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Autore: Nimue07    17/02/2014    0 recensioni
[dal sesto capitolo]
-È successo circa un mese fa- cominciò a raccontare -mi sono messo alla finestra ad aspettare.
-Aspettare cosa?- chiese Lauren dubbioso. Convinto che Ryan lo stesse prendendo in giro.
-Ad aspettare che accadesse qualcosa!- esclamò Ryan, cercando di creare la più suspense possibile -Mi sono accorto che accadeva sempre qualcosa di strano di notte, solo nelle notti in cui la luna splendeva nel cielo più visibile.
-È una di quelle storie da campeggio al chiaro di luna?- domandò il ragazzo, drizzando le ruote della sedia in modo da osservare meglio Ryan, mentre quest’ultimo si faceva serio:
-Dubitavo anch’io su quel che vidi quelle notti- disse Ryan sfoderando un suo lato nascosto, che difficilmente tirava fuori -c’è stato un momento in cui credevo di essere impazzito. Ho conosciuto una ragazza …
-No?!- esclamò divertito Lauren -C’era in giro una ragazza a Grain, con cui non eri ancora uscito? Deve essere una forestiera.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scusatemi gli errori grammaticali :|
Aprezzo anche critiche costruttive, in fondo servono a crescere, anche se questo per me è un semplice passatempo.
Vi lascio al secondo capitolo
vostra Missdream, ai miei preziosissimi lettori XD
*.*.*.*.*.*.*.
                       Scusa non richiesta
                                            Accusa manifesta

 
Ciò che viene celato ai nostri occhi attira il nostro spirito,
Ciò che abbiamo a portata di mano non viene considerato.
 
Se vuoi celar qualcosa
Posala nel buio della mente del tuo avversario
Li dove il tuo nemico non andrà a cercare.
 
Nel frattempo
abbi il coraggio di sbirciare nelle tue oscurità.
 
Il buio è un’illusione,
cela quel che ben conosciamo, non lo muta.
Accendi la luce, li dove vi è il buio nella tua mente
dove nascondi le tue debolezze,
imparerai da te stesso.

Se comprenderai il giusto
sarai superiore a chi vede con i soli occhi.
*.*.*.*.*.*.*.
 
Il temporale si imbatté violento su Grain quella notte, Ryan non riusciva a dormire, si sentiva soffocare.
I lampi fuori dalla finestra erano oppressivi, gli davano l’impressione di una discoteca a cielo aperto nella quale non puoi parlare per il troppo chiasso, anche se vorresti dire la tua in una conversazione con concetti che non condividi.
Il tutto era molto confuso, solo perché Ryan lo era.
Sbuffando si alzò dal letto, accese la luce e si affacciò alla finestra dalle serrande semi aperte; per via del risparmio energetico avevano fatto spegnere i lampioni del circondario, la visibilità dunque non era delle migliori ma, l’occhio attento di Ryan scorse un particolare abbastanza curioso.
Pensando all’uomo che aveva fatto la spia mettendolo alle strette, cominciò a fissare la sua casa, come se stesse interrogando lei ed i suoi abitanti. All’improvviso le luci di casa Brown si accesero tutte assieme, dopo qualche secondo cominciarono a lampeggiare convulsamente a ritmi differenti, non poteva essere un guasto tecnico per via del temporale perché nella sua stanza la luce non era mai andata via. La pioggia diventava meno fitta e Ryan riuscì a scorgere una figura sgusciare via dal retro della casa dei vicini; all’inizio non la riconobbe, quando la casa si accese nuovamente come un albero di Natale a festa, la vide nitidamente: si trattava di Beatrix Brown, aveva una torcia in mano che puntò dritta al contatore della luce alle spalle della casa. Ryan conosceva l’utilizzo insolito del vestiario della donna ma, non si sarebbe immaginato di vederla in abito da sera a quell’ora della notte, per di più scalza. La sua capigliatura una volta impeccabile adesso era appiattita dalla pioggia.
Doveva ammettere che anche in quelle vesti la donna aveva il suo fascino, Ryan però non sapeva spiegarsi perché fosse uscita così di corsa, senza neanche portare con se un ombrello.
La donna armeggiò all’interno della cabina elettrica, dopo qualche secondo le luci dell’abitazione si spensero portando il buio quasi totale, se non per una luce flebile puntata sul lato della casa; Ryan si accorse che quella luce proveniva dalla sua finestra, velocemente la spense per far si che la donna non lo notasse, sarebbe stato controproducente farsi pizzicare a spiarli dopo gli  avvertimenti di suo marito di quella mattina.
 
