Characters: Sam
Winchester; Castiel; Dean Winchester { nominated };
Pairing: Sam/Castiel {sastiel}
Rating: PG
Genre: Fluff
Words: 2.053
Warning: slash; au {hogwarts!verse};
Prompt: Supernatural!au
Note: Queste hogverse diventeranno il male per me e, se non fosse che
ancora non ho un titolo che mi piaccia, avrei già raccolto tutte le fic sotto
una serie.
E' buffo, perché nella mia testa la sastiel è più angst che fluff... ma sarà l'ambient
di Harry Potter che mi ispira tanto coccolume tra 'sti due. Non lo so, fingerò
che sia così e, prima o poi, mi impegnerò per scrivere qualcosa che aggiunga
lacrime e dolore, perché una vita troppo facile e un mondo che ti sorride (?)
non fanno assolutamente per me.
Ormai ho imparato a scriverlo, quindi ecco qua: la coppia come si può leggere
dalla seconda riga dall'alto è una Sastiel, questo che significa? Che se vi fa
schifo non me ne frega niente e non voglio manco saperlo, grazie. E sì, io Cass,
lo scrivo con due S. Sono una persona orribile e andrò all'inferno, but
still.
Ah, per chi dovesse chiederselo: Gabriel è slytherin, ultimo anno pure per lui.
Disclaimers: I personaggi di Supernatural appartengono a chi di diritto,
l'ambient di Harry Potter appartiene a J. K. Rowling.
Scritta per la 6° settimana del Cowt-4 @
maridichallenge
Castiel Novak è ancora il ragazzino giovane e
inesperto che stropicciava gli occhi con sorpresa, davanti ai videogiochi
babbani della collezione di Dean e che con un colpo di bacchetta ha fatto fuori
la televisione del salotto dei Winchester, durante la sua prima partita di Call
of Duty. Ha diciassette anni sulle spalle, sette dei quali passati a farsi
chiamare tassofesso dagli slytherin ed evitare di finire appeso da un
Levicorpus al soffitto della Sala Grande, tra le risate di ragazzi che alle
volte sanno essere crudeli.
Castiel non è nessuno. Non ancora. Ma, quando vola, è invincibile.
Sbocciano ali invisibili dietro la sua schiena. Non è solo veloce – perfino ora
che cavalca una Scopalinda passata di moda e trovata negli spogliatoi di casata
– è un’aquila tornata nel suo habitat naturale, fatto solo per giocare con il
vento, che lo spinge scherzosamente, lo accarezza con affetto, gli bisbiglia
alle orecchie e lo accompagna ovunque voglia.
In questi momenti, con gli occhi chiusi e la sensazione di libertà che gli
scoppia nel petto, riesce a capire perfino come deve sentirsi Dean ogni volta
che vince in un duello, ogni volta che l’intero Castello lo acclama come eroe:
Re del mondo.
Sorride, riaprendo gli occhi dello stesso colore del cielo di mezzogiorno, per
lasciarsi cadere in picchiata e guardare il terreno aprirsi sotto di sé.
L’erba del campo, scurita dal buio della sera, si avvicina velocemente,
adrenalina e sangue gli scorrono nelle vene e, a pochi istanti dallo schianto,
le dita stringono più forte il manico della scopa, risollevandola. Salvo.
Adagiato con eleganza sul terreno, leggero come le piume delle ali di un angelo.
«Un giorno dovrai dirmi il tuo segreto, Cass.»
Non si sorprende nell’udire la voce di Sam farsi strada tra i fischi del vento
che, a terra, si cheta, tornando a nascondere la sua intima amicizia con l’hufflepuff.
La accoglie con un’occhiata curiosa, di chi non riesce mai a cogliere
completamente le diverse sfumature dell’animo umano.
Avanza verso il ragazzo più giovane, trascinandosi dietro la scopa.
«Non ho alcun segreto, Sam.» l’ironia nella frase di Winchester gli è sfuggita.
