Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: Preussen Gloria    13/02/2014    4 recensioni
"Cresce. Assomiglia a te."
C'è ancora una storia che Odino non ha raccontato.
"A chi? Al principe delle illusioni o al re dei mostri?"
Riguarda il suo primogenito. Riguarda il figlio che ha adottato.
"Al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo"
Riguarda i due principi che sono venuti prima di loro.
"Non è mai esistita quella persona, Odino."
Riguarda leggende che non sono mai state scritte.
"Non puoi dirmi questo! Non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio"
E verità che sono sempre state taciute.
"Non è tuo figlio! Non lo è mai stato. È nato nell'inganno, vive nell'inganno, le bugie sono l'unica cosa che possiede..."
Thor e Loki hanno sempre saputo di essere nati sul finire di una guerra.
"... E un giorno, forse, ne diverrà il principe."
Ma nessuno ha mia raccontato loro l'inizio di quella storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Mpreg
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
XX
Ombra
[Vananheim, secoli fa.]


"Che stai facendo?"
Nàl sobbalzò, il calice gli cadde di mano e ribalzò sul tavolino: il contenuto al suo interno finì in parte sul tappeto, in parte sul pavimento. 
Quando si voltò, di fronte a lui vi era solo un bambino, eppure era certo di aver udito la voce di un uomo.
"Che stai facendo?"
Capelli dorati, occhi di cielo ed un adorabile broncetto che chiedeva solo di essere cancellato a suon di baci.
Era bellissimo e Nàl non faticava ad immaginare che tipo di uomo sarebbe diventato con lo scorrere delle stagioni.
"Ti sei perso?"
Il bimbo scosse la testa.
"Come sei entrato?"
Il piccolo non rispose e gli corse incontro avvolgendogli le piccole braccia intorno alla vita.
Nàl s'irrigidì.
"Loki piange," spiegò il bambino premendo volutamente la guancia contro il ventre dello Jotun.
Il principe smise di respirare e quegli occhi azzurri si alzarono sul suo viso, "non lo senti?"
Nàl prese il piccolo per le spalle e lo allontanò da sè un po' bruscamente, "che cosa sei?"
Lui piegò il capo da un lato riflettendo, "papà mi chiama in tanti modi," si giustificò.
"E chi è tuo padre?"
"È il re più fortissimo di tutti!" Esclamò il bambino facendo un gesto teatrale con entrambe le mani.
"Il più fortissimo, senza dubbio..." Commentò Nàl sarcastico, "di sicuro non il più istruito. Si è scomodato a darti un nome, almeno?"
Il suo piccolo interlocutore lo ignorò bellamente tornando a toccare il suo ventre senza il minimo rispetto, "si è addormentato," spiegò con soddisfazione premendosi l'indice sotto il naso, "non arrabbiarti, se ti arrabbi lo svegli."
"Non posso svegliare qualcosa che non esiste."
"Non puoi nemmeno parlare con le cose che non esistono."
"Che bravo! Te l'ha insegnato tuo padre questo?"
"Eppure, tu parli con me..."

"Non ti è rimasto addosso nessun segno," spiegò Eir con un sorriso, "ma sarei felice di visitare anche Nàl."
"È con lady Bestla," rispose Odino lapidario lanciando un'occhiata alla curatrici intente a prendersi cura dello Jotun ancora privo di coscienza, "se la caverà?"
Eir si morse il labbro inferiore, "fisicamente sì..."
"Ma?"
"Aspettava un bambino," spiegò la curatrice con aria grave, "non credo potrà averne altri, non in quel modo, almeno."
"Oh..." Mormorò il principe abbassando lo sguardo, " lo sapeva?"
"Sì."
"Capisco..."
Loki irruppe nella stanza della guarigione in quel momento e corse subito nella sua direzione, "ma dov'eri finito? Sono ore che ti cerco!"
Odino nemmeno lo guardò, "sto bene."
"Con permesso," si congedò Eir lasciando i due giovani da soli.
Loki si sedette sul letto accanto al fratello, "Odino..." Chiamò preoccupato, "la servitù mi ha raccontato tutto, mi sono spaventato a morte e Nàl dove..."
Il principe strinse i pugni nel sentir pronunciare quel nome, "è nella nostra stanza," si affrettò a dire.
Sempre ammesso che esistesse ancora qualcosa al mondo che potesse essere deinfito di entrambi.
Persino il sogno di un figlio che, per un breve periodo, aveva fatto toccare le loro anime si era dissolto ed era divenuto un presagio di morte per tutti. 
"È saggio che stia da solo, dopo quello che è successo?"
"Non è solo," replicò il principe dorato, "è con mia madre."
Loki sgranò gli occhi, "una ragione in più per non lasciarlo!" Esclamò tirandosi in piedi.
Odino lo fissò con rabbia, "ma cosa vuoi da me?!" Sbottò e qualche curatrice si voltò a guardarlo, "non sono la sua balia ed è perfettamente in grado di badare a se stesso!"
Lo Jotun sgranò gli occhi e non seppe come replicare.
Il principe si morse il labbro inferiore ma non chiese scusa, si voltò ed uscì velocemente: non voleva parlare con nessuno, non ora. Prese a camminare per i corriodi del palazzo senza una meta precisa.
Non aveva alcuna intenzione di tornare da Nàl, non dopo tutto quello che era successo nelle ultime ore.
Le sue bugie, la morte di Njord e la condanna delle Norne.
Il principe dorato voleva solo addormentarsi e non risvegliarsi per molto molto tempo. 
Affrontare la situazione era troppo complesso ed era stanco, molto stanco.
Arrivato ai giardini, si sedette sul bordo di una delle fontane e si passò una mano tra i capelli biondi: quand'era diventato tutto così difficile? Un tempo, una sbronza, una puttana costosa e una bella nottata di sonno avrebbero risolto ogni cosa.
Ora, non credeva di avere la forza nemmeno di sollevare un calice pieno.
"Sei triste, papà?"
Alzò gli occhi ed il cuore gli saltò un battito.
Era molto tempo che non lo vedeva nei suoi sogni, a differenza di suo fratello che non sembrava volerlo lasciare in pace.
Per Nàl era esattamente il contrario.
Loki non era neanche nato e già preferiva Laufey a lui.
Che cosa c'era di diverso, quella notte? A parte il fatto che fosse completamente sveglio e che quello non potesse essere un sogno...
Il bambino saltellò nella sua direzione e appoggiò le piccole mani sulle sue ginocchia: che cosa c'era della natura Jotun in quel pulcino di corvo dagli occhi grandi e verdissimi? Se non fosse assomigliato a Laufey al punto da spaventarlo, non lo avrebbe mai scambiato per un mezzosangue.
"Perchè sei triste, papà?"
Odino sorrise passando una mano tra quei morbidi capelli neri, "papà è stanco, Loki."
"Non puoi essere stanco," lo rimproverò il bambino, "non hai avuto abbastanza tempo per stancarti."
Gli venne da ridere: anche se fosse stato biondo e con gli occhi azzurri non avrebbe faticato a capire di chi era figlio.
"Tu non sei nemmeno nato," replicò, quasi diverito, "cosa ne puoi sapere, tu?"
"È vero, non sono ancora nato," il bambino annuì, "eppure le parole di qualcuno che non ha nulla a che fare con me vi hanno terrorizzati."
Odino s'irrigidì.
"Non sono nato e non mi avete dato neppure una possibilità."

Nàl passò una mano sotto il mento del bambino obbligandolo a guadarlo negli occhi, "Thor?"
Il piccolo sorrise e gli posò un bacio sopra la pancia, "te lo ha detto Loki?"
Lo Jotun scosse la testa.
Thor strofinò il faccino contro il suo grembo, "Loki ha paura, lo sai?"
"Perchè ha paura?"
"Perchè pensa che tu e papà non lo volete," rispose il bambino con fare irritato, "io gli ho detto che, se anche voi non lo volete più, ci penso io a lui!"
"Che sciocchezza è mai questa?"
Thor scrollò le spalle, "non lo avete nemmeno conosciuto e già siete certi che sarà un mostro, anche io sarei arrabbiato, al posto suo."

"Sono un mostro, papà?"
Odino lo sollevò e lo mise a sedere sulle sue gambe, "come ti vengono in mente stupidaggini simili?"
Loki scrollò le spalle, "perchè sono bastate le parole di quelle donne cattive per non volermi più."
"Tu non hai idea di quanto ti vogliamo, piccolo mio."
"Se mi voleste," replicò il bambino, "ora vi amereste più di prima, lottereste per mettermi al mondo... Invece, non riuscite a stare insieme."
"È complicato, tesoro."
Loki tornò con i piedi per terra, "certo che è complicato, per questo lui vuole uccidermi, vero?"