Quella notte non avvenne nient’altro di interessante se non la scoperta che, chi appare lontanamente interessante di giorno, lo è altrettanto se non di più nel corso delle ore notturne.
–‚—*.*.*.
Il mattino dopo la vita in casa Omalley si svolse come se nulla fosse successo. Dopo aver ripetuto a se stesso le scoperte della notte precedente, Ryan si rese conto che non c’era nulla di così eclatante in ciò che aveva visto. Ciò nonostante continuava a pensarci, come se dietro ci fosse un rebus che non poteva fare a meno di risolvere.
Cominciò col far domande sporadiche al padre, giusto per trarre qualche informazione su Dominique Brown.
Le domande pian piano si facevano più insistenti: “Come mai i Brown non hanno mai visite? Perché non hanno mai mostrato attenzione ai loro vicini di casa, se non adesso? Anche se risiedono in quella casa da ormai due mesi!
Perché Arthur si è fidato delle parole di Dominique senza dubitare, quando gli è stato riferito che il figlio passeggiava per le vie di notte?”
Le risposte monosillabi di Arthur non soddisfano affatto la curiosità del figlio che, con le sue domante sempre più azzardate, infastidì non poco il padre che si rifiutò categoricamente di rispondere.
Scambiandola per curiosità dovuta alla noia, Arthur permise al figlio una pausa dalla vita domestica, concedendogli di andare a trovare il suo amico Chris, a patto però, di fare ritorno a casa entro il tramonto e non soffermarsi nei pressi di casa Brown, non rivolgendo domande agli stessi.
-Dimentica i Brown, non interessartene, lasciali ai fattacci loro!- disse l’uomo a Ryan a denti stretti, prima dell’uscita.
Lasciali ai fattacci loro?
La scelta anche di un solo termine in una affermazione ne cambiano il significato e l’intenzione.
Cosa voleva dire suo padre con quell’ultima battuta non dosata?
Ormai era chiaro. I Brown non volevano essere disturbati.
Cosa avrebbe dato Ryan, per poter ascoltare la conversazione tra Dominique e suo padre del mattino precedente!
Il ragazzo non aveva alcun sospetto su i suoi vicini ma ora, le preoccupazioni eccessive del suo dirimpettaio lo avevano insospettito.
Se non avesse fatto la spia, se non si fosse raccomandato di tenere alla larga Ryan dalla sua abitazione, a quest’ora il ragazzo non rivolgerebbe all’uomo attenzioni maggiori a quelle rivolte al resto del vicinato.
Tante volte, più si è determinati a nascondere qualcosa, più si attira l’attenzione.
 
Cercando un parere o forse qualcuno che fosse dalla sua parte, Ryan raccontò il tutto a Chris che attese un attimo prima di dire la sua, quasi come se aspettasse maggiori informazioni per valutare meglio i dubbi dell’amico.
-Ti vuoi creare un nuovo nemico? Certo il comportamento di questo Brown è sospetto …- disse Chris, mentre l’amico gli mostrava più attenzione -E tuo padre sta davvero esagerando con il suo comportamento ossessivo!- aggiunse.
-Allora sei d’accordo con me?- ribatté Ryan con un sorriso soddisfatto.
-Sono d’accordo sul fatto che vi somigliate!-  rispose il ragazzo  -Per motivi differenti ma, siete entrambi ossessivi testardi.
-Uno dei due deve per forza avere ragione.
-Non è una gara a chi ha ragione.
-È stato Brown ad iniziare, se lui non avesse provocato … - ma Chris interruppe le spiegazioni di Ryan:
-Ci hai mai parlato con quest’uomo?
Ryan ci pensò su qualche secondo prima di rispondere.
Era vero, non ci aveva mai scambiato una parola con quell’uomo. Ogni tanto un buon giorno se ci si incontrava per strada, occasioni nelle quali l’uomo aveva sempre risposto in modo cortese.
Un particolare nei ricordi di Ryan si fece vivo, lo sguardo che l’uomo gli rivolgeva non era mai stato magnanimo. Se pur le parole fossero educate, le sue espressioni non erano mai sprovviste di cattiveria. In passato avrebbe detto che era il suo viso, molti non si rendono conto delle espressioni di mer****coledì che fanno.
Tali sguardi gli riservava solo a lui?
–—*.*.*.
Convincendosi a pensare ad altro, Ryan prese a leggere un quotidiano vecchio di due giorni, trovato in soggiorno.
Fu il sonnifero giusto, perché prese un sonno così profondo che non udì il chiasso provocato dal padre in giardino, a causa della sua fissazione col giardinaggio.
 
Si svegliò intorno all’una di notte con un grido del padre infuriato, perché le sue luci erano ancora accese.
Per tutta risposta, invece di spegnere la lampada sul comodino, Ryan accese anche la plafoniera del soffitto, prese la sua torcia e la fece passare sotto il varco troppo largo tra il pavimento e la porta. La conseguenza fu un maggiore urlo da parte del padre:
-È il mio ultimo avvertimento!- disse l’uomo che non si mosse dalla sua camera da letto per pigrizia –La tua punizione può ancora peggiorare, non sfidarmi!
Ryan ridacchiò fra se e se, sfottere il padre era un divertimento che sfruttava anche nei suoi tempi di piena libertà.
 
