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Autore: dilpa93    21/02/2014    11 recensioni
“Per quanto oscuro sia il presente, l’amore e la speranza sono sempre possibili”
George Chakiris
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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“Per quanto oscuro sia il presente, l’amore e la speranza sono sempre possibili”
George Chakiris



 

Guardava davanti a sé come se fosse al cinema a godersi una vecchia pellicola in bianco e nero,
un film muto dove ogni sguardo e ogni minimo movimento hanno un enorme potere comunicativo.
Dopo essere uscita di fretta, aveva raggiunto quel piccolo spiazzo. Era spettinata e senza trucco, ma non le importava, non le era mai importato quando andavano lì, lei e lui, da soli, lontani dalla caotica città per una fuga romantica.
Il vento giocava con i suoi capelli così che le nascondessero il viso dallo sguardo di passanti indiscreti.
La sabbia era soffice sotto i suoi piedi, liscia e leggermente umida, poteva sentire i granellini dorati solleticarle le dita. Le onde erano alte, la superficie d’acqua scura ed increspata. Il tempo non era dei migliori per una gita al mare, ma era lì per riflettere, non per divertirsi e il grigio del cielo, in quel momento, sembrava intonarsi a lei perfettamente.
Si torturò a lungo il collo, fino a che non lo sentì bruciare e, sicura che ormai fosse arrossato, lasciò scivolare le mani portandole a contatto con le gambe. Le strinse al petto inspirando poi l’aria salmastra. Quando un’ombra le si posò accanto non le fu difficile riconoscerla.
“Sapevo che mi avresti trovata.”
Con un lieve lamento le sedette accanto, per niente preoccupato che il completo che indossava potesse rovinarsi.
Da lontano ne aveva vista la sagoma, riconoscendo la felpa che indossava, una delle sue e che lui le aveva regalato poche settimane dopo la loro prima notte insieme riconoscendo che a lei stava decisamente meglio.
“Se devo essere sincero sono prima andato a cercarti al cimitero. Credevo ti avrei trovata da tua madre. Ma evidentemente mi sbagliavo.”
“Se questo fosse successo qualche anno fa mi avresti trovata lì, ma adesso sono cambiate tante cose. Avevo bisogno di un posto che fosse nostro.”
Avevano scovato quell’angolino al riparo dal mondo un anno prima, assorti nel solo compito di godersi quella settimana di vacanza. Era poco lontano dalla scogliera, protetto dal caos del molo e dei turisti esaltati.
“Beh, credo che nessun posto sarebbe stato migliore di casa nostra per parlare.”
“Non riuscivo a stare lì.” Si strinse nelle spalle sentendo un brivido, ma il calore tornò in fretta quando sentì la giacca di lui posarsi su di sé e avvolgerla come una calda coperta. Ruotò appena il viso. Il suo sguardo sostò per un istante sulle sue labbra, per passare subito dopo ai suoi occhi blu.
“Questo posto mi tranquillizza”, e nuovamente tornò a fissare le acque agitate davanti a sé.
“Kate, ho bisogno che parli con me, perché non so cosa fare. Non ho idea di come aiutarti.”
“Non puoi, ma forse posso aiutarti io. Siamo ancora in tempo.”
“In tempo? A cosa ti riferisci?”
“Al matrimonio. Possiamo ancora annullarlo e io non ho ancora recesso l’affitto del mio vecchio appartamento.”
“Non ti seguo. Annullare il matrimonio, perché?”
“Perché non c’è futuro per noi. Perché io non posso più darti alcun futuro ormai.”
 
