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Autore: MaikoxMilo    17/02/2014    3 recensioni
Svegliarsi da un coma non è facile, né per chi si trova in quella particolare situazione in prima persona, né per chi vi è fuori... No, non esiste "essere fuori" per chi sta rischiando di perdere una persona cara, perché il senso di perdita è così opprimente da toglierti il tuo stesso respiro, da spingerti a fare di tutto per salvarla...
E poi il risveglio, doppio, se possiamo dire... Perché non puoi mai sapere cosa ti riserverà il futuro, perché non puoi mai sapere cosa accade se le vite del passato e del presente si incontrano...
Seguito de "La guerra per il dominio del mondo" della quale è necessaria la lettura. Personaggi Lost Canvas e serie originale.
(Fanfic in fase di riscrittura)
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Aquarius Degel, Nuovo Personaggio, Scorpion Kardia, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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CAPITOLO 38

 

IL MISTERO E' (IN PARTE) SVELATO

 

30 Agosto 1741, alba.

 

Non ho mai avuto molte occasioni per dormire con mio fratello. In genere, è una cosa che si fa quando si è piccoli, ancora bambini, non certo da adulti, ma quel tempo ci è stato irrimediabilmente strappato, nessuno potrà restituircelo. E ne siamo consapevoli entrambi.

Addormentarmi tra le forti braccia di mio fratello, essere cullata dal suo respiro... da quando l'ho conosciuto, è sempre stata una cosa che desideravo fare. Mi sento così al sicuro al suo fianco, e protetta, ma mi vergognavo a chiederlo; mi vergogno ad esplicitare a parole un tale bisogno di lui... eppure, dopo quello che abbiamo passato, dopo aver visto le mie lacrime, la mia espressione spezzata, sul punto di implodere... è come se lo avesse capito da solo che era ciò di cui avevo disperatamente bisogno.

La notte è trascorsa piuttosto agitata, preda degli incubi. Mi sono svegliata più volte, tentando di fuggire da visioni in cui mio fratello non ce la faceva, morendo tra indicibili sofferenze. Eppure ogni volta che mi svegliavo di soprassalto, gridando, lui era lì, ad abbracciarmi per infondermi coraggio; così lentamente mi acquietavo, tornando a chiudere gli occhi, le sue labbra posate sulla mia fronte, le sue braccia che mi stringevano contro il suo petto, dove potevo sentire i suoi battiti cardiaci, la vita che pulsava in lui, di nuovo, palpitante, certa...

Anche adesso sono cullata nel suo caldo abbraccio. La paura è passata, persino il dolore sempre più forte e penetrante al braccio destro sembra distante anni luce da tutto il mio essere, così avvolta come sono dalla pace dei sensi. Mio fratello è qui, vivo, ce l'ho fatta, ce l'abbiamo fatta, insieme!

Ad un certo punto, da qualche parte al di fuori di me, la porta della stanza si apre con un leggero cigolio. Percepisco una presenza, un breve attimo di esitazione, un respiro che accelera, poi...

“Atena sia ringraziata: non sei più in pericolo di vita, Camus! Sono... sono così sollevato!”

La voce soave di Dègel mi inebria le orecchie, mi trasmette un fremito distinto, ma non riesce comunque a provocare in me una reazione più consistente di questa, troppo stremata dalle fatiche dei giorni scorsi. Gli occhi rifiutano di dischiudersi, il corpo sembra pesante, non posso intervenire, anche se vedo la scena come se ce l'avessi davanti a me e fossi vigile.

Camus, sdraiato accanto a me, ancora rintontito dal sonno, mugugna qualcosa di indefinito, prima di riaprire lentamente le palpebre. La sua testa, precedentemente poggiata delicatamente sulla mia, si solleva un poco nel riuscire a scorgere il nuovo venuto. Occhi blu su occhi blu. Lo vede. Lo riconosce, quasi sussultando per la sorpresa o... per altro?

“D-Dègel, c-ciao... - il suo tono risulta un po' goffo nell'esposizione, avverto il suo disagio crescere - è così bello r-rivederti!” biascica ancora, puntellando le braccia per provare a sistemarsi a sedere, ma lo sforzo lo sfianca tantissimo, destando preoccupazione dell'antico Acquario.

"Stai pure giù. Per un uomo nelle tue condizioni è poco prudente muoversi!" gli regala un sorriso bonario e imbarazzato al tempo stesso, accennando qualche passo verso il letto.

"N-no, preferisco parlarti da seduto che non da sdraiato, non voglio apparire come un moribondo sul letto di morte... lo sono già stato!" ribatte Camus, testardo come sempre, in un fremito d'orgoglio.

Dégel ridacchia tiepidamente, conscio dell'indole non proprio facile della sua reincarnazione, poi, vincendo sulla riluttanza, annulla la distanza tra sé e il suo futuro, permettendosi di aiutarlo ad assumere la posizione voluta.

“Basta che tu ti senta a tuo agio senza affaticarti più del necessario... aspetta, appoggiati un attimo a me, così, bravo. Mettiamo il cuscino dietro alla tua schiena per farti stare più comodo, mentre Marta... riesci a spostarla poco più sotto, sopra il tuo grembo, in modo da averla comunque vicina senza svegliarla?"

"Mmm... c-ci provo!" biascica Camus, paonazzo in volto nel ritrovarsi nuovamente ad aver bisogno di un aiuto per un movimento che, in circostanze normali, sarebbe di una facilità estrema.

Tuttavia accetta l'aiuto del compagno, accetta di doversi sostenere a lui nell'assumere la posizione seduta e, in ultimo, accetta anche che sia Dègel a spostarmi teneramente poco più sotto, non avendo lui le forze sufficienti per fare altro.

Ultimate tutte le manovre, dopo un lungo sospiro, Camus si appoggia stancamente allo schienale del letto, il respiro frenetico, gli occhi per un momento chiusi. Io, rannicchiata sul suo grembo coperto dal lenzuolo, mi muovo appena nel percepirlo nuovamente sfinito, provato oltre l'inverosimile, ma la sua mano che mi accarezza teneramente i capelli per poi circondarmi le spalle mi rassicura.

"Stai tranquilla... sto bene!" mi sussurra, e avverto il suo sorriso su di me.

"Camus..."

"Sì?" mio fratello non riesce a guardare Dégel in faccia, ma risponde pronto al suo richiamo.

"Come ti senti adesso?"

“Molto meglio, grazie. Le forze non mi sono ancora tornate del tutto, c-come hai potuto constatare poco fa, e il braccio sinistro è ancora indolenzito a seguito delle iniezioni, ma sono sulla via di guarigione."

"Ne sono... davvero lieto, Camus!" dice Dègel, visibilmente emozionato, gli occhi, non dissimili da due zaffiri, che brillano per il sollievo.

"E'... è tutto merito vostro, Dégel, io... - mio fratello esita, il suo sguardo, per un istante, prova ad alzarsi, ma poi torna subito giù, vinto - Non ho parole per esprimere la mia gratitudine: avete corso innumerevoli pericoli per salvarci, siete riusciti in qualcosa che io credevo ormai impossibile!”

L'imbarazzo dilaga in lui, come se trovarsi nuovamente al suo cospetto, dopo il pericolo scampato, lo mettesse in vistoso disagio. Effettivamente, al di là delle tre promesse fatte a Dègel, non si erano lasciati propriamente benissimo...

“E' dovere di ogni Cavaliere proteggere le altre vite, Camus... anche la tua, quella di Milo e del piccolo Regulus che siete nostri amici, anzi, a maggior ragione la vostra. Non occorre ringraziarmi per questo. Dovevo e volevo salvarti, con tutto il cuore, esattamente come lo desideravano Marta, Cardia e le altre ragazze.

"..."

"E' comprensibile questo tuo stato... sei uomo più di intenti che di parole, ormai l'ho compreso. Vorresti comunicare ciò che provi e non ci riesci, ma davvero va bene così, ci siamo capiti, infine, pur nelle nostre differenze caratteriali. - tenta di spiegarsi Dégel, prima di sorridere, scrollare un poco la testa e osservare il soffitto sopra di noi - E comunque sei stato eroico a provare a vedertela contro un simile mostro per amore verso i tuoi cari!"

“Già... ma il nemico è tutt'altro che debellato, presto troverà un nuovo modo per agire, ed io dovrò trovarmi pronto!” sussurra a bassissima voce Camus, teso, stringendo le coperte del letto.

Il gesto non sfugge all'Antico Acquario che, forse percependo lo sconvolgimento interno della sua futura vita, rimane ad osservarlo, partecipe, per una serie di secondi interminabili, decidendo solo in ultimo, per agevolarlo, di cambiare argomento con qualcosa che potrebbe farlo dischiudere.

“Marta ha finalmente ceduto al sonno! Non poteva continuare a fare la veglia in quello stato, ne andava della sua stessa salute!” commenta, addolcendo la sua espressione nel vedere me placidamente addormentata sulle gambe di mio fratello, il braccio destro un poco disteso verso il suo fianco, come se volessi cingerlo.

“Sì, non ha chiuso occhio in questi giorni per prendersi cura di me, persino stanotte che poteva finalmente riposare si è svegliata più volte in preda agli incubi. E'... è traumatizzata, Dégel, devo averla terrorizzata a morte!" sussurra Camus, rammaricato, sfiorandomi delicatamente l'ovale del volto con l'indice e il medio per poi prendermi il polso ferito senza farmi male.

"Aveva talmente paura di perderti che non ha mai lasciato il tuo fianco prima di ieri, quando, con una azione combinata mia e di Sonia, l'abbiamo praticamente costretta ad andare a riposare un poco" chiarisce Dégel, ben conoscendo la preoccupazione di mio fratello.

"Lo ha fatto... con una ferita in suppurazione sul braccio e sulla mano!"

"Sì... ti meraviglia, Camus? - chiede l'antico Acquario, quasi con un soffio rassegnato come a dire che deve essere di famiglia, quella particolarità, il non curarsi di sé stessi - Non se l'è fatta né guardare né toccare, era completamente dedita al tuo stato di salute!"

"Se l'è a malapena coperta con un bendaggio di fortuna, lasciandola lì e permettendo all'infezione di procedere indisturbata. Io ho provato ad alzarmi per medicargliela, ma... non... non ne sono in grado, le gambe non mi reggono e... e poi si è messa ad urlare, preda degli incubi, mi cercava, aveva bisogno di percepirmi, non potevo lasciarla..." freme Camus, prendendo dei profondi respiri, prima di spostarmi garbatamente il braccio leso, ruotarlo un po' per vedere meglio l'entità del danno.

Dégel rimane momentaneamente in silenzio, concentrandosi sulla mia ferita e sull'espressione corrucciata di Camus, assai angustiato per le mie condizioni. Poi, cogliendo le intenzioni di mio fratello di sfasciarmi le bende per 'toccare con mano' i danni, lo aiuta nelle manovre.

Io li lascio fare, anche se non vorrei, anche se mi imbarazza farmi vedere così, dopo che tutti mi avevano detto di prendermi cura anche di me ed io, puntualmente non l'ho fatto. Ma non avevo alternative, mi sento dannatamente stanca, un bambolotto svuotato, vorrei solo dormire. Finalmente riescono a togliermi le bende, non distinguo i loro volti se non in maniera molto annebbiata, ma le ferite, quelle, le maledette, le vedo, sì, e fanno davvero impressione da quanto scure siano, umide, come la terra fangosa dopo il diluvio.

Che bel lavoro che ho fatto... anzi, che NON ho fatto, se mio fratello mi volesse spennare al mio risveglio farebbe anche bene, perché io a parti invertite, se me lo trovassi così, del tutto incurante del suo stato di salute per me, gli darei, come minimo, una botta di scemo.

“La sua pelle... è bollente in prossimità dei tagli, ma è gelida nelle altre zone. Lo stesso gelo permeava me solo pochi giorni fa, ma lei ha catalizzato tutto questo sul suo corpo, subendone le conseguenze... - asserisce Camus, serio in volto - L-la ferita... il suo aspetto, come temevo, mi indica chiaramente l'avanzare di una infezione. Quando... se l'è procurata e soprattutto come?"

“E' successo quando eravamo ancora nel vostro tempo. In sostanza, per arrivare a Genova e rintracciare così vostra madre, ci hanno aiutato i due fratelli del Leone e del Sagittario. Ci hanno condotto fino al luogo prestabilito con quell'arnese di metallo che è in grado di portare le persone in volo."

"Un aereo?" tenta mio fratello, sorpreso.

"Immagino qualcosa di simile, ma aveva un altro nome..."

"Il jet privato della Fondazione Kido, allora!"

"Sì, quello... ma abbiamo avuto un incidente causato dal Mago e Marta ha riportato quella ferita lunga e frastagliata sul braccio - racconta Dègel, la mente persa in quei momenti - L'altra invece, quella sulla mano, l'ha subita combattendo, credo... non ho potuto impedirlo!"

Mio fratello non riesce a rispondere, non subito. Addolorato per le mie condizioni fisiche, per la mia temperatura corporea che avverte sempre più bassa, e per un principio di infezione, non riesce a far altro che sistemarmi meglio sul letto, accarezzandomi dolcemente il volto con mille e più premure per farmi sentire la sua presenza.

"Hai visto nostra madre, tra le altre cose..." dice solo, guardando me come se la forza di continuare gliela potessi profondere solo io.

"Sì, è... è una donna molto forte e determinata, Camus, come voi. Sono felice... di aver avuto l'occasione di conoscerla!"

"Marta ha preso da lei, in tutto! - sottolinea lui, fiero - Io non poi così tanto..." sorride poi tristemente, visibilmente emozionato, al punto da trasmetterlo anche a Dègel, che infatti si fa più attento.

"Camus..." lo chiama, ma l'attenzione della sua reincarnazione è completamente su di me.

"Tutta questa perseveranza in un corpicino così apparentemente fragile. Non hai chiuso occhio per prenderti cura di me, sprezzante del Mago, di essere ferita, sprezzante perfino di aver raggiunto il tuo limite... ti voglio bene, piccola mia, e vorrei poter fare qualcosa di più per te!" mi sussurra, facendomi perdere un battito e saltare un respiro, mentre al passaggio delle sue dita sulla mia fronte, i ciuffi della frangia si sollevano un poco, prima di ricadere giù ed essere nuovamente sollevati dalla sua mano che si diverte a giocherellare con loro. Questo per una manciata di volte, prima che la sua attenzione torni su Dégel.

“E' sempre il solito processo... le dici di fare una cosa e fa l'opposto, le raccomandi di andare in un punto e lei va in un altro! Io non so proprio cosa fare con una testona come lei, così mi fa preoccupare ogni volta!” esclama mio fratello in una botta di genuinità che sorprende tanto me quanto la sua precedente vita.

“E tu non hai fatto uguale, Camus? Non lo rifaresti, forse?" gli fa notare pacatamente lui, intenerito.

"Lo posso fare perché sono suo fratello maggiore, è mio dovere proteggerla, farla sentire bene, ma lei... lei non dovrebbe patire tutto questo, dovrebbe solo pensare a crescere, divertirsi, come una ragazza della sua età, non di certo rischiare la vita nel tentare di riacciuffare la mia, non... - prende un profondo respiro, rendendosi conto da solo che il suo discorso è un po' bislacco - Voglio solo proteggerla, Dégel... solo questo!"

"E lei, a quanto pare, vuole lo stesso! - ridacchia l'antico Acquario, con quel tono cristallino che non mi stancherei mai di udire - Camus, sei la persona più importante della sua vita, è normale reagire così!"

"La persona più importante della sua vita..." ripete, arrossendo, in tono incerto.

"Non lo credi, forse?"

"I-io... - esita ancora, guardando altrove, a disagio nel parlare di questo - Non so cosa credo..." borbotta alla fine, forse non convinto della veridicità di quanto espresso da Dégel.

Ma è esattamente così, scemo, non l'hai ancora capito?! Che testa! Devo esprimertelo a vivo cuore per fartelo comprendere?!

"Lei lo è... p-per me..." ammette alla fine, quasi a singhiozzo.

"Camus, la verità è che noi, per quanto possiamo ripeterci di mantenere il sangue freddo, siamo esseri senzienti, già questo, il fatto di sentire e percepire, rende la nostra apparente calma nient'altro che un filtro tra noi e il mondo. In determinati casi questo filtro salta e noi ci ritroviamo scoperti, spauriti...”

"..."

"Ma dobbiamo renderci conto che le persone intorno a noi ci amano, che è naturale per loro quanto per noi il desiderio di proteggerci e... accettarlo!"

"Non... se questo significa rischiare la loro vita!"

"Ordunque noi possiamo farlo ma loro no?! Mi sembra una pretesa un poco... faziosa!" obietta l'Antico Acquario, in tono un poco più alto, ma ugualmente benevolo.

"I-io..."

"Marta darebbe la vita per te... anzi, sacrificherebbe molto di più di... quella!" quest'ultima affermazione, lo percepisco però solo io, gli esce in un tono un poco più tremante, quasi forzatamente trattenuto.

“Ne sono perfettamente consapevole, anche io farei di tutto per lei, tuttavia... - si ferma un attimo, stringendo convulsamente le coperte del letto, tanto da spingere lo stesso Dégel a ricercare il suo sguardo - Non facciamo altro che inseguirci, così facendo! Quando lei soffre e sta male io mi aziono per salvarla, rischiando la vita, fino ad arrivare al punto in cui la situazione si capovolge e sono io a rischiare di morire. Allora lei fa lo stesso, riducendosi ai minimi termini per riportarmi indietro, e il circolo così riprende. Mi sembra di essere costantemente schernito dal destino, come se mi stesse dicendo che non è possibile trovare la tanto sospirata pace. Siamo dunque costretti a continuare così?!" lascia la domanda in sospeso, tremando nell'esprimerla.

"..."

"La tua osservazione di prima è corretta... io non permetterò a nessuno di farle del male, non più, questa è l'unica mia certezza, eppure ora, per esempio, non c'è nulla che possa fare per lei, sono troppo debole perfino per reggermi in piedi da solo!” biascica ancora, chinando il capo in un impeto di frustrazione.

"Sei sconvolto da tutto quello che hai dovuto passare, Camus, non devi pretendere troppo dalle tue forze, amico mio... - è forse la prima volta che lo chiama così, fa togliere quasi il respiro - Non sprecare la vita che ti hanno donato Marta e le altre..."