"Perchè non volete Loki?"
C'era una chiara accusa negli occhi di Thor.
Nàl gli passò una mano tra i capelli, "lo vuoi così tanto ancor prima di venire al mondo tu stesso?" Domandò con un sorriso. Anche il piccolo sorrise, "nascerà per me."
"Modesto!" Esclamò lo Jotun. Tutto suo padre!
"Me lo fai questo regalo?" 
"Non posso fartelo da solo, piccolo."
Thor gli rivolse un sorriso furbetto. Un sorriso che non era nè suo, nè di Odino, eppure gli era familiare.
"Allora, prima devi dare a papà il regalo che tieni sotto il cuscino."
Nàl trattenne il fiato, poi la porta della camera si aprì e si voltò.
"Laufey..." Odino aveva i capelli in disordine, il fiato corto: doveva aver corso.
Lo Jotun abbassò di nuovo lo sguardo: il bambino era sparito.
"Thor?"
Odino chiuse la porta lentamente, "Thor?"
"Era qui!" Esclamò Nàl guardando il principe dorato negli occhi, "era qui! Lo vedevo come ora vedo te!"
Il giovane Aesir fece per aggiungere altro, poi vide il liquido nero che, lentamente, stava corrodendo il tappeto ed il pavimento, "Laufey...?"
Il principe di Jotunheim abbassò lo sguardo e sgranò gli occhi.
"Che diamine..." Odino non riuscì ad andare oltre. Serrò le labbra e prese lo Jotun per le spalle con violenza costringendolo contro il muro, "che cosa volevi fare? Eh?! Che cosa stavi tentando di...?"
Nàl lo spinse all'indietro e lo guardò in cagnesco, "non hai alcun diritto di..."
"Diritto? Tu devi dimenticarla quella parola! Hai idea di quello che posso farti, se solo decidedo di confidera a mio padre il grande piano di Jotunheim per riappropriarsi dello Scrigno dell'Antico Inverno?"
Nàl trattenne il fiato ma strinse i pugni, "preferisco condannarmi uccidendoti ora, piuttosto che permetterti di condannare il mio popolo."
"Il tuo popolo?" Odino rise, "tu sei scappato dal tuo popolo, caro il mio principe dell'Eterno Inverno!"
"Se mi odi così tanto..." Nàl si avvicinò al punto che i loro nasi si sfiorarono, "perchè non hai lasciato che Njord facesse di me ciò che voleva, eh?"
Il principe dorato strinse le labbra, poi abbassò lo sguardo, "cos'era quella roba?"
Nàl prese un respiro profondo cercando, a sua volta, di ritrovare la calma, "tua madre voleva sterilizzarmi, come una cagna a cui non si può permettere di avere dei cuccioli scomodi."
Odino lo guardò negli occhi: non mentiva.
"L'hai gettato?"
"Mi è caduto di mano..."
"Volevi prenderlo?"
Nàl si morse il labbro inferiore e si voltò, "non riesco a smettere di pensare ad una cosa."
Odino gli afferrò il polso, "che cosa?"
"Loki..." Mormorò lo Jotun, "è un nome semplice, non è comune ma è l'unico che darei al bambino che, una volta uomo, siederà sul trono di Jotunheim, dopo di me."
"Laufey, il nome di quel bambino ora non è..."
"Non lo sapevano," lo interruppe Nàl guardandolo, "ci hanno predetto il destino peggiore che potesse esistere ma non sapevano il suo nome."
Odino lo fissò in silenzio.
"Io conosco il nome di mio figlio, come lo conosci tu o chiunque sia abbastanza vicino a noi da saperlo," si sfiorò il grembo in un gesto automatico, "perchè lei lo ha chiesto a me? Perchè non ha saputo vederlo nel mio destino?"
"Loki mi ha chiesto perchè non lo vogliamo," mormorò Odino senza pensare, "mi ha chiesto se è un mostro."
Nàl inarcò un sopracciglio e scosse la testa confuso.
"Hai detto che Thor è venuto da te... Bene, Loki è venuto da me..."
Gli occhi verdi si accesero improvvisamente.
"Possono dirmi quello che vogliono, Nàl ma negli ultimi giorni ho visto più mostri di quelli che potevo sopportare di conoscere e nessuna profezia di morte e distruzione potrà convincermi che il mio bambino sarà come loro."
L'espressione dello Jotun s'infranse ed appoggiò la fronte alla spalla del principe dorato per non dover mostrargli le sue lacrime, "io non penso che Loki venga da solo..."
"Che intendi dire?"
"Thor..." Mormorò Nàl tornando in posizione eretta, "ha detto che Loki nascerà per lui, ha detto che è il nostro regalo per lui."
"E tu che cosa ne pensi?"
"Penso che ci sia sfuggito qualcosa," rispose lo Jotun, "penso che abbiamo sempre visto Loki e Thor come una possibilità, un sogno ma deve esserci qualcosa di più."
"Spiegati..."
"Loki non può nascere senza Thor... Thor non ha ragione di venire al mondo, se non per aspettare Loki..."
Odino cercò di rifletterci, "le Norne non ne hanno parlato."
"Perchè non lo sanno," concluse Nàl con un sorriso trionfante, "Thor non c'è in quella profezia, loro non conoscono il nome di Loki e forse è tutto, semplicemente, sbagliato."
Odino fissò il fuoco nel camino per qualche secondo, "quindi, siamo sbagliati anche noi?"
Quando tornò a guardarlo, Nàl non tradiva alcuna emozione particolare, "sei libero di far di me ciò che vuoi," non era una concessione ma un dato di fatto, "se riesci a punirmi per un complotto che non ho mai realizzato e dimenticare tutto il resto, fai pure ma sei stato il primo a credere in quei sogni e, che tu lo voglia o no, quel figlio ancora non nato ci unisce più di quanto pensi."
Odino sorrise amaramente, "dovrei dimenticare che la tua prima intenzione era sedurmi, usarmi ed uccidermi? Dovrei credere che, ora, quello che ho davanti agli occhi è il vero te e non l'ennesima bugia?"
Per tutta risposta, Nàl si avvicinò al letto e recuperò qualcosa da sotto il suo cuscino.
Odino attese in silenzio, mentre il giovane Jotun stringeva l'oggetto misterioro contro il petto, "non abbiamo due sessi distinti su Jotunheim, questo già lo sai," Nàl sorrise amaramente, "non esiste una cerimonia per unire due persone ma solo un gesto privato."
Si guardarono negli occhi per un minuto che parve eterno.
"Si può vivere la sessualità senza rischiare di avere qualche incidente," ridacchiò, "i nobili ne fanno una questione di forza, le persone comuni non hanno una simile sfortuna. Tutti, però, abbiamo un solo modo per unirci fino alla morte: quando vogliamo chiedere ad uno Jotun di essere il nostro compagno, gli chiediamo di essere il padre di nostro figlio."
Nàl gli porse il fazzoletto che stringeva così gelosamente.
"E con questo dono suggelliamo la promessa di divenire una cosa sola in una nuova creatura, una nuova vita."
Odino afferrò il pezzo di stoffa e lo aprì sul palmo della mano: al centro, era macchiato di sangue.
Sgranò gli occhi azzurri.
Nàl lo guardava con aria solenne.
"Non ti avrei mai concesso quella parte di me solo per avere l'occasione di ucciderti. Ho mentito su tante cose ma ho giurato col sangue, quando mi hai chiesto di rimanere al tuo fianco. Riesci a credere almeno a questo?"
Odino strinse il fazzolletto nel pugno e se lo portò al petto.
"Sì, mio principe."
 
[Asgard, oggi.]


Odino accettò la sfida di Loki e trovò il coraggio di affrontare la condizione di Thor due giorni più tardi.
Suo figlio se ne stava seduto sulla balconata con quella maledetta bambina stretta contro il petto.
Il sorriso radioso che gli rivolse, quando lo vide, gli fece male.
"Il nonno è venuto a trovarci," mormorò alla creaturina semi-addormentata, "vuoi prenderla in braccio, padre?"
Odino fece un passo indietro e scosse la testa.
Gli occhi di Thor si oscurarono per la delusione ma non disse nulla.
"Hai scelto il nome?" Domandò il re cercando di far apparire quella conversazione naturale.
Thor non aveva colpe, non era giusto infierire su di lui più del necessario.
Era Loki quello destinato ad incassare la sua rabbia.
Ma più tardi... Più tardi...
"Non ne ha bisogno," rispose suo figlio prontamente, "lei è speciale."
Odino si costrinse ad annuire e a non insistere, "tuo fratello vuole che tu mi mostri una cosa."
Thor lo guardò con occhi pregni di meraviglia, "tu e Loki vi parlate?"
Il re sospirò ed annuì di nuovo.
"Ne sono felice!" Si alzò in piedi e depose la bambina addormentata nella culla sontuosa che, secoli prima, era stata occupata da lui e, successivamente, da suo fratello, "che cosa vuole che ti mostri?"
Odino strinse le labbra fissando un punto qualunque del pavimento.
C'era una domanda che continuava ad ossessionarlo da quando i due giovani erano tornati a casa. Una domanda di cui temeva la risposta. Scosse la testa e la cacciò via.
"Loki, un anno fa, ti ha dato in dono qualcosa?"
Gli occhi di Thor s'illuminarono, le guance si colorarono appena, poi estrasse un fazzoletto da una tasca interna della tunica, "mi piace tenerlo vicino al cuore," confidò timidamente porgendo il pezzo di stoffa al genitore.
Odino lo prese tra le mani e lo studiò con cura.
Un mancamento improvviso lo costrinse ad appoggiare una mano sul parapetto della balconata.
Thor lo afferrò per le spalle, "ti senti male, padre?"
Odino scosse la testa e si allontanò.
Doveva porla quella domanda. Doveva o sarebbe impazzito.
"Thor," strinse il fazzoletto nel pugno, "tuo fratello ti ha fatto del male in qualche modo?"
Il giovane sorrise e scosse la testa, "no, mai..."
"Thor, sii sincero con me," insistette Odino con una gentilezza che non ricordava di aver mai usato nei confronti di nessuno dei suoi due figli, "non devi vergognarti di nulla, non è stata colpa tua."
Il giovane scosse la testa, "perchè stiamo parlando di colpe, ora?"
"Perchè ti conosco!" Esclamò, "come conosco tuo fratello e non è possibile che tu abbia compiuto azioni simili con lui, senza che... Senza che..."
"Io non ho fatto nulla contro la mia volontà," insistette Thor, "perchè è così difficile da credere?"
Odino sbattè il pugno contro la superficie del parapetto.
Thor sobbalzò ed indietreggiò finendo seduto sulla poltrona.
"Perchè non esiste..." Sibilò il sovrano, "non è assolutamente possibile che mio figlio si sia fatto sodomizzare da Loki Laufeyson!"
"Allora non conoscete i vostri figli, mio re," rispose Thor duramente.
Lo schiaffo che ricevedette gli fece sbattere la testa contro lo schienale della poltrona.
"Odino!"
Il re fu spintonato all'indietro, mentre sua moglie prendeva tra le mani il viso del loro primogenito per controllare la guancia lesa, "sei impazzito?" Tuonò Frigga voltandosi verso il consorte.
"Impazzito?" Odino gettò il fazzoletto a terra, "se la mia è pazzia, questa come la definisci?"
Frigga raccolse il pezzo di stoffa e fissò le macchie scarlatte al suo centro con gli occhi sgranati.
"Oh..." Si portò una mano alla bocca, "T-Thor..."
Il figlio glielo strappò di mano e si alzò in piedi fissando entrambi i genitori dall'alto al basso, "perchè vi comportate in questo modo?"
"Thor," Frigga prese un respiro profondo, "tu conosci il valore di quell'oggetto?"
"Non ha alcun valore!" Sbottò Odino di colpo.
La bambina cominciò a piangere.
"Non siamo su Jotunheim! Non ha alcun valore!"
Thor lo ignorò e prese la piccola tra le braccia baciandone la testolina bionda, "tranquilla, amore, tranquilla..."
Odino non poteva sopportare oltre, "Thor, torna in te!"
"Odino, ti prego..." Frigga gli strinse un polso con aria supplicante.
"Quella bambina non è tua figlia!" Ruggì, "è un gioco diabolico di tuo fratello per distruggerti!"
"Loki mi ama!" Fu la replica furibonda, "mi ama ed io amo lui."
"Thor, non sei tu a parlare!" Esclamò Odino disperatamente, "ti rendi conto che confessare questi tuoi sentimenti è una follia? Comprendi che potrei condannarti per le tue parole?"
"Perchè amo uno Jotun? È questo il problema, padre?"
"No, Thor..." Il re scosse la testa, "credimi, non è questo..."
"Allora cosa...?"
"È un incesto, Thor!" Urlò Odino, "è un incesto con un fratello che ci ha traditi tutti! È un crimine contro natura e contro Asgard, Thor!"
"Odino, basta!" Esclamò Frigga frapponendosi tra il marito ed il figlio. Fece un respiro profondo, poi si voltò verso il giovane che, per quanto si sforzasse, non riusciva più a riconoscere nemmeno lei.
"Tesoro..." Mormorò.
Le attenzioni di Thor erano tutte per la bambina, ora.
"Conosci il significato del gesto di Loki?"
Lui nemmeno la guardò.
"Buona, amore mio," il principe rientrò in camera e si sedette sul letto, "il tuo papà ci ama con tutto se stesso. Ha detto che non dobbiamo dubitare mai di questo."
"Io non ce la faccio..." 
Frigga guardò il marito, come se non avesse compreso le sue parole.
"Io non ce la facco," ripetè il sovrano più chiaramente prendendo la via della porta.
Loki l'aveva sfidato e, lo giurava su tutti i Nove Regni, gliel'avrebbe fatta pagare.

