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Autore: martaparrilla    09/02/2014    8 recensioni
"Non voglio più che mi odi per quello che stai provando. Non voglio più che guardi i miei occhi senza sapere che mi sveglio presto solo per guardarti uscire di casa e prender il tuo cornetto al bar. Che mi piace l'odore dei tuoi capelli. Mi piace il calore della tua mano. E se devi impazzire, voglio che impazzisca con me, non per me".
Una Emma e Regina in una città senza nome, si scontrano come solo loro sanno fare. Ben presto capiscono che il loro odio cela qualcosa di più grande. Ma Regina questo già lo sapeva. Gli occhi di quella bionda erano terribilmente somiglianti a qualcuno che aveva perso e questo la incuriosiva. Emma dal canto suo non riusciva a spiegarsi i brividi che sentiva quando la vedeva.
Regina ed Emma racconteranno sensazioni e sentimenti in prima persona, alternandosi tra i vari capitoli. Non dubitate della mia sanità mentale quando leggerete le stesse frasi in capitoli diversi, il motivo è semplice: una volta sarà Emma a parlare (o ascoltare), una volta Regina.
Riusciranno insieme a superare i traumi passati?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Non so perchè ci ho messo un po' più di impegno nel trucco. Non so perchè spero che sia contenta di rivedermi. O forse lo so. O forse lo ignoro volutamente.

Si è sforzata di mettere un paio di jeans per me. Perché ha paura che le avrei distrutto un paio delle sue costose scarpe? Non so. Ma mi piace quell'accorgimento che ha avuto.

E tutto è stato bello, tutto è stato piacevole, caldo, familiare, diverso.

Diverso da tutte le amiche che avevo avuto.

Diverso da tutti gli amori che avevo avuto, e che non erano poi tanti.

Era...agio mentre si stava in silenzio. Era attesa per le risposte che ci davamo, erano battute che arrivavano come frecce sul fianco. E ogni volta alzava le sopracciglia per confermare che aveva vinto.

Era stato tutto perfetto. Era rimasta estasiata del posto, si era incantata e aveva giocato con me quando le avevo detto di chiudere gli occhi. Sentivo un senso di pace che non provavo da anni. Fino a che decido di raccontarle la cosa che mi aveva spezzato.

«Sai, un paio di anni fa aspettavo un bambino».

Emma forza, lentamente, ce la puoi fare. Probabilmente sapere che anche io ho passato una cosa simile la aiuterà a aprirsi con me.

«Il mio fidanzato di allora aveva detto che lo voleva, poi l'avevo beccato a letto con una e me ne sono andata, senza dire niente».

Non dice nulla, si limita a guardarmi voltando un po' il busto, allontanandosi dal sostegno che la staccionata rappresenta in quel momento.

«Quando ho visto quella foto a casa tua, di quel bambino, e poi le lacrime...non so chi sia ma sicuramente per un motivo o per un altro ora non c'è più. Qualche settimana dopo aver cambiato casa ho avuto un aborto e ho perso il bambino. Un feto a dir la verità» torturo i miei capelli, senza riuscire nemmeno per un attimo ad alzare il mio viso per guardarla negli occhi. Sento una specie di tensione che proviene dalla sua parte.

«Ho cambiato città per quattro volte. Poi sono arrivata qui. Tu mi stavi dando un buon motivo per andarmene di nuovo sai? Poi ho scoperto questo posto..e ho ritrovato pace».

E' il momento di affrontare il suo sguardo. Lei rimane seria fissando i miei occhi, poi si volta di nuovo puntando lo sguardo oltre lo strapiombo.

«Sei una brava persona, e bella, e forte, e io non riuscirò mai a essere come te» il suo sguardo è di nuovo contratto dal dolore.

No, no, no! Ho sbagliato di nuovo!

Sbaglio tutto con lei! Ogni passo che faccio per avvicinarmi, la ferisco, ogni idea è un fallimento.