"Non sprecarla, mi dici... anf, tuttavia se adesso ci attaccassero, per dire, l-loro sarebbero sguarnite, perché io..."

Ma Dégel, sbuffando, gli regala uno scapellotto scherzoso dietro la nuca, come un piacevole rimbrotto: "Siamo tutti sfiniti, non solo tu, ma anche il nemico contro cui combattiamo. Nessuno può attaccarci ora, Camus, la battaglia non è vinta, ma perlomeno temporaneamente sospesa. Sfrutta questa situazione di stallo per rimetterti completamente in sesto."

"Ma le sue ferite..."

“Io sarò la tua mano, se me lo consentirai... - lo blocca nuovamente Dègel, come colto da un'improvvisa ispirazione - Sai, vostra madre è donna dalle ampie vedute, come ho potuto constatare personalmente. Deve avere notato la ferita della figlia e così averci munito anche di... perdonami, come le chiamate nel vostro mondo quegli esseri piccolissimi che possono attaccare il nostro organismo?"

"Agenti patogeni?"

"Sì, e il rimedio?"

"Erk... parli del disinfettante?"

"Corretto, sì... - Dégel sorride soddisfatto, neanche fosse un insegnante che fa arrivare la deduzione all'allievo - Vado a prendere le bende e il disinfettante!" sancisce poi, facendo per andarsene e lasciando un Camus del tutto stralunato a guardarlo allontanarsi.

“Asp... aspetta un secondo! - riesce poi a sbrogliarsi, scacciando gli impedimenti emotivi, una strana ombra che passa velocemente nei suoi occhi - Devo esserti sembrato un idiota quando, prima di svenire per la peste, sono venuto a parlarti, blaterando di cambiare il futuro in maniera tale che io non esistessi più. Ero... disperato, Dègel, ma in me! Ero in me quando ti ho detto quelle cose, volevo davvero sparire!"

Silenzio. Capisco dalla postura del'Antico Acquario che non voleva parlare di quello, affatto, che voleva allontanarsi prima che Camus potesse incanalare il discorso, che il suo abbozzare, per quanto credibile, era solo un modo per sviare tutto. Inutilmente.

Lo sento sospirare, abbassare il capo, stringere le palpebre e tremare nel mormorare parole che gli scappano dalle labbra senza che la piena ragione possa impedirlo: "Lo so... so che saresti stato pronto a morire, Camus!"

"Non ti chiedo di capirmi, né di perdonarmi, ma ti ringrazio per aver tirato fuori la mia sorellina. Lei... il suo pensiero ha bloccato i miei propositi, mi ha fatto realizzare che l'avrei irrimediabilmente coinvolta. Per questo motivo ti sono debitore, grazie... grazie per avermi fermato!”

Dègel continua a non muovere nemmeno un muscolo, la mano ancora appoggiata allo stipite della porta e, nello sguardo, un breve lampo di ricordi. Non percepisco rabbia in lui, ma un pizzico di delusione invece sì.

“Come Cavaliere, e ancora di più appartenente alle Dorate Schiere, tu hai fatto un giuramento, Camus, questo tu lo sai, vero?”

"Sì, l'ho fatto..."

"Proteggere e salvare il mondo, i deboli, le innumerevoli meraviglie di questo pianeta..."

Camus stringe convulsamente le coperte, accusa malamente il colpo, ma non esita nella risposta: "Non... al prezzo delle persone che amo, non... se Marta ne dovesse rimanere coinvolta!" sussurra appena, impastando un poco con la bocca nel non riuscire a produrre un tono più alto di quello.

"So anche questo, Camus. Sacrificheresti la Totalità per il Particolare, se messo alle strette - acconsente Dégel, con un altro sospiro - E' degno di un grandissimo uomo, ma non posso dire altrettanto di un Cavaliere..." arriva alla cocente conclusione con un sospiro prolungato. Impossibile comprendere l'emozione predominante che lo coinvolge, perché sono talmente tante da stordire.

Neanche mio fratello lo riesce a percepire distintamente, semplicemente mantiene le pupille fisse sul lenzuolo bianco. Colpevole. Su tutti i fronti.

"Con la tua scelta... avresti potuto far colassare un mondo, procurando una sofferenza dilaniante in milioni e milioni di esseri senzienti che, proprio come te, amano qualcun altro, VIVONO, per qualcun altro..."

“Non chiedo la tua approvazione, so cosa ho rischiato, ma sappi almeno che non avevo alcuna alternativa a questo! - ribatte poco dopo Camus, tremando - Non avevo scelta in quel frangente, soccombere al Mago senza provare a cambiare qualcosa sarebbe stato infinitamente peggio. Non voglio coinvolgere degli innocenti, MAI! Ma non essere mai nati è ben diverso da morire! Se... se il Mago ottenesse il mio potere e così il mio corpo, i danni sarebbero molto più estesi, non solo qui, che è l'unica dimensione che ancora resiste, ma anche altrove; se invece fossi sparito io e, con me, il nemico, tutto si sarebbe sistemato in qualche modo. Non posso scendere maggiormente in particolari, mi spiace!"

Silenzio tombale, il dialogo sembra giunto al capolinea. Dègel è immobile, sembra quasi non respirare nemmeno; mio fratello invece è nervoso, non riesce a tenere ferme le mani, che ora mi coccolano, poi si grattano vicendevolmente il dorso e infine corrono nuovamente a stringere le coperte.

"Ne sei deluso, vero? - riesce infine a chiedere, e sembra quasi che il suo respiro si spezzi nel buttare fuori aria - Sei deluso da me, di ciò che diventerai..."

"Invero... no, non lo sono!"

La risposta lo spiazza, fa per chiedere spiegazioni a proposito, ma l'Antico Acquario cambia tempestivamente discorso.

“Camus... posso farti una semplice domanda?"

"I-io... sì, certo che puoi!"

"Hai asserito che non avevi scelta alcuna, ed io ci credo, perché ho visto le condizioni in cui versavi, ho visto la paura nei tuoi occhi. Però ora Marta ha creato per te una scelta, ti ha salvato, strappandoti dal tuo ingrato destino, dimostrando così l'esistenza di un'altra via!"

"Ci è riuscita, sì... ha sofferto, per farlo!" biascica, teso, posandomi nuovamente la mano tra le scapole per farmi percepire la sua vicinanza

"Questo suo gesto, a rischio della sua stessa vita, ha scacciato dalla tua testa l'idea di sacrificarti? Ti ha fatto comprendere quanto ancora tu sia importante per le tue giovani allieve?” riprende il discorso Dègel, sempre girato di spalle.

“Sì... ero così angosciato, prima, mi sembrava di soffocare in un mare nero di petrolio! Non avevo più speranze, capisci? Era... era dentro di me, i-io..." parla sempre più a singhiozzo, si inceppa, come una macchina rotta, avverto la paura sotto forma di una mano rachitica e gelida torcegli il petto, impedendogli di respirare correttamente nel cercare di trascinarlo a fondo.

Camus... sono qui... SONO QUI! Non sei solo, non più! E... e... diavolo, perché non riesco a reagire?!

"Camus, tua sorella è al tuo fianco, non sei più solo. Qualunque cosa tu abbia passato, sei qui, ora, con noi. Cerca di calmarti, o Marta si spaventerà!" prova a confortarlo Dégel da distanza, palesando il mio pensiero. I suoi occhi, di un blu oltre-oceano, scrutano discretamente la figura di mio fratello che, sforzandosi, buttando giù dei grossi respiri, torna finalmente padrone della sua voce.

"...N-non ce la facevo più a sopportarlo, v-volevo gettare la spugna, ma poi le ho viste...”

“Le hai... viste?” ripete Dègel, voltandosi completamente nella sua direzione per osservarlo stupito.

Camus sorride e annuisce, accarezzandomi poi una guancia con l'indice della mano destra.

“...Le luci della mia vita, sì, anf! Quando ho ripreso faticosamente coscienza, dopo che tu mi avevi portato su questo letto, ho avvertito distintamente Michela, Francesca, Sonia e Marta vicino a me. Piangevano ed erano disperate, ed io... io non avrei mai più volute lasciarle lì, in balia degli eventi, volevo vivere, prendermi cura di loro, combattere contro l'ingerenza esterna, ma..."

"E' quello che hai fatto, Camus... ti sei detto di resistere e così è stato, fino al nostro ritorno. Potevi soccombere, sarebbe stato tutto più semplice, ed invece hai resistito, devi essere fiero di questo!"

"Lo devo a tutti voi, ad Albafica in primis, che... - anche in questo frangente non riesce a finire la frase, esita, deglutendo saliva a vuoto. Si tasta appena sotto la gola con le dita, sfiorandosi la leggera cicatrice che gli è rimasta a seguito della tracheotomia di emergenza. Dunque l'ha percepita. - A voi, che avete combattuto per la cura, e infine a Marta, che mi è rimasta accanto per tutti questi giorni. Senza il vostro aiuto, io n-non avrei più... r-riaperto gli occhi! Non avrei più rivisto... la luce del nuovo giorno!

"E sarebbe stato proprio un peccato, non trovi? - tenta di sdrammatizzare la sua precedente vita, chiudendo brevemente le palpebre per poi riaprirle in una balugine abbagliante - Lo spettacolo del sole che nasce... è così rigenerante!"

"Lo è, sì... - acconsente mio fratello, con un sorriso schivo - Sarà una delle prime cose che farò, andare a vedere l'alba, appena sarò abbastanza in forze per muovermi. Voglio... voglio continuare a vivere questa vita con tutte le mie forze, Dégel, insieme a loro! Non voglio più arrendermi... all'oscurità!"

"Questo... che tu hai appena proferito dinnanzi a me, deve essere quanto di più simile ad un ex voto, siamo intesi?"

Il tono dell'antico Acquario è mutato, me ne accorgo io, ma anche mio fratello, che alza la testa nella sua direzione e gli rivolge uno sguardo interrogativo. Alcuni passi nella stanza mi fanno presagire un nuovo avvicinamento al letto che viene confermato dal formarsi di un'ombra davanti le mie palpebre chiuse. Non capisco subito, non prima di percepire le lunghe dita eleganti della persona che amo carezzarmi la fronte e i capelli con attenzione. Ciò mi dona un senso innato di felicità frammista ad un leggero sentore di inquietudine e abbandono che non mi piace per niente. Mi muovo appena al suo tocco, vorrei non separarmene mai.

"Dégel..."

“Devi averlo capito, ormai... non è, non deve, essere più necessario il sacrifico di alcuno, men che meno quello di un essere speciale come te, per sconfiggere questa entità. - afferma in tono deciso, sebbene siano i suoi occhi, ora, a sfuggire a quelli di mio fratello - Più nessun martirio, dopo il nostro!" sottolinea poi, in tono misterioso quanto... perfettamente sensato, almeno per me.

“S-sì... - Camus tentenna solo un attimo, prima di recuperare - ho imparato la lezione, è stata Marta a mostrarmi la via... Grazie a lei ho capito che è sempre possibile scegliere, anche quando tutte le possibilità ci sembrano precluse e ci si sente completamente soverchiati dal destino incombente. Non mi arrenderò più, con lei al mio fianco posso continuare a sperare in un domani migliore, sebbene il domani medesimo sia oscuro a tutti noi!”

“E allora continua a vivere, Camus, perché la vita è il dono più prezioso che abbiamo! - sorride Dègel, tornando a guardarlo da uomo a uomo, finalmente sollevato nel sentire la determinazione nella voce della sua reincarnazione - Sai cosa diceva il filosofo latino Seneca? Affermava che solo il tempo ci appartiene e che tutto il resto è degli altri. Il tempo, capisci? Il tuo tempo è solo tuo e hai tutto il diritto di viverlo come vuoi e con chi vuoi, io non posso giudicarti in alcun modo! Vivi, amico mio, è l'unico augurio che ti posso fare come tua precedente vita!” gli consiglia ancora, sulle labbra e nel cuore un sacco di altre parole inespresse e a stento taciute.

“Vivrò, questo è certo! Non so quanto tempo mi sarà concesso, ma vivrò con gli altri e per gli altri. Voglio essere un degno fratello maggiore per Marta, nonché un valido maestro per Michela e Francesca. Ora che mi è concessa una terza possibilità non voglio più sprecarla!"

Dal suo tono di voce quasi non si percepisce, ma io avverto il tremore che è in lui, si insinua dentro di me come una spiacevole sensazione di panico: già, quanto tempo abbiamo a disposizione ancora?! Quanto prima del prossimo assalto? Camus è negli interessi del Mago, quest'ultimo non si sarà di certo arreso... quale sarà la sua prossima mossa?!

Dégel fa un cenno di assenso con la testa, sembra felice, in realtà non lo è pienamente. C'è un leggero retrogusto di malinconia dietro al suo sguardo, il cuore pesante nella consapevolezza estrema che, sì, è giusto lasciarci andare, anche se... tremendamente doloroso!

“Esatto, dovrai vivere... anche per me!”

“Dègel!!!”

Ma l'interpellato si è già voltato e, con passi pesanti, si sta dirigendo verso l'uscita.

"Per oggi non sforzarti ancora, datti il tempo per rimetterti e... perdonami, se ho azzardato discorsi così contorti con te ancora in queste condizioni precarie."

"Non è quello, è che io... - mio fratello esita un'ultima volta prima di scrollarsi e decidere di ultimare la frase - Avrei voluto salvarti!"

Ancora il silenzio in risposta. Attonito. Pesante. Dégel è di nuovo appoggiato alla maniglia della porta, non lo dovrei vedere, è ancora girato, ma distinguo i suoi occhi sgranati, la mutevolezza del suo respiro che si è fatto più corto e veloce.

"Perdonami... per non esserci riuscito!" prosegue mio fratello, colpevolizzandosi. Per me. Per la sua precedente vita. Per lo stesso futuro che prenderà avvio proprio da questo.

“Camus... io ti ringrazio per le parole che mi hai rivolto, degne dell'uomo che sei. - è la volta di Dégel di biascicare con la bocca, la gola improvvisamente secca - Il futuro è ancora oscuro per me, ed è così che deve rimanere. Chi mai combatterebbe per un destino già prestabilito senza alcuna possibilità di appello?!"

"E tu questo destino non lo conosci ancora, ma sai... dove ti condurrà! Questa, già di per sé, è una condanna..."

"A te è toccato di vivere, Camus, non a me. Non provo alcun rancore per questo. Conserva e mantieni fermamente questa nuova vita che ti è stata concessa, poiché noi abbiamo combattuto strenuamente affinché ciò potesse essere consacrato” sancisce Dègel, in apparente tono calmo. In realtà la sua voce palesemente tremante e non sfugge alle orecchie esperte di mio fratello, il quale apre tacitamente la bocca nel tentare di esprimere parole che, tuttavia, non è in grado di far trapelare fuori e rimangono incastonate in gola.

E' dunque paura quella che avvertiamo in Dégel, malgrado la sua ferma volontà di non alterare i fatti prestabiliti e a lui ancora oscuri per la maggior parte. Una paura dannatamente umana, che dimostra anche la sua fragilità e, al contempo, la forza dei suoi ideali.

“Non ho alcun rimpianto, Camus, davvero... cerca di non averne nenache tu!” chiarisce ulteriormente Dégel, desiderando allontanarsi il prima possibile.

Tuttavia l'esperienza appena trascorsa deve aver mutato profondamente l'animo di mio fratello, che in un impeto di cristallinità, desiderando continuare a parlare, si sente di porre una nuova domanda, la più cocente.

"Ne sei sicuro? Neanche... per Marta?"

Di nuovo, per la terza volta, l'Antico Acquario si blocca, in un fremito. Percepisco la stretta della sua mano stringersi talmente forte a pugno da farsi sbiancare le nocche. Non è che un breve attimo, ma il più intenso di tutti.

“Vado a prendere le bende. Per troppo tempo la ferita di Marta non è stata accuratamente trattata, non voglio rischiare un secondo di più!” liquida la faccenda Dégel, uscendo dalla stanza in un cupo silenzio.

Camus sospira nuovamente, affranto, poi mi sistema meglio le lenzuola del letto sopra le mie spalle. Non fa freddo qui, affatto, ma è un innato istinto di protezione verso di me, il suo, come se, coprendomi, possa proteggermi meglio da tutte le brutture della vita.

"Dunque sai, hai capito... del resto, era impossibile che non te ne potessi accorgere..."

Non voglio che finisca così, non voglio che sia questo, a decretare la parola fine... Camus!

Non riesco a comunicare, non sono in grado di esprimermi, ma lui deve percepire il mio stato, mi prende una mano tra le sue e la stringe forte, ricominciando ad intonare leggiadro la canzone di ieri sera.

Ha la la ha se la ha la le lu...

Chissà cosa mai significano questi suoni apparentemente onomatopeici...

“Oggi è una nuova alba, un nuovo giorno che disperavo di cominciare. Ero così circondato dalle tenebre e dalla paura che quasi mi ero dimenticato quanto riesca a scaldare il sole quando è presente, persino nelle gelide lande siberiane... Sei stata tu a rammentarmelo, sai? - mi sussurra piano e con dolcezza, accarezzandomi i capelli con la mano libera - Parlarti quando mi sonnecchi vicino è di conforto, mi permette di essere cristallino, senza più alcun filtro. E anche se voglio abbandonare questa pessima abitudine, sforzandomi di esprimere sempre e comunque ciò che sento, la strada è ancora lunga e tortuosa.

Silenzio intorno, una breve, lunga, pausa. Solo le sue dita su di me che mi solleticano i capelli, non facendomi sprofondare totalmente nella disperazione che, lo sento, rischia di ghermirmi da qui al breve periodo.

"Tu... sai già tutto, vero, piccola mia? Ma vuoi sentirlo dalla mia voce, vuoi che sia io... a dirtelo! Ed è tuo diritto saperlo, così come per le altre..."

"Mmm... mmm!" mugugno, cercando di muovere la mano tenuta tra le sue per ricambiare la stretta.

Lui, percependo il mio movimento e le mie intenzioni, mi carezza il dorso della mano con il pollice, trasmettendomi un ulteriore messaggio senza usare le parole: non sarò più sola, qualunque tempesta dovrò attraversare. Saremo in due, da qui in poi.