 
[Asgard, secoli fa.]



Borr aveva insistito perchè Odino partecipasse alle riunioni ufficiali del consiglio subito dopo la sua vittoria contro i Vanir.
Quella guerra, al principe, era sembrata la prima di una lunga serie di gesta gloriose.
Invece, aveva smesso di contare le stagioni che erano trascorse dall'ultima volta che aveva visto un campo di battaglia.
"Forse, dovresti stare a sentire quello che dicono," propose la fanciulla seduta accanto a lui.
Sembrava ieri che Freya era solo una bambina, erede di un regno distrutto. Ora, a mezzo metro da lui, vi era una bellissima adolescente sul punto di far ritorno alla sua terra per sedere sul trono che le apparteneva di diritto.
"Stanno per scatenare una guerra?" Domandò Odino con aria assorta.
"No," lei sorrise.
"Allora, è meglio che taccia o potrei rischiare di farla scoppiare io."
Qualcuno si lamentava del guardiano del Bifrost.
Qualcun altro dello spreco di risorse belliche per la lunga occupazione di Vananheim.
E Odino avrebbe tanto voluto aggiungere che, se non l'avessero fatta finita molto presto, si sarebbe ritrovato al cospetto di un principe di Jotunheim particolarmente irritato. Era politica anche quella, dopotutto!
Per questo, quando vide suo padre lasciare il suo posto, non esitò a fiondarsi in direzione della porta: non fosse mai che qualcuno lo trattenesse per chiedere la sua opinione riguardo il colore delle tende della sala del trono!
Quando entrò in una camera completamente illuminata e con ben due Jotun occupati a piegare asciugami e vestiti, realizzò di aver fatto tardi.
Loki fu il primo a rivolgergli un sorrisetto di rimprovero, "il sole è tramontato da un pezzo..."
Odino sbuffò, "ho dei doveri io!" Alzò volutamente la voce, in modo che l'essere chiuso in bagno potesse udirlo.
"Sì, e lui è il primo," commentò Loki indicando la stanza adiacente con un movimento del capo.
"Mio principe," Skaði chinò la testa in segno di rispetto, prima di appoggiare in fondo al letto gli abiti da notte per lui e per la cosa viziata che sprecava acqua calda a tarda sera, "Lady Frigga vi porge i suoi saluti."
"Oh, è passata anche lei!" Odino forzò un sorriso, "chissà come si sono divertiti lei e quell'altro a parlare male di me!" 
"Invece di sbraitare per farti sentire, fratello," Loki si avvicinò e gli porse una pila di asciugami puliti, "perchè non finisci il lavoro per noi e ti fai perdonare? Skaði ha un'altra principessa di cui prendersi cura ed io devo dare ordine agli stallieri di preparare i cavalli per domani mattina."
Odino sbuffò ma accettò l'incarico in silenzio.
Loki sorrise, "andiamo, Skaði."
L'altro Jotun lo seguì sorridendo, a sua volta, sotto i baffi.
"Vuoi sapere una cosa?" Cominciò dirigendosi verso il bagno, "uno dei miei fratelli, non mi sovviene quale, mi ha domandato come è possibile che io mi accontenti di prendere lo stesso amante da tanti anni che una vita mortale non potrebbe contenere."
La stanza era calda e piena di vapore. Odino sorrise, appoggiò gli asciugamani su di un tavolino dorato e poi prese a liberarsi dei propri vestiti. 
"Io ho cominciato a parlare di cose meravigliose ed onorevoli come sentimenti d'amore e di rispetto e l'altro mio fratello, non mi ricordo chi nemmeno ora, ha sottolineato che sono motivazioni accettabili solo nel qual caso siano ricambiati."
Una figura emerse improvvisamente dal centro della vasca da bagno.
La pelle nivea accarezzata da una miriade di goccioline.
I capelli corvini che gli ricadevano sugli occhi verdi.
E, infine, il filo dell'acqua che sembrava farci a posta ad accarezzargli a stento la linea dei fianchi.
"Ti stavi lamentando di qualcosa, principe dorato?"
E Odino sorrise, perchè non poteva fare altro, "assolutamente no, principe di Jotunheim."

 
[Jotunheim, oggi.]



"Prenditi cura di mio fratello."
"Lo farò, mio principe."
"Giuralo!"
"Sulla mia vita."
Býleistr aveva giurato a sè stesso che non avrebbe pianto ma, quando suo fratello gli aveva baciato una guancia e lo aveva abbracciato un'ultima volta, non aveva potuto trattenersi oltre. 
"Non ti permetto di essere triste," Helblindi aveva sorriso dolcemente, fino all'ultimo istante, "oggi comincia la tua vita, fa che sia degna di tale nome!"
Non era più sicuro rimanere alla gola.
Býleistr non avrebbe mai rinunciato a Bàli e Laufey non avrebbe mai permesso loro di rimanere insieme.
Helblindi aveva dato loro tutto il necessario per poter cominciare una nuova vita insieme, dove meglio credevano.
Bàli conosceva un posto.
Una montagna ad un giorno di viaggio da lì, al cui interno, il ghiaccio aveva formato un'enorme cavità con alte colonne che reggevano il soffitto.
"Assomiglia al salone di un palazzo reale!" Commentò Bàli afferrando la mano del compagno.
Una volta messo piede in quel luogo, Býleistr comprese che non si trattava di una semplice esagerazione.
Quello che, però, il suo cacciatore aveva dimenticato era il dettaglio più bello.
"I firoi di Jotunheim!" Esclamò subito, "sono i fiori neri di Jotunheim."
Tutto il pavimento ne era ricoperto.
Il principe lasciò a terra il proprio bagaglio e s'inginocchio di fronte a quelle strane creature.
Erano vive, soleva dire suo padre, quando raccontava loro storie di un passato che non potevano rammentare.
Vivevano della stessa forza che animava il cuore dell'Antico Inverno.
"Non li avevi mai visti?" Domandò Bàli con un sorriso.
"No," rispose il più giovane, "mio padre dice che vivono grazie al Seiðr, la forza che era sprigionata dallo Scrigno... Quello che riusciva a comandare l'inverno."
"Appartiene agli Aesir ora, vero?"
Býleistr annuì con aria grave sfiorando un petalo corvino, "ricordi cosa ti dissi riguardo al fratello che non ho mai conosciuto?"
Bàli non rispose: nessuno avrebbe potuto dimenticare un segreto così.
"Mio padre ci raccontò che lo diede alla luce in un luogo in cui crescevano questi fiori," Býleistr si tirò in piedi, "stavano appassendo perchè la guerra stava distruggendo Jotunheim stessa. Disse che, quando quel bambino aprì gli occhi, sbocciarono di colpo, uno ad uno."
"Come fu possibile?"
Býleistr scrollò le spalle, "era maledetto, doveva averne il potere."
"Parli sempre di lui al passato," gli fece notare il cacciatore, "se sai chi è, se sai che è vivo, perchè...?"
"Per Laufey, re di Jotunheim, quella creatura è morta il giorno della nostra sconfitta," lo interruppe Býleistr, "è una legge non scritta che, chiunque sappia della sua esistenza, lo consideri tale."

 
[Asgard, oggi.]