Un tuono si presenta all'improvviso, così come le nubi cariche di pioggia sopra di noi.

Se ne sta andando. Lei se ne sta andando. No, non l'avrei permesso. Mi metto a correre per raggiungerla e le afferro il braccio intimandole di fermarsi. Non si è ancora voltata ma sento che sta piangendo.

«Perché non mi dici che è successo?» piange ma le sue lacrime si nascondono in mezzo alle gocce di pioggia e mi sputa un NON PERMETTERO' CHE DIVENTI COME ME addosso con una tale rabbia che lo percepisco come un pugno nello stomaco.

La tiro per un braccio con forza quando lei tenta di divincolarsi. La afferro anche con l'altro braccio e la tengo dritta di fronte a me.

«Perchè insisti tanto con me. Lasciami in pace».

Un attimo. Perché faccio questo con lei? Perchè mi spingo così oltre da andare contro il suo volere di andarsene? Sono cinque secondi di confusione totale. Lei piange per colpa mia, e questo non posso sopportarlo. Vedo solo i suoi occhi tristi e le sue labbra...le sue labbra li che tremano e io voglio baciarle. Mi chino leggermente su di lei e con rabbia la bacio. Le afferro il labbro inferiore con passione, e tristezza e....rimango senza fiato.

Ho baciato una donna. Sto baciando una donna.

Ma questa è l'unica risposta che posso darle. L'unico modo per spiegarle.

«Ecco perchè non ti lascio andare, per questo! Non lo so cos'è successo, cosa mi è successo, so solo che questo posto mi ha dato la pace ma tu...tu mi hai dato un motivo per sorridere!» muovo le braccia in modo disordinato mentre vado avanti e indietro di fronte a lei, sotto la pioggia.

«Quei tuoi maledetti occhi neri, me li ritrovo tutti i giorni di fronte al viso e non faccio altro che pensarti e pensarti senza capirne il motivo. E quel giorno, quando ti sei messa a piangere, avrei voluto stringerti, ma non come fa un'amica» mi bruciano gli occhi. Perdo le energie. Il mio cuore sta battendo a velocità vertiginosa e sembra che tutto l'ossigeno si stia concentrando sul mio petto, per sostenere il cuore, lasciando il resto del corpo completamente inerte.

Non riesco a decifrare il suo sguardo ma ormai ho iniziato a parlare e quando succedeva difficilmente riuscivo a fermarmi. Sono come un fiasco a testa in giù. Fuoriusce tutto in modo rumoroso. Parole e lacrime.

«E a me non era mai successo niente del genere. Io ero tranquilla, le litigate con te mi divertivano ma vivevo la mia vita tranquilla. Tu hai stravolto gli equilibri, tu..» mi manca l'aria. «..tu mi hai completamente stregato. Mi alzo sperando di incontrarti e sperando che quell'incontro possa regalarmi il tuo sorriso. Che possa sentire la tua voce. Che possa guardare le tue labbra muoversi. Mi. Stai. Facendo. Diventare. Pazza.».

Ha smesso di piangere e camminava verso di me, lentamente. Di rimando io torno quasi indietro. Terrore assoluto di affrontarla.

«E il tuo non volermi dire niente mi fa male, mi fa sentire inutile e non mi fa dormire la notte. Sei entrata dentro di me, sei come un virus, uno di quei virus che non ti lasciano speranza. Mangio un cucchiaino della tua marmellata tutti i giorni prima di dormire. Non ho lavato la tua tazza! Odio tutto questo!» cercavo di riprendere fiato.

«E ora vai se vuoi andare!».

Ce l'ho fatta. Le ho detto tutto quello che dovevo e non è stato nemmeno tanto difficile.

Un lampo illumina i nostri visi proprio quando lei è a pochi passi da me. E in quel momento mi prende il viso tra le mani. Chiudo gli occhi, stanca, sfinita, svuotata dai pensieri che quelle settimane mi hanno praticamente tormentata.