Il senso dell’umorismo non è mai stato nelle corde di Castiel, abituato fin da
piccolo alla disciplina e all’obbedienza, per seguire un giorno le orme di suo
padre e del padre di suo padre prima di lui, divenendo Auror. Non si è mai
chiesto se possa fare altro nella vita, mai.
Sam scuote il capo e non se la sente di contraddire il ragazzo.
«Lascia perdere.» intima e china la testa per parlare con lui, quasi a volersi
fare più piccolo e cancellare la differenza d’altezza che li divide. «Allora,
hai finito per oggi gli allenamenti in solitaria o sei intenzionato a
raggiungere la Via Lattea?»
L’hufflepuff guarda il cielo, sono poche le stelle che si specchiano nel blu dei
suoi occhi. Ce n’è una che brilla più delle altre, la riconosce quasi senza
sforzo, nonostante la propria carenza in astronomia. È più dotato nell’arte
divinatoria dell’austromanzia, nell’ascoltare i bisbigli del vento o
studiare il mutare delle nuvole; anche se è capitato si dilettasse a leggere i
fondi del tea – ma ha smesso di provarci dopo aver confuso dei peli di puffola
pigmea per residui di tea, terrorizzando Dean con l’avvertimento di essere
inseguito dal Gramo.
«Ci ho provato una volta, ma sono caduto prima.» risponde, troppo serio perché
Sam possa sperare che scherzi.
«Che?»
C’è una lunga pausa prima della sua risposta, in cui si volta completamente per
sistemarsi di fronte al più giovane e scandire meglio le parole; ci sono una
decina di centimetri di differenza, ma la posa severa di Castiel è quella di un
adulto.
«Ci ho provato una volta, ma sono…»
«No, ho capito quello che hai detto. È solo che… non è… sai…» la frase di Sam
muore troppo presto e il ragazzo stringe i pugni.
È abile con le parole – è un ravenclaw, ci si aspetta sia abile in tutto
quello che riguarda l’uso della mente ed è esattamente così – ma le volte in
cui si trova di fronte al Cercatore giallo-nero e ai suoi occhi (Dio, i suoi
occhi!), quelle si incastrano sotto la lingua, intrappolando il senso che
vorrebbe dare alle sue frasi. O la fine.
«Lascia perdere.» bofonchia ed è a quota due, in una manciata di minuti.
Castiel non sembra soddisfatto della risposta, ma non indaga, rispettando la sua
volontà.
La scopa gli pesa con il manico contro la spalla, avvolta in un molle abbraccio
e lui, nel silenzio dei propri pensieri, pesa con lo sguardo su Sam. Sono
vicini, abbastanza perché il più grande possa distinguere il colore delle labbra
sottili, di un rosa acceso che la lingua del ragazzo rende più lucido nel
momento in cui scivola per leccarle, nervoso per quella vicinanza. È ovvio, ora,
che le lamentele di Dean sulla violazione dei suoi spazi personali, non siano
servite praticamente a nulla.
Sam si schiarisce la gola con un colpo di tosse, facendosi di un passo indietro
in un movimento che ha l'ardire di voler apparire casuale, ma che urla
all'imbarazzo da ogni angolazione.
Castiel non lo segue.
«Perché ci hai provato?» perlomeno può rallegrarsi di essere riuscito a
pronunciare una frase di senso compiuto.
«Dean mi ha parlato dell'Isola che non c'è.»
«L'isola che non c'è?»
«Sì.»
«Quella del libro?»
«Quale libro?»
Non ci credo…
Sam nasconde il volto dietro ad una mano, soffoca un borbottio e qualche insulto
contro il palmo e spia il volto dell'amico tra le dita. Non riesce a credere a
quanto, quel purosangue, conosca poco del mondo babbano e del suo fascino.
È tenero, è una delle cose che gli sono piaciute subito di Castiel, perché gli
ha permesso di passare più tempo con lui, ad insegnargli e mostrargli ciò che
per un mezzosangue è invece la normalità, ma alle volte riesce proprio a
rasentare il ridicolo.