Odino irruppe nello studio del traditore con violenza.
Loki era seduto dietro la sua scrivania, la guancia destra appoggiata contro il pugno chiuso, l'espressione annoiata.
Non battè ciglio, quando incontrò gli occhi furenti del re.
"Thor non sa nulla," dichiarò, prima che l'altro potesse parlare, "e non sarò io a dirglielo... Mai..."
Odino esuarì lentamente la distanza tra loro, "da quanto?"
"Da un anno."
"Come?"
"Nella torre in cui mi hai rinchiuso, alla fine della mia punizione, abbiamo trovato un diario."
Odino sgranò l'unico occhio, poi fissò il pavimento ricoperto di carte e libri, "lo avevo distrutto..."
"È scritto a metà," proseguì Loki, "le altre pagine sono bianche. Risale a prima della guerra, vero?"
Odino non rispose continuando a guardarsi intorno con aria smarrita.
"Io..." Strinse le labbra, prima di riprendere, "il bambino di cui hai letto nelle ultime pagine delle mie memorie..."
"L'hanno ucciso su Jotunheim, vero?"
Il sovrano non parlò di nuovo, fissò un punto nel vuoto, mentre le tremende immagini di quel maledetto giorno gli passavano davanti agli occhi con mostruosa chiarezza. Il sapore del sangue in bocca, Laufey che urlava il suo nome, mentre Ymir e Fàrbauti lo trascinavano via. 
Suo padre era morto.
Lo Scrigno dell'Eterno Inverno era tornato a Jotunheim.
E suo figlio...
Il primo Thor.
Il bambino che sarebbe dovuto essere il loro primogenito ed unire due troni sotto una sola corona...
"Non gli hanno permesso di nascere," disse lapidario.
Loki non aveva alcuna intenzone di essere misericordioso, però.
"Jotunheim vi ha messo in ginocchio, quel giorno."
"Quando rividi Laufey, eravamo entrambi re e non c'era più nulla che ci legasse!" Tuonò il sovrano, "questo è tutto ciò che c'è da sapere."
Loki rise istericamente, "bugie, bugie, bugie..." Sibilò, "è incredibile come tutta Asgard ignori, o finge d'ignorare che la tua vita è girata tutta intorno a degli Jotun. Per quale motivo mi hai chiamato Loki, eh? Era un amichevole suggerimento ai vecchi nobili che, sì, c'era qualcosa di diverso in me?"
"Ho dato al fratello di mio figlio il nome di quello che avevo perso, perchè speravo che saresti stato per Thor quello che Loki fu per me."
Loki sbattè un pugno sul tavolo e si alzò in piedi, "basta menzogne!"
"Puoi calunniarmi quanto vuoi!" Lo sfidò Odino, "hai letto le mie memorie! Devi soffrire di manie di persecuzione, se credi che ci sia altro da dire."
Loki si passò una mano tra i capelli, "so tutto!" Non riusciva a smettere di ridere come un folle, "so tutto, mio re!"
"Non c'è nulla da sapere, pazzo!"
Loki sgranò gli occhi, "pazzo?" Chiese con voce stridula facendo, lentamente, il giro della scrivania, "sì, potrei esserlo... Sono cose che capitano quando si è nati dalla follia di due sovrani."
Odino non disse nulla ma il terrore nei suoi occhi era evidente, "il modo in cui sei nato non è rilevante."
"Lo chiamavi Nàl, vero?" Il viso di Loki era una maschera di rabbia e disperazione. Esaurì la poca distanza che lo seperava dal genitore, "come lo hai chiamato quella notte d'inverno in cui te lo sei scopato sotto la neve, su Midgard, mentre tua moglie ti aspettava a casa col vostro bambino ancora attaccato al seno?"
Loki non aveva mai ricevuto molti schiaffi in vita sua.
C'era stato un tempo, in cui invidiava tutti quelli che Thor riceveva dalle mani del padre: erano pur sempre un tipo di attenzione che premetteva l'esistenza di un sentimento piuttosto forte. Molto più della fredda gentilezza con cui veniva mascherata l'indifferenza nei suoi confronti.
Nel sentire la guancia bruciare, Loki rise. 
Rise perchè aveva ottenuto una briciola di quelle attenzioni solo ora che non ne aveva più bisogno.
Odino gli afferrò le spalle.
"Che cosa vuoi?" Domandò con disperazione guardandolo dritto negli occhi, "la libertà? Un trono? Cosa?"
E Loki lo odiò più che mai, "per il mio silenzio, intendete?"
"Perchè io possa essere liberato."
"Da cosa?" Loki sorrise beffardo, "siete un re tra i re e m'implorate? Sono il vostro peccato più grande, non avrete alcuna pace da me."
"Allora vattene!" Sbottò Odino spintonandolo all'indietro, "sparisci dalla mia vista e non tornare mai più!"
"Non senza ciò che mi spetta di diritto..." Gli occhi di Loki erano divenuti improvvisamente lucidi.
"Non hai alcun diritto sul trono di Asgard."
"Ma non voglio quel trono. Io voglio Thor."
Non un tentennamento.
Non una vibrazione di paura.
Non c'era via di fuga. Solo la crudele realtà.
Odino rilassò le braccia lungo i fianchi, l'espressione stanca: si era arreso.
"E non importa quanto sia alto il trono su cui sedete," aggiunse Loki, "non avete alcun diritto di decidere se Thor deve essere mio o meno."
"Ti ammazzerò, prima che tu possa sfiorare mio figlio ancora."
"Troppo tardi, padre," una lacrima sfuggì al controllo del principe, "avreste dovuto lasciarmi morire secoli fa, quando ne avevate l'occasione. Ora, non ho alcuna intenzione di morire."
Si dissolse in un bagliore verde.

 
[Asgard, secoli fa.]



Nàl alzò il viso e Odino gli sfiorò le labbra con le proprie, prima che lo Jotun tornasse a rilassarsi contro la sua spalla.
"Ci avresti mai creduto?" Domandò il principe dorato affondando il naso tra quei capelli corvini.
"A cosa?" Domandò Nàl stancamente.
"Eravamo due adolescenti o poco più ed ora potremmo sembrare degli adulti anche su Midgard."
Lo Jotun lo guardò, "che, alla fine, ti avrei concesso le mie grazie o che ti avrei sopportato per tutti questi anni?"
"Stai zitto..." Odino si mosse e lo bloccò sotto di sè.
"Domani è una giornata impegnativa," gli ricordò lo Jotun, eppure cercò le sue labbra.
"Penseremo domani a domani," replicò Odino afferrando una delle morbide cosce ed invitandola a circondargli la vita. 
Nàl gli diede una spinta a tradimento e lo buttò sul letto, invertendo le loro posizioni.
"Hai già avuto la tua cavalcata, mio principe."
"Che volgarità!"
"Lascia che abbia la mia..." Nàl si chinò a baciarlo un'ultima volta afferrandogli i polsi e portando le mani di Odino su suoi 
fianchi, poi gli premette i palmi contro il petto per farsi leva. Lo accolse dentro di sè con un sospiro, seguito da un sorriso malizioso. 
Odino, semplicemente, lo adorava.
La luce della luna era l'unica cosa ad illuminare lo splendido amante che si prendeva il suo piacere facendolo impazzire.
S'illudeva sempre che, dopo il primo amplesso, il secondo gli avrebbe permesso di dare il meglio di sè, invece gli bastava sentire il suo calore per morire di desiderio.
Il verde dei suoi occhi sembrava essere l'unico colore al mondo.
Suo padre gli aveva insegnato a prendersi piaceri fugaci e bellissimi perchè la vita di un guerriero, per essere gloriosa, non poteva che essere, inevitabilmente, breve. Una fine da grande guerriero, per il principe dorato, era sempre stato il destino che aveva immaginato per se stesso. 
Ma ora... Ora... Non avrebbe sprecato nemmeno un giorno di più della sua vita da semi-dio ad inseguirlo.
Voleva vivere a lungo e voleva farlo per poter fare l'amore col principe di Jotunheim fino alla fine dei tempi.
Si alzò di colpo e lo strinse a sè, mentre Nàl affondava le mani tra i suoi capelli e consumava per entrambi gli ultimi istanti di quell'indimenticabile parentesi erotica. L'ultima di un milione.
Forse, era la vita reale ad essere una parentsi per loro, mentre, tra quelle lenzuola, prendeva vita il loro vero mondo, solo per loro due. 
Tre... Quattro, un giorno...
Odino alzò il viso e Nàl fece incontrare le loro labbra, senza smettere di accarezzargli i capelli biondi.
Il palmo del principe dorato si posò sotto l'ombellico dell'amante.
Il desiderio, la speranza di qualcosandi più.
Quel dolce dettaglio che avrebbe regalato ad entrambi la perfezione.
Nell'oscurità della loro alcova, Odino sorrise contro le labbra del suo principe, mentre Nàl tratteneva il respiro ed il dolore che quella calda mano contro la sua pelle gli provocava.


Loki si strinse nel mantello: le scuderie erano inquietanti di notte, buie e silenziose.
Gli occhi scuri dei cavalli ancora svegli lo fissavano con insistenza e non gli piaceva.
Aveva sempre avuto paura di quelle creature, sebbene non ne avesse mai capito il motivo.
Uno stallone nero scrollò la criniera facendolo sobbalzare.
Loki imprecò qualcosa a denti stretti ed accellerò il passo: dove si era nascosta la servitù? Possibile che tutti si fossero già ritirati nelle loro stanze?
Un cigolio alle sue spalle lo fece voltare e, involontariamente, andò a sbattere contro qualcuno.
"Guarda dove metti i piedi!" Esclamò il giovane e Loki sobbalzò.
"Chiedo scusa," disse costernato, "non ti avevo visto."
Il giovane cambiò tono di colpo, "oh, perdonatemi, non credevo che i nobili scendessero quaggiù."
Loki alzò gli occhi: non conosceva quel ragazzo, eppure era troppo grande per essere un'apprendista.
"Non era mia intenzione mancarvi di rispetto, mio signore."
Il suo aspetto cozzava con la compostezza delle sue parole: indossava solo un paio di pantaloni molto semplici, i capelli color mogano erano in disordine ed il viso sporco di terra. Loki si chiese quando doveva essere stata l'ultima volta che aveva fatto un bagno, eppure non era disgustato.
"Non sono un nobile," rispose con gentilezza, "ho un ordine da comunicare: domani mattina, devono essere preparati sei cavalli e portati nel cortile principale."
Il giovane annuì, "siete il giovane Jotun che l'erede al trono ha preso come compagno?"
Loki sorrise amaramente, "spiacente deludervi, lo Jotun di cui parlate non vanta di alcun titolo ma è trattato al pari del giovane che un giorno prenderà posto sul trono dorato."
L'altro fece una smorfia, "bella fregatura, vero?"
"Prego?"
"Che un tuo pari possa diventare tanto importante pur non essendo nessuno," spiegò l'altro avvicinandosi ad uno dei cavalli ed accarezzandogli il muso, "e tutto per aver aperto le gambe al momento giusto."
Loki sgranò gli occhi, "rimangiati subito quello che hai appena detto."
Il giovane lo guardò confuso, "hai detto di non essere un nobile."
"Le persone più care a me lo sono."
Lui rise, "devi aver avuto una vita molto triste, allora."
"Come osi?!" Esclamò lo Jotun rabbioso, "giudichi persone che non hai mai incontrato per un titolo che non hanno chiesto, lo hanno solo ereditato."
"Che amaro destino il loro, vero?" Domandò il giovane sarcastico, voltandosi a guardarlo negli occhi, "è un peccato."
"Che cosa?"
"Che tu appartenga a qualcuno che non ti vuole."
Loki scosse la testa con fermezza, "io non appartengo a nessuno."
"Tutti gli schiavi appartengono a qualcuno."
"Io non sono uno schiavo!"
"Tutti gli Jotun lo sono," replicò il giovane distrattamente, "riferirò il tuo ordine," aggiunse, sparendo nel buio della scuderia, "buona notte, piccolo Jotun."
E Loki rimase lì, fermo, immobile.
"Come l'ha capito?"