Improvvisamente, come rispondere al comando di Arthur Omalley, le luci si spensero nella camera di Ryan, lasciando come unica fonte luminosa, la torcia che teneva ancora poggiata per terra accanto alla porta.
Mentre il padre emetteva un grugnito di soddisfazione, pensando che il figlio avesse per una volta obbedito, rispettando la sua volontà, Ryan si recò alla finestra.
I lampioni erano spenti come al solito, la visibilità era comunque buona, grazie alla luce della luna che gli permise di assistere ad un fatto ben fuori dal comune.
Una ragazza passeggiava per strada con passo altalenante, era distante e Ryan non poté studiare nei dettagli il suo aspetto, aveva un non so che di attraente, come se non gli si potesse togliere gli occhi di dosso. Era sicuramente una povera sbandata fatta di qualche sostanza.
Finalmente qualcosa di diverso per le strade di Grain. Ryan sorrideva ancora fra se e se, quando ad un certo punto il suo sguardo mutò; un’ombra apparve in quello scenario rendendolo ancor più strano, si trattava di un uomo dalle larghe spalle che seguiva furtivo la giovane, nascondendo la sua figura con la complicità del fogliame dei giardini del vicinato.
Ryan rimase per qualche secondo a studiare la seconda figura per cercare di riconoscerla, afferrò il binocolo e quando l’uomo fece capolino da un cespuglio, quasi come fosse titubante all’idea di avvicinarsi alla ragazza, lo riconobbe; si trattava di Dominique Brown, Ryan ne era sicuro, si avvicinava sempre più alla sua vittima designata, ormai era a pochi passi da lei, ignara di tutto.
Il ragazzo lanciò un avvertimento alzando la voce nella sua camera, quasi come se potesse avvisare la ragazza, che si voltò proprio in quell’istante come se l’avesse udito. Lo spettacolo inaspettato a cui assistette Ryan in quel momento cambio le carte in tavola abbastanza repentinamente, colei che si voltò non era affatto una ragazza ma, una creatura sovraumana, tanto che il ragazzo strinse maggiormente il binocolo, col timore che quell’immagine gli sfuggisse. Il viso pallido della creatura, fissava con i suoi occhi tondi come biglie, l’uomo che paralizzato rimase temporaneamente nel suo nascondiglio.
I capelli della creatura erano di un colore indecifrabile, si muovevano ad una velocità differente dal suo movimento a tratti rallentato e velocizzato, come fosse uno strano video difettoso, mandato avanti e indietro a tempi differenti. Con lo sguardo cercava intorno a se, come se adesso sapesse di essere seguita.
Ryan si ritrovò a fare un tifo opposto al precedente, l’uomo avrebbe dovuto allontanarsi dal pericolo invece di cercarlo, eppure ci si buttò a capofitto, attese il momento giusto per saltar fuori dal suo nascondiglio, e in un attimo le sue forti braccia circondarono la creatura sorprendendola alle spalle. Ryan vide un leggero bagliore tra i due, come se si fossero illuminati.
Il lampo durò un secondo prima che la creatura/ragazza si accasciasse perdendo tutt’a un tratto la sua mobilità. L’uomo la caricò sulla sua spalla sinistra, voltatosi il suo sguardo andò dritto alla finestra di Ryan che con un gesto improvviso si abbassò al di sotto del davanzale per non essere visto.
Si sentì molto stupido in quel momento oltre che codardo, non aveva alcun motivo di nascondersi, le luci erano spente e l’uomo non l’avrebbe visto comunque. Mentre ci pensava su, seduto sul pavimento della sua camera tornò la luce. Prontamente andò a spegnerle, sbirciò dalla finestra ma, non c’era più nulla da vedere oltre la serranda semi chiusa.
23 ˞ۥ Maggio ˞ 1997
Avvenimenti che hanno dell’incredibile sono difficili da spiegare, ancor più difficile è far si che ti credano.
Ryan raccontò a Chris ciò che aveva visto, tralasciando il notevole particolare dell’anormalità di quella ragazza dalle fattezze mostruose. Anche senza tali particolari quella storia aveva dell’incredibile.
In fin dei conti cosa poteva dirgli il suo più caro amico in merito?
Chris gli consigliò di rivolgersi alla polizia ma la polizia non poteva essere messa al corrente, cosa avrebbe detto al capo Care? “Senta? Un mostro passeggiava di notte lungo il mio isolato, e il mio vicino l’ha fermato salvando noi poveri cittadini ignari del pericolo”.
Dare adito all’eroismo di Dominique, era un pensiero ancor più odioso del passare per uno sbandato, che sogna ad occhi aperti nelle calde sere d’estate.
Solo una cosa era certa: se avveniva qualcosa di anomalo, accadeva sempre nelle ore notturne, quella notte Ryan si sarebbe appostato alla finestra, non avrebbe fatto il minimo sbuffo nel doversi ritirare presto nella sua stanza.
L’attesa è sempre snervante. L’attenzione di Ryan cadeva su ogni più piccola foglia in movimento; poco distante uno scoiattolo correva furtivo da un tronco ad un altro; una civetta in veglia come lui su di un ramo di pino; neanche una macchina di passaggio, tanto che Ryan poteva ascoltare i rombi dei motori della strada esterna più vicina.
Ed ecco, all’una di notte, un movimento nel cortile di casa Brown attirò la sua attenzione; a passo felpato il suo vicino uscì dall’umbra, era più vicino alla sua abitazione rispetto alla sera precedente, Ryan poté osservare Dominique in modo più attento.
L’uomo pareva annusare l’aria a caccia di tracce invisibili al tatto.
Possibile che si sia lasciato sfuggire la creatura anche questa notte, si diverte a giocare al gatto e al topo?
Con gesto veloce Ryan vide l’uomo infilare il braccio sinistro in una delle siepi del suo giardino, ne tirò fuori come fosse un arbusto da estirpare la creatura vista la notte precedente. Ora che Ryan poteva meglio osservarla, non appariva tanto spaventosa, era semplicemente … insolita.
Si sa, il diverso fa sempre paura!
L’uomo trascinò in malo modo la creatura, vestita di una semplice camiciola troppo grande per la sua figura esile, tanto da spingere Ryan ad intervenire.
Il ragazzo, smontando le cerniere della vecchia porta riuscì a rendere inutili i chiavistelli posti dal padre, scese le scale il pochi balzi, recuperò le chiavi del portone di ingresso, prese fiato prima di affacciarsi all’esterno della sua abitazione ma troppo tardi, la strada ed entrambi i giardini erano deserti.
Un rumore attirò la sua attenzione nel cortile che raggiunse a passo incerto, deluso scoprì che il suono era stato causato da un gatto randagio a caccia di spuntini notturni. Essendo ormai sul posto, decise di ispezionare la siepe nella quale era nascosta la creatura. Se voleva scappare perché aveva scelto un posto così vicino al suo aguzzino? Non poteva correre via?
In quell’istante tutto venne interrotto, un forte dolore alla nuca e buio …
 