"Tuttavia è ancora piuttosto presto ora... riposati, mia coraggiosissima guerriera. Al resto ci penso io!"

E la percezione, così come era partita, forse per volontà stessa di mio fratello, cessa, riportandomi alle tenebre pigre del sonno.

 

*******************************

30 Agosto 1741, tarda mattinata.

Passano alcune ore, anche se per la mia mente, nuovamente offuscata dal buio profondo dell'incoscienza, sembrano passati solo pochi minuti. Come prima di crollare completamente, mi sento cullata dalla vicinanza di mio fratello e al sicuro da ogni pericolo. Sono talmente a tocchi da desiderare di dormire per un giorno intero, se non due, senza mai essere disturbata, ma qualcuno ha altri progetti per me e mio fratello. Improvvisamente infatti la porta, precedentemente chiusa con delicatezza da Dégel, si spalanca furibonda, cozzando contro la parete con un rombo assordante. La tempesta è qui, sotto l'effige del Cavaliere di Scorpio del presente, Milo. Mio fratello ha giusto il tempo di trasalire, capire appena di chi si tratti, che immediatamente viene investito dal tornado.

“Porca di quella... CAMUS!!! Vedo che stai meglio, seduto, vigile e pure attento... ora raccomanda l'anima agli astri della tua costellazione, perché sto per darti il il colpo di grazia, qui e ora!!!

Non aspetta una reazione diversa da quella, né tanto meno che l'amico riesca a capacitarsi di quanto stia succedendo, semplicemente si dirige verso il letto, che ci ha fatto da giaciglio, con ampie falcate, i muscoli irrigiditi dalla rabbia.

Un risveglio dolce e tranquillo, non c'è che dire!

Camus lo sa; sa che il proiettile èimpossibile da schivare, e che è diretto proprio a lui. Mormora qualcosa, strabuzza gli occhi, la gola secca, prima di tentare un primo approccio.

"Mil..."

“Camus, che diavolo ti è saltato in mente?! No, non spiegarti, lo so già, ma rinnovo la domanda in tono più concitato: CHE CAZZO TI E' SALTATO IN MENTE?! TI SEI BEVUTO IL CERVELLO???” urla lo Scorpionide, sbattendo con foga la mano sul letto e procurandomi un risalto tale da farmi balzare letteralmente sull'attenti.

“B-buongiorno, Milo... sono felice di rivederti!” mio fratello tenta la via diplomatica per poi regalargli un timido sorriso, forse sperando di rabbonirlo almeno un poco. Tutto inutile!

“BUONGIORNO?!? FOTTITI, CAMUS, TU E IL TUO BUONGIORNO!!!” ribatte, l'altro, gesticolando come un matto. Ha ripreso quasi interamente le forze, di questo gli devo dare atto, ma sta facendo un casino allucinante e, malgrado lo capisca appieno, il dolore alla mie tempie non si adatta a tutto questo baccano.

Camus abbassa lo sguardo, cercando le parole e la forza per reggere lo sguardo dell'amico di sempre. Persino lui si rende conto di avere davanti una iena; una iena che ha tutte le ragioni per essere particolarmente arrabbiata con lui, ma dopo tanta sofferenza il suo ultimo pensiero è quello di litigare con colui che, più di ogni altro, è in grado di leggere nel suo cuore.

“Milo, io...” inizia, ma l'abbraccio dello Scorpione lo blocca immediatamente.

“Stai zitto, Camus, hai capito?! O potrei decidere di strozzarti, razza di stupido incosciente!!!” dice ancora Milo, quasi commosso.

Il diretto interessato si ritrova così tra le braccia del compagno senza alcuna possibilità di appello, alla fine riesce a biascicare un: "Stai facendo e disfacendo tutto tu, Milo..."

"ZITTO, ho detto!"

"..."

"Che diavolo ti è saltato in mente?!?"

"..."

"Ohi, rispondimi, testa di fava!"

"Mi dici di stare zitto, poi di risponderti... quale delle due vie devo seguire, Milo, anf? Anzi... ho una via da poter prendere per... disinnescarti, in qualche modo?"

Lo Scorpione ode le parole di lamentela dell'amico, ma non gli da peso, stringendolo ancora più forte a sé. Dopo tanti giorni di litigi ed incertezze, ad un passo dalla morte entrambi, non vi è davvero più nulla capace di bloccare quei sentimenti così caldi e accoglienti.

“Ugh... M-Milo, mi stai davvero soffocando, non respiro! Cough! Cough!” si lamenta alla fine Camus, diventato ormai paonazzo in volto nell'annaspare nelle sue stesse parole.

“E te lo meriteresti, razza di cretino che si dimentica di avere una lingua per poter comunicare! Sempre così... sei sempre così! Non parli mai, affronti tutto da solo, che vile egocentrico che sei!” ribatte lo Scorpione, allentando la stretta quanto basta per non far soffocare completamente il compagno.

Camus si è portato una mano al petto glabro, respira a tentoni, ancora molto debole per gli eventi successi, tuttavia quando la sua voce sforza il groppo creatosi in gola, il suo tono è deciso e diretto.

“Potrei dire lo stesso di te, mi hai... terrorizzato con il tuo gesto! Potevi morire, Milo, te ne rendi conto?! E questo perché non mi hai voluto ascoltare! Dovresti ben sapere che io non parlo a vanvera, se ti ho detto quelle cose... era perché sapevo cosa avrebbe potuto succederti! - si ferma un attimo, recuperando ossigeno - Invece hai fatto di testa tua e, quando ti abbiamo trovato riverso a terra in biblioteca, con quei bubboni sul tuo corpo, io... io avrei voluto urlare, mi è crollata il mondo da sotto i piedi!” ultima il discorso, tremando visibilmente per la paura provata.

Milo tace per qualche secondo, assorbendo pienamente le parole sofferenti dell'amico, poi inaspettatamente sorride, tornando ad abbracciarlo.

“Che ti serva da lezione, Cammy! E le prossime volte parlami, già che ci sei, invece di tenerti tutto dentro e aspettare che io intuisca i tuoi intenti per spiegarli poi agli altri! - esclama ad alta voce, finalmente sereno - Comunque ora sto bene, come puoi ben vedere, non hai più nulla da temere per me!”

“Milo, se... Io non sapevo se fosse rimasto ancora qualcosa di vivo dentro di me, non dopo quanto era successo a Marta e le altre, non dopo quanto stavo patendo a causa del Mago... ma quando ti ho visto in quelle condizioni, io... credo di essere morto un'altra volta! Ho perso le speranze, le sicurezze, persino la capacità di trovare una via diversa rispetto a quella intrapresa. Non so... non so quanto impiegherò ora per far crescere ancora qualcosa di vivo in me, però ce la metterò tutta per essere un valido sostegno per tutti voi!” biascica mio fratello, ricambiando finalmente il gesto e chiudendo gli occhi per assaporare meglio quel contatto così aperto e sincero. Lo vedo tremare con forza, ancora una volta vinto dalle emozioni. Fa una tale tenerezza la sua espressione di sollievo...

"Non male! - sdrammatizza intanto Milo, sollevato - Siamo diventati più loquaci, eh?! Questi passi avanti..."

Ridacchiano insieme, finalmente ricongiunti.

Rimango ad osservarli, sorridendo intenerita a scena. Mio fratello non si è ancora ripreso da tutti i fatti accaduti, né psicologicamente né tanto meno fisicamente, ma sta facendo di tutto per mantenere la promessa che ha fatto a sé stesso. Certo, ci vorrà tempo, molto spesso inciamperà, ma ora più che mai può contare sul mio sostegno, poiché finalmente sono in grado di capirlo a fondo, sempre più orgogliosa nel vederlo così fragile e forte nello stesso momento, proprio come la neve!

Così assorta nei miei pensieri, quasi non mi accorgo che Camus stesso si è staccato un poco dal suo migliore amico, tornando a guardarmi con affetto e un leggero sorriso che gli solca le gote un poco rosee.

“Buongiorno!” mugolo imbarazzata, incrociando i suoi occhi blu che ora brillano di una nuova luce. Lentamente stanno tornando quelli di sempre, scacciando il buio che li aveva avvolti, non posso che essere stracolma di felicità per questo piccolo miracolo.

“Buongiorno a te, Marta, sei riuscita a dormire almeno stamattina? Stanotte ti sei svegliata un paio di volte, perseguitata dagli incubi...” mi chiede di riflesso Camus, sereno, malgrado la punta di urgenza nella sua voce.

“Sì, sì, ora sì! Ero talmente stanca che avrei voluto... uh?” fermo il mio discorso, inclinando la testa di lato nel notare le strette bende che mi avvolgono la mano e il braccio destro.

“Si è occupato Dègel delle tue ferite... - si affretta a spiegarmi lui, tornando serio - si erano già infettate, Marta! Avessimo aspettato ancora un giorno o due avrebbero potuto diventare qualcosa di veramente serio, mi capisci? Non puoi prenderti cura degli altri se prima non ti occupi di te stessa!”

Parole dure, ma me lo aspettavo. Ero preparata a questo, alla preoccupazione di mio fratello e al suo rimprovero, ma ho corso comunque il rischio, fregandomene delle mie condizioni. Ha comunque ragione lui: non possiamo sempre ridurci al limite per l'altro, in una ruota eterna che non smette di ritornare all'uguale. Tuttavia non avevo nemmeno altre alternative e, se mi ci dovessi ritrovare, agirei esattamente allo stesso modo. E lui farebbe lo stesso per me, lo so.

"Beh... ma senti chi parla!" ironizza infatti lo Scorpione, notando l'incongruenza di fondo. Camus si sforza di non ribattere alla provocazione, ben sapendo che non avrebbe difese a riguardo, attende semplicemente la mia risposta.

“Sì, hai ragione, scusami...” pigolo, discostando lo sguardo, decidendo di chiudere in fretta il discorso.

“Va bene così, Marta. Ora però promettimi che in questi giorni ti prenderai cura di te stessa senza più pensare a me. Sto bene ora!” mi cerca di tranquillizzare, accarezzandomi la testa con dolcezza.

"Stai davvero bene, Camus?" chiedo, guardandolo negli occhi nel desiderare di avere quella conferma.

Lui esita, la sua mano si ferma tra i miei capelli, l'espressione si fa un poco corrucciata: "Non completamente... ma il peggio è passato, grazie a te!"

Annuisco comprensiva, chinando un poco la testa di lato quando avverto le sue dita scendere sugli zigomi e sostarci per una manciata di secondi nel desiderio di far perdurare ancora un poco il contatto tra noi.

"Mi basta che non ti affatichi in questi giorni. Pensa solo a riposare, va bene, Cam?"

"Sarà fatto, piccola mia! Non... renderò vani i tuoi sforzi per strapparmi dalle tenebre!"

“Camus, comunque anche tu non te la scampi così, eh, sia chiaro! Ci sono giusto un po' di cosette che devi narrare a me, a Sonia e alle tue allieve!” interviene Milo, incrociando le braccia al petto con fare inquisitorio.

“Sì, lo so perfettamente... sono pronto!” sussurra Camus, staccandosi da me per appoggiarsi stancamente allo schienale del letto. Nell'intenzione di puntellare le braccia per reggersi da solo e darsi un tono, lascia momentaneamente le lenzuola appena appoggiate sul grembo.

"Cam, hai bis..?" ho giusto il tempo di abbozzare la domanda se vuole una mano, che odo appena la voce di Milo affacciarsi dalla porta e chiamare a gran voce qualcuno fuori.

“Ehi, ragazze, è tutto ok, cioé... più o meno. Potete..." ma neanche lui riesce a terminare la frase.

Un secondo esatto dopo, infatti, neanche fosse un fulmine, Michela irrompe nella stanza, sbattendo violentemente contro lo stipide della porta nel non decelerare minimamente. Io, basita, sussultando al frastuono, ho appena il tempo di realizzare le sue intenzioni, che già si è improvvisata atleta di salto in lungo, i piedi completamente staccati da terra nell'atto di balzare. Di riflesso, indietreggio, incespicando nelle mie stesse gambe a causa della debolezza, mentre Camus, ancora con i sensi alterati dal lungo malessere, riesce a stento a ripararsi la nuca con la mano per evitare di prendersi una zuccata fotonica, l'allieva praticamente addosso.

“Maestrooooo, stai meglio!!!" esulta lei, totalmente euforica.

"Ora non più..." sbuffo, a metà strada tra il divertito e l'esasperato, nel vedere l'espressione sofferente di mio fratello che, strizzando dolorosamente le palpebre, biascicando qualcosa, prova a rimanere comunque dritto, nonostante il non proprio dolce peso che gli è piovuto addosso.

Michela, si sa, è molto esuberante, è sempre stata una sua caratteristica peculiare al punto di non rendersi conto che, a volte, sarebbe meglio trattenersi; dopo tutta la paura provata per Camus, che lei considera a tutti gli effetti come un padre, ora vorrebbe solo le coccole, le richiede, iniziando a strofinarsi su di lui, ma...

Improvvisamente, sbalordendomi non poco, smette di strusciarsi, balzando anzi via dal letto, rossa come un peperone fin sopra alle orecchie.

Guardo meglio, ricercando la motivazione per un simile comportamento. I miei occhi scorrono rapidi la linea dell'addome di Camus fino al basso ventre. E capisco.

“M-Maestro, ma sei ancora nudo!!!” ulula Michela, vergognosa, rifugiandosi dietro le spalle di Francesca, appena entrata nella stanza.

"Quale grande scoperta..." ironizza Sonia, quasi soffiando verso l'amica, facendo capolino dallo stipite senza osare tuttavia muovere un passo in più, forse per rispetto alla riservatezza di mio fratello.

"Effettivamente, Michela... fai la solita cagnara e poi cadi dal pero. Dovevi immaginarlo che..." le fa notare pacatamente Francesca, sospirando, lasciando comunque in sospeso il discorso.

"I-io volevo solo..."

"Coccole, lo sappiamo!" fa spallucce l'amica più grande, ammorbidendo il tono della voce.

"C-ci, le volevo!" Michela puntella i due indici uno contro l'altro, gli occhi lucidi di vergogna.

"Oh, hai il mio benestare, invece! - interviene Milo, divertito dalla faccenda, utilizzando in maniera impeccabile il suo tono da sfottò - Fallo vergognare anche di più, se riesci, così la prossima volta impara a farci infartare tutti quanti!"

Camus, nel frattempo, è diventato rosso papavero, si scaverebbe una buca da solo, se solo potesse. Tasta a vuoto vicino a sé, non riuescendo a prendere il lenzuolo, che gli sfugge dalle mani.

"Qui... - dico io, prendendolo al posto suo per rimetterglielo compostamente come prima dell'assalto di Michela, in modo che lo copra e lo faccia sentire più a suo agio - Va tutto bene, Cam!"

"Marta..." il suo tono è tremante, gli occhi lucidi. Fa tenerezza.

"Va tutto bene!" sottolineo ancora, comprensiva, con un mezzo sorriso, sfiorandogli brevemente i capelli per rinfrancarlo. Capisco le parole di Milo, la sua rabbia non ancora dissipata, che è, in parte, anche la nostra, ma non riesco ad essere inclemente con lui, con tutto quello che ha passato, con tutta la vergogna che sta provando in questo momento. Vorrei solo che stesse bene...

"Maestro, scusami... - pigola Michela, facendosi avanti passin passetto, il capo chino - Ero così felice che..."

“L-lo so, Michela, non... non c'è bisogno di chiedermi scusa... - borbotta Camus, tirandosi le lenzuola fino al torace dopo avermi accarezzato il dorso della mano per ringraziarmi - Mi dispiace, anzi, di farmi vedere così da voi, ma... ma non ho ancora le forze per..."

“Però stai meglio, vero?" chiede conferma Michela, allarmata dal suo tono ancora così strascicato.

"Sì, sto molto meglio, anf, ed è tutto merito vostro! Avete corso innumerevoli rischi per me, e avete combattuto come delle vere e proprie guerriere. Non lo... non lo dimenticherò!" mormora Camus, visibilmente emozionato, sforzandosi di sorriderle, nonostante le guance siano ancora rosse.

Michela, percependo l'ambiente favorevole, prende posto sulla sedia di fianco al letto, accoccolandosi vicino, sul sul grembo, lasciandosi finalmente andare ad una lieve manifestazione di singhiozzi privi tuttavia, in un primo momento, di lacrime. Anche lei ha bisogno di disinnescarsi dopo tutta la tensione dei giorni scorsi, ne ha necessità tanto quanto me.

Camus si rende conto del suo stato, dei fremiti che sconquassano il suo corpo apparentemente già formato come quello di una donna, ma dal cuore ancora di una ragazzina. Le posa una mano sulla testa, iniziando ad accarezzarle i capelli castani.

"Sono qui, birba... adesso sono qui!" le sussurra, con dolcezza, ottenendo come reazione il suo ulteriore rannicchiamento.

Quasi me ne andrei... loro hanno diritto quanto me di trascorrere del tempo con Camus come ho fatto io stanotte, ma Milo e Francesca, pur rispettosi dello sfogo dell'amica, non sembrano affatto intenzionati a 'mollare l'osso', per cui... ben vengano le moine, purché dopo si parli e si chiarisca su come siamo arrivati a questo.

Michela si gode quel contatto ancora per un po', alcune lacrime le sfuggono dalle palpebre, non può evitarlo, ma infine riesce a raddrizzare sufficientemente la testa per guardarlo negli occhi, pur rimanendo appoggiata a lui.

“L'altro giorno, mentre Marta e Francesca ti lavavano la schiena, non... non reagivi, sigh, del tutto in balia degli eventi, di noi. S-stavo male per te, non... non riuscivo a smuovermi e, alla fine, non ho potuto fare nulla, Maestro, scusami! O-ora spero solo di non... di non vederti mai più ridotto così!" gli confida, sforzandosi di parlare in tono chiaro, malgrado il pianto.

"Hai fatto moltissimo, invece, Michela... e non te ne rendi neanche conto. Senza di voi sarei stato perso e... e..." Camus non riesce a proseguire, si lascia semplicemente andare a sua volta nello stringere, come può, l'allieva a sé.

"Maestro, a cosa ti riferisci?"