Poggia la sua fronte sulla mia e un singhiozzo esce dal mio corpo, mentre afferro le sue mani con forza, come per sostenermi. Dalla sua bocca esce un flebile -shhh-, forse per farmi smettere di piangere. Ma in quel momento, fissare i suoi occhi mi fa piangere ancora di più.

La pioggia ci ha completamente bagnate, ma sento il calore delle sue mani, del suo corpo. Sento tutto così chiaramente che per un attimo mi sembra di esser nuda di fronte a lei. E in un certo senso lo sono. Mi sono totalmente spogliata, scoperta, confessata, di fronte a lei.

«Non voglio più che mi odi per quello che stai provando. Non voglio più che guardi i miei occhi senza sapere che mi sveglio presto solo per guardarti uscire di casa e prender il tuo cornetto al bar. Che mi piace l'odore dei tuoi capelli. Mi piace il calore della tua mano. E se devi impazzire, voglio che impazzisca con me, non per me».

Dopo queste parole, ogni domanda che potevo avere, irrisolta, trova una risposta. Perché sta accadendo qualcosa di assolutamente nuovo e assolutamente inspiegabile a cui nessuna delle due vuole rinunciare.

Allungo di poco il collo fino a che non sfioro le sue labbra, di nuovo. Lo desidero talmente tanto che sposto le braccia sui suoi fianchi, avvicinando ancora i nostri corpi. Il suo bacio è totalmente diverso dagli altri. Io che bacio lei sono totalmente diversa. Non mi sento obbligata o frenata o in soggezione o imbarazzata. Siamo l'anodo e il catodo di una batteria. Opposti che non possono stare separate.

Eppure mi sembra sempre poco. Prendo un respiro tra un bacio e l'altro e quando lei sembra volersi allontanare, afferro il labbro inferiore con forza, facendola riavvicinare. Possoo provare queste cose per una donna?

Non lo so.

L'unica cosa certa è che è bellissimo.

Non so quanto tempo siamo state in quello stato di trance con le nostre labbra che, come affamate, cercano quelle dell'altra.

Ma improvvisamente smettiamo. Insieme. Senza dire nulla.

Ci guardiamo e basta. Ma non riesco a distogliere lo sguardo dalle sue labbra...così sposto la mano dai suoi fianchi e inizio a sfiorarle. Sono carnose, e ancora rosse. Poi alzo lo sguardo sul suo e le stampo un altro bacio, veloce. Sorridiamo insieme.

«Ha smesso di piovere» dice accarezzandomi capelli e allontanandoli dal mio viso.

Mi riporta alla realtà.

Io, lei, un bacio.

Il mio cuore impazzito.

Lei troppo vicina a me.

Mi allontano, lentamente. La paura mi assale. Le ho aperto il mio cuore e ora sto tornando indietro. Come posso pretendere che poi mi avrebbe creduto di nuovo?

Ma il panico quando si insinua nelle tue vene non lo puoi fermare.

«Ho paura» dico con tono deciso «Che...cos'è questo?».

«Non so» sui suoi occhi leggo terrore. Puro terrore.

Sono tornata tristemente alla realtà. Io e una donna. Non può essere. Tutto quello che provo è vero, ma non posso, non ora, non così velocemente.

«Io...E' meglio tornare a casa» abbasso lo sguardo e mi dirigo verso il sentiero.

Mi accorgo di averla dietro di me. Mi accorgo di averla ferita. Sento l'aria intorno a noi farsi pesante. Apro la macchina e salgo senza riuscire a guardarla negli occhi.

Quelle due ore del viaggio di ritorno sono state disastrose. Due ore di silenzio tombale. E' fastidioso quel silenzio. L'unico rumore è quello della ventola del riscaldamento, accesa per evitare il congelamento per l'acqua che abbiamo preso.

Le lacrime hanno ripreso a scendere ed è difficile vedere bene la strada.