Che cos’è il buio?
Perché ne abbiamo paura da bambini?
Probabilmente continuiamo ad averne paura negli anni, anche se per motivi differenti.
Il buio nasconde ciò che di giorno conosciamo bene. Nasconde, cela, ma non fa realmente svanire.
Spesso è solo un’illusione, è solo paura di scoprire che ciò che abbiamo di fronte
non è altro che la realtà che non vogliamo accettare.
–—*.*.*.
Qualcuno stava canticchiando allegramente, senza parole, solo versi a tratti troppo acuti.
Il rumore dello scorrere dell’acqua era rilassante, quasi una ninna nanna che ti culla. Anche se parte di quell’acqua era finita sul suo viso.
Ryan sentiva di essere stanco ed intorpidito, eppure si stava appena svegliando.
Bel modo per iniziare una giornata!
Aprì gli occhi cercando di ignorare il gran mal di testa, vide sopra di se non il solito soffitto della sua camera ma, la scala da giardino del padre, utilizzata giorni prima e mai rimessa a posto. Sotto di lui un pavimento fatto di erbetta e fogliame umidiccio.
-Buon dì!- cinguettò una voce sopra la siepe che separa il suo cortile dal giardino laterale dei Brown -Ti stai godendo il fresco delle prime luci dell’alba?- continuò Beatrix Brown senza arrestare le sue attività di giardinaggio.
-Cosa?- chiese Ryan mentre intontito si sollevava dal tappeto di foglie che gli aveva fatto da letto.
-Che faccia ragazzo. Ti senti bene?- intervenne Beatrix mollando il suo innaffiatoio rosa Barbi, irrompendo nel suo cortile senza permesso.
Ryan non ricordava come fosse finito li, sapeva bene però che non voleva porgere a quella donna informazioni di alcun genere. Cercò di tagliar corto, tirando fuori il suo solito comportamento da gradasso che tanto piaceva alla donna, in modo da distrarla dal suo aspetto trasandato causato dalla notte passata in giardino.
Salutò velocemente la donna e fece rientro in casa.
Salì al piano di sopra a passo di zombie, dalla camera da letto di suo padre proveniva un sonoro russare, aveva un’altra oretta libera prima della sveglia giornaliera alle sette in punto, così si sciacquò velocemente il viso e si getto sul letto, non aveva forza e voglia di riflettere sull’accaduto e riprese sonno velocemente.
 –ƒ—*.*.*.
Il risveglio di Ryan, nel suo comodo letto, avvenne decisamente più tardi di quel che pensava.
Diede un’occhiata veloce alla sveglia:
-Cacchio! Sono le 10.00!-  strabuzzò gli occhi destandosi velocemente dal letto.
Il padre non gli aveva fatto la solita sveglia.
Il ragazzo diede un’occhiata alla sua porta, doveva rimetterla a posto prima che il padre si accorgesse della sua fuga. Una volta finito, la porta cigolando si aprì da sola, non era fissata da chiavistelli come la sera prima.
Troppe cose non avvenivano nel solito abitudinario quel giorno, forse Arthur l’aveva scoperto, ed ora progettava di vendicarsi cogliendolo di sorpresa. Il ragazzo uscì cauto dalla sua camera, una volta nel corridoio udì il russare del padre.
Sta ancora dormendo?
Entrò nella sua camera, benché all’uomo desse molto fastidio.
Con questo caldo dorme sotto le coperte?
Le sollevò con uno strattone, rivelando dei cuscini addobbati, in maniera che dessero l’impressione che qualcuno stesse dormendo in quel letto; accanto un registratore collegato alla presa elettrica vicino al comodino, che ritrasmetteva sempre il solito motivo, per simulare il russare profondo di un uomo di mezza età.
Anche il padre di Ryan dunque fuggiva di notte, per quello che il figlio poteva constatare non aveva fatto ancora ritorno. Aveva sicuramente aperto i chiavistelli della porta sigillata prima di andar via.
Perché non lasciare alcun biglietto?
Ryan si crogiolava all’idea del bel rimprovero, che avrebbe potuto rivolgere al padre appena avrebbe fatto ritorno.
–ƒ—*.*.*.
Ancora leggermente stordito Ryan si sforzò di ricordare cosa fosse successo la notte precedente. Scendendo al piano di sotto, stando ben attento a non inciampare andò in cucina e vi trovò il tavolo in disordine, con bicchieri di plastica e sei bottiglie di birra di cui quattro vuote.
Probabilmente non ricordava nulla perché ubriaco, anche se non era tipo da perdere la testa con sole quattro birre.
Appoggiandosi allo stipite della porta, un po’ per sorreggersi, un po’ in gesto di riflessione, Ryan non badò a ciò che aveva dinanzi, o meglio, a chi aveva davanti.
Sollevò lentamente lo sguardo, ritrovandosi di fronte ad un’esile ragazza in tuta, dai lunghi capelli spettinati castano chiaro, e occhi sottili che ne risaltavano il nocciola delle iridi. Lo stupore da parte del ragazzo fu una reazione del tutto normale all’occasione ma, il suo grido spaventò la ragazza che scappò via, proprio mentre suonava il campanello della porta.
Nel raggiungere l’ingresso Ryan continua a richiamare l’intrusa, guardandosi intorno.
Ad aver bussato però non era suo padre, bensì Chris:
-Che hai combinato?-  si stupì il ragazzo squadrando Ryan dalla testa ai piedi. Il suo aspetto non era certo dei migliori: spettinato, trasandato, scalzo e ancora sporco di terriccio lungo la canottiera una volta bianca.
-Sapessi quello che è successo …- brontolò Ryan chiudendo la porta.
-Cosa?- domandò preoccupato Chris, mentre Ryan non gli mostrava attenzione, guardandosi intorno alla ricerca della ragazza.
-Non lo so!
-Forse non hai capito la domanda- riprese Chris –Ti ho chiesto che cosa ti è successo? Tuo padre ti ha proibito la doccia?
-E io, ti ripeto- ribatté Ryan, questa volta concedendo all’amico un po’ di attenzione -Che non lo so che è successo, e non so dove sia finito mio padre.
-Lo stai cercando?- lo fissava Chris, mentre Ryan faceva un giro di ricognizione in cucina.
-Renditi utile- lo interruppe Ryan -Aiutami a cercare la zingara che si è intrufolata in casa.
-Hai ospitato una mendicante in casa? Tuo padre è d’accordo?-  domandò Chris stupefatto
-No! È la nuova badante di mio padre! Un regalo di compleanno in ritardo- fece Ryan sarcastico -La ragazzina si è intrufolata in casa mentre dormivo. Tu cerca al piano di sopra, mentre io do una controllata qui intorno.
 