A questo punto Camus si discosta un po', la guarda negli occhi, dolci come non mai, mentre le sue labbra tremano visibilmente per la paura, il pericolo scampato, le emozioni. Ed io sento passare tutto dentro di me, come se lo vivessi io.

"La tua mano tra i miei capelli..." bisbiglia infine, arrochito, imitando il gesto.

Gli occhi d Michela si spalancano, increduli: "Mi hai... percepito?"

"Potevo... potevo percepirvi, sì, anche se non mi era consentito muovermi. L-lì, da solo, nel buio completo... era solo la vostra voce e il vostro tocco a potermi riscattare..."

"Cosa... cosa hai passato, Camus, in questi giorni? Come ha potuto quel mostro farti questo? Ce lo dirai mai?" chiede ancora Michela, desiderosa di aiutarlo in qualche modo.

Ma Camus stavolta scrolla la testa, la sua espressione si fa dolente. Non riesce quasi a parlare da quanto è sopraffatto, continua a stringerla, affondando il viso tra i suoi capelli.

"Maestro..?"

"Non... chiedetemelo!" biascica, prostrato.

Lo osservo in un moto di dispiacere e rabbia per quello che quel bastardo gli ha fatto subire, che lo ha ridotto così, annichilendo l'orgoglio stesso di essere un uomo. Stringo con forza la mano sana a pugno, quasi febbricitante: avrò cura di te, da adesso in poi, per davvero, non permetterò più a nessuno di toccarti!

Michela annuisce, decidendo di non indagare ulteriormente e limitandosi a contraccambiare la stretta, che tuttavia da parte sua è molto meno delicata di quella di Camus che infatti sussulta, ma non scioglie l'abbraccio. Probabilmente non vuole scioglierlo, ha bisogno di noi, del nostro contatto, sebbene gli causi ancora dolore perché le ferite al petto non sono ancora del tutto guarite. Tuttavia più passa il tempo più sembra sofferente, il respiro è spezzato, corto il fiato. Vorrei intervenire per dire alla mia amica di allentare un poco la morsa, perché probabilmente non si è accorta delle grosse difficoltà di mio fratello, che si sfianca per un niente. Fortunatamente ci pensa Sonia.

“Ehm, Michela, hai la delicatezza di un camionista! Lascialo respirare, lo abbiamo appena salvato, è cosciente da ieri, non vorremmo riperderlo oggi!” afferma la più piccola fra noi, sempre nascosta dietro lo stipite, con la stessa irriverenza di Milo. E' sagace, pungente e ha proferito la frase in un tono che non ammette repliche, ma sembra essere a disagio, in imbarazzo, quando Camus prova a guardarla, lei discosta lo sguardo, o si nasconde direttamente. Non credo di averla mia vista così.

Michela, presagendo il rimbrotto, si stacca,alzandosi dal letto rossa in viso, per poi voltarsi verso di lei e chiedere spiegazioni: "Sonia, non c'è bisogno di essere così burbera con me, lo stavo solo abbr..."

"Alla faccia dell'abbraccio, sembravi una piovra, o un boa costrittore! Camus è ancora convalescente, lo vedi da te come è pallido, ha bisogno di delicatezza!"

"M-ma io... - Michela non trova parole da dire, decide di controbattere - E tu cosa fai lì nascosta?! Se ha bisogno di delicatezza perché non lo tocchi?"

"I-io... - la più piccola tra noi esita, osserva il letto, per un secondo sembra intenzionata ad avvicinarsi, ma poi imporpora nuovamente e si nasconde - Sto bene qui!"

"Ma cosa fa? - chiede Michela ai presenti, guardando prima me, poi Francesca e infine Milo per cercare spiegazioni - Era entusiasta di venire qui, non faceva che chiedere del Maestro Camus e ora non entra neppure nella stanza!"

"Urgh..." trasalisce la diretta interessata, da dietro il muro, in evidente disagio. Probabilmente affatto lieta che Michela abbia spifferato così il suo stato.

"Michy, sai, Sonia e Camus..." fa per dare la spiegazione Milo, ma è mio fratello a prendere la situazione in mano.

"S-Sonia, anf... - la chiama, con dolcezza, attendendo che la sua testolina risbuchi - V-vieni qui, per favore..."

"Ma Camus..."

"Non sono... così rotto come appaio!" gli sorride poi, con calore, nonostante le occhiaie lunghe due metri, nonostante la spossatezza, nonostante il fiato corto, sdrammatizzando sul suo stato.

La più piccola si convince finalmente ad entrare, si avvicina a mio fratello, quatta quatta, alzando gli occhioni verdi solo all'ultimo. Qualcosa passa nelle sue iridi, un lampo di strazio, che io associo al malessere ancora così tangibile di mio fratello, le tronca il respiro sul nascere.

"Avrei... avrei voluto non vederti più ridotto così!" riesce a biascicare alla fine, buttando fuori aria, iniziando a torturarsi le mani per il nervosismo. Allude a qualcosa che né io né le altre riusciamo a capire, ma Milo sì, a giudicare da quanto si sia incrinata la sua espressione.

"Lo so... e me ne dispiace!"

"Farti promettere di non rischiare così la vita è inutile, vero? - sbuffa ancora, in un fremito - E' come se ce l'avessi nel sangue..." dice ancora, sfiduciata.

"S-Sonia, i-io..."

Ma lei, sbloccandosi, riesce infine ad abbracciarlo a sua volta, con discrezione e la naturalezza di chi, complice, si conosce da molti anni.

"Se non riusciamo a farti entrare in quella zucca cubica di non affrontare tutto da solo... - inizia il discorso con l'ironia propria di Milo, prima di alleggerire il tono - Cerca almeno di stamparti in testa, a caratteri maiuscoli, che tu sei prezioso per noi, tutti noi, e che... che TI VOGLIAMO BENE, Camus!" riesce ad esprimersi tutto in un soffio, nascondendosi però nell'incavo del suo collo per l'imbarazzo.

Gli occhi di mio fratello si fanno ancora una volta lucidi, trema con maggior forza, respirando quasi a scatti, prima di cingerla, di riflesso, per le spalle: "L-lo farò, Sonia... q-questo posso promettervelo, e... grazie, p-per le parole!"

Milo attende un poco che sia il migliore amico che l'allieva si distendano un minimo, essendo entrambi goffi ad esprimere ciò che sentono, poi butta un occhio su Francesca, rimasta appoggiata al muro a gustarsi le scene senza tuttavia partecipare. Capendo così che tutte noi siamo apposto, tra chi ha già parlato e chi ha deciso di farlo in un secondo momento, in un ambiente più riservato, sceglie di irrompere per andare al nocciolo di tutte le questioni.

“Le ragazze sono pronte. Prenditi il tempo che ti occorre per trovare il fiato e le parole da utilizzare, ma illuminaci sulle tue intenzioni. Le tue allieve meritano una spiegazione, hanno visto colui che hanno di più prezioso, il loro maestro, cominciare a comportarsi come un idiota non assolutamente in grado di ragionare, tu che metti l'intelletto al primo posto... stavolta devi parlare schiettamente!” esclama lo Scorpione, appoggiandosi al muro e scrutandolo a fondo, con un pizzico di astio.

Avverto una certa severità nelle sue parole, anche se velate dalla preoccupazione. Lui sa già tutto senza alcun dubbio, ci è arrivato per deduzione, ed è stata la profonda affinità che li lega a rivelargli la verità. Stante la situazione, deve sentirsi parecchio incollerito, visto che mio fratello, al solito, non gli ha parlato minimamente, decidendo arbitrariamente di sopportare tutto da solo, finché ne è stato in grado.

“N-non so... non so proprio da dove incominciare.” mormora Camus, in palese disagio.

"Beh... fatti forza e parla, siamo tutt'orecchi!"

"Non è così semplice..."

"Oh, ti posso assicurare che anche vederti andare lentamente in pezzi non è stato affatto facile... - assottiglia lo sguardo lo Scorpione, una balugine cremisi negli occhi - senza permetterci di poterti aiutare, perché, si vede, che ci reputi degli inetti!"

"N-non è così, Mil..."

“Beh, Maestro... - prende parola Francesca, capendo che il dialogo, ancora prima di cominciare, stava già prendendo una brutta piega - partiamo dall'inizio di tutto, ovvero dal dopo la battaglia contro Crono, io ti posso aiutare!"

Vedo con chiarezza le mani di Camus stringersi convulsamente sulle coperte. Le nocche, già chiare, diventano ancora più pallide e le labbra tremano diverse volte, completamente a vuoto. Stavolta le parole ci sono, sulla punta della lingua, ma è la difficoltà a rammentare quei momenti così dolorosi per lui a bloccarlo.

Riesco a leggere tutto questo nella postura e nelle movenze di mio fratello, decido quindi di intervenire per spronarlo a continuare. Raccolgo i suoi palmi nei miei, i due pollici solcano, con delicatezza, la falange delle sue dita più volte, prima di arrestarsi e rimanere un po' lì per fargli percepire in tutto e per tutto la mia vicinanza.

“Camus, lo so che è difficile... ma noi siamo qui con te. Le parole non ti mancano, né tanto meno i sentimenti, trovali dentro di te e falli sgorgare al di fuori. Ce la puoi fare, ne sono certa!” gli sorrido con tenerezza, dando tutta me stessa.

Lui contraccambia il sorriso con gratitudine, socchiude gli occhi, prendendo dei respiri più profondi, i nostri palmi sono ancora giunti, poi riapre le palpebre, mi fa capire che è pronto, che ce la può fare, se io rimango lì con lui. Annuisco, raddrizzandomi per poi compiere qualche passo indietro e dare così occasione a lui di aprire il dialogo.

Sono con te, fratellino, coraggio!

“Come ormai certamente saprete, eravate m-morte, dopo la battaglia contro il finto Crono, e... Hyoga, Milo ed io, grazie alla speranza offertaci da Death Mask, abbiamo scelto spontaneamente di donarvi il nostro sangue per salvarvi..."

“Giusto, eravamo proprio stecchite, brrrr! Stento ancora a crederci!" esclama Michela, deglutendo per l'inquietudine e la paura.

"Ma dietro il finto Crono c'era il Mago, giusto? - domanda invece Sonia, percettiva, studiando ogni minima variazione di espressione di Camus, ogni sua goccia di sudore che, ancora, permea la sua pelle innaturalmente pallida - E' in quel momento che... sei venuto a conoscenza della sua esistenza?"

"Me ne ha parlato Zeus, all'inizio, mi ha detto che... - esita, sbiancando visibilmente, al punto da necessitare di un paio di secondi in più per raddrizzare il suo tono di voce che si era irrimediabilmente incrinato - Che l'ombra di cui sognavo... era la causa primigenia di tutti i nostri mali"

"Quindi lo sognavi già, Maestro? Perché?" domanda a sua volta Michela, desiderando scoprire la verità.

“Da quel momento in poi... ho scoperto sempre di più sul conto del Mago; lui stesso, del resto, non si preoccupava di celarmi i suoi piani, anzi, provava... piacere... a rammentarmeli in ogni momento!" glissa la domanda Camus, rabbuiandosi, le labbra sottili ormai ridotte quasi ad un'unica linea di turbamento a malapena celato.

Rabbrividisco senza potermi trattenere, capendo benissimo la reale entità della spiegazione di mio fratello che, pur non esprimendosi oltre a riguardo, utilizza determinate parole nella narrazione. Pesanti. Affannose. Tumefatte.

"Mi parlava spesso del vero significato della profezia, si presentò perfino, rivelando così il suo nome..."

"Ha un nome proprio questo mostro?!" interviene Milo, una scintilla negli occhi.

"F-Fei Oz R-Reed, sì..." Camus, per il momento, sembra nuovamente bloccato sull'argomento, è visibilmente traumatizzato, anche se cerca di nasconderlo per sembrare ancora forte, integro, ai nostri occhi.

“Tu e Marta siete la chiave di questa Profezia, ormai è chiaro, il fulcro dei suoi progetti... - continua allora lo Scorpione, capendo che è inutile tentare di forzare l'amico di sempre a dire qualcosa che non vorrebbe mai esprimere, men che meno a noi - Anche questo te lo accennò prima Zeus, o..?"

"Solo in parte. Come dicevo, molte cose me le ha riferite il nemico in persona..."

"E Seraphina lo sapeva?" il suo tono si fa delicato nel pronunciare il nome di lei.

"S-sì..."

"Te ne ha parlato?"

Sembra diventato un interrogatorio. Studio la reazione di mio fratello, che esita, tremando distintamente nel pensare a lei. Sta facendo bene Milo a incalzarlo e pressarlo così?! Camus sembra... così al limite!

"N-no, lei... lei non mi ha detto nulla circa la Profezia, tanto meno il suo... destino! Solo... solo quando è stata male."

"Però ne era consapevole, lo hai confermato poco fa, è per questo che è riuscita a curarti quando siamo atterrati là!" tenta ancora lo Scorpione, cercando un appiglio, un qualcosa che possa far parlare più agevolmente Camus, che tuttavia sembra sempre più agitato.

"I-io... io non so bene cosa sapesse, non c'è stato il tempo, non..." si massaggia la testa, sembra quasi sul punto di piangere e ciò mi spaventa. Provo l'istinto di toccarlo di nuovo per calmarlo, ma è lo Scorpione, stavolta, a fare marcia indietro.

"Ok, calmati... non parlarci di questo, allora, parti da qualcosa che ti fa stare più tranquillo, come... come... - mi osserva brevemente, illuminandosi - Marta! Quando hai scoperto, di preciso, la verità sul suo conto?"

"L-lei, Seraphina, pur non parlandone espressamente, mi ci ha fatto arrivare piano, lentamente - vedo il suo petto tremare, come se trattennesse un singhiozzo. Per un istante ho l'impressione che possa crollare su sé stesso da quanta disperazione leggo nei suoi occhi - L-lei sapeva, e-era convinta che, in quanto Sciamano, io ci sarei arrivato da solo, che lo avessi potuto... percepire... dentro di me, senza bisogno di una sua conferma o smentita. Soffriva... ma era la scelta che aveva attuato per preservare il futuro, Per salvare... me!"

“Ma quindi... tu da quanto lo sai, Maestro Camus? Abbiamo fatto così tante congetture a riguardo... quando lo hai capito?" chiede Francesca, apprensiva, un moto di tristezza permea i suoi occhi che brevemente ricadono su di me, come a dire che è quello che mi aveva accennato sulla spiaggia nel presente, quando eravamo in missione per l'antibiotico.

Silenzio. Mio fratello pare rotto, inceppato, stringe di riflesso le palpebre, sofferente, trattenendo le lacrime, che a me, come a lui, tolgono il respiro.

Ti manca così tanto, vero? La tua Sefi... deve essere stato tremendo abbandonarla, quando ho visto quel sogno tu piangevi, soffrivi con lei, per lei, perché la stavi condannando e lo sapevi. Eppure hai scelto me...

"Scu-scusate, cosa..?" domanda interrogativamente Michela, squadrano prima il maestro e poi l'amica più grande, non capendo. Ma il suo quesito si perde nel vuoto.

"Camus... - il tono di Francesca si è fatto ancora più dolce, sembra voglia accarezzarlo e rinfrancarlo da distanza - Marta vorrebbe sapere... è suo diritto!"

“I-io... in verità, non l'ho percepito, non subito, almeno. Voglio dire, s-sono... diverse fisicamente, t-troppo, in apparenza. U-un'anima, generalmente, tende a conservare la stessa, singolare, forma...”

"Però... hai avuto dei flash, stando con lei, vero? La vedevi... vedevi la tua sorellina, nelle sue movenze, nel suo stesso modo di fare!" continua il dialogo Francesca, aiutandolo come può ad esprimersi

"La vedevo, sì... mi ricordava così tanto Marta, in tutto, e glielo avevo anche detto... - sorride amaramente nel rammentarla, osservando però il muro - Diverse... ma con lo stesso sorriso, la stessa capacità di infondere calore, lo stesso cuore traboccante di sentimenti e la stessa gioia di vivere..." mi osserva brevemente, ed io inaspettatamente mi rizzo, sentendomi ancora una volta fuori posto, quasi spezzata.

"Quindi... è come la pensavo io! - ne deduce Francesca, malinconica, visibilmente dispiaciuta - Avevi dei dubbi, ma non sapevi con certezza, finché non ti sei ricongiunto con Marta."

"Il rivederla ha dato risposta definitiva ai miei quesiti, sì, ma quella mattina in cui sono rientrato con lei, che stava male, i-io non avevo già... più alcun dubbio! - tenta di spiegarsi, buttando fuori aria e respirando forte, il cuore in tumulto - Avevo capito che Seraphina era la precedente vita di mia sorella Marta!"

Nella stanza cade il silenzio, mentre i miei occhi fissano intensamente quelli di mio fratello, sfuggenti come lepri. In effetti, sia Crono che Francesca mi avevano riferito che lui aveva ormai capito, era consapevole di chi fossi la reincarnazione. Sapeva che non avrebbe potuto salvarci entrambe, che allontanarsi da lei, tornare da me, equivaleva a consegnarla a morte certa, ma lo ha fatto comunque, perdendo così, ancora una volta, l'amore della sua vita passata, e di questa.

Arrossisco nel ripensare ancora a loro due su quel letto, al loro bisogno disperato di toccarsi, di amarsi, di non perdersi più. Mi osservo tristemente la mano sinistra, quella non fasciata, ne studio la conformità, così diversa da quella esile, da fata, della Governatrice di Bluegrad. Hanno ragione... siamo così diverse, io e lei, ancora non mi capacito dei fatti successi negli ultimi giorni. Mi sento fratturata, rotta, spersa... sbagliata. Credevo di essere rimersa io, di essere in me, eppure...

“Ehm, p-posso? Mi sono un po' persa... - alza la mano Michela, con un'espressione tale da adorabile tonta, che subito il mio malessere viene (quasi!) spazzato via - Chi sarebbe Seraphina?!”

“Non ci posso credere, Michela, ma tu vivi proprio nel mondo degli unicorni blu!!! Seraphina è la giovane donna che ci ha soccorso quando siamo finiti in quest'epoca, nonché il grande amore di Dégel!” esclama Francesca, guardando l'amica con espressione rassegnata.

