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Autore: Eryca    11/02/2014    6 recensioni
Sono passati tremilaseicentocinquanta giorni dalla morte di Arthur.
Tremilaseicentocinquanta giorni che Merlin ha raccontato in lettere.
Lettere che Arthur, però, non riceverà mai.
***
[Post 5x13]
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Tremilaseicentocinquanta

(Lettere che non riceverai)

 

 

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«You are like two sides of the same coin.»

 

*
*
*

 

Silenzio.

Solo la dolce melodia delle fronde degli alberi che si muovono al ritmo del vento disturba la quiete del bosco. Cric-crac è il rumore delle foglie autunnali che chiedono pietà, intrappolate sotto le suole delle sue scarpe. Nulla è cambiato, tutto è rimasto uguale: gli stessi alberi, le stesse radici, la stessa erba, gli stessi odori, gli stessi ronzii, la stessa umidità sulla pelle.

Chiude gli occhi, Merlin. Chiude gli occhi e resta in ascolto, attento a non lasciarsi sfuggire nulla, ad imprimere ogni singolo dettaglio nella sua memoria. Cammina sul sentiero sterrato, tracce di zoccoli nel fango suggeriscono che siano passati cavalieri, qualche tempo prima. Segue le vie, Merlin. Quelle che ha percorso centinaia di volte, quando bisognava andare a caccia, cercare le erbe o nascondersi dai banditi. Le conosce a memoria quelle foreste.

Si ferma – solo un istante – perché è troppo da sopportare. Ed è venuto per ricordare, per non dimenticare, eppure adesso vorrebbe eliminare, resettare la memoria, che non gli dà tregua. Testa alta, mani lungo i fianchi, Merlin lascia che le lacrime scorrano lungo le sue guance con gioia, permettendo al suo cuore di svuotarsi, al suo animo di espellere il dolore. I momenti del pianto sono i meno dolorosi, sono quelli in cui trova un po’ di pace.

E quando si siede, Merlin nota che la terra è umida di pioggia e si dice che sembra aver piovuto ininterrottamente per tutti questi anni, una pioggia continua, che non smette mai, non smetterà mai, piove sempre e pioverà sempre. Merlin apre il suo sacco di stracci e tira fuori il suo taccuino di cuoio.

Piuma, inchiostro e comincia a scrivere.

 

 

Tremilaseicentocinquanta.

Tremilaseicentocinquanta giorni.

Tremilaseicentocinquanta giorni senza di te.

Ho iniziato a scrivere questo diario il giorno successivo alla tua morte, con l’intento di raccontarti la mia vita, quello che avrei fatto, quello che sarei diventato. Ho sempre pensato fosse un modo per sentirti più vicino, ancora un po’ vivo, ma ora che sono passati tremilaseicentocinquanta giorni – e io sono invecchiato – mi rendo conto che è stato l’unico modo per poter sopravvivere, per continuare ad andare avanti senza di te.

In questi dieci anni non ho fatto altro che viaggiare, trasformandomi in un nomade, senza casa e senza legami. Ho visto posti che non avrei neanche immaginato esistessero, luoghi che avrei voluto vedessi anche tu, perché ne saresti rimasto incantato. Ho conosciuto centinaia di persone, ma non mi sono affezionato a nessuno di loro. Da quando te ne sei andato, sembra che io non sia più in grado di provare alcun sentimento. Tutto l’amore che era in me, forte e vivo, sembra avermi abbandonato e ora riesco solo a stare quieto, in un placido limbo che mi intrappola.

Ma adesso che sono uomo, ho deciso di tornare indietro, di fermare temporaneamente i miei viaggi e darmi tempo. Perché ne ho bisogno, di tempo. Ne avrei avuto bisogno, tremilaseicentocinquanta giorni fa, ma non me ne è stato dato, così ho deciso di prendermelo ora.

È strano toccare di nuovo le foglie dei pini, dell’autunno che profuma così solamente a Camelot. È odore di casa, di passato, di ricordi. E nel vedere questa foresta non posso non ricordarmi di tutte le volte in cui ci ho passato notti insonni insieme a te, in cerca di scovare il nemico di turno, sempre pronti a combattere e mai ad arrenderci.

Ancora oggi non riesco a capacitarmi di come riuscissi ad avere il sorriso pronto anche nel momento meno opportuno, di come fossi disposto a mettere in gioco tutto, pur di salvare la tua gente, i tuoi amori. Perché tu eri così, un libro aperto che qualsiasi persona poteva leggere, incapace di mentire. Puro d’animo. Ed è forse per questo motivo che avrei smosso i cinque regni, pur di salvarti la vita, quel giorno. Ma non ci sono riuscito. E tu sei morto.

Mi hanno sempre detto che la tua morte era stata un sacrificio indispensabile, un prezzo che bisognava pagare; e mi hanno sempre detto che tu eri riuscito nel tuo intento di formare il grande regno di Albion. L’ho sempre pensato anche io, mentre scrivevo queste pagine, mentre girovagavo per il mondo in cerca di un qualcosa che mi era sconosciuto. Ma ora che vedo questi boschi e le immagini dei giorni felici trascorsi insieme riaffiorano nella mia mente, capisco che non si trattava solo del nostro destino e del futuro di queste terre, ma di qualcosa di più. Tu non saresti dovuto morire, perché io avevo bisogno di te. Ho ancora bisogno di te ed è per questo – ora lo so – che ti sto scrivendo da tremilaseicentocinquanta giorni delle lettere che non riceverai mai.

Eravamo i due lati della stessa medaglia e adesso io non esisto più, senza di te.

Eri più di un sovrano, più di un padrone, più di un amico, per me: eri il mio destino, Arthur.

 

Il servo peggiore dei cinque regni,

Merlin.

 

 

 

Asciuga l’ultima lacrima solitaria, Merlin. Fa un grosso respiro, uno di quelli che riempiono i polmoni e fanno venire un po’ il capogiro. Rimette in ordine quel suo vecchio taccuino e la piuma, poi chiude il sacco e se lo mette nuovamente in spalla, finalmente pronto. Cammina ancora per un centinaio di metri, poi scala una piccola collinetta, una di quelle che creano piccoli burroni.

Aria fresca ad accarezzargli la pelle, le nuvole che stanno andando verso nord, come se volessero lasciare ben visibile lo splendido panorama che si staglia dinanzi a lui: il castello di Camelot.

Un vuoto nello stomaco gli dice che lì ritroverà ogni attimo della sua vita insieme ad Arthur, mentre invece un brivido gli suggerisce che potrà riabbracciare i suoi amici.

È così che sarà, ormai l’ha capito: deve andare avanti, perché bisogna andare avanti. Perché c’è ancora una cosa per cui vale la pena di vivere, si dice il mago mentre scende il pendio in direzione della città: il ritorno dell’unico e futuro Re.

E Merlin lo aspetterà. Per tutto il tempo che verrà.

 

 

*
*
*

 

 

Note

 Questa storia è stata scritta dopo aver visto la 5x13, il finale strappalacrime di questo splendido telefilm. È un testo nato con il bisogno di sfogare le lacrime che continuavano a scendere, di placare il dolore che la morte di Arthur aveva portato. Non ha alcuna pretesa, se non quella di emozionare e trasmettere a tutti voi Merliniani dei sentimenti.
Merlin e Arthur avranno sempre un po’ di spazio nel mio cuore: questa è per loro. 

Attenzione: Dona anche tu un po’ del tuo tempo e lascia una recensione a questa storia, così che l’autrice possa sapere cosa ne pensi e risponderti con piacere.

 Con affetto,
Eryca.

   
 
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