I due ispezionarono ogni stanza ma della ragazza non vi era traccia.
Tornando al piano inferiore Chris notò le numerose bottiglie di birra tra il tavolo e il lavello:
-Hai festeggiato in solitario ieri!
-Probabilmente è opera di mio padre. Io non ho toccato una birra.
-Magari le ha bevute la senza tetto che si è intrufolata in casa- fece sarcastico Chris
-Si!- esclama Ryan come folgorato dalla verità -È stata lei sicuramente! Era scalza, non può essere andata lontano. Hai cercato bene al piano di sopra.
-Dappertutto!- risponde Chris con un cipiglio -Ora devo andare, avevo promesso di dare ripetizioni ai più piccoli di domenica mattina.
-Mi lasci da solo, prima di risolvere …
-Risolvere cosa Ryan? Tu ti sei preso solo una bella sbronza- proclamò Chris con poca pazienza -Fattela passare prima che ritorni tuo padre e fatti una doccia!-  gli disse prima di andar via.
 
In fin dei conti non gli piaceva affatto lo sguardo inquisitorio di Chris, non era stato capace di crederlo, non aveva avuto modo di spiegargli tutto, anche se forse era meglio così.
Il ragazzo dal basso morale, si recò al piano superiore continuando a pensare a ciò che aveva visto, possibile che quella ragazza fosse frutto della sua immaginazione?
No. Impossibile!
Se si fosse immaginato una ragazza, non certo gli sarebbe apparsa in tuta. Magari con un bel bichini, bionda e dalle curve mozzafiato, non una ragazzina poco più che bambina dall’aspetto trasandato.
Aprì la porta del bagno, allungò una mano al di là della tendina della doccia per far scorrere l’acqua calda, ma un gridolino lo fermò. Con uno scatto netto aprì la tenda da doccia, rivelando l’intrusa nascosta nella vasca da bagno.
-Ecco dove ti eri nascosta!- esultò Ryan contento più del fatto di non essersela immaginata, che dell’averla trovata
-No, no, no!- Fece la ragazza coprendosi il viso senza alzare troppo la voce. Rannicchiata appariva ancor più piccola.
Ryan le intimò di alzarsi ma lei rimase impassibile, come volesse scomparire magicamente dalla sua vista. Dopo un solo monito di insistenza Ryan perse la pazienza e la convinse ad alzarsi tirandola per un orecchio, come si fa con i bambini.
La ragazza, interpretando male il motivo della rabbia di Ryan, si scusò prontamente:
-Mi dispiace, mi dispiace davvero, non volevo fare del male!- disse tutto d’un fiato.
Dopo averla convinta a destarsi Ryan rimase perplesso da tali scuse.
-Non volevi cosa? Di che stai parla….- a Ryan bastò osservare l’espressione di terrore sul volto della ragazza per comprendere  -Mi hai colpito! Per quello mi sono ritrovato steso in giardino. Sei stata tu a colpirmi!- si infervorò.
La sconosciuta si rese conto di aver scelto male le parole ma, era troppo tardi per rimangiarsi le scuse.
-Ti ha fatto del male?-  chiese lei spiazzando Ryan  -Voglio dire … ti è stato fatto del male?- si corresse.
Sempre più confuso il ragazzo la fissava come a voler percepire il minimo indizio da ogni suo movimento.
-Vuoi dire che non mi hai colpito tu?- chiese Ryan abbassando il tono di voce.
-Sei stato colpito? Quando? Ieri notte? Chi hai visto?- partì la ragazza con le sue domande a ripetizione
-Stop!-  la fermò Ryan per le spalle
-Io sto ferma!-  lo fulminò lei spingendolo indietro –Sei tu che con la tua agitazione continui a non vedere aldilà del tuo naso.
-Eeee?- Ryan si rese conto in quel momento che continuava a marciare sul posto -Ok!- cercò di darsi un contegno -Cosa è successo ieri notte qui dentro?
-Come posso saperlo?-  replicò lei  -È vero! Mi sono introdotta in casa tua ma, non sono una ladra ne una zingara.- precisò dimostrando di aver udito la precedente conversazione con Chris. 
Ryan fu sorpreso del linguaggio utilizzato dalla ragazza, non aveva il minimo accento straniero, e mostrava una certa classe nonostante la presentazione lasciasse a desiderare.
