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Autore: Finnick_    10/02/2014    6 recensioni
[ “Sei tanto intelligente, perché non capisci che io sono confusa?!”
“Oh, questo l’ho capito. Ti sei abbottonata male la camicia e ti sei legata i capelli nonostante a letto li avessi sciolti. Sei tornata la solita, confusa Molly, riconosco i sintomi.” ]
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Nota:

Bene, ho dato un po' nel matto, ultimamente, e questo è il risultato. Esce un po' dai miei schemi originali di scrittura.
E' un esperimento, esattamente come dice Sherlock nella mia storia.
Occhio agli SPOILER sulla terza stagione.
Ringrazio fin da subito la mia beta ormai insostituibile (una Johnlock sfrenata) per aver avuto la pazienza di leggere questa Sherlolly parecchio strana.
Tentativo----> personaggi IC, spero di esserci riuscita.
Liberissimi di farmi sapere come vi sembra, si accettano tutte le critiche, purchè costruttive!

Per finire, ma la cosa non è meno importante per me, ho preso casa su wordpress da qualche settimana.
Se vi va, potete farci un salto qui:
http://leclicdelavie.wordpress.com/

E adesso, beh, buona lettura!




1
Volere è potere

 
 
Gingillo un altro po’ con gli angoli del lenzuolo.
Erano precisamente piegati solo un’ora fa, adesso si rotolano tutti stropicciati tra l’indice e il pollice della mia mano. Sherlock è strano.
Come se non lo sapessi.
È pieno di manie: il tè va fatto come piace a lui, il caffè dev’essere rigorosamente nero con due zollette di zucchero, spolvera il suo violino ogni tre ore e quando non può farlo di persona delega il compito alla signora Hudson o chi per lei. È capace di piegare gli angoli dei lenzuoli del suo letto in modo che non sporgano dalla trapunta. E poi magari lo vedi mentre compie il suo ennesimo esperimento su un tavolo pieno di provette, parti umane e animali.
Non ha senso.
Solo che questa volta il suo campo di esperimento si è spostato.
Il letto sobbalza improvvisamente e l’angolo delle lenzuola mi scivola via dalla mano.
Sherlock si è appena alzato.
Sbircio al di sopra della mia spalla e lo scorgo nell’atto di infilarsi la camicia.
Dovrei dire qualcosa, dopo tutto sono io l’infiltrata nel suo letto; o dovrebbe dire qualcosa lui, che mi ci ha portata.
Che fai, Molly Hooper, stai per chiedere com’è stata la nottata?
Sherlock allunga una mano per aprire la porta.
“Aspetta.”
Sussurro. Mi volto di nuovo di spalle e fisso la coperta sgualcita.
Sherlock aspetta davvero, ma non fiata.
“Sherlock…”
Mi mordo le labbra. Devo parlare, devo assolutamente sputare di bocca qualche parola, fosse solo un’imprecazione!
È che la sensazione di sapere di essere stesa nel letto di Sherlock Holmes, sotto le sue coperte, con addosso solo mutande e canottiera, ancora mi sembra surreale. E forse non passerà mai.
Quando faccio per riaprire bocca, mi rendo conto che è passato troppo tempo e che i miei stupidi viaggi mentali mi hanno assorbita per più del necessario, perché mi piomba addosso una camicia da uomo e sento Sherlock borbottare:
“Vado a fare il caffè, vieni quando vuoi.”
Quel tono, quella voce. Sono tanto surreali quanto il ritrovarmi nella sua camera da letto.
È quella flebile modulazione che non usa mai, ma che esce fuori quando l’emozione lo tradisce.
Chiude la porta dietro di sé ed io rimango con le parole sulla lingua, parole che un secondo dopo mi dimentico.
Mi rigiro nel letto e sento il lato sinistro del mio corpo formicolare in protesta alla mia posizione immobile ormai da ore.
La camera di Sherlock.
L’avevo vista, ma mai da quest’angolazione. E, sinceramente, non avrei nemmeno creduto di poterla vedere dal suo letto. Fondamentalmente non cambia nulla.
La foto di Sherlock e Mycroft che si stringono la mano sempre appesa alla parete.
Le tende ancora ingiallite dalla polvere. Non permette a nessuno di spolverarle.
Mentre le fisso vengo assalita dall’improvvisa consapevolezza della mia posizione.
Addio sensazione surreale, addio sogno di una notte di mezz’estate.
Io. In mutande. Nel letto di Sherlock Holmes.
Lui. Si alza e si infila una camicia furtivamente. Me ne lancia un’altra.
Ho commesso un errore, un incredibile, stupido errore!
