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Autore: Aerith1992    15/02/2014    0 recensioni
Uniti in un matrimonio organizzato dalle loro famiglie, Arthur e Marie condividono la casa, la colazione e null'altro. Conoscono poco l'uno dell'altra, portandoli ad equivoci che stanno già rovinando il loro matrimonio poco a poco. È giunta l'ora che qualcuno faccia qualcosa.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belgio, Inghilterra/Arthur Kirkland, Portogallo, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I. Il tempo tra il risveglio e il momento di andare al lavoro è sempre un affare sobrio, regolato dalla solita routine. Marie si sveglia senza particolare voglia alle sette, si prepara con la maggiore efficienza possibile, dato il suo stato di sonno che le appanna la vista e la distrae dal lavarsi la faccia per farla perdere ancora un po’ nel mondo dei sogni, e finalmente scende in sala da pranzo. Ogni mattina, trova suo marito già seduto al suo posto a tavola, in completo e cravatta, a leggere il giornale. Al rumore della sedia di Marie, lui si accorge finalmente della sua presenza, abbassa il giornale, e Marie ha la prima impressione di Arthur Kirkland appena sveglio: capelli biondi disordinati che non sembrerebbero fuori posto come nido di pettirossi se non fosse così irritato da qualsiasi suono quando si alza dalla parte sbagliata del letto, occhi verdi come la campagna inglese semichiusi e qualche volta cerchiati di nero e gonfi, sopracciglia scure arricciate, bocca contorta in uno sbadiglio che copre la mano su cui brilla la fede nuziale, volto pallido ancora segnato dal cuscino e, a prova della sua costante distrazione, macchie di Marmite sull’angolo sinistro delle labbra. A questo punto, si scambiano un cordiale buongiorno. Marie si siede mentre Arthur ripiega accuratamente il giornale per poggiarlo alla sua sinistra; se la giornata è iniziata bene, lei ne approfitta per prenderlo in giro per quel piccolo gesto cortese che, tutto sommato, le fa piacere, essendo il giornale per Arthur un’ottima barriera per evitare chi non sopporta.

“Finito già di leggere?” chiede, conoscendo  già la risposta.

Arthur alza il naso e dice in una maniera snob che Marie non sopporterebbe se non notasse le sue orecchie che si tingono di rosso, “Niente di interessante oggi”

La conversazione finisce così, tanto che Marie a volte si chiede perché Arthur si prenda il fastidio di ripiegare il giornale se poi non dice A. Ignora l’atmosfera tesa della sala facendo dei waffles che la cuoca prepara solo per lei e del caffè o the (un tocco di latte e due zollette di zucchero) suoi ostaggi. Il rumore delle posate è l’unica compagnia fino a quando non finiscono di mangiare, dopodiché si salutano e ognuno va per la propria strada.

A volte, mentre sale in macchina e scorge Arthur che si allontana con la sua, Marie si chiede quando lui noterà le macchie sul suo volto, se in macchina o a lavoro.

 

 

II. Arthur Kirkland è il quarto figlio del famoso Henry Kirkland, presidente della casa editrice Kirkland, che nel corso dei decenni si è fatta un nome grazie alla sua capacità di inquadrare da subito gli autori validi e all’ottima qualità delle sue edizioni. I libri potrebbero far parte del codice genetico dei Kirkland, come il sangue blu corre nelle vene dei nobili: ognuno di loro, già da piccolo, è introdotto a grandi e piccole biblioteche al posto dell’asilo e cresciuto a pane e libri. Attualmente Angus, il più grande, si occupa di libri sui viaggi, Erin difende a spada tratta il filone della storia antica e del folklore, non tollerando alcun dato sbagliato, e Owen dirige la filiale in Galles con la stessa dedizione con cui una madre cresce i propri figli. Il più piccolo della famiglia, Peter, non ha ancora l’età giusta, ma se la sua capacità di smontare gli argomenti altrui finché non sono o troppo stanchi o incapaci di ribattere può dire qualcosa, allora lo aspetta certamente un brillante futuro nella saggistica. Quanto ad Arthur, la sua ‘capacità critica’ (o, chiamandola con un termine più oggettivo, pignoleria) gli ha fatto guadagnare (non c’è niente nella famiglia Kirkland che non si ottenga senza lavorare duramente) la posizione di capo editore. Essendo il quarto figlio, dell’azienda di famiglia gli toccherà ben poco oltre al posto di lavoro, ma ciò non ha impedito alla sua famiglia di organizzargli un matrimonio combinato con la figlia di una famiglia di consulenti finanziari, i Lateau. Sono ricchi e dannatamente bravi nel loro lavoro, cosa che non può non dispiacere alla famiglia di Arthur, e loro in compenso ottengono un posto in società.