«Non piangere per favore» il suo tono è un misto di rabbia e delusione.

«Non importa..io...farò finta che tutto questo non sia mai successo. Tu dimentichi quello che ho detto io e io...dimentico quello che hai detto tu».

Il suo sorriso è triste. Vuole consolarmi ma le sue parole mi fanno ancora più male. Quel suo arrendersi mi fa capire che tutto ciò che le ho detto, per lei sono solo bugie. E forse lei è coraggiosa, ma io no.

«Non dire questo per consolarmi, non ce n'è bisogno».

«D'accordo. Ma non disperarti per me. Io non mi abbatterò per questo. E non perché non mi faccia male. Ma perché è la milionesima volta che mi capita. E' la milionesima volta che mi capita».

Ripete l'ultima frase due volte, come a volere convincere se stessa.

Ormai è tornato il sole. Solo nel cielo però. Tra me e lei c'era il temporale più violento.

«Grazie per avermi riaccompagnata a casa» dice con voce piatta aprendo la portiera della macchina.

«Aspetta Regina per...».

«Ti prego almeno non sparare una scusa banale, risparmiatela. Addio, Signorina Swan».

Mi da di nuovo del lei. Come biasimarla.

Come posso essere stata così stupida? Come?

«Stupida, stupida, stupida».

Scendo dalla macchina sbattendo rumorosamente la portiera. Mi sono comportata come una bambina. Passo settimane a chiedermi il motivo della mia confusione, della mia insonnia, dei suoi sogni con lei dentro. E ora che confesso tutto ho paura.

Posso essere attratta da una donna? Non lo so. Non lo sapevo, non mi sono mai posta il problema perché sono sempre stata solo con uomini. Ma quegli occhi....i suoi occhi, mi hanno trasmesso più di quanto non abbiano mai fatto quelli di un uomo.

Sono innamorata di lei? No, forse innamorata è una parola troppo grande. Però mi piace. E sono totalmente fuori controllo.

Mi infilo nell'ascensore. Il freddo inizia a entrarmi nelle ossa e tremo come una foglia. Ma la cosa più grave è che non riesco a smettere di piangere. Piango da più di due ore e la testa mi sta scoppiando.

Quella sensazione di assoluta protezione che ho provato tra le sue braccia. La pelle aveva bruciato sotto il suo tocco. Io bruciavo in quel bacio. Ma era tutto troppo inspiegabile, tutto troppo complicato, strano, uguale e diverso allo stesso tempo.

Sono solo le quattro del pomeriggio. Ho distrutto la domenica più speciale del mondo. Complimenti Emma, sei stata la solita idiota.

Entro in casa, e per evitare di bagnar tutto il pavimento con l'acqua, decido di togliermi i vestiti li, all'ingresso. Li sistemo in un angolino e mi fiondo nella doccia, dove, sotto il getto dell'acqua calda, rimango a piangere per un'altra ora.

Non può essere quello che sento.

Lei è una donna.

Una bella donna.

La più bella che abbia visto. Ha tutto perfetto: dalle gambe al seno, dal sedere alle mani, dalla bocca agli occhi. E mi piace maledettamente tutto di lei. Anche del suo modo di vestire un po' troppo austero.

Ma lei è così: è la Regina degli inferi. Riesce a sbatterti addosso la verità in un modo così diretto che devi necessariamente prenderne atto. E quando incrocia le braccia diventa una strega. E' la sua posizione di attacco, di combattimento. Serviva per parar i colpi. E anche io l'avevo colpita. Ma quelle braccia non sono state sufficienti.

Avvolgo i capelli nell'asciugamano e mi infilo l'accappatoio. Poi, trascinando pesantemente i piedi, come se stessi trascinando un sacco di pietre, arrivo nella mia camera. Butto per terra i vestiti che ho ammucchiato sopra, poggio la testa sul cuscino e come ogni volta, mi addormento con i suoi occhi fissi su di me.

  
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