“OU, NON SONO COSI' SCEMA!!! So chi è Seraphina! - fa la linguaccia lei, indignata - E' che mi sono persa dei passaggi, cosa c'entra Marta?!"

"Beh... come dire... è SOLO la sua reincarnazione!" risponde pratica l'amica più grande, facendo spallucce.

"Massì, quello l'ho capito, è che... - ma sbianca improvvisamente, come a soppesare realmente l'entità di quelle parole - COS...?! No, aspetta, ASPETTA! E' la reincarnazione??? Ma in senso lato o in senso stretto?!?"

"Nell'unico senso possibile, Michela..."

"Ma quindi come Camus per Dégel???"

"Eh, sì... un po' tardiva ma ci sei arrivata, dai..." ironizza ancora Francesca, radunando tutta la sua pazienza.

"T-tu... - e mi indica, sbigottita, aprendo e chiudendo la bocca più volte prima di riuscire ad esprimersi - TU SEI LEI!"

"B-beh, insomma..."

"Sei stata lei, comunque... - raddrizza il tiro, sbracciandosi, prima di gonfiare le gote - E NON MI HAI DETTO NULLA!!!"

Non sono in vena di rispondere, mi sento così strana, affatto in forma, e non so più se sia la stanchezza o altro. Guardo altrove, l'espressione rassegnata, Francesca prende le redini del discorso in mia vece.

“E non è neanche tutto, Michela! Se avessi fatto finire il Maestro Camus, ti avrebbe anche detto che la nostra amica qui presente non è venuta al mondo come quasi tutti gli esseri umani, ha scelto lei di farlo!"

"Perché, si può scegliere?" domanda ancora Michela, tutta meravigliata.

"No, non si può... - borbotta Camus, rosso in viso, lo sguardo fisso sempre altrove, anche se si intravede qualcosa di molto caldo nelle sue iridi - Ma lei... lei ci è riuscita, ha... ha superato i-il tempo e lo spazio... per me!"

"Oh..."

"E tu, salama, non avevi capito che Marta fosse la reincarnazione di Seraphina! - la stuzzicca ancora Francesca con espressione furbina - Ti sarebbe bastato guardare con attenzione Marta e Dégel, il loro gioco di sguardi, i non detti... per comprendere che sono legati da qualcosa di veramente, ma veramente, trascendentale!"

“Che Marta e Dégel si piacessero era più che lampante, ma chi andava a pensare alla reincarnazione di Seraphina, eeeeh?! Andiamo, non posso essere l'unica a non essersela data... - si difende Michela, sbuffando, cercando poi lo sguardo di Milo e Sonia - E voi, non mi direte che anche voi lo sapevate?!"

"Beh... io lo avevo intuito, non volermene! - confessa lo Scorpione, grattandosi la testa - Ho anche fatto delle ricerche, a riguardo!"

"Tu, invece, Sonia?! Dimmi che almeno tu sei con me, che non capivi, che ti sei persa nei loro discorsi!"

"Io veramente... - anche lei esita, un poco nervosa - S-sono partita non capendo, come te, perché io questa Seraphina che dite non l'ho potuta conoscere, a differenza vostra, ma comunque il dialogo era espresso in maniera chiara e lineare, l'ho seguito."

"Quindi... sono l'unica scema che si stava perdendo?" da un'ultima occhiata ai presenti, speranzosa.

Silenzio imbarazzante a seguire...

"O-ok, sono l'unica scema, allora!" picchietta gli indici, l'espressione colpevole.

“Cough... cough... Torniamo un attimo a parlare dei piani del Mago, e del perché Marta ed io ne siamo invischiati...” riprende Camus, tossicchiando leggermente, desiderando accantonare il prima possibile un discorso, una scelta, che deve fargli ancora così tanto male.

“Giusto, perché si è creata questa situazione? Cosa cerca da voi questo nemico? Crono ne ha accennato qualcosa, ma ho la netta sensazione che sia tutto più complesso di così...” domanda Sonia, fremendo appena.

“Sono io... sono io il fulcro del suo interesse; Marta la sola che, proprio in virtù della sua scelta di oltrepassare il tempo, può opporsi ai suoi piani."

“C-COSAAA?!”

Esclamazioni di sorpresa si diffondono nella stanza, mentre il mio ottuso silenzio, in un frangente simile, sembra quasi fuori luogo.

"Il Mago... la odia a morte proprio per questo, io credo, al punto da accantonare, talvolta, il suo obiettivo primario, ancora in larga parte misterioso, per cercare di annientarla. - continua la spiegazione, ingoiando a vuoto, il suo sguardo nuovamente distante dal mio - A-avrebbe utilizzato il mio corpo per... ucciderla, facendola soffrire il più possibile!" il suo tono si prosciuga nel singhiozzo, le nocche si imbiancano ulteriormente per l'intensità della presa sulle lenzuola.

"N-no... non può essere!"

Percepisco lo sbigottimento di tutti i presenti, gli occhi di Michela cercano i miei, vedo nell sue iridi le intenzioni di abbracciarmi, di tranquillizzarmi, sebbene io sia calma e imperturbabile, anche se solo in apparenza. Prendo una boccata d'aria prima di apprestarmi a continuare il dialogo per aiutare mio fratello.

“E' come ha detto Camus, ma non è così facile da spiegare. Di certo mi odia perché, avendo accettato l'eredità di Seraphina, sebbene i ricordi siano ancora frammentati, posso oppormi alla sua venefica ingerenza. D'altronde il potere di un anima doppia, per così dire, è immenso e chi riesce a ridestarsi, accettandone il peso, la sofferenza e i sentimenti di due vite, può attingere ad un potere devastante... - inizio a raccontare, memore delle parole che lei stessa mi ha rivolto quel giorno in cui si è manifestata dentro la mia testa - Ho come la sensazione che già lei avesse un conto aperto con lui; un conto che trascende la nostra singola vita, ma non riesco bene a ricordare... ancora faccio fatica a mantenere l'equilibrio tra queste due me stesse..."

"Ma quindi ti sei risvegliata o no? Non ho capito, DI NUOVO!!!" piagnucola quasi Michela, credendo di essersi nuovamente smarrita.

In verità la sua domanda è giusta e la risposta, per quanto mi pesi, non può che essere una: "Non... non ne sono sicura!"

"Che intendi?" mi intercetta anche Sonia, che si fa ancora più attenta.

Non rispondo subito, non saprei come farlo, del resto, non sono più lei, questo è certo, ma non sono neanche io. Sono io... con alcuni suoi ricordi, oppure... -ed è questa l'idea che mi fa più paura!- è lei che si è adattata alla mia personalità, non desiderando in alcun modo scavalcarmi. Mi ha... fatto vincere?

Scrollo la testa, rigettando per l'ennesima volta indietro il dubbio che mi attanaglia. Stringo di riflesso le mani a pugno, al punto che mio fratello, probabilmente percependo qualcosa di molto forte provenire da me, mi scocca un'occhiata sorpresa e preoccupata allo stesso tempo.

"Non ha importanza..." è la mia sola risposta, cammuffata dietro un apparente tono spavaldo che, in verità, nasconde tutte le mie insicurezze.

...perché io proteggerò comunque Camus, qualsiasi forma assumerò. Mi basta avere questa certezza!

"Marta..."

Percepisco il richiamo di mio fratello, con la coda dell'occhio vedo il suo movimento, ma rimango fissa a osservare gli altri pur di non incrociarmi con i suoi occhi blu. Non riesco. Avverto distintamente che vorrebbe essermi di conforto, che ha sentito le mie emozioni su di sé, ma non posso, ora, apparire debole e insicura davanti a lui, non dopo tutto l'inferno che ha passato.

“Maestro, ritornando a prima, cosa significa che il Mago è interessato a te e perché?” chiede ancora Michela, desiderosa di far vedere che anche lei può seguire il filo conduttore di un discorso complicato.

“L-lui... non lo so ancora bene, ma... gli servo, necessita d-di me, dei miei poteri e d-di un corpo la cui anima si sia reincarnata più volte nel corso del tempo..."

"Gli serve il ghiaccio, quindi?!?"

L'ennesima esitazione di Camus, quel baluginio di paura nelle iridi, mi fa presagire, perfino prima che esca, che il discorso sarà nuovamente tronco: "I-il ghiaccio, sì, anche..."

Francesca spalanca gli occhi. Proprio come me ha la sensazione che ciò che sta fuoriuscendo difficoltosamente dalle labbra del maestro, non sia la completa verità quanto... una parte!

"E che se ne fa?!" persiste Michela, ad oltranza

"Del ghiaccio in sé nulla, ma, se si rompono determinati sigilli..."

“Le tue parole sono oscure, Camus... non le capiamo! Gli serve o non gli serve 'sto ghiaccio?! E a cosa, di preciso?!” è Milo questa volta ad ammettere implicitamente di star perdendo il filo logico.

"..."

"Eh, no, ora parli, Camus, ci racconti nel dettaglio, o da qui non ne esci!"

"Milo..." soffio, come ad avvertirlo di non esagerare.

"Non c'è altra strada, Marta, per far uscire la verità dalla bocca di tuo fratello!"

"Sì, ma..."

“Va tutto bene, piccola, ce la faccio! - mi tranquillizza Camus, mantenendo però lo sguardo basso. Prende una lunga boccata d'aria, prima di proseguire - Dicevo che gli serve un corpo, un contenitore che ospiti un'anima che ha vissuto più vite...”

"Deve averne i ricordi o no?" chiedo argutamente Francesca, una nota di agitazione nella voce e nelle iridi glauche.

"Non servono i ricordi di queste vite, no... io stesso ne possiedo, a sprazzi, del solo Dégel, ma non ha comunque importanza. Non è sull'anima che deve lavorare..."

"...Ma sul corpo!" si lascia sfuggire l'esclamazione Sonia, sbigottita, quasi paralizzata dalla consapevolezza.

"Mmh!" fa un cenno si affermazione Camus, non riuscendo ad esprimersi in altra maniera sull'argomento.

“E' vero... per quanto sia ugualmente spregevole, è molto più semplice lavorare sul corpo fisico, rispetto all'anima, e se le cose stanno così... - intuisce Francesca, poco prima di ingoiare a vuoto, spaventata dalla rivelazione - Il Maestro Camus è perfetto allo scopo, poiché ha viaggiato per le dimensioni, ha un potere che, elevato all'ennesima potenza, può fermare il tempo, e, infine, cela l'anima reincarnata di Dégel dentro di sé!"

“E' così, ma non poteva agire su... me... senza prima rompere alcuni sigilli!”

La mia attenzione si fa più acuta, riconoscendo le parole che mi aveva anticipato Crono qualche giorno fa nel suo discorso.

"Quali sigilli, Maestro?" domanda Michela, avvicinandosi premurosamente a lui.

"Il primo... questo!" e si indica la ferita al torace ancora arrossata, massaggiandosela delicatamente con le lunghe dita eleganti senza riuscire a mascherare una scintilla di dolore nel tastarla.

"Significa..."

"Sì, Francesca... - conferma Camus, ricoprendosi, come se si capissero solo loro o comunque ne avessero già parlato - Serviva che una parte di sé stesso rimanesse impressa dentro di me, impregnandosi nel mio organismo, nel mio stesso cosmo, nella mia anima..."

Lascio che la frangia mi nasconda gli occhi, impedendo così a lui e alle altre di guardarmi dentro. Non riuscirei a sopportarlo.

"E forse, ancora più importante di questo... - riprende poco dopo il discorso mio fratello - che il mio corpo compisse, contro la mia stessa volontà, un viaggio nel tempo a ritroso, rendendo, di fatto, la mia esistenza instabile..."

Nella stanza, dopo un breve exploit di schiamazzi ed esclamazioni varie, ricade nuovamente il silenzio, mentre gli sguardi di tutti vagano smarriti per ogni angolo della camera, chiedendosi tacitamente se hanno udito bene.

Milo, con un'espressione assassina stampata sull'ovale del viso, freme vistosamente, tanto da sembrare una vera e proprio fiamma in procinto di ingurgitare tutto tutto. Starà sicuramente progettando tutti i modi possibili ed immaginabili per far soffrire, il più crudelmente possibile, il Mago, reo di aver provato ad impossessarsi del corpo del suo migliore amico.

"Se quello stronzo voleva condurti da solo qua, perché alla fine ha portato anche noi?! Pensava, forse, che saremmo stati in panciolle?! Che non saremmo intervenuti?!"

"..."

"E inoltre... portati nello stesso tempo di Seraphina, la sua peggior nemica, che senso ha?!"

"Ha semplicemente corso il rischio... - è la sola risposta di Camus, prima di prendere un'ulteriore, lunga, pausa, prima di continuare - Per rendere la mia esistenza instabile, doveva trasportarmi in un luogo dove la mia anima fosse già pre-esistente. Inoltre occorre molta forza per riuscirci, più si manipola il tempo, più ciò richiede sforzi. Suppongo... non avesse abbastanza energia per condurmi altrove."

"Aspetta, perché parli al singolare? - si interroga, perspicace, Francesca, in un guizzo improvviso - Non è che..."

"Sì, è così, non era nei suoi piani portare anche voi qui... non lo è mai stato!"

"Ma allora..."

"Qualcun altro ha influito sul processo, qualcuno potente almeno quanto lui, o forse di più..."

"Che sia stata proprio Seraphina?" chiede Sonia, la mano posata sul petto, il respiro veloce nell'immedesimarsi in tutta la sofferenza patita da Camus.

"E-ecco, io non lo so... all'inizio ho pensato che fosse lei, ma alcune cose non tornano!"

Già, non tornano, ci ho pensato anche io. Lei di sicuro può avere influito, in qualche modo, ma trasportarci tutti qui... no, impossibile per un corpo già malato come il suo! Ciò che è certo, è che il Mago, quando si è palesato per la prima volta davanti a me e alle mie amiche, ci ha mentito, ancora non so perché, riferendoci che era stata opera sua. Sembrava imperturbabile nell'esprimerlo, perché allora celarlo? Possibile che non se lo aspettasse neppure lui?!

Troppe domande... comincio ad avere un mal di testa fortissimo, vorrei solo dormire. Stringo i pugni e mi faccio forza, concentrandomi sulla reazione delle mie amiche.

Michela, ancora incredula, ha l'aria di chi ha cento domande per la testa e nessuna risposta. Sembra sconvolta e sul punto di piangere dalla paura, spaventata dai pericoli in cui si è trovato il suo adorato maestro.

Sonia invece, più abile di lei a nascondere le emozioni, sembra semplicemente tesa dalle rivelazioni appena udite. Probabilmente le sue domande rasentano pressapoco le mie, l'irrequietezza che avverto è a stento mantenuta sotto controllo, uno sforzo non da poco.

Francesca ha l'aria di chi si sta avvicinando alla risoluzione di un puzzle. Fino ad ora è l'unica ad avermi accennato del Potere della Creazione, oltre che Crono, ma pur intuendo che abbia a che fare con Camus, rispetta la decisione di mio fratello che sembra non voler trattare minimamente l'argomento. Un punto fermo, l'ennesimo, di una trafila che sarà lunga. Temo.

“Però continuo a non capire, Maestro, se il Mago vuole proprio te, e te solo, perché hai tentato di dire a Dègel tutta la verità? Non è stato un po' come consegnarsi volontariamente al nemico?” chiede Michela ad un certo punto, in un tono un poco ingenuo, catalizzando tuttavia tutta l'attenzione su di lei perché, in fondo, è la domanda che tutti, chi prima e chi dopo, ci siamo posti.

Camus distoglie in fretta lo sguardo, colpito al cuore dall'osservazione della giovane allieva. Automaticamente le parole gli vengono a mancare, sostituite da un leggero tremore che sconquassa il suo petto, ancora terribilmente tormentato.

Non ce la fa... è davvero al limite!

“OH, PERFETTO! Coraggio, Camus, spiegacelo! Perché ti sei comportato da vero idiota, decidendo di arrenderti e rischiando così di uccidere milioni e milioni di innocenti?! - lo incalza subito Milo, quasi spietato, cogliendo la palla al balzo. Nessuna risposta, tanto basta per renderlo ancora più aggressivo - Sarebbe meglio per te parlare, amico, questa è una ragione più che valida per centrarti in pieno con un bel cazzotto, non mi importa se stai ancora male! Prega di dare una motivazione sufficientemente adeguata, o..."

“O COSA, MILO?! Non cerco alcuna comprensione da voi, né una qualche scusante, so cosa volevo fare, e lo confermo ancora una volta! Se sarò punito per questo, lo accetterò senza remore alcuna, ma, almeno voi, fatemi spiegare, anf, anf... - esplode improvvisamente Camus, quasi strozzandosi nell'esprimersi, dovendo poi fermari un attimo per riprendersi - N-non avevo scelta alcuna, anf, non da solo... e mi sentivo solo, in quel frangente! Ho avvertito la peste insinuarsi dentro di me molto prima che si palesasse in Regulus o in te, Milo... era il nero cosmo del nemico che mi avvolgeva nelle sue spire, urgh..."

"Fratellino..." lo chiamo flebilmente, rendendomi conto che le lacrime gli permeano le palpebre, rimanendo comunque lì, bloccate, senza possibilità di cadere.

"Qualunque cosa avessi fatto, anf, mi avrebbe portato alla stessa, spietata, fine: io, sotto l'influsso del Mago che uccidevo e torturavo Marta, massacravo voi tutti, prima di volgere lo sguardo, non più mio, ai doveri del Mago medesimo. Ero... ero così spaventato!"

Silenzio nuovamente intorno, pesante come un macigno. Camus ci sta confidando di aver avuto paura, una cosa non da lui e, sentirlo, percepire il suo tono così strascicato, sofferente, ancora non del tutto suo a causa dell'immenso dolore patito, fa davvero male al cuore.

"Ho quindi pensato di... di sparire dalla faccia della Terra e, con me, certo, sarebbe cambiato l'assetto del mondo, molte vite non avrebbero visto la luce, altre invece, destinate all'oblio, sarebbero forse sorte. Si tratta di una responsabilità enorme, me ne rendo conto, non... non ho preso questa decisione a cuor leggero, ma... ma voi eravate al sicuro in quest'epoca, non sareste stati toccati dallo sconvolgimento; voi il mio bene più prezioso..."

"Lo avresti fatto per noi, Maestro?" chiede Michela, commossa, non preoccupandosi di mostrare il pianto.