«Cass, è una favola, non esiste alcuna Isola che non c'è e men che meno Peter
Pan.»
«Le fate esistono, però.»
«Sì, ma quelle del libro non c'entrano niente con le creature magiche che si
studiano qui ad Hog.»
«Oh.» soppesa le sue parole, senza apparire deluso o sorpreso e, dopo parecchio,
annuisce, decidendo di dargli ragione.
«Ma, per curiosità, come pensavi di arrivarci?»
«Dean ha detto che avrei dovuto seguire la seconda stella a destra e poi dritto
fino al mattino.»
«E?»
«Ci sono due stelle a destra di quella Polare, ho seguito la seconda.»
Esattamente come il mondo babbano, Castiel non smetterà mai di stupirlo per la
sua assurdità e per la semplicità con cui gli spiega qualcosa che Seriously?
Ma come diavolo sei sopravvissuto finora in questo modo? Si appunta anche di
rimproverare Dean più tardi, per questa sua stupida leggerezza con cui avrebbe
potuto ammazzare l’hufflepuff; una cosa del genere se la sarebbe aspettata da
Gabriel, non da suo fratello!
Trattiene a fatica una risata e solleva gli occhi al cielo, alla ricerca della
stella di cui parla l’altro. Non ha le capacità di Castiel, il suo ruolo in
squadra è quello di Cacciatore e, quando l’altro gli si avvicina, lascia che sia
lui a trovare la stella e indicargliela.
Quello che non si aspetta, però, è la presa ferrea delle sue mani, che si
arrampicano inaspettatamente al proprio braccio, fino alla spalla, per
costringerlo ad abbassarlo.
«Inginocchiati.» è un sussurro roco, ma ha il suono di un ordine.
«Eh?»
«Inginocchiati.» questa volta l’ordine c’è, raccolto in quell’unica parola, e
Sam può già vedere nel ragazzo, l’Auror che sarà un giorno.
«…ok.» risponde, fidandosi di Castiel che lo conduce con le ginocchia sull’erba
umida del campo. La sua presenza sparisce dalla propria vista quando gli si
sistema dietro – dietro? – e quando il suo braccio gli circonda le spalle,
tirandolo con decisione indietro, la propria schiena sbatte contro il petto
dell’hufflepuff e si ritrova guancia a guancia con lui. La pelle di Castiel è
fresca e i suoi capelli profumano di buono, hanno un odore che gli ha sempre
ricordato quello delle giornate autunnali: di castagne, marshmallows e
sempreverdi e, ora che lo circonda, è difficile rimanere impassibile e impedire
al proprio corpo di scaldarsi, al sangue di scorrere più veloce e alla mente di
divagare in fantasie adolescenziali.
E Novak continua a stargli addosso, invadendo ogni atomo del suo spazio
personale, intrappolando il suo mento tra le dita sottili e muovendone il volto
a proprio piacimento, per puntarlo in alto.
«Cass?» non aggiunge altro. C’è sottinteso un “che stai facendo?” ma Sam non è
sicuro di riuscire a farlo suonare con la disinvoltura che vorrebbe avere in
questo momento, in cui si sforza di non fargli capire che non c’è gesto di lui
che lo abbia mai lasciato indifferente.
«È lì.»
Il Cercatore tende il braccio, indica la stella Polare e guarda il profilo di
Sam, per assicurarsi che segua l’indice con lo sguardo e anche perché gli piace
guardarlo da così vicino e riscoprire il volto arrossato e la fronte aggrottata
nell’impegno di mantenere la concentrazione.
«Quella è Polaris.» gli bisbiglia addosso e non è normale che conosca il nome babbano della stella, eppure lo conosce e le lettere, insieme al suo fiato, si scontrano con la guancia di Winchester «E la seconda stella che le è accanto
è, beh, la seconda stella a destra.»
Sam sorride ed ora gli sembra così naturale che si chiede perché non ci abbia
pensato.
