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Autore: _juliet    15/02/2014    5 recensioni
{Lo Hobbit | post!Battaglia dei Cinque Eserciti | what if? | Durincest}
I Nani scelgono un unico compagno per tutta la vita, restando al suo fianco per sempre. Se si innamorano di chi non possono avere, piuttosto che cercare qualcun altro, preferiscono vivere da soli. Cosa accadrebbe se, nella loro società, l'incesto fosse considerato un tabù punibile con la morte? Come reagirebbe il nuovo Re sotto la Montagna? La legge sarebbe davvero uguale per tutti?
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Incest, Violenza
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 – Capitolo 1 –


Fíli correva sotto la pioggia, zoppicando sulla gamba ferita e ignorando i richiami dei guaritori. Thorin, dal letto in cui lo stavano curando, gli aveva intimato di calmarsi e lasciare che medicassero le sue ferite, prima che queste si infettassero; anche gli altri compagni e persino alcuni Elfi avevano cercato di convincerlo a preoccuparsi di se stesso, ma lui non aveva dato ascolto a nessuno. Sapeva che in quel modo avrebbe allungato di molto i tempi della sua guarigione, ma non gli importava.
Kíli era scomparso. L'ultima volta che l'aveva visto, Azog lo stava trascinando lontano da lui. Poi, aveva perso le sue tracce. Fíli imprecò ad alta voce, sputando maledizioni in Khuzdul. I suoi stivali iniziarono ad affondare nel terreno, flaccido d'acqua e di sangue; l'incedere diventò più faticoso, anche a causa della spossatezza. La sua mente capiva che avrebbe dovuto preoccuparsi della propria salute, ma il corpo si muoveva da solo ed era concentrato su un altro obiettivo: ritrovare Kíli, in fretta. Il profondo malessere che lo inebetiva non era dovuto alla stanchezza o alle ferite; era legato alla sparizione di suo fratello. Doveva trovarlo e non poteva ignorare quel bisogno: era un imperativo categorico, era il suo stesso sangue che ribolliva e gli imponeva di tornare in quell'inferno di corpi, per cercare l'unico che contava veramente. Non aveva alcuna importanza cosa pensassero gli altri, loro non capivano, loro non sapevano. Ovunque Fíli guardasse, vedeva lui. Il cielo, qualunque nuvola, l'aria densa di umidità, persino i lineamenti martoriati delle persone che incrociava lo torturavano con l'immagine di lui. Lui era il mondo intero e, al contempo, il centro esatto del mondo.
Fíli si fermò, tremando, stravolto da ciò che sentiva. Fra i due, lui era sempre stato il fratello più razionale, che ragionava e rifletteva attentamente sulle situazioni, che non si faceva trascinare dall'audacia e dall'emotività. Ma tutto ciò che credeva di essere stava crollando, di fronte ai sentimenti violenti che stavano implodendo in lui. Il torrente delle sue emozioni scorreva velocissimo; ovattava i suoi pensieri e si raccoglieva nel suo petto, annodando strettamente le sue viscere, impedendogli di respirare. Tentò di inspirare, per raccogliere aria, ma i suoi polmoni non ressero. Attese con impazienza che i conati e i colpi di tosse cessassero di scuotere il suo corpo e, senza concedersi di riprendere fiato, riprese ad avanzare fra i cadaveri ammassati gli uni sugli altri, bagnati di pioggia e fluidi corporei.
Il terreno non riusciva ad assorbire tutto il sangue che era stato versato, ed esso si raccoglieva in putride pozze maleodoranti. La confusione regnava sovrana; Dís aveva ragione quando, prima che partissero, aveva cercato di dissuaderli: era vero, per tutta la vita erano stati allenati per prepararsi a questo, ma non erano realmente pronti. Non avevano idea di che cosa implicasse una guerra reale. La sua vista, ormai, si era abituata allo spettacolo macabro, ma il puzzo era impossibile da sopportare. E Fíli sapeva che, nelle profondità della sua mente, avrebbe ascoltato per molti anni il clamore, i canti di guerra e le urla strazianti dei moribondi. Improvvisamente, inciampò in un corpo a cadde, affondando le mani nel fango. Si voltò e si trovò di fronte il cranio sfondato di un nano. Mentre si rialzava in piedi, reggendosi alla spada conficcata nel terreno, osservò il cervello viscido di sangue e di pioggia, chiedendosi se anche il suo avesse lo stesso colore. Barcollò, tentando di contenere l'ennesimo conato, ma dovette trascinarsi a terra per vomitare.