Le nozze sono celebrate in una limpida e fresca giornata primaverile. Nel suo smoking nero Arthur, sospira la madre, ha finalmente l’aspetto di un giovane uomo. Più che un uomo, Arthur si sente come un ragazzino al primo giorno di scuola. Marie sembra un incantevole fiore, con i capelli biondi elegantemente raccolti e intrecciati con perle e l’abito bianco di merletti costato una fortuna, il volto reso più bello dal rossore delle guance che dà risalto ai suoi occhi. Pur non avendo superato nel periodo del fidanzamento la fase di una semplice amicizia, sapendo poco l’uno dell’altra, quando Arthur la vede all’inizio della navata, poi camminare accompagnata dal padre e dalla musica nuziale e poi accanto a lui, con quel magnifico profumo di fiori e il sorriso in parte nervoso, si sente improvvisamente un uomo fortunato, senza riuscire a spiegarsene il perché. Un presentimento, forse?

 

 

III. Se non escono con i loro amici o non sono invitati a vari eventi, Arthur e Marie cenano insieme. Sono sposati da poco tempo e Marie già non ha dubbi: non piace a suo marito. La cameriera finisce di imbandire la tavola e dalla cucina proviene un profumo delizioso alle sette in punto, ma capita spesso che Arthur non scenda per mangiare e debba essere chiamato dalla cameriera; Marie teme che lui la voglia evitare. (Non conosce ancora i difetti di Arthur, e le farebbe comodo sapere che dimenticarsi di mangiare e perdersi fra le nuvole sono alcuni di essi) Finalmente Arthur arriva di gran carriera, borbottando uno ‘scusa’ tra i denti e nulla più, nemmeno una spiegazione riguardo ai suoi frequenti ritardi. (Altro difetto di Arthur: non ama ammettere di avere torto) Mangiano in silenzio senza che lui provi ad iniziare una conversazione, e rispondendo con monosillabi ai tentativi di Marie di rendere la serata meno tesa. Spesso Arthur sembra  non vedere l’ora di alzarsi, picchiettando nervosamente il tavolo con le dita tra una portata e l’altra e alzandosi dopo a malapena un pezzettino di dolce, senza dire niente. Non passa molto tempo fino a quando Marie decide che non ne può più e inizia ad evitare di cenare a casa con suo marito in favore ad uscite con le sue amiche, che comprendono la sua situazione.

“Chissà che gli passa per la testa a quello” le dice Elisaveta, la sua migliore amica fin dai tempi del college. “Te lo dico per esperienza, Roderich era anche peggio a volte, solo lui e il suo pianoforte. Suona divinamente, ma dopo un po’ inizi a sospettare che abbia più conversazioni con il piano che con te. Meno male che esiste il divorzio” conclude con un sorriso, agitando le dita della mano sinistra, priva di anello. Marie non replica: ricorda perfettamente in che stato versava Eli prima e immediatamente dopo il divorzio. Non è una scelta da farsi a cuor leggero, e Marie non è tanto infelice da aver bisogno di pensarci su. Nonostante il suo atteggiamento talvolta discutibile, Arthur sembra un brav’uomo e di certo lo sembrava prima del matrimonio, prima che la loro amicizia si interrompesse agli esordi.

“Tempo fa parlavamo. Non tantissimo, ma parlavamo” dice, pensierosa.

Elisaveta annuisce, comprensiva. Per qualsiasi problema, le dice, le porte di casa sua sono sempre aperte. “Mi assicurerò personalmente che Gilbert non dia fastidio” dice con fierezza.