Si volta verso di lui, ammirandolo con gli occhi di nuovo sollevati al cielo;
brillano di una luce nuova, di un fascino misterioso che sembra nascondere
segreti in attesa di essere scoperti. Accade così spesso, di vederlo col naso
rivolto all’insù, come se cercasse un modo per poter rimanere tra le nuvole e
non essere più costretto a tornare coi piedi per terra che, alle volte, teme
possa trovarlo davvero.
«Ti rendi conto che non ci saresti mai arrivato, vero?»
Castiel scrolla le spalle.
«Sì. Ma credo di aver avuto solo voglia di volare. Una destinazione valeva
l’altra.»
«Castiel Novak, il tasso con la testa tra le nuvole.»
Per l'appunto.
Ma l’hufflepuff riabbassa lo sguardo e gli occhi blu sono più intensi e guardano
Sam con l'intensità di punteruoli di ghiaccio.
«Non ho sempre la testa tra le nuvole.» borbotta.
«Hai ragione, scusa. Magari, però, la prossima volta potresti, non so, puntare a
qualcosa di meno pericoloso.»
«Tipo?»
Sam si rialza, scrolla le spalle e non è sicuro di avere una risposta alla sua
domanda. Gli andrebbe bene qualsiasi altra meta, purché non rischi di
precipitare per raggiungerla, qualsiasi altra meta che sia più vicina, che possa
raggiungere anche lui e in cui possano stare insieme.
Al diavolo!
Dà le spalle al campo, per puntare il dito verso le finestre della torre ovest,
la stessa torre che ospita i dormitorio della casata dei Ravenclaw.
«Seconda finestra a destra.» è come gettarsi in picchiata su una scopa, ha solo
bisogno di riempire i polmoni di coraggio e quello non gli è mai mancato – non
sarà un gryffindor come suo fratello, ma è un Winchester e certe cose le ha nel
sangue «Puoi rimanere fino al mattino.»
Castiel reclina il capo di lato, pensieroso.
«È una specie di dichiarazione?» chiede e, per Merlino!, doveva proprio
chiederlo?
Sam spalanca lo sguardo, sente il coraggio che lo ha mosso ad esporsi tanto
venire meno, sostituito da una crescente sensazione di panico e non c’è un
centimetro del suo volto, del collo e delle orecchie che ormai non sia di un
rosso acceso. Non si rende nemmeno conto del fatto che il più grande si stia
gustando in silenzio il suo imbarazzo e trattenga un sorriso deliziato dietro
alla propria curiosità.
Balbetta parole incomprensibili che, con un po’ di sforzo, si possono tradurre
in un «S-sì, lo è… insomma, se per te è ok…»
E Castiel, questa volta, gli sorride apertamente.
La scopa è caduta da tempo ai propri piedi e le sue mani cercano quelle di Sam,
per stringerle tra le proprie dita in un gesto intimo che racchiude tutto il
loro rapporto. È tutto lì, costruito fin dalla prima volta in cui Sam gli ha
teso la mano e lui l’ha stretta, fatto di tocchi gentili, casuali e altri molto
meno casuali.
«Sam Winchester.» sussurra solenne, nel sollevare il mento in una posa fiera, in
cui non sembra nemmeno il più basso tra i due «Anche tu mi piaci.»
«Da-davvero?»
«Sì. Perché dovrei mentire?»
«Non lo so, è solo che tu sei... tu... ed io invece… uhm… non lo so…»
«Sam?»
«Sì?»
«Credo che tu ora debba tacere.»
Ci pensa la sua bocca ad aiutarlo e non c’è nulla di più naturale del loro primo
bacio, dell’esplorarsi con la curiosità della prima volta, fino a rimanere senza
fiato e poi ricominciare, dimenticando tutto il resto.
Castiel tiene gli occhi chiusi per tutto il tempo, le braccia strette intorno
alle sue spalle e il corpo premuto contro quello del più alto.
E, baciare Sam, è esattamente come volare.