"Sei molto bella, questa mattina," commentò Frigga giocando con una ciocca di capelli biondi di Freya.
La fanciulla sorrise, "nessuna dama di questa corte sarà mai bella quanto te."
La giovane donna sospirò, "non invidiarmi, piccola mia! Ho raggiunto l'età in cui mio padre si dispera perchè io trovi marito... Che follia!"
"Se mi permetti, non è poi necessario che tu debba guardare così lontano," Freya indicò i due fratelli dell'erede al trono con un cenno del capo. Frigga alzò gli occhi al cielo, quando Vìli e Vè ammiccarono nella sua direzione.
"Devo confidarti che non li sopporto."
"Non sono belli quanto Odino, ma non sono poi così orribili!"
Le due fanciulle scoppiarono a ridere, mentre Nàl prendeva posto al tavolo accanto a Frigga sospirando stancamente.
"Non hai l'aria molto riposata," commentò quest'ultima con malizia.
Lui le lanciò un'occhiata storta, "comincio a capire perchè tutte le coppie nobili hanno camere separate."
"Una volta sapevi mentire meglio, ora non ti crede più nessuno quando ti lamenti del nostro principe dorato."
"È un'offesa?"
"No, sono solo felice di sapere che state bene."
"Per me, è un'offesa."
Freya si sporse con urgenza nella direzione dello Jotun, "Odino ti ha detto se qualche altro nobile parteciperà alla battuta di caccia di stamattina?" Gli occhi le brillavano e Nàl dovette trattenere una risata.
"Dimmi il nome del guerriero che ha attirato la tua attenzione e farò in modo che venga a quella di domani."
Freya arrossì di colpo e Frigga le passò una mano tra i capelli, "non c'è nulla di cui vergognarsi, tesoro!"
"Chi non deve vergognarsi?" Chiese Odino sedendosi accanto al compagno ed afferrando subito una fetta di dolce.
"Nessuno!" risposero Frigga e Nàl all'unisono e con pefetta nonchalance.
Odino li fissò, "ricominciate a nascondermi le cose?"
"Non abbiamo mai smesso," ammise Nàl con un sorrisetto furbetto che il principe non potè evitarsi di rubare con un bacio.
Lo Jotun si scansò di colpo."Cosa c'è?" Chiese l'Aesir.
"C'è che l'intera corte sta facendo colazione intorno a noi," sibilò Nàl.
Odino fece un gesto scocciato con la mano, "come se non avessero abbastanza fantasia per immaginare cosa facciamo in camera da letto!"
Per la fortuna del giovane Aesir, Loki scelse quel momento per presentarsi, "Nàl, devo parlarti..."
Il principe di Jotunheim, in altre occasioni, non lo avrebbe nemmeno guardato, prima di aver inflitto ad Odino quella che avrebbe ritenuto una degna punizione, ma il tono della sua voce era quello di una persona profondamente allarmata che non vuole farlo notare.
"Con permesso!" Disse velocemente il giovane Jotun alzandosi dalla tavola imbandita, poi afferrò il polso di Loki ed uscirono entrambi sulla balconata, "che ti prende?"
L'altro tremava da capo a piedi.
"Loki, che cosa è successo?"
Il fratello del principe dorato si morse il labbro inferiore, poi si decise a parlare, "ieri notte, c'era un ragazzo nelle scuderie."
"Un membro della servitù?"
Loki scosse la testa, "non lo avevo mai visto prima," rispose, "era giovane, sì ma era comunque troppo grande per essere un nuovo arrivato. Borr è molto severo con la scelta dei membri della servitù, la maggior parte di loro sono bambini cresciuti in questi saloni ed educati fin da piccoli al mestiere."
Nàl fece una smorfia, "il re pretende totale ubbidienza, dico bene?"
"Non è solo questo," Loki scosse la testa, "è questione di sicurezza, Nàl... Alle volte, credo che Borr non mi abbia cacciato da questo palazzo, dopo che Odino mi aveva legato a sè con quel rituale di sangue, perchè era certo che così suo figlio sarebbe stato al sicuro... Non si fidava della mia razza ma vedeva chiaramente la mia devozione."
"Pensi che quel giovane sia un intruso?" Domandò il principe cercando di seguire la linea di quei pensieri.
Loki si strinse nelle braccia e scosse la testa, "non posso puntargli il dito contro."
"Ma c'è qualcosa che ti turba, se sei venuto a parlarmi..."
"Sapeva che sono uno Jotun," confessò, infine, il fratello del principe.
Nàl lo fissò, "ti ha riconosciuto, intendi?"
"No," Loki scosse la testa, "non sapeva chi fossi. Mi ha scambiato per un nobile, prima, forse per i miei abiti... Ha pensato che fossi il servo di una persona importante, dopo. Ho cercato di correggerlo ma, poi, ha detto che tutti gli Jotun sono degli schiavi... L'ha detto come se sapesse..."
Nàl rimase a riflettere per un attimo, "assomigliamo agli Aesir ma, anche con questa forma, abbiamo i nostri tratti distintivi... Capelli scuri, pelle chiara..."
"Ma in quanti sanno come appare uno Jotun nelle spoglie di un Aesir?"
"Che cosa pensi, sinceramente?"
Loki prese un respiro profondo, prima di parlare, "penso che, per Jotunheim, sei un traditore e che nessuno regno lascia impunito qualcuno con una simile colpa, specialmente se è un principe."
[Asgard, oggi.]

"Avete bisogno di altro, mio signore?"
Sleipnir scosse la testa passandosi le dita bagnate tra i capelli, "va bene, così, puoi andare."
Il servitore ubbidì, dopo un breve inchino.
Il giovane si rilassò contro il bordo della grande vasca e chiuse gli occhi con un sospiro.
"Capelli neri, carnagione pallida..."
Spalancò le palpebre atterrito.
"Sì, decisamente banale."
Sleipnir si voltò spingedosi verso il centro della vasca: c'era un giovane appoggiato al muro.
Lo conosceva... Lo conosceva bene.
"Loki?"
L'intruso annuì, "proprio così."
Sleipnir arrossì non sapendo come comportarsi di fronte a quel principe che della sua esistenza non avrebbe nemmeno dovuto sapere nulla. Abbassò gli occhi e rimase in silenzio, mentre il giovane muoveva qualche passo lungo il bordo della vasca.
"Ti credevo più gracilino," ammise Loki osservandolo, "invece, potresti anche permetterti di batterti con il principe dorato."
Sleipnir continuò a rimanere in silenzio.
Loki accenò un sorriso, "so chi sei, non devi temere nulla da me."
"Non avresti dovuto saperlo..."
"Perchè?" La voce del principe era tagliente come il freddo dell'inverno, "sarebbe stato troppo bello sapere che c'era qualcuno lontanamente simile a me in questo mondo?"
Sleipnir sorrise gentilmemte, "mi spiace deluderti, mio principe," sospirò, "temo che siate unico nel vostro genere."
"Perchè? Perchè tu sei un figlio voluto ed io no?"
"Non devi dirlo questo, tuo padre..."
"Non farlo," lo interruppe Loki, "non ho bisgno di sentirmi dire quanti sacrifici Odino abbia fatto per il bene dei suoi figli."
"È mio dovere dirti che ti ama."
"Certo..." L'altro ghignò, "come ama te, vero?"
"Non so di che cosa tu stia parlando..."
"Ti ha rinchiuso qui dentro e ha cancellato con un colpo di spugna quella parte della tua identità che gli era scomoda."
Sleipnir non rispose, "Odino mi ha proposto spesso dei compromessi... Non li ho mai accettati."
"Ma non ti ha mai fatto scegliere, vero?"
"Perchè sei qui?" Domandò il mutaforma recuperando un asciugamano dalla parte opposta della vasca e riemergendo dall'acqua, "non è stato tuo padre a parlarti di me, ovviamente..."
Loki sorrise tristemente, "ho intenzione di lasciare Asgard... Per sempre, questa volta."
Sleipnir s'irrigidì: non era sicuro di voler sentire quanto sarebbe seguito.
"Porto Thor via con me."
Il mutaforma sgranò gli occhi scuri, "l'erede al trono vuole..." Scosse la testa, "perchè?"
"Perchè?" Loki rise, "sei l'unico testimone di tutti i peccati del re e non riesci a prevedere quelli dei suoi figli?"
"Che cosa hai fatto a Thor?"
"Sempre il solito ritornello!"
"Dimmelo!" Esclamò Sleipnir, "che cosa hai fatto a tuo fratello?"
Loki temporeggiò, poi fece il giro della vasca per arrivargli vicino, "ha smesso di essere un fratello ed è divenuto mio in un altro senso."
Sleipnir sgranò gli occhi e l'altro rise.
"Alla fine, cadono sepre ai piedi di uno Jotun, questi principi dorati, vero?"
"Odino...?"
"Il re mi crede uno stupratore e aspetta solo che Thor torni in sè per confermarglielo."
"Torni in sè?" Il mutaforma era confuso.
Loki fece una smorfia, "è vittima di una maledizione che intendo spezzare entro oggi," scosse la testa, "ma tu non devi preoccuparti di questo."
"Che cosa vuoi da me?" Domandò Sleipnir, ancora una volta.
Loki fissò il soffitto dorato con aria distratta, "hai mai fatto l'amore, Sleipnir?" 
Era la prima volta che pronunciava il suo nome.
"No," rispose l'altro, senza pensarci.
Loki gli sorrise tristemente, "Thor è stato il primo per me," ammise senza vergogna, "dopotutto, quando si cresce con deformazioni fisiche come quelle degli Jotun, non è poi così semplice mettersi nelle mani di un amante."
"Non ho mai dovuto pormi il problema."
"Non hai mai desiderato essere amato da qualcuno in quel modo?"
Sleipnir fece una smorfia, "che domanda assurda..."
"Se è così assurda, rispondi."
"Sono di carne e sangue, desidero e sento quello che desidera e sente chiunque!" Affermò il mutaforma.
Loki annuì, "sei mai uscito da queste stanze... Con queste sembianze, intendo."
Sleipnir lo guardò per un lungo momento di silenzio, poinsi morse il labbro inferiore ed abbassò lo sguardo, "Odino non mi ha mai fatto mancare nulla."
"Vuoi un consiglio? Smettila di esserne convinto, non è un'illusione che dura per sempre e quando svanisce fa decisamente male."
"La tua non è svanita," gli ricordò Sleipnir, "l'ha distrutta lui."
Loki s'inginocchiò per poterlo guardare dritto negli occhi, "e quanto tempo pensi impiegherà, prima che distrugga anche la tua? Prima che ti sbatta in faccia che la tua condizione non cambierà? Che vive solo per essere il suo destriero e niente altro?"
Sleipnir voltò il viso per non doverlo guardare.
"Ci hai già pensato, non è vero?" Domandò Loki.
L'altro scosse la testa, "non ho nulla fuori di qui."
Il principe sorrise, si tirò in piedi e gli porse la mano, "allora lascia che ti dia qualcosa io."
[Asgard, secoli fa.]