"Avrei affidato a voi il futuro, sì, e a Dégel, come Cavaliere di Aquarius al posto mio..."

"E quel povero diavolo di Hyoga dove lo infili?! Lui è ancora di là, nel presente, e tu..!" freme ancora Milo che, pur parzialmente calmato nell'assistere a tutta la fragilità dell'amico di sempre, non è affatto domato.

"N-non avrei mai potuto lasciarlo, dovresti saperlo, Milo..."

"E come avresti fatto, sentiamo!"

"Non importa come, lo avrei salvato... a qualunque costo!" è la sola risposta di Camus senza dare ulteriori spiegazioni circa la modalità della procedura. Chiude dolorosamente gli occhi, non sembra più intenzionato a parlare.

Nessuno ha il coraggio di insistere a riguardo, tanto che mio fratello, accaldato, sospira un'altra volta, scostandosi nuovamente le coperte per abbandonarle in grembo. Nel gesto, i miei occhi non riescono a non correre nuovamente lì, tra le tre lacerazioni, ancora di pessimo aspetto nonostante tutte le cure e gli impacchi consigliatoci da Albafica. Mi domando se guariranno mai, le maledette, vederle per me è una pugnalata allo stomaco. E' tutto iniziato da lì, è tutto iniziato da me...

“Avverto le vostre domande nell'aria..." riprende poco dopo mio fratello, riaprendo gli occhi. Il suo petto vibra nitidamente, le lacrime sono ancora lì, a fior di palpebre, ma stoicamente non cedono.

Rimaniamo muti ad osservarlo in attesa che prosegua.

"Vi stareste chiedendo cose tipo: 'ma Milo e Cardia che possiedono la stessa anima, come avrebbero convissuto?' O anche: 'ma non era un azzardo, Camus? E se il mondo non si fosse formato come tu desideravi? Se qualcosa fosse andato storto e la Terra fosse stata spazzata via?!', o ancora: 'Ma non sei forse tale e quale al Mago, così facendo?' - continua a fatica, sempre più provato - La risposta a quest'ultima domanda è piuttosto semplice, a onor del vero, ed è affermativa: sì, sono in tutto e per tutto simile a lui, al nemico."

"N-no, non è vero, Maestr..."

"Per i miei fini avrei sradicato via il mondo futuro, assumendomi il rischio di far collassare l'intero pianeta su sé stesso, per lasciare a voi la sua nuova formazione. - Camus non permette a Michela, né a nessun altro di noi, di provare a scagionarlo, no, accetta la piena responsabilità della faccenda senza darsi la minima attenuante. E' pragmatico e consapevole, per certi versi fa accapponare perfino di più - Sono un vigliacco e un egoista, è vero, ma la verità è che, qualsiasi mondo si fosse creato dalle ceneri di questo, sarebbe stato infinitamente migliore del futuro che mi è apparso davanti."

"Cosa intendi?"

"I-io l'ho visto cosa può fare il Demiurgo con il mio corpo, Milo... l'ho visto! E non è altro che distruzione e morte per tutte le creature dei mondi, TUTTI!” un singhiozzo verace, il capo che si china ancora di più, vinto. Non piangerà, Camus, Cavaliere del'Acquario, poiché lui, più di tutti, è consapevole che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e opposta. Tuttavia, per un breve istante, ho come la sensazione che si senta di nuovo solo, proprio quando ha dovuto affrontare il Mago dentro di lui.

“Ora capisco tutto finalmente... - trova il coraggio di parlare Sonia, gli occhi lucidi - Dal momento in cui ti sei procurato quelle ferite per salvare Marta, stai combattendo contro il nemico affinché lui non prenda il pieno controllo su di te. Hai lottato fino alla fine per non dargliela vinta, ma quando hai capito che non c'era più niente da fare, hai provato ad avvertire Dègel, a renderlo consapevole del suo futuro. Del resto, come hai detto tu stesso, noi eravamo qui, eravamo al sicuro, il mondo si sarebbe sistemato seconda una linea in cui Camus dell'Acquario non sarebbe mai esistito, mentre noi, pur con qualche difficoltà, avremmo trovato, prima o poi, il nostro posto nel mondo, poiché i nostri ricordi si sarebbero presto adattati a questa nuova linea di universo. Per te, in quel momento, era la scelta meno sofferta tra tutte le sofferenze che comunque avresti patito...”

La osservo, ammirata nel rendermi conto che sta enunciando una delle teorie del Multiverso, concetto ancora oscuro e denso di mistero. Tuttavia quella espressa abilmente da lei, è solo una delle innumerevoli ipotesi, la più positiva, possiamo dire. Le altre...

“Nemmeno io potevo sapere con certezza se si sarebbe verificata una tale possibilità... il rischio che potesse accadere qualcosa di irreparabile era altissimo. La mia era più una speranza..." conferma infatti mio fratello, cupo.

"Una speranza dettata da poteri che tu sai di avere ma che non hai mai utilizzato?!" lo incalza Francesca, leggermente meno spietata di Milo, che ora si è chiuso in un mutismo paradossale, ma comunque con una leggerissima scintilla di biasimo.

"Una speranza data da poteri che so di possedere che tuttavia non ho mai utlizzato, sì... ho semplicemente pensato di poter controllare la maggioranza dei danni!" annuisce Camus, mordendosi il labbro inferiore.

"E se non ci fossi riuscito?!"

"Si sarebbe verificato un paradosso temporale dalle conseguenze inimmaginabili"

"Ah, b-beh... una cosetta da niente, dai!" è l'unica frase che riesce a uscire ancora dalle labbra di Francesca, che si chiudono a loro volta in un mutismo corrucciato.

Non c'è molto da aggiungere, in effetti, il rischio che qualcosa potesse andare storto era enorme e lui ne è perfettamente consapevole, per quanto abbia sragionato. Ma parole di accusa, su lui che è ancora cos stremato, ridotto all'ombra di sé stesso, del fiero Cavaliere d'Oro dell'Acquario, risulterebbero spietate e dannose.

"E... e come intendevi procedere?" chiede Sonia, ancora incredula, cercando di esprimersi in tono tranquillo.

"Io dovevo sparire da questa dimensione senza lasciare la minima traccia. Per farlo, avrei dovuto avvisare Dégel del suo futuro, rivelargli la vera identità di Marta e... affidargli tutto, voi, e il destino del mondo..."

"Cioè fare lo scaricabarile col rischio di far collassare un mondo intero... beh, bello, Camus, davvero degno di un Cavaliere!" non riesce più a trattenersi Milo, sbuffando, livido in volto, i pugni stretti con foga

"Io non posso combattere contro il Mago..."

"TU NON PUOI COMBATTERE CONTRO IL MAGO PERCHE' NON TI SEI MAI DEGNATO DI DIRCI L'INFERNO CHE STAVI ATTRAVERSANDO! E' SOLO QUESTA LA RAGIONE, CAMUS! SE CI AVESSI RESO PARTECIPI DELLA TUA SOFFERENZA, NOI, INSIEME, AVREMMO FORSE POTUTO PRODURRE UN RAGIONAMENTO MIGLIORE CHE RISCHIARE DI DISINTEGRARE UN MONDO E... SI', HAI RAGIONE, SEI UN VIGLIACCO E UN EGOISTA!"

Eccolo tornato alla carica. Rabbrividiamo un po' tutte nel vederlo così iroso, nonostante anche lui non sia al massimo della sua forma. E menomale, aggiungerei, sennò alle parole avrebbe fatto seguire le azioni senza farsi troppi problemi a 'menare le mani', come la sua controparte del Settecento.

"N-no, tu non capisci, n-non posso, non riesco! L-lui... mi aveva già vinto!" tenta di spiegarsi Camus, il tono della voce sempre più strozzato, mentre, in un guizzo disperato solleva la testa e proietta i suoi occhi blu verso l'amico.

"Co-cos..?!"

"Aveva già vinto dentro di me, non sono riuscito ad oppormi alla sua... ingerenza! - si lascia sfuggire in un singulto, lasciando intendere il resto - L'unica strada che mi rimaneva era scomparire, affidare tutto a Dégel, a voi, ma... ma parlando con lui, mi... ho soppesato un qualcosa che p-prima non avevo valutato adeguatamente. Q-quella nuova consapevolezza, il rendermi conto che non avevo per davvero più nessun'altra via d'uscita, consegnando così la completa vittoria sul mio corpo a lui, mi ha devastato!"

"Quale?"

"..."

"Quale consapevolezza, Camus?" insiste Milo, non sapendo più cos'altro fare per riuscire a farlo riscuotere. Vorrebbe aiutarlo, lo capisco, ma è molto arrabbiato... e deluso... non riesce minimamente a raggiungerlo.

Mio fratello, del resto, si è nascosto il viso con una mano, freme, il petto palpita, vittima dei singhiozzi che tuttavia non trapelano fuori. Non ce la fa davvero più, è un groppo al cuore vederlo così. Decido di parlare io per lui.

"Quella consapevolezza... ero io, il sapere che, così facendo, non sarei mai nata!"

Lo sguardo dei presenti è nuovamente su di me, mi fissano ammutoliti, in attesa che, almeno io, riesca a spiegarmi.

“Già, perseguire quella strada, l'unica che gli era rimasta, equivaleva a creare un mondo in cui io non sarei mai esistita, poiché io avevo scelto di reincarnarmi in una nuova forma per rimanere al suo fianco... Se è dunque vero che il Mago cesserebbe di esistere se Camus sparisse, è altrettanto vero che, un tale futuro, sarebbe dovuto passare arbitrariamente anche per il mio sacrifico, e lui... lui si è bloccato per questo!”

Camus annuisce difficoltosamente con la testa, mantenendo la mano sopra il volto nel vergognarsi di farsi vedere così dalle persone più importanti della sua vita. Il bisogno di piangere si fa più lampante; piangere nel ricordare quei momenti difficili, piangere per la sua scelta praticamente obbligata, per il dolore, per l'onta... ma non lo farà, no, lo farò io per lui, perché ora come non mai mi sento emotivamente legata al suo cuore, come se i suoi sentimenti scorressero con impeto in me.

"Non... non si può creare un nuovo universo dove Marta sia viva insieme a noi?" chiede Michela, gli occhioni brillanti da quanto siano lucidi.

"No, non si può... Seraphina ha pagato un prezzo altissimo per avere la possibilità di reincarnarsi in una nuova vita, ha sacrificato l'amore che nutriva per Dégel per attraversare il tempo, poiché nulla in questo mondo si ottiene senza dare qualcosa in cambio..."

"Quindi, in parole povere, tu, la sua nuova vita, sei diventata un 'punto assoluto' dell'universo che ha preso forma dalla sua stessa scelta?" arriva alla conclusione Francesca, assemblando nuovamente tutti i puzzle nella sua testa.

"Qualcosa di simile, sì... rinunciare a questo mondo significava non farmi mai nascere. Sarei sparita anche io, insieme a lui... e certo anche il Mago, ma..."

...Forse sarebbe stata comunque la scelta migliore.

Mi sussurra una vocina dentro di me, soppiantata però da quella di Milo.

"Camus non avrebbe mai rinunciato a te, non ti avrebbe mai strappato il futuro... - annuisce lo Scorpione, un poco più calmo, sebbene la scintilla di delusione sia comunque tangibile - Eh, sì, il signorino qui è anche un tremendo ipocrita, lo conosciamo bene!" afferma poi in tono un poco più scanzonato quanto affettuoso. Perché comunque conosce il suo migliore amico, i suoi limiti, le sue emozioni, le sue stesse antinomie.

"Non posso... non posso sacrificare nessuno di voi... - prende parola nuovamente Camus, pur tremendamente a fatica - NESSUNO!" singhiozza di nuovo, incapace di trattenersi

"Lo abbiamo ben visto, sai? A momenti buttavi giù un mondo per noi, dimmi poco! Però a Hyoga insegnamo la freddezza e a non cedere ai sentimentalismi, vero?!"

"Milo, stai esagerando!" lo rimprovera Sonia, dandogli una gomitata tra le costole.

"Non ci posso fare niente! Mi serve tempo per elaborare il fatto che il mio migliore amico sia un coglione patentato!"

"Sì, ma..."

“Mi dispiace tanto, fratellino mio..." biascico improvvisamente io, le guance ormai rigate dalle lacrime nel fissare un punto nel vuoto. Gli occhi di tutti sono di nuovo su di me, li percepisco, mi pesano, quasi più del groppo in gola che mi si è creato e che mi appesantisce il respiro.

"Milo era già caduto per la peste, ed io ti ho lasciato solo in un simile frangente, fingendo che tutto andasse bene, che te la potessi cavare ancora, nonostante tutto... - sussurro piano, chiudendo le palpebre e stringendo i pugni - Tu ti sei fermato per me, persino in quei momenti così difficili il tuo primo pensiero era rivolto a me, al mio bene, a ricercare una soluzione per uscirne, o meglio, farci uscire dal loop!"

"Marta..."

"Ed io... io sono stata una stupida, perché oltre a non averti capito ti ho pure disprezzato, regalandoti altra sofferenza gratuita. Tu non hai nulla di cui scusarti con noi, Camus! Avresti sradicato via il mondo per il nostro singolo bene, questo non è di certo un comportamento da Cavaliere, ma è dannatamente umano e, in fondo, proprio questo sei, ancora prima di essere devoto alla giustizia insindacabile della dea Atena!"

"..."

"Non mi importa che ne pensino gli altri, non mi importa se il mondo ti condanna, NON MI IMPORTA! I-io... io sono orgogliosa di te!"

“Non... non dovresti essere tu a piangere, piccola mia! - biascica Camus, rompendo a sua volta gli argini del pianto nel percepire a sua volta le mie emozioni. Due gocce di rugiada gli solcano con lentezza gli zigomi prima di essere parzialmente nascoste da un suo sorriso di tenerezza nei miei confronti, per quanto tiratissimo - Vieni... vieni qui, avvicinati!"

Faccio quanto richiesto, vergognandomi un poco nel mostrarmi sempre così quando mi sono rimpromessa di apparire forte ai suoi occhi, ma il buffetto che mi regala sulla guancia, mi fa spalancare gli occhi dalla meraviglia: "G-grazie, per essere sempre con me, nonostante gli innumerevoli sbagli che compio!"

"Cam..."

"Hai ragione a dire che tutto questo è dannatamente umano, ma per quanto io pensi tutt'ora che, tolto questo miracolo che siete riusciti a compiere, quella sarebbe stata l'unica soluzione possibile per non consegnargli i miei poteri, sono molto deluso da me stesso..."

“Oooohhh, Maestro, non devi! Hai detto di aver combattuto, giusto? Non c'è nulla di cui vergognarsi nell'averci provato e non esserci riuscito, solo che, come ha detto giustamente Milo, hai visto cosa siamo riuscite noi a fare malgrado la situazione disperata?”

"Michela..." la chiama Camus, prima di essere circondato dal suo abbraccio e rimanere lì, sbalordito, le braccia un poco sollevate. Io mi sposto appena in là per darle spazio che merita.

"Ecco, quindi la prossima volta fidati più di noi, stiamo diventando forti, lo hai ben visto, puoi permetterti di riposare, qualche volta!"

A questo punto gli occhi di Camus si fanno perfino più lucidi, sembra sul punto di piangere più consistentemente, ma si limita a ricambiare l'abbraccio e chiudere le palpebre, soffiando fuori aria come se si levasse un peso.

"Sì, hai ragione... siete delle guerriere forti e coraggiose, non sono più... solo!"

Sonia, facendosi coraggio, si avvicina a sua volta timidamente, quel tanto che basta a mio fratello di stringere a sé anche lei, sebbene il movimento gli costi fatica perché ormai è quasi del tutto prosciugato dallo sforzo di parlare e rimanere con la schiena dritta. Francesca e Milo non partecipano all'abbraccio di gruppo, rimangono un poco distanziati, ancora con quell'espressione mista di delusione e tenerezza a dipingere i loro volti un poco più sereni.

"Non sei solo, già... - sussurra Francesca a bassa voce ma sufficientemente per farsi capire - Che questa terribile esperienza possa servirti da lezione per le prossime volte: NON SEI SOLO! E' l'unica cosa che conta!"

"F-Fra..."

"E smetti di piangere, testone, altrimenti come puoi pensare di insegnarlo alle tue allieve?!" lo riprende scherzosamente Milo, regalandogli un sorriso distante ma caldo.

“Hai... hai ragione, come sempre!" acconsente mio fratello, lasciando la presa sulle due mie amiche per asciugarsi il volto e darsi un po' di contegno nell'estremo tentativo di recuperare un poco di sé stesso.

Nella stanza ricade, per l'ennesima volta nell'arco di un'ora, il silenzio. nessuno di noi si sente di condannare, né di assolvere completamente Camus, lui ne è perfettamente consapevole. Ci sarà sempre questo qualcosa che successo ad agosto 1741, ci sarà sempre... ma la cosa più importante e chiara a tutti è che adesso lui stia bene, un motivo più che sufficiente per festeggiare.

“Quindi il Mago è interessato ad annientare Marta perché è riuscita a svegliare completamente l'anima di Seraphina, è corretto? Devo ancora capire bene questa parte, perché c'è qualcosa che non mi quadra...” prende parola Michela, rimettendosi in piedi a poca distanza dal letto e decidendo di approfondire quella parte del discorso.

“Non è solo questa la ragione. In verità lui ce l'ha con Marta anche per motivi più profondi, legati probabilmente al suo passato."

"E si conoscono queste motivazioni?" chiede Milo, fattosi nuovamente serio.

"Non ha mai trattato di questo con me, non... non fa mostra dei suoi punti deboli..."

"Ha paura di Marta, vero? - chiede ancora Francesca, guardando prima lui e poi me - Altrimenti non si spiega questa sua fissazione!"

"Certo che ne ha! L'unione di due anime genera una forza incredibile tale da potersi ergere da sola contro i suoi piani, ma vi è un qualcosa di ben più terribile in tutta questa faccenda, qualcosa che, ancora adesso, mi sfugge...”

“Questa forza... sappiamo almeno in cosa consista? Avete detto che Seraphina ha scelto di reincarnarsi in una nuova vita come sorella della persona che un tempo amava, per farlo ha sacrificato il suo stesso sentimento per Dègel, trasformandolo in qualcosa di nuovo: il vostro legame fraterno!"