-Allora perché ti scusi, chiedendo chi o cosa ho visto?-  ritornò Ryan sull’argomento imperterrito.
La ragazza era in trappola, unica a poter mettere un po’ d’ordine sugli avvenimenti delle ultime ore, stava portando ancora più scompiglio. Qualcosa nascondeva e Ryan, doveva dimostrargli che non era il tipo di qui prendersi gioco.
Ci furono alcuni momenti di silenzio, in cui i due si fissarono senza proferire parola.
-Ho bisogno d’aiuto!-  fu l’unica frase pronunciata dalla ragazza evidentemente imbarazzata.
Mai possibile che fosse capace di rispondere ad una domanda con frasi incongruenti?
Se era una tattica per confonderlo … ci stava riuscendo perfettamente! I’orgoglio di Ryan però gli impediva di dargliela minimamente vinta; se c’era una cosa che la vita le aveva insegnato era sfruttare l’occasione.
Una richiesta d’aiuto non andava per forza rifiutata o ignorata ma, rigirata, portandola a proprio favore con un metodo vecchio come il mondo: il baratto
-In cambio mi darai le informazioni di cui ho bisogno?- disse Ryan senza girarci troppo attorno.
Preoccupata la ragazza lo fissò avvicinandosi di un passo, come a volergli leggere dentro. Ryan indietreggiò sorpreso da quel comportamento imprevedibile. Leggendo lo spavento nei suoi occhi, la ragazza tornò al suo posto, deglutì:
-A costo che siano informazioni a te estremamente necessarie-  disse porgendosi inflessibile -Una domanda per una domanda. Sei d’accordo?
-Si!- rispose Ryan se pur riluttante. Quella affermazione gli dava l’impressione che le redini della conversazione gli fossero sfuggite dalle mani nuovamente -Come ti chiami?- domandò spiazzando la ragazza.
-È questa la domanda?-  chiese stupita lei.
-È solo la prima, che credi?!- rispose Ryan con un cipiglio di soddisfazione sul volto -Allora?
-Il mio nome è Dafne-  rispose lei con un filo di timidezza.
-Ryan Omalley-  disse Ryan allungando la mano destra verso la ragazza, che fissò il palmo teso per qualche secondo, prima di rispondere al saluto con una stretta di mano.
Il fascino era un’arma che il ragazzo non aveva previsto di utilizzare con un tale maschiaccio.
Le ragazze sono tutte uguali! Anche quelle prive di sex a pel.
Dafne lasciò andare la mano di Ryan, la sua espressione tornò improvvisamente dura e risoluta
-Hai visto qualcosa di strano la scorsa notte?-  partì subito con la prima domanda.
-Non perdi tempo!- disse Ryan sfoderando uno dei suoi sorrisi da sgamo che non fallisce mai … se non in questo caso, perché Dafne era li che attendeva la sua risposta senza la benché minima reazione al suo tentativo di incantarla -Va … va bene-  si arrese temporaneamente Ryan  -La tua domanda vale per tre, perché sarebbe più riduttivo elencare le normalità di ieri notte.
-Mattina vorrai dire.
-Mattina?
-Dopo l’una di notte viene ritenuta mattina, non più notte-  spiegò tranquillamente la ragazza.
-Va bene. Mattina …- acconsentì Ryan prima di essere interrotto.
-Allora l’hai vista! Se hai visto qualcosa di strano dopo l’una di notte, ti riferisci sicuramente a lei.- spiegò Dafne più a se stessa che al ragazzo.
L’aveva ingannato. Con un trabocchetto gli aveva fatto dire ciò di cui aveva bisogno, la cosa lo infastidiva, anche se attraverso quelle informazioni Dafne, aveva involontariamente ammesso di avere a che fare con il mistero dei Brown.
Ryan decise di andare dritto al sodo, senza il timore di apparire un mentecatto.
-Se ti riferisci a quella specie di … creatura, sbucata dal cortile dei Brown …
-Brown? Chi sono i Brown?
-I miei vicini di casa-  rispose Ryan sorpreso, forse la ragazza non aveva le informazioni necessarie a comprendere cosa fosse successo –Ma scusa! Il mio turno di fare domande quando arriva?
-Quando avrai risposto, in modo completo alla mia di domanda!-  affermò decisa Dafne.
 