Il Padrone era stata l'unica costante nella vita di Svadilfari.
Il Padrone lo aveva trovato moltissimi anni addietro, l'aveva allevato, l'aveva addestrato, gli aveva dato un mestiere che sosteneva essere onesto e, ripetendogli quanto generoso era stato nell'offrirgli tutto questo, gli aveva riservato una serie di frustate ogni qual volta si comportasse come un essere pensante.
Prima del Padrone, Svadilfari aveva solo ricordi confusi.
Ricordi d'inverno, di neve, di ghiaccio.
Ricordi di pianure sconfinate e di occhi scarlatti che lo guardavano con amore.
Anche il suo Padrone aveva occhi scarlatti ma erano crudeli ed orribili da guardare. Di fronte ai cittadini dei grandi regni, li nascondeva con un trucchetto e gli ricordava a suon di sberle che nulla delle loro origini doveva essere rivelato.
Svadilfari si chiedeva il perchè di tanta preoccupazione, quando la maggior parte del suo tempo era costretto in delle sembianze che gli impedivano di parlare. Quando, però, il Padrone aveva annunciato che la loro successiva destinazione sarebbe stata Asgard, Svadilfari aveva sentito qualcosa... Un presentimento...
Troppo... Troppo pericoloso era quel mondo per delle creature dell'Antico Inverno.
Eppure, il Padrone non ne aveva voluto sapere.
La paga era imponente, diceva.
Un giorno, aggiunse che una sguadrinella Jotun era stata regina di Asgard per alcune stagioni e che uno scarto dal bel faccino e dalla mente pronta aveva avuto la bella idea di aprire le gambe all'erede al trono guadagnandosi tutti i diritti di un Consorte ufficiale.
Svadilfari non disse la sua.
Alla fine, qualunque figlio dell'Antico Inverno, agli occhi dei Nove Mondi, poteva essere solo un mostro o uno schiavo.
Lui era entrambe le cose.
Nulla poteva cambiare nella sua esistenza.
La sola via d'uscita in cui poteva sperare era la morte ma era troppo giovane e ancora troppo stolto per arrendersi di fronte all'inevitabilità del crudele destino. Così, era entrato ad Asgard, Svadilfari e aveva messo a tacere i suoi presentimenti.
Sarebbero rimasti nel regno dorato fino all'estate successiva, non poteva far altro che tacere e lavorare, come aveva sempre fatto.
Poi, il suo destino gli era venuto addosso nel buio corridoio di una scuderia e non gli aveva chiesto nemmeno il suo nome.
"Salve..."
Solo il giorno dopo, quando lo Jotun dagli occhi verdi venne a cercarlo, capì che avrebbe dovuto dar ragione al suo istinto.
"Sei nuovo di qui," commentò Nàl avvicinandosi al giovane dai capelli scuri intento a spazzolare la schiena di uno splendido stallone nero, "è per il principe, non è vero?"
Svadilfari si limitò ad annuire.
"Strano, di solito servono almeno tre servi per riuscire a sellarlo."
Nàl posò una carezza sul fianco dell'animale.
"I cavalli assomigliano ai loro padroni," replicò con voce incolore, "è il cavallo di un futuro re, non è fatto per essere sottomesso. Sarà sempre un ribelle con chi non gli darà almeno l'illusione di poter dominare."
Nàl si mise in punta di piedi per poter vedere il giovane da sopra il dorso dell'animale, "teoria interessante."
"So molto sui cavalli," ammise Svadilfari.
L'altro girò intorno all'animale e gli arrivò accanto, "e cosa sai di me?"
Gli occhi scuri si accesero per la confusione, "perdonatemi?"
"Siete un giovane intuitivo," Nàl sorrise quasi amichevolmente, "siete riuscito a descrivere alla perfezione il principe dorato solo osservando il suo cavallo. Come siete riuscito ad indovinare la vera natura di uno dei membri della corte più vicino a lui?"
Svadilfari smise di occuparsi del cavallo e rilassò il braccio lungo il fianco, "non era mia intenzione offendere quel giovane, ieri notte," disse con umiltà, "chiedo scusa, se gli ho mancato di rispetto."
Nàl scosse la testa, "siamo Jotun, non damigelle altezzose."
Svadilfari sgranò gli occhi scuri, poi s'inginocchiò, "perdonatemi, mio signore."
"Se mi hai riconosciuto, non hai motivo d'inginocchiarti," replicò Nàl, "noi Jotun siamo tutti degli schiavi, dico bene?"
"Non era mia intenzione offendere la vostra persona."
Lo Jotun sospirò, "alzati, non sono nessuno qui... Non hai realmente motivo di prostrarti in questo modo."
L'altro ubbidì ma tenne lo sguardo basso.
"Posso sapere il tuo nome?"
"Svadilfari, mio signore."
"Chiamami Nàl," gli concesse, "ho ragione di credere che vieni da Jotunheim anche tu?"
Svadilfari lo guardò quasi timidamente, "i ricordi della mia infanzia non sono abbastanza chiari perchè io possa riapondervi con certezza, sono cresciuto in giro per i Nove Mondi al seguito del mio Padrone."
"Chi è il tuo padrone?" Domandò Nàl.
"Si fa chiamare il Costruttore, è stato convocato dal re."
"Ma non mi dire," Nàl fece una smorfia, "spero che sappia lavorare l'oro. Non si può creare una nuova area di questo palazzo senza rivestirla d'oro."
Svadilfari lo guardò negli occhi, "perdonatemi, ma la natura del nostro lavoro è tutt'altra."

"Un muro?" Domandò Odino aggrottando la fronte, "per quale ragione mio padre dovrebbe alzare un muro?"
Nàl alzò gli occhi al cielo, "forse, perchè ci sono creature dotate che vanno e vengono da questo regno senza troppi problemi, forse perchè il guardiano dei cancelli è più cieco dell'occhio che ho fatto fuori al re, forse perchè Freya diverrà regina entro l'estate e Borr si prepara alla remota possibilità di una guerra di vendetta iniziata da Vananheim... Io so che in questo modo, tutti i grandi regni diverranno sospettosi perchè un re che teme in modo paranoico per la salvezza del proprio regno è un re che nasconde una buona ragione per essere attaccato!"
Odino montò sul suo cavallo, "al ritorno dalla battuta di caccia, parlerlò con mio padre insieme ai miei fratelli e chiarirò questa storia."
Nàl annuì incorciando le braccia contro il petto.
"Tu non vieni?" Domandò il princioe un poco ferito.
Lo Jotun scosse la testa,"non sono dell'umore giusto."
"Mi lasci da solo ad andare a caccia con due signore?"
"Aspetta che ti roviniamo, mio principe!" Esclamò Frigga superandolo, seguita da una Freya tutta sorridente.
Nàl sorrise tra sè e sè: dubitava che durante quekka battuta di caccia qualcuno avrebbe effettivamente cacciato.
"Resto con Loki," aggiunse, "non preoccuparti per me."
Odino sospirò frustrato, "non voglio colpi di stato in mia assenza."
Il principe di Jotunheim ghignò, "non posso prometterlo, temo."
[Midgard, Norvegia, oggi.]

Bestla sorrise soddisfatta, "mi chiedo come mio figlio abbia potuto avere il controllo su di te per tutti questi anni," disse fissando distrattamente la superficie del lago ghiacciato.
"Solo una mia concessione," rispose Loki calpestando la neve ormai ghiacciata.L'inverno era giunto su quelle terre molto tempo prima che New York fosse toccata dai primi fiocchi bianchi. 
Bestla guardò il cielo trapunto di stelle, "era una notte così," raccontò, "una notte di neve, senza vento."
"Stai zitta," la interruppe subito Loki, "sai bene perchè sono qui e non ho tempo da perdere."
Bestla si voltò a guardarlo, "sei bellissimo con addosso gli abiti di un principe Aesir," commentò, "tuo padre ti ha confessato che Laufey soleva indossarne di simili, durante gli anni vissuti ad Asgard?"
"Che cosa hai fatto a Thor?" 
"Diretto, come sempre."
"Rispondi!"
"Io nulla," ammise lei avvolgendosi meglio nel lungo mantello nero, "il mio tesoro ha deciso di concedergli un assaggio di quella felicità che tu gli negavi con così tanto egoismo."
"Come mi libero di quel parassita?"
"Non è un parassita."
Loki strinse i pugni e si voltò: la fanciulla dai lunghi capelli corvini emerse dalla fila di alberi camminando nella neve a piedi scalzi. La sua veste non era più cenciosa, le lunghe ciocche erano state raccolte in una treccia che le ricadeva su di una spalla. Era diversa. Era quasi bella, quasi viva.
"Ti piace quello che vedi, mio principe?" Domandò lei speranzosa.
"Dammi una buona ragione per cui non dovrei ucciderti seduta stante?" Sibilò lui.
"Primo, non puoi," rispose la fanciulla sorridendo, "secondo, hai bisogno di me."
Loki ghignò, "alla prima possiamo provare a porre rimedio."
Lei sospirò tristemente, "tanto combattere per un amore che non puoi avere."
"Non raccontiamoci favole sull'amore!" Sbottò Loki, "restituiscimi ciò che è mio!"
La giovane scosse la testa, "perchè non capisci? Voglio solo che tu veda."
"Ho visto tutto quello di cui avevo bisogno."
"Allora perchè continui a combattere per Thor?"
"Perchè è mio, maledetta! Mio!" La sua voce iraconda riecheggiò per la valle per una manciata di secondi.
"E se non fosse così?" Domandò Bestla alle sue spalle.
"Tu taci, vecchia!" Le urlò contro Loki, "qualunque cosa tu abbia contro Odino, non m'interessa. Fai di lui ciò che vuoi, se riesci a toccarlo ma non devi azzardarti ad usare Thor per raggiungere i tuoi scopi."
"Usarlo è la cosa meno pericolosa che potrebbe accadere," replicò la fanciulla dolcemente, "che cosa pensi di fare, eh? Se Thor torna in sè, nessuno avrà pietà di voi... Vuoi possederlo al punto di essere la causa della sua rovina?"
"Temi per il mio destino, piccolo mostro?"
"Tu non hai idea di quel che è stato deciso per noi."
"E nemmeno m'interessa," replicò il principe velenoso, "so la strada che devo prendere e me la sono scelta da solo e, per rassicurarti, non sono tanto stolto da lasciare che una mia proprietà mi condanni per l'eternità ma, al contempo, non ho alcuna intenzione di rinunciarci."
La giovane scosse la testa, "ti farai solo del male..."
"Chi sei tu per curartene?"
"Qualcuno che ti ama," rispose lei con le lacrime agli occhi.
Loki sorrise istericamente, "l'unica creatura abbastanza folle, idiota e dolce da potermi amare giace in uno stato di demenza per causa tua."
La fanciulla abbassò lo sguardo, poi sospirò, "non ha un nome."
"Chi?"
"La bambina di Thor non ha un nome."
Loki rimase in attesa.
"Scegline uno e cesserà di esistere."
"Che maleficio è mai questo?"
"Oh, è molto più di un maleficio, Loki."
Il principe non indagò oltre, non gli serviva sapere altro.
Doveva solo voltarsi, tornare a casa e riportare Thor da lui.
"Pensi che sarete felici?" Domandò la fanciulla, "Tu e Thor sarete felici?"
Loki non rispose.
"Perchè sappilo, mio principe, tanto più sarà grande la vostra felicità, tanto più lo farò soffire quando, finalmente, avrò la mia occasione di ucciderlo."
Il giovane rise divertito, "Thor non ha bisogno di me per difendersi."
Lei reclinò la testa da un lato, "infatti, è stato molto difficile piegarlo alla mia volontà, l'ultima volta," disse sarcastica.
E Loki si bloccò.
"Non ha potuto fare nulla! Nulla! Oh, ci ha provato... Ha tentato con ogni fibra del suo essere di combattermi e, a me, sono bastati pochi minuti per fargli quello che ho fatto."
Loki strinse i pugni con rabbia.
"E tu non solo non c'eri ma non ti sei nemmeno accorto della mia presenza."
Voleva ucciderla e voleva farlo lentamente, godendosi il suo trapasso.
"Quindi, immagina, Loki," la fanciulla si fece più vicino, "immagina un'eternità a scappare ma non da Asgard. Immagina dover vivere col terrore di quello che potrebbe succedere nel momento in cui volti lo sguardo in un'altra direzione. Io voglio che tu immagini quello che potrei fare a Thor, se solo ti allontanassi da lui per più di pochi minuti... Immaginalo, Loki, perchè io non farò altro dal momemto in cui porterai il tuo amato principe dorato via da Asgard."
Loki non ci vide più.
Agì d'impulso e le saltò addosso con tutte le intenzioni di farla a pezzi.
Finì col cadere nella neve gelida.
Quando si rialzò, era completamente da solo.
[Asgard, secoli fa.]