"Corretto, Sonia, sì..." annuisce Camus, tremando nuovamente al solo ripensare a lei e al suo sacrificio.

"In che modo, adesso, Marta, che un tempo fu Seraphina, può vedersela alla pari con lui? Di cosa ha paura questo negromante da strapazzo?” lo sprona ulteriormente Milo, scettico.

“Lei... lei rappresenta la speranza che ci viene offerta dalla possibilità di scegliere, in altre parole il Libero Arbitrio!” esclama Camus, sorridendo appena.

"Il Libero... COSA?!" esclama Michela, scioccata.

"Grazie alla sua scelta ha dato avvio ad un nuovo mondo; un mondo in cui è possibile ancora scegliere e sono le scelte personali a decretare dove si sposterà la linea di quell'universo..."

"E non accade così in tutti i mondi?" chiede Sonia, non capendo, grattandosi la testa.

"Non... più, anf! - chiude stancamente gli occhi Camus, quasi completamene sfinito - S-sono piuttosto sicuro che, laddove il Mago abbia messo le sue mani, non vi sia più alcuna facoltà di scelta, perché egli stesso, ergendosi a Fato, l'ha annichilita!"

"E perché lo fa? Quale è il suo scopo primario?"

"Questo non l'ho ancora capito, Fra, mi dispiace, anf!"

...Non pienamente!

Percepisco nell'aria che abbia glissato anche su questo. In verità ha una pista, ha visto oltre, dell'altro, ma non lo espone, così come non cita mai il suo potere, che è detto della Creazione.

“Però l'importante è che con il Libero Arbitrio possiamo prenderlo a pedate nel didietro, vero?!?” saltella allegra Michela, tornata vivace nel comprendere che abbiamo una speranza.

“Il Libero Arbitrio! Ricordo che Aiolia me ne parlò qualche anno fa: in filosofia si chiama così la corrente di pensiero opposta al Determinismo, quindi è per questo motivo che questo mondo è detto delle possibilità! - esclama Sonia, come sempre percettiva - Non riesco ancora a credere che Marta abbia questo incredibile potere, l'aver deciso lei di diventare tua sorella... è semplicemente meraviglioso!”

“E' proprio così, Sonia! Marta è la reincarnazione del Libero Arbitrio, lo ha dimostrato pienamente alcuni giorni fa...”

“Come sarebbe, scusa? Altri segreti?! Qualche giorno fa sono tornati con la medicina, no? La faccenda dovrebbe essersi sistemata da sola! - osserva Milo, allarmato, massaggiandosi il braccio ancora pieno di lividi - E' successo qualcos'altro, Cam?!”

"Non ti angustiare, Milo..."

"Che non mi debba angustiare lo decido io, Cam, tu PARLA!"

“Amico mio, ti ripeto che io, da solo, non avevo alcuna scelta se non... morire in un modo o nell'altro, o fare come vi ho appena spiegato. - si prende una breve pausa, mentre le sue mani automaticamente stringono le mie, lì vicine, in cerca di un sostegno - Sì, è successo proprio quella notte, quando le ragazze, Dégel e Cardia sono tornate in questo tempo con la cura."

"Quando Marta è rimasta a vegliarti?" chiede conferma Michela, presagendo la gravità del discorso.

" Sì... è quella notte che il cosmo del Mago si è manifestato pienamente in me. Voleva darmi il colpo di grazia, impossessandosi così di me e, come vi ho detto poco fa, per poi uccidere Marta con le mie stesse mani!” mormora Camus, a disagio.

"Però non c'è riuscito, no?!"

Gli occhi di mio fratello sono nuovamente chiusi a seguito dell'osservazione di Sonia, li riapre comunque a fatica mentre la sua mano, ricambiata, stringe la mia con forza: "Io... stavo per arrendermi!"

“C-COSAAA?! No, Maestro, non è possibile! Cosa ci stai facendo intendere?!” strabuzza gli occhi Michela, spaventata da una simile rivelazione.

“I-intendi che stavi proprio... per morire?!"

"Sì... il mio cuore si è f-fermato!" si tasta il petto nell'esprimerlo, prima di rassicurarsi nel percepire i battiti sotto le sue dita.

"COSA?! Questo nessuno me lo aveva riferito, le ragazze non hanno percepito nulla, di tutto questo!" continua Milo, osservando le mie amiche che appaiono sbigottite quanto lui.

"Ero isolato, infatti..."

"Ed io... ed io ero nel'altra stanza, CAZZO, del tutto inconsapevole di quello che ti stava accadendo!” sbraita lo Scorpione, sconvolto.

"Non sarebbe cambiato nulla se fossi stato in grado di agire, costui possiede potere immani, non fartene cruccio, Milo..."

"Come puoi chiedermi di non..."

“Stavo per arrendermi, i-io... non so spiegarvelo bene, ma ho avuto l'impressione di essere un cigno finito nell'onda nera di petrolio. Mi dibattevo disperatamente alla ricerca dell'ossigeno, ma più perseverano più le forze mi venivano meno... ho quindi provato a pulirmi con l'acqua, ma non vi era nulla intorno a me, nulla... al di là di quell'onda nera che mi sporcava sempre di più, occludendomi i pori e non permettendomi più di riemergere... - biascica Camus, trovando la forza di proseguire nei miei occhi, che lo fissano partecipi - Stavo per mollare, per soccombere... ma Marta è riuscita a raggiungermi, afferrandomi la mano e rifiutando di lasciarla. Ha smezzato con me il dolore e il tormento, regalandomi l'ossigeno e il calore che tanto bramavo. Non so bene neanche io come ma, alla fine, siamo usciti dall'acqua. Ero stravolto e non in me, in bilico tra i confini di due mondi, ma per lo meno potevo tornare a respirare, malgrado ciò mi procurasse un dolore atroce..."

Un'altra breve, necessaria, pausa, gli solletico teneramente il dorso della mano per fargli percepire la mia vicinanza fisica ed emotiva.

"Dopo è stato nient'altro che buio, un'oscurità tranquilla e pacifica, un po' come un neonato che dorme in culla, del tutto inconsapevole di ciò che sta al di là delle sue palpebre chiuse. Come questo neonato così io... ma la presenza di Marta non mi ha mai abbandonato, la potevo sentire da qualche parte fuori da me, all'inizio era la mia unica certezza, l'unico filo che mi legasse alla vita, spronandomi a non arrendermi. Non so bene quanto sia passato... Dégel mi ha riferito che sono rimasto in stato comatoso per tre giorni, ma le percezioni si facevano sempre più intense con il susseguirsi delle ore. C'era la mia coscienza che avanzava verso il risveglio, c'erano le vostre voci, seguite dalle vostre presenze e dalle vostre mani, che mi carezzavano i capelli o le braccia, o mi tenevano anche solo per mano. Siete rimaste al mio fianco, vi siete prese cura di me, ed io... io non ce l'avrei mai fatta senza di voi!"

“Il cigno eri tu... sei sempre stato tu, Camus! Noi non... non abbiamo avvertito nulla di tutto questo. Come dici tu, credo che il Mago si sia premunito di tenerlo nascosto a noi, forse ci ha provato anche con la stessa Marta. In ogni caso, proprio come il cigno, quel bastardo ha intaccato fin troppo la tua fibra di uomo, i tuoi sentimenti, con il suo nero cosmo. Non lo perdonerò, MAI!” sibila Milo, furente, dando un pugno alla parete con impeto.

“E' tutto a posto adesso, amico mio! - continua ancora mio fratello, abbandonandosi stancamente sul cuscino un poco storto rispetto al letto. Ormai, dopo tanto parlare, è completamente prosciugato - Accadrà senz'altro di nuovo, perché quello non si arrende, si è fissato con il mio corpo e con il mio potere, farà di tutto per imbrigliarmi. Tuttavia sono sereno ora, perché sono con voi; con voi che più di ogni altro fate splendere la mia vita. Non ho più paura di nulla!"

"Camus..."

"E' così, piccola mia, io... ti devo così tanto, a parole non riesco neanche bene ad esprimermi a riguardo, solo... solo grazie, i-io..." mi dice, riaprendo stancamente gli occhi che si stagliano nei miei.

"Non importa, Cam, riposa... adesso devi solo pensare a riposare e guarire, me lo hai promesso!" lo rassicuro, carezzandogli delicatamente la testa con movimenti regolari e lenti, al punto che lui, rilassandosi quasi completamente al mio tocco, richiude le palpebre.

"E grazie... grazie ovviamente anche a voi, Francesca, Michela, Sonia e Milo... sono davvero fortunato ad avervi conosciuto!”

Vorrei baciarlo sulla fronte e abbracciarlo di nuovo, ma mi trattengo, rendendomi conto che è talmente sfinito che probabilmente non riuscirebbe più neanche a ricambiare, oltre che a star sprofondando velocemente nell'incoscienza. Gli raddrizzo come posso il cuscino, applicando una leggera pressione sulla sua schiena per spingerlo ad arcuarsi, cosa che lui fa per il tempo necessario a me di sistemarlo comodamente. Lo reggo a stento e per poco, ma le manovre riescono. Gli scopro un poco il torace, in modo che le lenzuola non si strofinino sulle ferite, arrossate più di prima. Sospiro, prendendogli la mano vicina per stringergliela nella mia.

"Mmm..." mormora lui, mentre le sopracciglia tremano. Non sembra tuttavia infastidito dai miei movimenti, quanto bisognoso di addormentarsi con qualcuno vicino. A fatica ricambia infatti la mia stretta.

"E' tutto finito adesso, Cam! Dormi, siamo qui con te, non ci devi più alcuna spiegazione!"

...Anche se servirebbe!

Mi ritrovo comunque a pensare, contro la mia volontà, perché solo una parte del mistero è stata svelata, permangono ancora un sacco di quesiti senza risposta. Per prima cosa, mio fratello non ha tirato fuori né il Potere della Creazione né Ipsias. Se del primo, a detta stessa di Crono, deve sentirsi lui quando dirlo, per la seconda non ho alcuna conferma che lui sappia della sua esistenza. Il Mago potrebbe anche non avergliene parlato, visto che non l'ha fatto neanche con me, a di là di nominarla e basta.

Michela intanto è arrossita leggermente a seguito delle sue ultime parole, sentendosi orgogliosa e felice più che mai nel vedere che Camus si sta lentamente riprendendo.

Tuttavia necessita ancora di una conferma. Lo presagisco bene dai suoi occhi.

“Maestro, quindi il cosmo di quel farabutto ha lasciato una volta per tutte il tuo corpo? Anche se attaccherà di nuovo non lo farà dall'interno, e anche se non lo facesse c'è Marta con noi, giusto? Tu non rischi più niente!”

La domanda ovviamente ridesta Camus quel tanto che basta per farlo bofonchiare un po'. Il suo corpo trema un poco nel tentare di raddrizzarsi di nuovo, io che gli sono vicina lo percepisco distintamente.

"Stai giù, non affaticarti ulteriormente!" gli dico, premurosa, sospingendolo delicatamente poco sotto lo sterno per invitarlo a rimanere sdraito, cosa che lui fa.

"Ma Michela, dico, non potevi chiederglielo in un secondo momento? Stava per addormentarsi!" le fa notare un poco bruscamente Sonia, alzando un sopracciglio.

"E' importante per me, saperlo!"

"Lo è per tutti, ma... c'è un luogo e un momento per ogni cosa!"

"Mmmh..." Camus contrae le palpebre, sembra stia cercando di riaprirle, ma non ci riesce, il suo respiro muta d'intensità per qualche secondo.

"Non ti preoccupare, siamo qui, stai tranquillo, non è necessario tu risponda adesso!" lo avvisa Francesca, apprensiva.

"Ha ragione! - mi aggiungo anche io - non c'è bisogno di..."

“N-no, ce la faccio, non preoccupatevi... Michela, anf! - la chiama, impastando un poco con la bocca nel tentare si essere il più chiaro possibile. L'interpellata si rizza conseguentemente - Io non so proprio quale sarà la prossima sua mossa, ma, per il momento, puoi stare tranquilla, sono fuori pericolo adesso!"

"Yuppieeeeeeee!!! - esulta lei, raggiante - E' una bellissima notizia!" trilla, facendo per catapultarsi nuovamente nel letto per stritolarlo amorevolmente, se Francesca non fosse lesta a fermarla.

"Vai, ma piano!" si raccomanda, afferrandola dal braccio.

"Vieni anche tu, Fra!"

"N-no, io..." arrossisce, finendo per essere trascinata dalla più giovane.

"Su, su, non fare la preziosa, tanto lo sappiamo tutti che smani dalla voglia di toccarlo anche tu ma fingi di saperti trattenere!" fischietta Michela, nuovamente vivace come un canarino.

Lascio quindi spazio a loro, spostandomi dalla mia posizione per lasciarle disporsi a raggio intorno al letto del loro amato maestro, il quale, pur con gli occhi chiusi, sembra comunque percepirle, perché ha una espressione molto più rilassata. Anche Sonia, vincendo la riluttanza, si unisce al team addetto alle coccole, che infatti vengono elargite con naturalezza, tra tenergli la mano, accarezzargli i capelli, o il braccio, o ancora la fronte.

Sei fortunato, Camus, ad avere così tante persone che ti vogliono bene, spero anch'io che questa terribile esperienza possa almeno averti fatto rendere conto di quanto prezioso tu sia, di quanto indispensabile sia la tua presenza nelle nostre vite, di quanto tu non sia solo... e non sarai più solo, fratellino, te lo giuro!

Attendo ancora qualche attimo per avere la conferma che si sia addormendo profondamente, poi, rassicurata dall'alzarsi e l'abbassarsi del suo petto, ormai privo di scossoni e perfetteamente cadenzato al ritmo del suo respiro, mi dirigo, un poco traballante, verso la porta, cercando di non mostrare il capogiro che mi ha investito nel muovermi. Anche io sono sfinita e, cosa più importante, è il turno delle altre di prendersi cura del loro amato maestro. E' giunto anche per me il momento di riposarmi adeguatamente, finalmente tranquilla e con la consapevolezza che Camus non corra più alcun pericolo.

“Marta, non vuoi rimanere un po' con noi?” mi chiede Milo, capendo le mie intenzioni.

“Scusate, ma sono un po' stanca e preferirei andare a dormire... in più faccio la cozza a mio fratello da giorni, non ne potrà più di sorbirmi al suo capezzale, ehehe!" ridacchio, sfregandomi gli occhi con forza per scacciare il malessere.

"Ma figuriamoci se non ne può più! - mi corregge lo Scorpione, scrollando il capo - Ha così bisogno di te, piccola, a maggior ragione in questo momento così delicato!"

"Lo so, ma anche voi gli volete un bene dell'anima, è giusto che mi faccia da parte!" gli sorrido, grata delle parole che mi ha rivolto.

Lo vedo guardare brevemente il letto dove Camus, ormai placidamente addormentato, viene vezzeggiato dalle mie amiche. I suoi occhi si fanno dolenti per un istante, prima di tornare su me.

"Va bene... però ti chiedo se possiamo parlare un attimo qua fuori, puoi o sei troppo stanca?"

Gli dico che non ci sono problemi, e che anzi mi fa piacere, quindi lui mi segue, socchiudendo la porta dietro.

"Marta... - il suo tono si fa un poco grave nel chiamarmi - Come sta veramente Camus?"

Non comprendo appieno la domanda, mi sembra quasi ovvia, per questo mi sfugge un: "Beh... lo hai ben visto quanto sia provato, no?"

"L'ho visto, sì... - bofonchia, un poco a disagio, prima di proiettare quei suoi occhi azzurrissimi nei miei - Tu... percepisci le sue emozioni come fossero le tue, giusto?"

Comincio a capire, ancora una volta l'intuito e lo spirito di osservazione dello Scorpione hanno trionfato su tutto. Annuisco, diventando più seria di prima.

"Sì, qua-quando il Mago lo ha attaccato ferocemente, come ti ha accennato lui stesso, quando stava per mollare, io mi sono tuffata in questo mare di petrolio insieme a lui e... - mi passa un brivido che cerco di celare - Ho provato tutto... sulla mia pelle!"

"Anche quello che gli hanno fatto?"

"Soprattutto quello, anche se... beh, il Mago per primo non si è curato di nascondermelo dopo che siete caduti per la peste - butto nervosamente fuori aria, digrignando quasi i denti - E' come se le emozioni di Camus fossero compenetrate in me. E' una sensazione molto forte, soverchiante, ma si sta calmando ora, va... va tutto bene!"

Che bene non va, perché mi sento frullata, spossata, intontita, E' difficile reggere i ricordi di Seraphina e, da adesso, anche i sentimenti di mio fratello al di fuori dei sogni, perché prima accadeva solo nel mondo onirico, adesso anche da vigile. Mi dico che ce la posso e ce la devo fare, anche se... è davvero difficile!

Milo inaspettatamente sembra sgonfiarsi come un palloncino, come se fosse stato teso fino a questo momento. Mi rivolge uno sguardo misto tra il dispiacere e la gratitudine.

"Piccola, non immagini quanto questo possa aiutare tuo fratello, quanto lui abbia bisogno di te, che puoi sentire ciò che lui stesso ha vissuto, ancora di più in questo momento in cui è così tanto fragile, ma, mi chiedo.. ce la farai? Riuscirai a sopportare un peso così immane?"

Vorrei dirgli che non lo so, che fatico non poco a mantenerel'integrità della mia persona, ma l'unica cosa che mi esce è un sorriso delicato volto a rassicurarlo.

"Prima è stata dura, durante l'attacco del Mago, quando il suo cuore si era fermato e non sapevo se sarei riuscita a farlo ripartire. Ora è molto più tollerabile!"

Lui, per tutta risposta, mi posa una mano sulla testa, carezzandomi i capelli nel richiedermi la mia completa attenzione.

"Giurami che, se dovesse diventare ingestibile, me lo dirai, Marta! Le sue emozioni non sono cose da poco, da solo non riesce a tollerarle, perché possiede..."

"...Un cuore immenso, lo so!"

"Mi assicuri che se dovessi stare male per questo me lo verrai a dire?"

"Solo... se tu non lo dirai a lui. Ha già i suoi pensieri!"