Non ricordo niente della notte passata, né ho idea di come sono arrivata qui, ma so di aver commesso il più grande errore della mia vita. Non sarei mai arrivata a tanto, non con Sherlock.
Scatto a sedere fulminea, ignorando la testa che gira per lo sforzo improvviso, afferro la camicia di Sherlock e salto giù dal letto infilandomela un po’ a caso.
Trovo un paio di pantofole bianche che mi aspettano in fondo al letto. Le indosso in furia senza stare a pensarci più di tanto, apro la porta con uno schianto e corro in cucina.
“Cosa?!”
Sherlock indossa un paio di pantaloni da lavoro.
La camicia non è abbottonata fino in cima, e quando si volta a guardarmi, con la caraffa di caffè in mano e un cucchiaino nell’altra, sono costretta a trattenere il fiato.
Oh, dannazione, ti piace da morire, va bene, ma ora calmati. Sei qui per dirgli che hai commesso un errore.
Ed io ho esordito con un inutile “Cosa?!”, me ne rendo conto solo adesso.
“Cosa, cosa, Molly?”
Oddio. Perché mi parla come se non fosse successo nulla?
“Sherlock… Io… Stanotte, noi…”
Lui si volta con un vassoio in mano, la colazione più bella vista in vita mia, eppure anche la più scarsa: due tazze col caffè, lo zucchero e un biscotto a testa.
“Prendi un biscotto, siediti e calmati.”
Io lo fisso mentre con aria tranquilla mi porge la colazione.
Stupidamente allungo una mano, prendo il biscotto e lascio che Sherlock scivoli in salotto e si sieda sulla poltrona con un tonfo sordo. La colazione immobile sul tavolino accanto a lui.
“No.”
Dico, il biscotto ancora in mano.
“Butta giù.”
Dice lui.
“No. No, no, no, Sherlock, no!”
Lui rotea gli occhi. Da quando ho fatto irruzione in cucina in mutande e maniche di camicia non ho espresso il benché minimo concetto.
“È tutto sbagliato”, trovo la forza di dire.
Lui abbassa lo sguardo, prende la sua tazza col caffè e inizia a bere.
Io mi avvicino pesantemente, lascio andare il biscotto sul vassoio e esordisco, adesso carica:
“Mi vedi, Sherlock?”
Lui non alza nemmeno lo sguardo.
Deglutisco.
“Indosso solo l’intimo, la canottiera e una tua camicia. Mi sono svegliata un’ora fa nel tuo letto…”
“Ero sicuro fossi sveglia.”
Di nuovo quel tono. Perché sta lasciando andare l’emozione? Che sia più forte di lui?
Il suo risulta alle mie orecchie come un bisbiglio, che io percepisco appena.
“Quello che mi chiedo è…”
“Non è successo niente.”
Sussurra di nuovo. Sono confusa.
“Cosa intendi?”
Lui beve l’ultimo sorso di caffè, si alza di botto e mi ritrovo il suo naso a pochi millimetri dal mio.
“Non è successo niente”, ripete.
Diamine, genio, mi stai uccidendo!
“Vuoi dire che noi non…?”
“No”, replica e si allontana.
Lo guardo mentre finisce di abbottonarsi la camicia, si infila scarpe e giacca e afferra il cappotto.
“Devo andare. Raccogli pure i tuoi vestiti, sono tutti sulla sedia di fronte alla mia scrivania.”
“Puoi spiegarmi che ci faccio allora in queste condizioni a casa tua?”
Lui si infila il cappotto e arrotola la sciarpa intorno al collo.
“Non adesso, Molly Hooper, ho da fare.”
Spazientita, gli do un colpo sul braccio che lo costringe a guardarmi negli occhi.
“Qualunque cosa tu abbia da fare, adesso non mi importa”, deglutisco ancora. “Dimmi soltanto cos’è successo ieri sera. Non puoi lasciare tutto… così.”
“Non essere sciocca, ci sono cose più importanti che aspettano.”
“Non per me!”
Sento gli occhi riempirsi di lacrime. Se non è successo niente, allora perché non vuole parlarne?
“Oh, andiamo, adesso non ti metterai mica a piangere, vero?”, ridacchia.
Gli lascio andare uno schiaffo.
Non lo facevo da quando scoprii che si era drogato e mi ero dimenticata la sensazione di soddisfazione.
“Sei tanto intelligente, perché non capisci che io sono confusa?!”
“Oh, questo l’ho capito. Ti sei abbottonata male la camicia e ti sei legata i capelli nonostante a letto li avessi sciolti. Sei tornata la solita, confusa Molly, riconosco i sintomi.”
Sono sconvolta.
Indietreggio di un passo e a stento mi rimangio le lacrime e il magone. Scuoto la testa, ma non parlo.
Lui si fa sparire il sorriso dalla faccia. Si tira su il collo del cappotto e apre la porta di casa.
Nel momento in cui penso che rimarrò qui a disperarmi in silenzio, lui si ferma.
Non si volta, e con quel tono di voce tanto profondo dice:
“Eri un esperimento. Ma io non ci sono riuscito.”
E se ne va. 
  
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