 

 

IV. Arthur non è il tipo di persona che ama parlare dei suoi problemi. Lamentarsi sì, criticare ancora di più, ma confidarsi, anche se con il suo migliore amico Gabriel, che conosce da una vita, lo mette profondamente a disagio. Da tempo però sente che le cose stanno peggiorando e non riesce a sistemare le cose da sé, lui e Gabriel sono seduti al loro solito tavolo nel locale di cui ormai sono clienti fissi e Arthur, con la testa più leggera e decisamente rilassato, si sente cullato nell’atmosfera tranquilla. Le loro birre preferite arrivano senza che debbano alzare la voce, basta fare un segno al proprietario, il numero di persone presenti non mette a disagio Arthur, il chiacchiericcio di sottofondo copre in modo perfetto le conversazioni. Quando ormai si sente abbastanza ubriaco, cioè quando la camicia aperta sul petto abbronzato del suo amico non gli dà più fastidio, decide finalmente di parlare. Cos’ha da perdere, gli sussurra l’alcool.

“Marie mi sta evitando”

Gabriel presta immediatamente attenzione alle sue parole. “Cosa te lo fa pensare?” chiede con quella cadenza musicale ereditata dalla suo paese natale, in Portogallo.

Con la voce leggermente impastata, che sia a causa dell’alcool o, spera di no, a causa di quello che prova ricordandolo, Arthur gli parla delle cene passate in solitudine, delle scarse volte in cui l’ha vista durante la settimana e la frettolosa colazione la mattina, solo il tempo di mandare giù qualcosa e poi via, fuori di casa. “È giusto che esca, ma non la vedo quasi più” conclude tristemente e beve un abbondante sorso di birra per darsi coraggio e andare avanti. Sperando che non si noti quanto lo addolora, continua con un sussurro “Temo che sia infelice. Con me.” e non riesce a reprimere la sensazione di fallimento. Gabriel gli dà un’amichevole pacca sulla spalla, guardandolo con occhi comprensivi ma (conosce bene Arthur da sapere bene cosa evitare) non pietosi.

“Ne hai già parlato con lei?” chiede.

Sente quasi rintoccare l’ora dell’onestà, perché, sebbene arrossisca e non riesca a guardarlo negli occhi, Arthur, che da lucido è un gran bugiardo, risponde sinceramente con un borbottio “Riesco a malapena a dirle buongiorno”

All’improvviso Gabriel sembra illuminarsi: si raddrizza sulla sedia, il suo sorriso si allarga a un punto tale che potrebbe accecare chiunque nel locale e stringe la mano ad Arthur che non capisce cosa abbia causato questa reazione inaspettata e lo guarda con confusione.

“Prova a conversare un po’ con lei, mettila a suo agio nella casa e lascia che accada. Presto capirai da solo”

 

 

V. L’agenda di Arthur, dalla elegante copertina in pelle nera e un pratico spazio per conservare una penna da usare quando non ne trova altre (tende a capitargli più spesso del normale, tanto che ha iniziato a chiedersi se qualcuno gliele rubi dall’ufficio e a osservare con attenzione paranoica chiunque ne usi una), riporta ordinatamente in una grafia leggibile incontri di lavoro, scadenze e tutto ciò che sia legato al suo lavoro, con l’eccezione delle riunioni di famiglia che comunque sono vicine ad essere considerate un lavoro a parte, dato che deve avere a che fare con due fratelli e una sorella intollerabili (Owen non conta) e una madre e un padre che evidentemente provano gusto a fargli domande imbarazzanti, certo in buona fede, alle quali non può non rispondere. L’agenda è un oggetto essenziale della sua vita, perché Arthur ha una certa tendenza che preferirebbe rimanesse segreta di perdersi con la testa fra le nuvole. (L’incidente delle chiavi dimenticate nel cassetto delle mutande, ritrovate da una cameriera attenta, brucia ancora troppo nella sua memoria) Controlla l’agenda tutti i giorni e la porta sempre con sé nella sua ventiquattrore. Niente che non sia lavoro ha trovato spazio tra le sue pagine. Arthur la custodisce quasi come un tesoro prezioso, a cui solo lui ha accesso.

Per questo nessuno nota il primo segno di cambiamento, per tanto piccolo che sia, un cerchietto nero attorno ad una specifica data di Marzo, che ricordi ad Arthur quella bella giornata primaverile in cui lui e Marie sono diventati marito e moglie.

Non è da gentiluomini dimenticare il giorno delle proprie nozze.

  
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