Prologo
Anche se faceva freddo, poco vestiti, sotto le coperte, si stava bene. Il respiro del cane poi, riscaldava tutto l’ambiente circostante. Come se fosse stato un pupazzone infatti, quel labrador teneva compagnia alla padrona, la quale lo accarezzava dolcemente, mentre pensava.
La neve che cadeva là fuori la faceva sentire tremendamente in pace con se stessa, cadeva lenta sul suolo della sua città, l’addormentava.
C’era solo una persona che non trovava niente di soporifero nella neve, e quella persona si trovava a pochi isolati da lì. Anche lui stava sotto le coperte a pensare, con un computer sulle gambe ma gli occhi fissi su una foto appesa al muro: ritraeva due bambini che allegri e spensierati giocavano sull’altalena. Un bambino biondo che spingeva sul gioco una bambinetta castana, che sorrideva a trentadue denti, anche se trentadue denti non li aveva ancora; infatti si potevano intravedere i buchi lasciati dai primi due denti da latte caduti.
Era sempre stata bellissima.
Qualche metro più distante, un ragazzo camminava sotto la neve. A differenza degl’altri due, lui non pensava, lui camminava e basta. Occhi strizzati per proteggerli dalla neve, cappuccio della giacca di pelle tirato sulla testa, mani in tasca, sguardo fisso davanti a sé. L’immagine di un ragazzo sicuro di sé, ma niente più di questa frase era sbagliato. L’amore lo aveva reso fragile, insicuro e incredibilmente impacciato. Non avrebbe mai creduto che una ragazzina avrebbe mai potuto rubargli cuore, mente e anima in una sola volta, mai.
La cioccolata calda era la sua “bibita”, se così la si può chiamare, preferita. Scaldava l’intero corpo della brunetta intenta a finire la relazione di storia in camera sua. Non che le piacesse studiare, ma con quel tempaccio, non sarebbe potuta uscire.
E oltretutto odiava storia. Lei pensava: “ci insegnano che è meglio farci gli affari nostri, e poi ci fanno studiare”, aveva una mente abbastanza contorta.
Alla fine, mollò la penna sulla scrivania e le vennero subito in mente due occhi di ghiaccio.
E quegli occhi, non avevano in mente niente. Quel ragazzo, solo, combattuto, acido, cinico, aveva la testa fasciata.
Osservava le sue mani piene di cicatrici, provando di nuovo per un secondo, un lieve dolore.
Ed eccolo, presentarsi a piccole gocce sul pezzo di carta sotto la sua testa, sangue colare dal naso. Ma non gli sarebbe importato, lo avrebbe lasciato cadere, fin che si sarebbe placato.