Era entrato correndo dalle porte scorrevoli. La mano ancora sanguinava dopo che la chiamata di Ryan gli aveva fatto cadere dalle mani il bicchiere in vetro.
Pur trafelato, aveva cercato di respirare il meno possibile per impedire a quell’odore, che troppe volte in quegli anni si era insinuato nelle sue narici senza il suo consenso, di penetrare in lui. Ma alla fine aveva ceduto, mentre correva per i corridoi cercando volti familiari, e l’aspro aroma del disinfettante e della morte gli aveva annebbiato la mente.
Li aveva trovati alla fine di un lungo corridoio, appoggiati alla parete, con una tale stanchezza in viso da sembrare quasi che lo stessero sostenendo loro il muro.
Non aveva voluto sapere nulla, la rabbia e l’ansia che gli ribollivano lo stavano destabilizzando, non aveva bisogno di incrementare quello stato di inquietudine, almeno non ora, non finché non gli avessero detto che lei stava bene.
Mentre i suoi colleghi si erano ormai accasciati sul pavimento tenendo sotto costante controllo il telefonino nella speranza che la Gates non li richiamasse al distretto, lui sentiva le gambe fargli male sforzandosi di restare in piedi. Le ore erano passate una dopo l’altra. Tante. Troppe.
La porta che li separava dalla sala operatoria si era aperta dondolando, come flessibile e sospinta dal vento e non dalla mano del medico che si era appoggiata sul piccolo pannello metallico.
Ancora ricorda il momento in cui dalla sua bocca era uscita la frase “è mia moglie”. Aveva improvvisato, ma in fondo mancava poco al matrimonio, e in quel momento quella menzogna gli era sembrato il minore dei mali.  Certo mai avrebbe immaginato che per la prima volta lo avrebbe detto in una circostanza simile.
Il proiettile che l’aveva colpita era entrato ed uscito, ma la conseguente emorragia era stata piuttosto grave. Fermarla aveva richiesto tempo, così come ci sarebbe voluto del tempo prima che potesse ristabilirsi completamente. Il sollievo che aveva provato nel sapere che era fuori pericolo era svanito con quell’ombra che si era posata sul viso del medico e sotto il peso delle parole che l’avevano seguita. “Mi dispiace informarla però che, a causa della ferita e del sangue perso, sua moglie ha perduto il bambino.”
Quale bambino aveva continuato a domandarsi ininterrottamente. Non era possibile. Kate non aspettava nessun bambino. Loro non... No, probabilmente si stava sbagliando. Come era possibile che non glielo avesse detto. Magari stava per farlo, forse lo avrebbe fatto proprio quel giorno, e se invece neanche lei lo avesse saputo. Cosa avrebbe dovuto fare, dirglielo e arrecarle ancora più dolore o mantenere quel segreto che lo avrebbe distrutto dentro, ogni giorno, fino all’esplosione, quando lei sarebbe stata nuovamente incinta e per lui sarebbe stato impossibile non pensare a quel bambino mai nato.
Improvvisamente si era accorto della mano di Ryan poggiata sulla sua spalla, non aveva idea da quanto tempo si fosse avvicinato. Era rimasto talmente sconcertato da quella notizia da restare immobile, fissando la bocca dell’uomo in camice bianco davanti a lui contorcersi ad ogni parola. E nonostante la sua apparente calma ed apatia, dentro era un turbinio di confusione, preoccupazione e uno strano calore che si stava diffondendo in lui come una malattia.
“Purtroppo l’emorragia è stata violenta e questo potrebbe aver compromesso la sua possibilità futura di avere figli. Tuttavia non possiamo esserne certi ma ora come ora la percentuale di riuscire a rimanere nuovamente incinta in un futuro è davvero molto bassa. Appena si sveglierà informerò anche lei.”
Non poteva lasciarlo andare via così. Lo aveva fermato implorandolo di poter essere lui stesso a dirlo a Kate. Forse sarebbe stato più facile sentirlo dire da lui che non da un estraneo.
La verità, però, era che non sarebbe stato per niente facile né per lui, né tanto meno per lei.
Aveva sempre creduto che un giorno avrebbe dato ad Alexis dei fratellini, e quando finalmente avrebbe coronato il suo sogno con Kate era davvero convinto che non sarebbe passato tanto tempo prima che la sua primogenita potesse svolgere il ruolo di sorella maggiore. Essere padre era la cosa migliore che gli fosse capitata, voleva provare questa emozione insieme alla donna che lo aveva stregato, fatto innamorare perdutamente, e che lo conosceva meglio di chiunque altro. Ma ora tutto questo era svanito, eppure, dopo qualche attimo di tristezza sembrava una cosa irrilevante davanti al fatto che, pur senza figli, avrebbero potuto passare la vita insieme. Era irrilevante davanti al fatto che lei fosse ancora viva, e non avrebbe passato giorno senza ringraziare Dio per questo.
Le si era seduto accanto, in quella stanza bianca, quasi surreale se non fosse stato per i macchinari e i fastidiosi bip che però gli ricordavano che il cuore di Kate batteva ancora.
Aveva intrecciato una mano con la sua e posato l’altra sul suo ventre. Aveva poggiato la testa accanto al suo corpo immobile e aveva chiuso gli occhi pregando che si svegliasse presto. Quando la vide aprire gli occhi le carezzò il viso pallido, cercando di rassicurarla con dolci sussurri. Subito sentì le sue dita sfiorare il ventre che lui ancora proteggeva con la sua grande mano. Si ritrovò a scuotere la testa debolmente guardando impotente i suoi occhi verdi traboccare di lacrime.
Gli aveva dato le spalle, sdraiandosi sul fianco nonostante il male che sentiva alla ferita ancora fresca. Fissava il muro stringendo le lenzuola a sé, la mano di Rick le carezzava tremante il lunghi capelli.
“Te lo avrei detto domani.” Aveva mormorato singhiozzante. Nella sua mente aveva immaginato la scena. Il suo giorno libero passato nella tranquillità delle mura domestiche, abbracciata a lui dopo avergli dato la notizia. Coccolata dalle sue mille attenzioni e felice di poter pensare insieme a lui a quel miracolo per un giorno intero, senza essere distratti da omicidi o inutili scartoffie. Ma quel sogno era andato in fumo, come una pellicola lasciata troppo a lungo esposta alla luce e ora completamente bruciata. Era il film della sua vita che si dissolveva.
“Mi odierai per quello che sto per dirti Kate”, aveva esordito così impreparato a darle nuovamente una brutta notizia. Non avrebbe avuto senso aspettare, lasciare che si riprendesse e poi darle un’altra botta di quella portata. “Il dottore ha detto che probabilmente... probabilmente noi n-non potremmo più avere figli.”
Si era voltata di scatto, così veloce che la fitta al basso ventre che sentì le parve soffocarla. Aveva balbettato parole sconnesse, incredula, e da quel giorno non l’aveva più vista sorridere.
Erano passate tre settimane, e quando quella mattina non era riuscito a trovarla a casa, né al distretto o al cimitero, dopo che le chiamate al suo cellulare erano state tutte a vuoto, aveva davvero cominciato a temere il peggio.
 