Era come buttarsi da un trampolino, in una piscina ricolma di un liquido di cui non conosci l’entità; sei costretto a buttarti perché il flessibile trampolino non può reggere il tuo peso molto a lungo. Attendere ciò che comunque sarebbe avvenuto o lanciarsi, andando incontro al proprio destino, pensando a come uscirne solo dopo esserci entrato.
Ryan raccontò in grandi linee ciò che aveva visto dalla sua posizione di vedetta, studiando attento ogni minima reazione, della ragazza misteriosa che ascoltava come persa in quel racconto, senza mettere in dubbio le sue parole, benché il racconto avesse dell’assurdo.
Dafne credeva alla sue parole, Ryan così comprese che poteva fidarsi nel raccontare ciò che aveva visto, la sua era semplice insicurezza. Decise che appena possibile, avrebbe raccontato a Chris l’intera vicenda senza la paura del suo giudizio.
-Non racconterai questa storia a nessuno vero?- disse Dafne al termine della spiegazione.
-Cosa? Perché?
-Prima di tutto nessuno ti crederebbe, e poi, non hai motivo di raccontare ciò che hai visto.
-Ma sentila!-  sbottò Ryan  -Non ho motivo, fin quando una svampita mi si presenta in casa con mille domande … e poi … tu mi credi.
-Anche tu sei a caccia di risposte se non erro- rispose Dafne di rimando -comunque … io ti credo perché so che è vero- azzardò la ragazza abbassando finalmente lo sguardo.
-Sai che è la verità ma, hai chiesto ugualmente spiegazioni?! Mi hai per caso messo alla prova?- domandò Ryan
-No! So che è vero, perché so che la creatura che hai visto esiste-  rispose Dafne vaga, dimostrando ancora una volta la sua imprevedibilità  -e non si tratta di una leggenda metropolitana di cui non eri ancora a conoscenza, questa è la realtà.
La verità di qui Dafne parlava era molto più profonda e intricata di quanto Ryan avesse ipotizzato.
Quella che chiamava creatura, secondo ciò che la ragazza narrò a Ryan, era inconsapevole del luogo in cui si trovava, soggetta a vuoti di memoria che le impedivano di mettere in atto una vera e propria fuga. Nello spiegare dove veniva tenuta prigioniera e da chi, Ryan comprese che Dafne stesse descrivendo l’abitazione dei Brown, quando glielo fece notare la ragazza spiegò che i due coniugi utilizzavano quasi sicuramente un nome falso, il loro vero nome era Dark.
Fece una precisa descrizione dei due coniugi, così differente da quel che apparivano agli occhi della cittadina, Ryan fece fatica a figurarsi le stesse persone.
Dafne era la nipote di Dominique, appartenente anche lei alla famiglia Dark. Abitava con loro da poco tempo, scappata da loro perché maltrattata; non fece delle precisazioni e Ryan non la interruppe con domande, per paura che la ragazza mettesse fine al suo incredibile racconto.
Cresciuta in una tenuta distante da qualunque città, la ragazza era stata allevata in una sorta di base segreta, dove fu portata in tenera età.
Il motivo neanche lei se lo sapeva ben spiegare, pare che tutti i membri della famiglia Dark passassero da quel campo sperduto in terra di nessuno. Lei era l’unica sopravvissuta della sua famiglia, sin quando non ha scoperto di possedere uno zio: Dominique Dark, fratello di suo padre che, dopo essersi infiltrato all’interno della base, la ingannò con false speranze.
Con pazienza l’uomo l’aveva indotta a fidarsi di lui e aiutata a fuggire, dimostratisi meno benevolo una volta lontano dal campo. Lo scopo dell’uomo era un’eredità lasciata a Dafne per legittima successione, di cui lui voleva impadronirsi.
La creatura sovraumana era un errore causato da esperimenti mal riusciti nella base, che Dominique si era portato dietro per studiarla da vicino, essa poteva muoversi solo nelle ore notturne perché resa debole durante il giorno.
-Dunque non vuoi chiamare la polizia perché ti rispedirebbero in quel campo?!-  domandò Ryan.
-Prima o poi dovrò tornarci, non ho scelta, il mio addestramento non è terminato.
Addestramento?
-Perché sei scappata allora?- domandò Ryan confuso.
-Quell’uomo …- cominciò Dafne con gli occhi pieni di rabbia e tristezza -… mi ha spinto a scappare con la verità.
-Gli dai ragione adesso? Hai detto che ti ha rinchiuso e maltrattato!- Ryan non la comprendeva, quella ragazza soffriva della sindrome di Stoccolma, oppure era stato il suo desiderio di avere una famiglia a farla scappare della base?