Quando gli spasmi cessarono, Fíli si guardò intorno, scrutando tutti quei corpi spezzati, in cerca di suo fratello. Per tutto l'arco della battaglia non si erano persi di vista, ma poi era arrivato Azog; quella bestia era troppo vigliacca per affrontarli insieme e aveva cercato di separarli. Ma non gli era servito: lui e Thorin avevano posto fine alla sua miserabile esistenza; avevano dimostrato una volta per tutte che la stirpe di Durin non sarebbe stata sopraffatta. Dopo la morte del comandante, le truppe avevano iniziato a disperdersi e non avevano impiegato molto a capitolare. Tutto andava per il meglio: la guerra era stata vinta, erano riusciti a riconquistare Erebor e Thorin veniva già chiamato "re".
Nonostante questo, Fíli non poteva riposarsi. Senza Kíli, quel trionfo non era altro che una sconfitta; senza di lui, nulla aveva importanza.
Si morse il labbro inferiore fino a sentire il sapore metallico del sangue. «Dove sei?» gridò, calciando un elmo. Accolse con sollievo la fitta che attraversò la sua gamba; il dolore era ciò che si meritava per aver perso suo fratello. Dís gli aveva fatto una richiesta, il giorno prima di partire, e lui non l'aveva dimenticata; avrebbe protetto Kíli, avrebbe vegliato su di lui. Avrebbe fatto in modo che non fosse sconsiderato nell'affrontare gli inevitabili pericoli e l'avrebbe riportato a casa, ad ogni costo. E invece l'aveva perso.
Fíli continuò a urlare, sfogando la sua frustrazione verso se stesso e il mondo, calciando tutti gli oggetti che riusciva a trovare, torturando il suo corpo ferito e affaticato, finché non scivolò e cadde nel miscuglio di fango e sangue che ricopriva il terreno. Si girò sul dorso, sopraffatto dagli eventi. I Nani venivano addestrati fin da piccoli a non mostrare mai il dolore o le loro debolezze, a essere duri e risoluti, a prescindere da quanto si sentissero perduti e infelici. Sapeva che si stava rendendo ridicolo di fronte agli Elfi e agli Uomini, sapeva che stava sforzando inutilmente le sue membra, martoriate dal combattimento. Cercò di calmarsi, concentrandosi sul respiro. La cassa toracica gli faceva male e aveva la sensazione che non fosse solo a causa di qualche costola rotta; sentiva ancora quel peso nel suo petto, come se un enorme blocco di pietra gli comprimesse i polmoni. Non riusciva a gonfiarli, l'aria gli sfuggiva.
«Fíli» una voce affaticata lo chiamò.
Thorin l'aveva seguito. Si trascinava verso di lui, zoppicando, cercando di mantenere un'espressione neutra. Nonostante fossero appena state medicate, le sue lesioni avevano già ripreso a sanguinare copiosamente; Fíli era sicuro che stesse soffrendo e fosse esausto, ma sarebbe morto, piuttosto che mostrarsi debole. Specialmente ora che gli occhi di tutte le razze erano posati su di lui. Balin e Dwalin, pur essendo feriti, l'avevano accompagnato e gli stavano vicini, pronti a sorreggerlo o ad aiutarlo nei movimenti, se fosse stato necessario.
Il giovane Nano si alzò, facendo leva sulla sua spada e, senza degnarli di un secondo sguardo, ricominciò a cercare più lentamente, con calma.
«Fíli, ti prego» sospirò Thorin, senza fiato.
Lui si irrigidì, consapevole che non gli stava parlando come re, ma come zio. Gli stava dando una possibilità, gli stava chiedendo un favore. Se non l'avesse ascoltato, gli avrebbe dato un ordine, e allora Fíli avrebbe dovuto scegliere da che parte stare, proprio come quando suo fratello era stato abbandonato, ferito e solo, a Pontelagolungo. Il giovane soffocò un moto di rabbia, imprecando. Anche Thorin aveva perso suo fratello e Kíli era suo nipote; lui, più di chiunque altro, avrebbe dovuto capire. Ma forse, in quel momento, il suo unico interesse era assicurarsi che il suo erede, quello certamente ancora in vita, fosse al sicuro.
Fíli si concesse qualche attimo per assimilare quel pensiero. Ora che Thorin era re, lui era diventato il primo nella linea di successione al trono di Erebor; avrebbe dovuto esserne contento ed orgoglioso. Ma non lo era, perché anche questo non aveva alcuna importanza: lui apparteneva a suo fratello. Era sempre stato così e lo sarebbe stato anche in futuro. Scosse la testa, soffocando una risata amara, e continuò ad avanzare.
«Fíli!» questa volta il tono, anche se stanco, era più rigido. «Vai a farti medicare, lo stanno cercando, qualcuno lo trove-»
«No!» gridò il giovane. Il suo braccio fu più veloce del suo buon senso e lanciò la spada, che sibilò vicino all'orecchio di Thorin e si conficcò nel fango, dietro di lui. Fíli non voleva fargli del male né minacciarlo, voleva semplicemente essere lasciato solo con la sua autocommiserazione, trovare Kíli. «Non qualcuno» ringhiò. Sentì il suo viso contrarsi al solo pensiero di quello che suo zio stava implicando e lottò per trattenere le lacrime, senza successo. Per la prima volta da quando quella maledetta giornata era iniziata, fu grato della pioggia battente. «Io lo troverò. Io lo riporterò a casa.»