“Rick, è stata tutta colpa mia, se fossi stata più attenta. Sapevo di aspettarlo e... non te l’ho detto subito e ho rincorso quel... Ora cosa posso fare, cosa posso darti senza figli? Una vita monotona, fatta di routine. Meriti di più, meriti qualcosa che io non posso più darti.” Una folata di vento le colpì il viso, gli spruzzi delle onde la colpirono e non fu più certa se le lacrime che stavano scendendo copiose sulle sue guance fossero dovute alla tristezza o alla sabbia che le aveva irritato gli occhi.
La costrinse a voltarsi a guardarlo, perché sapeva che avrebbe creduto di più alle sue parole se avesse letto quanto queste fossero vere nei suoi occhi. “L’unico futuro che voglio è con te. Se te ne andrai mi toglierai tutto, distruggerai sia me che te. Non mi importa dei figli, non mi importa della routine. Non mi stancherò mai di stare con te.
Lo so che è diverso, ma c’è Alexis, anche se è grande, e anche se so benissimo che non è lo stesso che sentirlo crescere dentro di te, c’è sempre l’adozione. Ma ti giuro che, se fosse il solo modo per averti, sarei disposto a passare l’eternità senza dei bambini. E se potessi tornare indietro, se potessi fare qualsiasi cosa per impedire a quel proiettile di colpirti la farei, ma non posso. Non lasciarmi anche tu Kate, non lo sopporterei.”
“Mi sento così in colpa.”
“Non devi in alcun modo pensarlo, d’accordo?”
Gli tormentava la mano con movimenti circolari, decisi, ma lenti, per scaricare quella tensione che non voleva sapere di abbandonarla. “Avrei voluto... avrei davvero voluto avere quel bambino. Sarebbe stato nostro, avrei avuto per nove mesi una parte di te sempre con me.”
“Kate, avrai sempre una parte di me con te.” Le sollevò il viso, poggiandole con delicatezza l’indice sotto il mento. Le lasciò un bacio sulle labbra, senza approfondire. Non era il momento per la passione, contavano solo la dolcezza e l’estremo bisogno di farla stare bene. “E sai cosa ti dico, al diavolo le percentuali! Noi avremo un altro bambino. Potrebbe anche esserci il 99% di possibilità di non riuscirci, ma io credo profondamente in quell’1%. E tu Kate, tu crederai con me in quell’1%?”
Per la prima volta, da quando era tornata a casa dall’ospedale, sorrise. Non era felicità, per quella ci sarebbe voluto ancora un po’ di tempo. Era speranza, la speranza che solo Rick riusciva a darle. Speranza che le aveva infuso molte volte dal giorno in cui si erano conosciuti e che le aveva donato ancora una volta, adesso, quando credeva che non ci sarebbe più stata. Si accoccolò al suo petto, inebriandosi del suo profumo intenso mischiato all’aria di mare, ed insieme osservarono le luci della notte, che cominciavano lentamente ad accendersi, riflettersi sulla superficie scura dell’acqua ormai non più increspata dalle onde, come se, allo stesso modo di Kate, avesse trovato la pace.
 
  
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