-Mi ha mostrato dei documenti, che dimostrano l’esistenza di un altro Dark: mio fratello minore-  spiegò Dafne con meno enfasi -Io me lo sentivo. Nel profondo sapevo che il mio fratellino non aveva perso la vita come i miei genitori, anche se non l’avevo mai confessato a nessuno- improvvisamente alzò il tono della voce  -non potevo permettere che prendessero mio fratello … tu sai cosa vuol dire sentirsi in gabbia? Voler scappare da dove sei, a costo di trovare di peggio! Se non per me, dovevo farlo per mio fratello.
Il ragazzo sapeva bene cosa volesse dire ma, non rispose; il racconto udito appariva offuscato, come incompleto. Dal canto suo Ryan non comprendeva come potesse proprio lui, fornirle aiuto.
–ƒ—*.*.*.
La radio suonava un brano malinconico che Ryan riconobbe involontariamente, senza però conoscerne il nome.
Andò per cambiare stazione, quando scoprì che lo stereo dopo essere stato acceso era ripartito da dove era stato stoppato, su un nastro che Ryan non ricordava di aver inserito.
-Lo hai messo tu?- domandò Ryan alla ragazza, che si guardava intorno con grande interesse
-Blu Moon …- rispose Dafne, come sempre incongruente con la domanda postale. Il suo sguardo arrivò al volto di Ryan che la osservava con aria interrogativa -il brano. Si intitola Blu Moon … luna blu- spiegò lei.
-L’hai infilato?- riprese la parola Ryan.
-Ho fatto cosa …?- domandò la ragazza con atteggiamento tutt’a un tratto preoccupato.
-Si può sapere perché sei così nervosa? Parlo del nastro-  specificò Ryan sorridendo -Presumo tu sia una ragazza!- azzardò, ridacchiando sul doppio senso che Dafne non afferrò minimamente, restando a fissarlo per qualche secondo -Lascia perdere- smise di sorridere Ryan; non c’è gusto se non capisce le battute!
-Non so come funziona uno di quei cosi-  ammise Dafne  -alla base ascoltavo musica da un walkman che mi era stato regalato da un militare.
-Non sai come funziona uno stereo, ma sai il titolo di un brano di musica classica appena ascoltato!?
Ryan era sempre più affascinato dal modo di fare di quella ragazza, ed ancor più dalle informazioni che gli avrebbe fornito, la storia si faceva sempre più interessante, una manna per passare quei giorni di ozio chiuso in casa.
La ragazza però continuava ad avere momenti di tranquillità, intervallati da improvvise agitazioni apparentemente ingiustificate; tornato dalla cucina con un bicchiere di coca cola, curioso di scoprire se ne aveva mai sentito parlare, Ryan sorprese Dafne a fissare la porta dello stanzino sotto scala con aria preoccupata.
-Sei come una bambina che non conosce nulla del mondo-  ridacchiò alla sue spalle -è solo un ripostiglio. Oppure hai paura del buio? Ti faccio vedere che non c’è nulla di cui temere la dentro- fece Ryan avvicinandosi alla porta del sotto scala.
-No! Non farlo … non adesso-  lo fermò Dafne tirandolo indietro. 
-Cosa c’è?-  Chiese Ryan, il suo sorriso svanì dopo aver letto la preoccupazione sul volto della fanciulla  -Dafne? Cosa credi ci sia nell’armadio?
La ragazza parve stupita di essere stata chiamata per nome, non badando alla domanda postali:
-Cosa … che hai detto?- domandò confusa
-Ti sei portata appresso quella creatura?- domandò Ryan inquietato all’idea
-Ma … cosa? No!-  rispose lei decisa e spaurita allo stesso tempo
-L’hai nascosta li dentro?- domandò Ryan, consapevole di aver letto l’ansia sul volto della ragazza sempre sicura di se che, adesso se ne restava in silenzio a sguardo basso, come stesse scegliendo le parole giuste da esporre, prima dell’inevitabile.
-Mi dispiace, io non volevo- cominciò la frase Dafne  -è solo che tuo padre era … farò il possibile per riportarlo alla normalità.
-Che centra mio padre? Non sarà li dentro?-  domandò incredulo Ryan
-Quando sono entrata in casa l’ho trovato dietro la porta in allerta, aveva una mazza in mano … ho avuto paura …
-Vuoi dire che l’hai spinto li dentro?
Il fatto che suo padre fosse chiuso nell’armadio sotto scala, passava in secondo piano se confrontato al fatto che una ragazza così esile fosse stata capace di rinchiuderlo li dentro.
Continuava a chiedere scusa, e fare promesse di ripiego a ciò che aveva fatto ma, a Ryan non interessava. Quasi divertito scansò la ragazza e aprì la porta.
*.*.*.*.*.*.*.
  
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