"Marta, io... - la sua esitazione è manifesta, ma capisce di non avere altra via - Va bene, allora! Quella testa di fava mi ammazzerà, se scoprirà che non gli ho riferito del tuo malessere,, ma se è quello che vuoi, se è quello che ti senti di fare..."

"E' quello che mi sento di fare, sì! Voglio proteggerlo anche io!"

"D'accordo, allora! - mi frulla i capelli con naturalezza, allargando il suo sorriso scanzonato - Basta che adesso vai a riposarti, piccola, sei a minimi termini, devi assolutamente rimetterti!"

"Sì, lo farò! - annuisco, un poco più tranquilla, ma poi mi rammento di una cosa - Milo, se riuscite, mentre dorme così profondamente, medicategli la ferita al petto. Hai ben visto quanto ancora sia arrossata..."

"Meglio allora che lo faccia Francesca coadiuvata da Sonia, allora! Io non sono propriamente delicato, e Michela... Michela è fin peggio!" afferma, facendo coincidere le due arcate dentali in un'adorabile faccia da combinaguai scapestrato che mi porta alla mente Cardia.

"Hai proprio ragione... sarebbe capace, nel tentare di rendersi utile, di dargli invece il colpo di grazia!" ridacchio genuinamente a seguito della sua battuta, chiedendomi chi gli abbia mai insegnato ad usare tutto quell'incredibile arsenale di espressioni uniche che io ho visto assumere solo a lui.

"Farò in modo che questo non accada, non preoccuparti!" afferma, ilare, facendomi l'occhiolino.

Annuisco, grata, poi, ringraziandolo ancora una volta, mi volto e mi dirigo all'undicesima casa per concedermi finalmente un minimo di riposo dopo tutti i fatti che si sono susseguiti in questi ultimi giorni.

 

* * * 

Dopo un tempo che mi è parso infinito, malgrado siano trascorsi, di fatto, solo due anni, eccomi di nuovo nel luogo in cui non sarei mai tornata. Mai.

Sassi. Rocce calcaree. Vegetazione intorno. Odore di alghe. Verdi. E verde è l'acqua, nonostante tutto questo.

Ma è di breve durata. Tutto viene irrimediabilmente spazzato via.

Mi trovo nuovamente sulla riva di quel torrente, in piedi, ritta, il cuore pesante. Le rapide, più veloci e impetuose della norma, gorgogliano sinistramente, dandomi così l'impressione che una mano morta possa fuoriuscire da un momento all'altro. Non vi è più alcun pesce, spazzato via dai moti, il fondale non è più visibile agli occhi. Fango limaccioso, nient'altro. Marrone. Che scaccia la limpidezza. Nero. Di morte.

Il verde delle acque è un lontano ricordo...

C'è, invero, un bel sole; un sole altisonante per essere a cavallo tra ottobre e novembre, l'estate fredda dei morti, come diceva Pascoli...

Mai, prima di quel maledettissimo giorno, mi ero trovata a comprendere visceralmente e a sentirmi così empaticamente simile ad un autore del passato, mai... prima di quell'anno; l'anno in cui persi definitivamente il nido della mia infanzia che mi fu barbaramente strappata. L'anno in cui rischiai di morire due volte. Così. A 15 anni. Così. Al gelo.

Morirono i nonni, come muore una gallina a cui tirarono il collo. Morì lui. Morì la mia spensieratezza.

E tutto si cristallizzò.

In questo luogo tutto è famigliare e malinconico al tempo stesso. Tuttavia proprio questo posto; il posto del mio cuore, il nido, per intenderci, mi aveva tradito, infierendo sul mio essere come gli agenti atmosferici erodono lentamente le montagne. Non sarebbe stato mai più come prima, lo sapevo, lo intuivo e lo sentivo... tutto ciò che ero, tutto ciò che mi aveva formato... scomparì nell'arco di circa 365 giorni. Completamente. Sparpagliandomi in pezzi. Ghiaccio. Frammenti. Tutto si fermò.

Eppure quel luogo mi aveva visto crescere, vivere, pulsare... mi ero sentita felice lì, perché quindi quella condanna?! Odiavo il freddo... odiavo la morte, eppure ne ero stata invischiata fino al midollo. Ancora. Come la vita precedente. Ne ero invischiata, già... detestavo esserlo. Così imprigionata nelle spire del mondo... un mondo bellissimo ma altrettanto crudele.

Mi avvicino di riflesso alla corrente, quasi spinta da un istinto primigenio ad affondare senza più risalire. E raggiungerlo. Raggiungerli. Perché gli esseri umani sono dannatamente fragili e la mancaza può travolgerli, fagocitarli. Spingerli a preferire la morte alla vita.

La morte... il non percepire più nulla... può, in certi casi, essere migliore di...

Io fossi in te non lo fare, Marta! Non ti ci vedo proprio a finire annegata, tanto meno ad abbandonarti alla morte... non sei forse come me? Non ami forse la vita, come ti aveva insegnato tua nonna?”

Una voce acuta ed infantile mi trilla improvvisamente nelle orecchie, facendomi sobbalzare di scatto. Mi volto verso la fonte sonora, rimanendo sgomenta a fissarne il possessore: Cardia!

Ma questo è veramente il mio migliore amico?! Il cuore mi dice di sì, anche se la testa continu a ripetermi che non può essere possibile, non qui, non in questa forma...

Sembra che tu abbia visto un fantasma, ci sei?! Prosegui sempre dritto senza mai voltarti indietro, tu sai la via, percorrila!” mi incentiva lui, sorridendomi sornione

Continuo a fissare Cardia, o meglio, la versione infantile di Cardia, non riuscendo consciamente a spiccicare parola, ma è comunque la mia bocca a parlare automaticamente.

Sai, qui è morto il mio migliore amico dell'epoca. Lui è... scomparso... durante un'alluvione. Il corpo non si è più trovato, probabilmente è stato spazzato via dall'intensità della piena, ed io ho promesso a me stessa che non avrei mai più stretto alcun legame di quel tipo, troppo dolore, e lo credevo realmente, ma tu...” affermo, guardando torvamente l'acqua torbida davanti a me. La odio... lo odio! Odio questo torrente, prima a me tanto caro, che mi ha tradito così, prendendosi la vita del mio migliore amico e con lui, tutti i miei ricordi e la mia stessa infanzia!

Quindi ci volevo io per farti cambiare idea, per permetterti di tornare a credere in qualcosa, eh... beh, almeno di questo dammene atto: sono riuscito dove altri hanno fallito!” ribatte lui per tutta risposta, ridacchiando tronfio.

Sorrido tra me e me: che adorabile scavezzacollo che mi sono ritrovata tra i piedi! Non avrei mai potuto trovare qualcun altro oltre a lui in grado di farmi tornare a sperare nell'amicizia

"Forse sì, avresti potuto riuscirci giusto solo tu!" acconsento, un poco più rilassata.

Quindi... è anche per questo che avevi paura dell'acqua nella mia epoca? Per questo e perché eri Seraphina in una precedente vita?"

"Tu... lo sai?"

"Sotto questa forma so! - e l'unica spiegazione in merito, prima di continuare per la sua via - Eppure è passato diverso tempo, eh, per una volta devo dar ragione a quella spina nel fianco di Camus: lascia quel che è stato nelle nebbie della tua mente!” mi prende allegramente in giro, avvicinandosi a me per stringermi la mano.

Non mi arriva che all'addome, in questa strana forma in cui mi è apparso, del tutto inspiegabile...

...E inspiegabile è, appunto, anche il suo accenno a Seraphina, come può saperlo?! Perché ho la netta sensazione che questo Cardia non sia il 'mio'? La mente comincia a farsi ovattata e a ronzarmi sinistramente, vittima di una incongruenza che mi sembra impossibile da sopperire.

Come lo sai? - chiedo ancora, tremando un poco - Io non ti ho mai..."

Come so di Seraphina, ti stai chiedendo? Beh, è piuttosto semplice: non sono più io, ciò che vedi davanti a te, l'immagine che hai di me in questo momento, non è né sogno né visione. Potrebbe essere successo davvero, da qualche parte, forse non qui, non lì, ma è accaduto!” mi spiega Cardia, pratico. Davvero, non sembra più lui e ciò mi spaventa ancora di più.

E'... è assurdo che sia proprio tu a trattare di queste cose serie quando mi appari come un bambino di otto anni; neanche come quasi ventenne sei mai stato così serioso con me... sei inquietante, sai?!"

Ahahahaha, addirittura inquietante?! Semplicemente la morte ha preso anche me, infine, mi ha trasformato, contro la mia stessa volontà, prima di farmi reincarnare in Milo!"

"Ma quindi... quale Cardia sei?"

"Tuttavia una parte di me è nata e cresciuta in te, non è che un frammento, ma ti sono sempre stato accanto senza che tu te ne accorgessi. Anche Dégel è... no, aspetta, per Dégel è molto diverso... - continua a parlare con quella strana aria da maturo, assolutamente inconcepibile per me - Prima o poi lo ricorderai, Marta, occorre solo del tempo... e sì, lo so che sei sempre più sconvolta, l'intuito ce l'ho anche io molto sviluppato, sei come un libro aperto per me!”

La sua voce mi rimbomba nelle orecchie, mentre la sua manina lascia la mia, trasmettendomi un'ondata di gelo che mi frastorna. No, non andatevene, vi prego, non sparite, non allontanatevi! Non voglio più... essere di nuovo sola!!!

"Io... - osservo il torrente impetuoso sotto di me - non voglio più provare lo stesso orrore di quel giorno!

"Marta, non aver paura del Brevenna, né della valle che hai tanto amato. Ciò che è stato non può essere strappato in alcun modo da te, perché parte integrante della tua vita. Puoi forse pensare di averlo perso, ma ritornerà, come tutti!"

"R-ritornerete? C-cosa significa? Da... dove? Q-quando?" mi sento una bambina a chiedere questo al nulla che mi ha avvolto, ma ho bisogno di conferme.

"Sì, ci sarà un tempo in cui torneremo tutti. Del resto, questo è il mondo che è dipeso dalla tua scelta; un mondo... dove tutti noi sorridiamo!" mi conferma solo lui, prima che anche la sua voce scompaia come tutto il resto.

Un mondo in cui tutti noi potremmo sorridere... è dunque possibile?!

 

*********************************

 

Rabbrividisco nell'oscurità, come e mi fossi buttata nell'acqua gelida di un fiume. Cardia non è più al mio fianco, non lo avverto più, al suo posto, un'altra presenza...

"E' sicuramente una possibilità di universo difficile da raggiungere, questa in cui tutti voi sorriderete, ma, forse, non del tutto impossibile... Marta!”

Sussulto pesantemente e rinsavisco nel percepire la voce di Crono: "MA COS..?!"

"E' stata comunque una strana, quanto insolita, visione, è forse un tuo ricordo passato, frammisto a qualcos'altro?!"

“Ehiii!!! Non ho rivelato queste cose nemmeno a mio fratello Camus! Che diavolo ci fai tu qui?! Chi ti ha dato il permesso di sbirciare in una cosa tanto intima?!” esclamo, arrabbiata come non mai, incrociando istintivamente le braccia al petto nel sentirmi quasi violata.

"Non hai raccontato nemmeno a tuo fratello di un simile lutto?" chiede conferma lui, stranito.

"MA CERTO CHE NO!"

"Dovresti... anche lui ne ha avuti parecchi in appena 22 anni di vita, è qualcosa che vi avvicinerebbe ulteriormente!"

Ma sentilo, ora è pure in vena di dare consigli, il dio, sbffo, indignata: "Questo non sei tu a deciderlo, Crono!"

"Ma io credevo che tra umani..."

"Tra umani ci si fa gli affari propri, non si chiede di parlare del proprio mondo privato, se non lo si vuole!"

“Perdonami allora... ma avevo comunque urgenza di parlarti” si giustifica lui, un poco rammaricato, prima di tornare forzatamente ad un tono piatto.

Santo cielo, solo a lui sfugge il concetto della privacy o anche alle altre divinità?! Pensano davvero sia così facile parlare dei propri sentimenti? Dei propri frammenti si cuore spezzati e andati perduti?! Comunque pazienza...

“Lascia stare. Piuttosto, tu che hai sbirciato, quale è il motivo della tua venuta qui e che significa il sogno di prima?” chiedo, arrossendo non poco.

“Può significare tutto e niente allo stesso tempo... Può essere che Cardia sia veramente con te e che appaia a te in diverse forme. D'altronde, quando hai combattuto con il finto me, non è successo lo stesso? Nel senso, non era già intervenuto?” mi spiega brevemente Crono, ancora più serio.

Sgrano gli occhi, sgomenta. Effettivamente...

“E... è stato proprio così, ma in quel frangente ero mezza morta, non ero quasi più io, ora invece... PERCHE' ADESSO?!” ribatto, dandogli la schiena e incassando la testa tra le spalle.

“Perché probabilmente non hai mai superato quella perdita, ne hai preso semplicemente le distanze, lo hai forzatamente allontanato da te, ma essa ha affondato le sue radici nel tuo intimo, è germogliata, e adesso sta crescendo sempre di più.

Stringo con forza i pugni, scacciando a forza le immagini brutali che mi sono apparse in mente. Ha ragione Crono: non ho superato perché non posso ricordare, non VOGLIO ricordare! Ho impiegato mesi e mesi per dimenticare, ora non voglio che tutto sia stato vano, non adesso che questo ultimo combattimento mi ha esaurita!

“Perdonami se cambio argomento adesso, Marta, ma ho poco tempo e ti dovrei parlare subito!”

Ingoio a vuoto accorgendomi del tono grave che ha assunto la sua voce, mi volto nuovamente verso di lui, un nodo in gola.

“A che proposito?” chiedo solo, improvvisamente laconica.

“Tu e le tue amiche siete state eccezionali! Grazie a voi Camus è stato salvato e il nemico ha perso momentaneamente i propri poteri. Ora si trova al di là del nulla, stremato, paralizzato... impiegherà un bel po' per riprendersi!” inizia Crono, mantenendo gli occhi chiusi e il tono forzatamente neutro.

Produco un mormorio di assenso, aspettando il seguito che tuttavia già temo.

“Per questo motivo ora posso... farvi tornare nella vostra epoca!”

Sento con chiarezza il mio cuore perdere un battito, prima di avere l'orribile sensazione che proprio si fermi, risucchiato da un vortice nero che mi punzecchia gli occhi e mi secca la gola. Dovrebbe essere una fantastica notizia questa, eppure non riesco minimamente a gioire...

“C-COSA?! Ma... ma di già?!”

E' l'unica frase che riesco ancora ad articolare... il resto è sgomento e dolore.

“E' da poco iniziato il 31 Agosto, sarà quindi trascorso un mese dal vostro arrivo qui... domani vi riporterò nella vostra epoca, ristabilendo così il corso temporale che è stato distorto dal Mago. - si prende una breve pausa, chiudendo e riaprendo gli occhi - Vi è un'unica chance di normalizzare questa dimensione e farla tornare nei proprii schemi. Attendere altri giorni aumenta semplicemente il rischio di farvi inglobare da essa. Il pericolo di un catacalisma non è ancora scongiurato!"

“C-capisco, è... è giusto!” sussurro solo, abbassando lo sguardo.

"Inoltre tuo fratello Camus e Milo di Scorpio hanno bisogno di proseguire le cure in un luogo decisamente più adatto di questo. Si stanno lentamente rimettendo ma sono ancora molto debilitati, lo hai ben visto..."

"Ho visto, sì..."

"Camus, allo stato attuale, non può esercitare alcun potere, immagino che tu..."

"Lo so, lo capisco, ho detto!"

"Ecco, fallo quindi anche per lui, se puoi..."

"Mmm!" borbotto, trattenendomi a forza. Dovrei essere felice, ma non ci riesco proprio; dovrei saltare dalla gioia, ma riesco solo a mantenere un tono piatto e del tutto privo di enfasi. Se perdessi il controllo... farei fin peggio!

“Posso capire come ti senti, Marta... tu appartieni anche a quest'epoca e inoltre hai stretto rapporti molto profondi con Dègel e Cardia, lasciarli deve essere molto doloroso...” dice, arrischiandosi a mettermi una mano sulla spalla.

Sì, forse anche gli dei possono avvicinarsi agli umani tramite i sentimenti... solo a volte, però! Apprezzo il tentativo, ma la sua presenza sta diventando troppo asfissiante per me in questo stato.

“Scusami, Crono, potresti... potresti lasciarmi da sola? A-apprezzo la tua buona volontà, dico davvero, ma... non ce la faccio!” gli chiedo in tono basso, indietreggiando per staccarmi da lui.

Crono annuisce comprensivo e sparisce improvvisamente così come è apparso. Più nessuna presenza accanto a me, sono sola... perfetto!

Rimango quindi isolata nel buio, il respiro dispoico. Mi siedo, stringendomi le ginocchia al petto. In verità percepisco di nuovo qualcosa all'infuori di me, ma mi oppongo, resistendo il più possibile in questooblio di nero che semvra tuttavia così tranquillo. Mi ci perderei volentieri!

Domani... domani torneremo al nostro tempo, la mia permanenza qui volge al termine, di nuovo dovrò lasciare per sempre qualcuno che ormai è diventato parte integrante della mia vita. Di nuovo non lo rivedrò più. MAI PIU'! E' tutto proprio come allora... il posto in cui mi sento finalmente felice mi si rivolta contro, quindi devo essere io il problema, altrimenti non me lo spiego.

“Cardia, Dègel... NON VOGLIO!” riesco solo a mormorare, chiudendo gli occhi ormai irrorati dal pianto.

Qualcosa di caldo nelle vicinanze, prova a confortarmi... ma ancora mi ostino a rimanere nell'oblio, testarda. Un secondo ancora, solo un secondo...

Ho promesso di non piangere più per me stessa, proprio per questo non posso dare peso alla luce accogliente e sconosciuta che prova a rincuorarmi con carezze leggere, sussurrandomi parole che odo in lontananza e che tuttavia non riesco pienamente a codificare, sebbene ne riconosco il proprietario. Un attimo ancora, ti prego...

Non voglio svegliarmi, non voglio decretare la parola fine. NON VOGLIO... Camus!

Perché tu, più di ogni altro, puoi capirmi adesso, vero, fratellino?

 

  
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