in assoluto silenzio, mentre delle voci indistinte e dei passi affrettati giungevano dal corridoio. Lentamente, con passo felpato, i due ragazzi si avvicinarono alla porta, appoggiandovi delicatamente l’orecchio.

“Signor Gazza, si può sapere perché mi ha fatto precipitare qui con tutta questa fretta?”

“Mrs. Purr ha sentito dei rumori provenire dall’aula dello Specchio.”

John guardò Paul, che gli disse con il labiale, “Silente.”

John annuì e il suo cuore cominciò a battere fortissimo, faceva vibrare la sua cassa toracica e lui si scostò appena dalla porta: era sicuro che potesse far tremare anche la porta, così quella stupida gatta li avrebbe scoperti una volta per tutte.

Tuttavia i passi si fermarono.

“Oh, andiamo, signor Gazza, chi vuole che scopra quell’aula abbandonata?”

“Studenti fuori dai loro letti, signor Preside?”

“Sono sicuro che nessuno studente sia fuori dal proprio letto, correndo quindi il rischio di perdere punti a così pochi giorni dall’assegnazione della Coppa delle Case.”

“Ma lo Specchio? Potrebbe essere in pericolo.”

“Mi creda, signor Gazza, se dovesse accadere qualcosa allo Specchio delle Brame, sarei il primo a saperlo.”

“Ma Mrs. Purr-”

“Probabilmente i rumori che ha percepito la sua gatta sono stati causati da Pix.”

Seguì un breve attimo in cui nessuno disse più nulla, e John era certo che Silente avesse appena toccato il punto giusto. Pix, l’eterna nemesi di Gazza. Infatti…

Pix! Quel piccolo demonio! Se lo prendo, questa volta la pagherà cara.”

“Coraggio, ora vada a dormire. Darà la caccia a Pix domani sera.”

I passi ripresero a echeggiare nel corridoio, solo che questa volta stavano allontanandosi dall’aula in cui erano nascosti John e Paul. Così i due ragazzi si lasciarono scappare un gran sospiro di sollievo, prima di rigirarsi e cadere seduti a terra, con la schiena contro la porta.

“C’è mancato poco stavolta.” esclamò John.

“Quella stupida gatta ficcanaso.” commentò Paul, con una smorfia, “Un giorno farà la fine che si merita.”

John si portò una mano sul cuore, il quale impiegò un po’ di tempo prima di tornare a un ritmo accettabile. Questo gli diede l’occasione di riflettere sulle parole di Silente. Il vecchio preside aveva parlato di uno Specchio delle Brame

“Sarebbe questo, allora, lo Specchio delle Brame?” domandò Paul, come se avesse intuito i pensieri di John.

“Sì.”

“E quale sarebbe la sua particolarità?”

John si morse il labbro pensieroso, ricordando l’incisione sulla cornice. Era tutto chiaro ora, quello che John vi aveva visto dentro.

Non rifletto il volto ma il cuore.”

Paul lo osservò, aggrottando la fronte, “Che significa?”

“Significa che non conta come siamo agli occhi degli altri, ma quello che sentiamo.” gli spiegò John, sorridendo dolcemente, prima di voltarsi verso di lui, “E io sento solo te, Paul.”

Poi gli prese il viso con una mano e lo baciò, rendendolo ancora più felice di quanto già non fosse, perché ora sì, era tutto a posto.

“Chissà come mai Silente non ha lasciato che Gazza controllasse quest’aula.”

John rise all’affermazione di Paul e sfiorò la punta del suo naso con le labbra.

“Non dirlo a nessuno, Paul, ma secondo me, Silente ha il nostro stesso segreto.”

Era solo la fine di un altro giorno a Hogwarts per John e Paul, ma la speranza che quello migliore della loro vita dovesse ancora arrivare lo rendeva speciale come tutti gli altri.

 

 

Note dell’autrice: e andiamo con il primo crossover tra due delle cose che amo di più. I Beatles e Harry Potter.

Non c’è molto da dire, il contest prevedeva di scrivere una AU con i Beatles catapultati in un universo alternativo di un libro. E questo abbinamento volevo farlo da un po’.

Grazie a kiki che ha corretto la storia, grazie a _SillyLoveSongs_ e al gruppo di facebook “Cercando chi dà la roba alla Rowling [Team Harry/Hermione]” per alcune consulenze.

Spero che la storia sia piaciuta.

A presto

Kia85

   
 
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