"Non hai seguito mio figlio, oggi."
Nàl era seduto sotto un albero dei giardini del palazzo, quando il re lo sorprese a leggere l'ennesimo libro rubato dalla biblioteca reale.
"Posso conoscerne il motivo?"
Da principio, gli occhi verdi non si staccarono dalle parole scritte nero su bianco, "se pensate che stia complottando qualcosa, dopo tutti questi anni, potreste suonare paranoico."
Borr non era mai guarito dalle ustioni che gli aveva inferto. Aveva perso la vista all'occhio leso e metà del suo viso era stata compromessa irrimediabilmente. Il giovane Jotun fece una smorfia: poco male, gli Aesir solevano indossare le ferite di guerra come se fossero prove del loro valore. Che importanza aveva se il sovrano di Asgard si era guadagnato le sue minacciando un ragazzino disarmato?
"Che cosa volete, Borr?"
Il re alzò la mano destra: stringeva una lettera che era stata accuratamente ripiegata ma il sigillo era spezzato.
"Mia moglie è molto preoccupata per le tue condizioni," commentò il re.
Nàl gettò il libro a terra con rabbia e si alzò in piedi per strappare la missiva di mano al sovrano, "non ho mai risposto a nessuno dei suoi messaggi," lo informò velocemente, "in ogni caso, non avete alcun diritto di aprire le mie lettere. Sospettate di me? Convocatemi nella sala del trono e lasciate che vi racconti la mia verità!"
"Odino mi aveva già parlato di lei," spiegò il re con tono funereo, "inutile dire che, dopo Vananheim, molte cose sono cambiate in questo regno."
"Già," Nàl annuì distrattamente, "molte... Moltissime cose. Vorrei restare solo, se non vi dispiace."
Recuperò il libro che aveva abbandonato sull'erba: era meglio rifugiarsi nelle sue stanze, nessuno lo avrebbe cercato lì.
"Aspetti un bambino?" Domandò il re di colpo, "per questo non hai accompagnato Odino alla battuta di caccia?"
Nàl si bloccò, "temete una risposta positiva, mio re?"
"Non temo nulla," rispose Borr, "non da te, ma temo Bestla."
Il giovane Jotun si voltò, "mi sottovalutate, se credete che lei abbia qualche potere su di me."
"Siete figli dello stesso mondo."
"Non è una buona ragione di coesione," rispose Nàl, "quel che è successo tra voi e vostra moglie non è affar mio! Odino, ora, sa la verità e questo è tutto quello che m'interessa. Nessun figlio dovrebbe essere vittima delle bugie dei suoi genitori."
"Le bugie, alle volte, sono atti d'amore."
"Oh, voi non sapete cosa sia l'amore, Borr," sibilò il principe di Jotunheim, "come non lo sa Bestla... Come due esseri come voi siano riusciti a dare alla luce una creatura come Odino è un mistero a cui non riesco a giungere a capo."
Il re sorrise tristemente, "Bestla non vuole che tu abbia un bambino da lui, vero?"
"Fare dispiacere a Bestla è un divertimento per me, lo confesso," ammise Nàl, "ma non do alla luce un figlio per questo."
"Siete amanti da anni," commentò il re, "quanto pensi che passi, prima che Odino ti chieda di più?"
Nàl sospirò stancamente, "vostra moglie vuole solo rovinarvi, voi volete solo che questa dinastia dorata abbia seguito," ghignò, "se pensate di aggiungere mio figlio a questa equazione, vi sbagliate di grosso."
Si voltò e s'incamminò verso le scale.
"C'è una persona con cui dovresti parlare per me."
Gli venne da ridere, "prego?"
"C'è una persona che devi vedere," ripetè Borr, "ho un presentimento ed ho bisogno di sapere se lo condividi."
Nàl trovava la situazione molto divertente, "il re di Asgard che chiede aiuto ad una sgualdrina Jotun? Scusatemi ma c'è qualcosa che non riesco proprio a comprendere."
Borr si avvicinò, allungò una mano e gli sfiorò una guancia.
Nàl rabbrividì.
"È strano che mia moglie non ti abbia già tirato qualche tiro mancino," commentò, "sei molto più bello di lei alla tua età."
Lo Jotun indietreggiò di un paio di passi, "siete un viscido."
Il re rise, "non temere, non l'avrei mai guardata se non fosse stata una donna... Una donna vera."
E Nàl pensò ai racconti di Bestla, pensò al gioco che lei e suo padre solevano fare e di cui Borr era stato vittima... Prima di divenire il carnefice. 
"Bugiardo..." Sibilò.
Il re lo ignorò, "manderò il mio ospite nelle tue stanze all'ora di pranzo," disse, "tieni Loki e Skaði con te. Odino e Freya non saranno a casa prima del tramonto e non voglio che tu ed il Costruttore restiate da soli."
"Il Costruttore?" Nàl inarcò un sopracciglio.
"È così che si fa chiamare," chiarì Borr, "voglio che gli parli, voglio che lo induci ad aprirsi... Spingilo a fare un passo falso."
"Perchè lo chiedete a me?"
Il re fece una smorfia, "perchè entrambi sappiamo che le sgualdrinelle Jotun sono le migliori nel gioco della manipolazione."
 
[Asgard, oggi.]


Quando Loki fece ritorno, Thor non era in camera e sua madre era intenta a preparargli i vestiti per la notte.
"Oh, sei tu!" Esclamò accennando un sorriso.
Per lei era impossibile dimenticare le emozioni di secoli e secoli di vita da madre. Sua madre.
Forse, Loki non avrebbe più dovuto pretenderlo.
Forse, avrebbe dovuto chiederle scusa, prima della fine.
Almeno a lei, anche se gli aveva mentito come tutti gli altri.
"Dov'è Thor?" Chiese, invece.
"Sta facendo un bagno," rispose lei appoggiando una tunica pulita in fondo al letto. Loki lanciò un'occhiata alla culla nell'angolo della stanza.
"Dorme?"
Frigga guardò nella sua stessa direzione, "lo fa sempre, quando non è con lui," sospirò stancamente. Aveva nascosto un figlio maledetto per tutta la vita, ora doveva farlo con uno demente.
"Ci penso io," disse di colpo fissando i sobri ricami dorati sul colletto della tunica di suo fratello.
Frigga lo guardò sospettosa, poi forzò un sorriso, "una madre non è mai stanca di prendersi cura dei suoi figli."
"Ci penso io," insistette Loki.
Sua madre lo fissò a lungo, si morse il labbro inferiore, poi lo superò.
Il giovane non aveva bisogno di voltarsi per sapere che era rimasta sulla porta.
"Domandamelo avanti..." Mormorò.
Frigga prese un respiro profondo, "dimmi che non sei stato tu a fare questo a tuo fratello," lo pregò, "ti prego, tesoro, dimmi che tuo padre si sbaglia."
"Non sono stato io," si affrettò a dire Loki, "avrei potuto fargli molte cose ma questo no."
Frigga strinse gli occhi per non piangere, "e riguardo l'altra questione?"
Loki rimase in silenzio.
"Che cos'è successo tra te e tuo fratello in quest'ultimo anno, tesoro?"
Loki strinse i pugni e si costrinse a non dire una parola.
"Crederò a qualsiasi cosa tu mi dica, lo giuro."
Il giovane si morse il labbro inferiore.
"Loki, tesoro mio, ti prego..."
"Non voglio mentirti," rispose il principe, "ma tu vorresti che io lo facessi."
Frigga si premette una mano contro la bocca.
Cercò di dire qualcosa ma le parole le rimasero congelate in gola.
" Non so darti una spiegazione," ammise Loki, "non ne ho una. È sempre stato così, da quando... È sempre stato così."
Frigga scosse la testa, "vi ho avuti sotto gli occhi per tutta la vita, Thor non ha mai..."
"No," Loki si voltò a guardarla, "non Thor..."
La regina incontrò lo sguardo del giovane che aveva amato come un figlio, che aveva tenuto vicino più della creatura che aveva dato alla uce in una notte di pioggia e fulmini. Aveva sempre pensato che Thor fosse la sua più grande vittoria, aveva sempre visto Loki come il suo piccolo capolavoro, non aveva mai smesso di vederli come i suoi bambini... Ed aveva sbagliato.
Non era stata abbastanza attenta per impedire a Thor di finire tra le braccia delle donne sbagliate, mentre Loki dimenticava persino cosa volesse dire sentirsi stretto da qualcuno. 
"Da quanto?" Domandò con paura.
"Non lo so," ammise Loki con un sorriso amaro, "non c'è stato un momento preciso. Prima Thor era il mio idolo, poi era tutto ciò che io non ero ma che il mondo pretendeva che fossi e, all'inizio, lo volevo anche io... Per questo ero geloso. Poi ho cercato di crearmi un'idetità che fosse solo mia, un talento che mi appartenesse sul serio, senza un modelo prefabbricato a cui ispirarmi... Allora, è cominciato l'odio: ho capito che non aveva importanza quanto fossi bravo nell'essere me. Non ero Thor e questo mi rendeva sbagliato."
"Loki, io e tuo padre non abbiamo mai..."
"È troppo tardi per le giustificazioni," la interruppe il giovane, "penso che, prima del desiderio, sia arrivato il possesso. Quando Thor ha cominciato a preferire una compagnia che non fosse la mia, mi sono sentito dilaniato, usato, abbandonato. Poi tutti hanno cominciato a vedere solo lui e a calpestare me e, non lo so... Thor era di tutti, tranne mio. E se lo fosse stato... Se fosse stato solo mio, allora..."
Frigga non voleva udire oltre e Loki tacque.
"Perchè Thor ha accettato una cosa simile?" Domandò lei, "ho perso il conto dei cuori che ha spezzato, come è stato possibile che..."
"Ho cominciato io," ammise Loki appoggiando la spalla all'architrave della porta, "mi ha fatto assaggiare un pezzo della sua anima, perchè voleva che comprendessi..."
"E che cos'hai compreso?"
"Non l'ho spinto a fare nulla, quel giorno, volevo solo un altro assaggio e, poi, un altro ancora... È stato Thor il primo a toccarmi, non io," si sentì un bambino nel pronunciare quella frase.
Frigga strinse le labbra e si costrinse ad annuire.
"Penso che volesse così tanto trascinarmi fuori dalla mia oscurità che ho finito per spingercelo un poco dentro."
"È per questo che siete scomparsi per un intero anno?"
Loki fece una smorfia, "non mi piaceva l'idea di fare l'amore in un luogo in cui potevano entrare i suoi genitori."
"Perchè hai smesso di schermarvi dalla nostra vista?"
Il giovane non rispose subito, "perchè c'è qualcosa che Thor ama più di me, non importa quanto si ostini a dire il contrario."
"E tu, Loki?" Domandò Frigga, "tu lo ami?"