Thorin alzò le braccia, mostrandogli i palmi delle mani, e si avvicinò. «Fíli, tu hai bisogno di riposo» disse, in tono pratico, abbassando lo sguardo. «Vai a farti medicare. Non perderò entrambi i miei eredi. Uno è più che sufficiente.»
«Tu non hai perso Kíli!» esclamò il giovane, inorridito dall'uso della parola "eredi". Era solo questo che importava, al nuovo re. Fece qualche passo indietro, aumentando la distanza fra lui e Scudodiquercia. «Perché non hai un briciolo di speranza?»
«Perché non ce n'è!» ruggì Thorin.
Fíli non riuscì a dire nulla; era raccapricciato, scioccato dalla breve conversazione. Thorin era cambiato, da quando erano partiti per la missione. Ed era cambiato in peggio. Il torrente di emozioni che lo opprimeva vorticò tanto da fargli male e si tramutò in rabbia, che attraversò il suo corpo, lanciando tracce di fuoco, e si ammassò al centro del suo petto. Prima di capire cosa stava per fare, sputò urla incoerenti e si gettò contro Scudodiquercia; voleva colpirlo, fargli del male, ucciderlo.
Dwalin fu più veloce e gli si parò davanti, difendendo il re. Avvolse Fíli con le sue braccia muscolose e lo strinse, immobilizzandolo. «Basta così, ragazzo!» esclamò, trascinandolo lontano.
«Come osi?» gridò il giovane, lanciando a Thorin uno sguardo di fuoco. «Come osi
Si agitò, spinse, morse, ma la stretta di Dwalin era troppo salda. Consapevole di non potersi liberare, Fíli si limitò a sfogarsi urlando, con tutto il disprezzo che riusciva a infondere nelle parole. «Zio! Come osi rinunciare a lui?» il fatto che Scudodiquercia non rispondesse e si limitasse a fissarlo lo fece infuriare ancora di più. «Io non rinuncerò mai a lui! Mi rifiuto di arrendermi!»
«Fíli, ragazzo, sei sconvolto» Balin intervenne, in tono conciliante. «Non fare così. Vai a riposarti.»
«Ti sei arreso!» Fíli continuò a gridare, alzando la voce. Voleva che il mondo intero potesse sentirlo, potesse vedere in cosa si era trasformato suo zio. «Non sai niente e ti sei arreso! Lo lasceresti a morire, pur di sederti su quel trono!»
Thorin barcollò, le sue spalle si ingobbirono, come se fosse schiacciato da un peso. I suoi occhi chiari cercarono quelli del nipote, mentre Balin accorreva al suo fianco, sorreggendolo.
Senza preavviso, Dwalin sciolse la sua morsa intorno a Fíli solo per schiaffeggiarlo. «Basta così» la sua voce era molto seria, il tono non ammetteva repliche. «Thorin è il Re sotto la Montagna. Non gli parlerai in questo modo in mia presenza. Gli mostrerai il rispetto che gli devi.»
«Gli mostrerò rispetto se lo meriterà» lo corresse Fíli, infondendo in ogni parola quanto più veleno possibile. «Troverò mio fratello da solo.»
A quelle parole, Balin abbassò il viso, coprendosi gli occhi con una mano, lasciandosi sfuggire un rauco singhiozzo. Dwalin gli si avvicinò, mormorando qualche parola in tono burbero. Thorin, ora, sembrava provato dalle ferite fisiche e psicologiche; aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi rinunciò e si limitò a guardarlo negli occhi.
Fíli si concesse qualche attimo per riprendersi, per soffocare il vortice di emozioni che opprimeva il suo petto. Tra le molte, riconobbe il senso di colpa e si sentì sprofondare. «Perdonatemi. So cosa state pensando» disse, quando ritenne di essere sufficientemente calmo. «Ma anche se lui fosse morto, io-»
«Ragazzo» cominciò Dwalin, in tono pacato, insolito per lui.
«Io devo riportarlo-» Fíli gli parlò sopra, ma la voce gli morì in gola. Qualcosa, qualche metro più in là, aveva attirato la sua attenzione: una macchia di blu, che spiccava nel grigiore del campo di battaglia.


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NdA:
Bene. Ho scritto pochissimo slash e non ho mai, mai, pensato di scrivere incest. Però un giorno, improvvisamente, scrivere una Durincest mi è sembrata un'ottima idea dotata di molto senso. Quindi, eccola qui. Questo è il primo capitolo di una storia quasi AU perché, come avete notato, sono tutti vivi (per ora). Mi scuso in anticipo per la lentezza con cui la aggiornerò. E, visto che sono inesperta in questo campo, chiedo cortesemente pareri (e aiuto, tanto).

 

  
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