Thor era bellissimo.
Loki non avrebbe saputo mentire abbastanza da negarlo.
Aveva i capelli ancora umidi, quando tornò in camera ed il sorriso che gli rivolse era più luminoso del sole.
"Ah, sei qui..."
Il viso del più giovane non tradiva alcuna espressione. Rimase in silenzio a guardare il fratello maggiore infilare gli abiti da notte. 
"Si è svegliata?" Domandò. 
Loki lanciò un'occhiata alla creatura maledetta nella culla accanto a lui, "no..."
"È più serena, quando ci sei tu," commentò Thor, riferendosi ad asperienze che esistevano solo nella sua testa, "è innamorata del suo papà."
L'altro fece una smorfia, poi si chinò sulla neonata sollevandola tra le braccia.
La piccola si destò immediatamente ma non pianse. Si guardarono e Thor rimase ad osservarli.
"Sai che cos'è un'ombra, Thor?" Domandò Loki.
"Non ci ho mai capito molto di magia, lo sai."
Il più giovane tracciò il profilo della bambina con la lunta dell'indice, "è una creatura che non è un essere vivente reale. È viva ma la sua vita è un'illusione."
Thor ridacchiò, "pensavo fossi venuto per alietarmi in qualche modo, non per terrorizzarmi."
"Dicono che siano anime che non hanno mai avuto la possibilità di essere vive sul serio," continuò Loki avvicinandosi al fratello, "anime di bambini morti alla nascita, ad esempio."
Thro non sorideva più, "è una storia orribile."
Loki accennò un sorriso, "è solo una leggenda soaventosa, come tante altre," porse la neonata al fratello e questi la prese subito tra le braccia. Loki lo guardò in viso: Thor era bellissimo, sì. La sua felicità era luminosa come il sole d'estate anche allora, mentre era provocata da una maledizione. C'era stato un tempo in cui quella luce aveva illuminato la loro stanza anche durante le notti più buie. 
Loki sorrise, anche se avrebbe voluto solo mettersi a piangere: a separarlo da quei ricordi vi erano poche settimane ed erano state più che sufficienti per distruggere ciò che con fatica avevano costruito l'uno per l'altro.
Pensò alla giovinezza di Odino, quella che aveva condiviso con Laufey.
Pensò a quel bambino che non aveva avuto nemmeno l'occasione di nascere. 
Pensò a quanto l'avevano voluto, pur essendo una follia. 
Pensò che, quando era stata concessa loro una seconda possibilità, quando avevano dato alla luce il peggiore dei loro peccati, quando avevano ottenuto, infine, tutto quello che avevano sempre desiderato... Era, semplicemente, troppo tardi.
Loki passò una mano sulla testolina bionda di quel piccolo mostro accocolato tra le braccia dell'unica persona che era stata capace di amarlo.
"Hela..." Mormorò.
L'orrore negli occhi di Thor fu improvviso e devastante ma non ebbe il tempo di fare nulla per impedire a quell'illusione d'infrangersi.
"Il tuo nome è Hela."
La piccola sbarrò gli occhi iniziando a respirare a fatica. 
"No..." Thor scosse la testa stringendola a sè, "no! No! No!"
La neonata si agitò convulsamente: fu uno spettacolo orribile ma Loki non allontanò gli occhi, mentre diveniva gradualmente di colore grigiastro e si frantumava sotto le dita di suo fratello, come se fosse di porcellana.
Thor continuava ad urlare disperatamente.
Loki rimase impassibile, mentre quei frammenti di bambola cadevano a terra e divenivano polvere.
"Perchè?" Thor pianse inginocchiandosi sul pavimento, "perchè lo hai fatto? Perchè?"
Poi qualcosa cambiò nella sua espressione.
Gli occhi di Loki s'illuminarono appena, mentre Thor osservava la copertina ormai vuota sul pavimento come se se si fosse appena svegliato da un sonno. 
"Loki..." Chiamò in panico, guardandosi intorno, "Loki? Loki!"
Il più giovane calpestò quel che era rimasto di quella creatura maledetta e s'inginocchiò davanti al fratello, "sono qui, Thor, sono qui."
Lo afferrò per le spalle e Thor gli strinse le dita intorno ad entrambi i polsi, come se avesse paura di cadere, "dove siamo? Che cosa è successo?"
"Qual'è l'ultima cosa che ricordi?"
Thor fissò le pareti dorate come se fossero enormi mostri da incubo, "siamo ad Asgard?"
"Thor, rispondi..."
"Non lo so," rispose frettolosamente, "perchè siamo ad Asgard?" Era terrorizzato.
"Thor concentrati, avanti."
"Avevamo litigato, te n'eri andato," il principe dorato fissò il vuoto confuso, "ero venuto a cercarti... Che cosa è successo? Io..."
"Va tutto bene," mormorò Loki aiutandolo ad alzarsi in piedi, "non è successo nulla per cui tu ti debba preoccupare."
"Ma siamo su Asgard, cosa...?"
"Shhh..." Loki gli premette l'indice contro le labbra e Thor lo fissò in silenzio, "fra poco finirà tutto, non c'è bisogno di aver paura."
Thor sorrise stringendogli una mano, "io non ho paura Loki, io..."
Il più giovane si alzò sulle punte e gli posò un bacio sulle labbra.
Fu breve.
Thor, da principio, sorrise contro la bocca del fratello, poi qualcosa cambiò...
Aprì gli occhi di colpo e tentò di toccare Loki ma le braccia non gli ubbidivano più.
Suo fratello si allontanò da lui e gli passò una mano dietro la nuca un istante prima che la sensibilità gli abbandasse le gambe. Thor tentò di lottare ma era troppo tardi.
"Va tutto bene," mormorò Loki mettendolo a sedere sul pavimento, la schiena appoggiata al bordo del letto, "non potrai muoverti e parlare per un po'," lo informò, "ma non temere, gli effetti svaniranno velocemente, una volta che me ne sarò andato."
Thor sgranò gli occhi azzurri, mentre Loki gli passava amorevolmente le mani tra i capelli.
Sorrise in modo orribile.
"È ora di smettere di giocare, Thor," sibilò come un serpente, "mi sarebbe piaciuto prendermi ancora qualcosa da te ma non posso rischiare che Asgard si riprenda il tuo cuore, prima che io abbia finito di distruggerlo."
Seguì una risata leggera.
"È in credibile, lo sai?" Gli accarezzò una guancia, "dopo tutto quello che ho fatto, mi è bastato dirti di non dubitare, mi è bastato aprire le gambe perchè tu mi credessi. Pensavi davvero che fosse qualcosa di speciale, principe dorato? Proprio tu, che hai scaldato più letti di una prostituta in calore!"
Il ghigno di Loki era divertito.
"Quando mi hai concesso di prenderti, ho pensato di avere un'occasione imperdibile," spiegò con dolcezza, "non temere, sei stato un amante eccezionale. Sul serio, mi spiace un poco che non potrò più infilarmi tra le tue cosce per prendermi il mio piacere. Peccato che abbia già ottenuto tutto ciò di cui avevo bisogno per massacrarti in un modo che non lascia nè lividi nè ferite."
Loki si chinò a baciargli le labbra ancora una volta.
"Eri bellissimo, Thor," gli si strofinò addosso come una serpe, "caldo, voglioso, da perdere il fiato... Saresti la miglior puttana di tutti Nove Regni," rise, "peccato che tu abbia commesso il peggior erroredi una puttana: hai concesso il tuo cuore al tuo miglior cliente."
Gli occhi di Thor erano grandi e lucidi.
Loki gli baciò le labbra ancora una volta, "ecco," mormorò dolcemente, "ecco il momento, amore mio."
Thor avrebbe voluto chiuderegli occhi: non voleva vedere, non era vero... Non poteva essere vero.
"Questo è il momento in cui il tuo cuore si spezza," Loki gli premette una mano contro il petto.
Le loro bocche erano a pochi millimetri di distanza.
"Questo è il momento in cui diventi mio per l'eternità."
Una singola lacrima scivolò lungo la guancia di Thor.
Loki sorrise un'ultima volta, poi sparì in un bagliore verde.
Pochi, interminabili, letali secondi e Thor prese ad ingoiare aria come un naufrago in mezzo alla tempesta.
L'urlo disperato che uscì dalla sua gola rimbalzò contro le pareti dorate.
Seguì un silenzio di morte.
Il cielo si oscurò, un tuono fece tremare l'intera Asgard.
Avrebbe piovuto a breve e avrebbe continuato a farlo per molto tempo.


***


Varie ed eventuali note:
Un grazie immenso a tutti i lettori e recensori di questa storia che alla conclusione della sua prima parte si ritrova con più di 100 recensioni! Grazie mille a tutti!
E rieccoci qua!
Con questo capitolo si conclude simbolicamente la prima parte di questa storia.
Da qui in poi solo tragedie... Sì, perchè la situazione è già molto allegra di suo!
E, finalmente, ecco Svadilfari. Non inserisco una nota apposita per il momento.
Gli esperti di mitologia comprenderanno, per tutti gli altri, Wiki può fornirvi qualche anticipazioni sui prossimi capitoli.









 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: Preussen Gloria