Ringrazio
anche solo chi
legge.
Remake
di Solo adesso.
Dedicata
a Ka93. Un
ringraziamento a Ka93 e Vale_93 che l’avevano recensita.
Ho
scritto sentendo Solo
adesso dei New Story.
Anche
i cuori di plastica battono
Vegeta
si nascose dietro
una colonna di cartongesso bianca e sporse il capo, socchiudendo gli
occhi.
Nelle sue iridi color d’ossidiana si rifletterono le spalle
di Bulma, coperte da
un camice bianco, e i lunghi capelli azzurri, che le arrivavano alle
spalle.
Vegeta
si leccò le
labbra, sentendole secche, e si voltò.
<
La donna fa di
tutto per ignorarmi. Dannata gallina, non ha capito che sono tornato
anche per
lei > pensò. Scese le scale, svoltò e si
fermò, udendo la risata di Goku. Si
girò, raggiunse la porta da cui proveniva e la spinse,
socchiudendola, si piegò
in avanti guardando con un occhio all’interno.
“Vegeta
non è così male
se lo conosci” disse Son. Si passò la mano tra i
capelli neri e Mirai Trunks
sospirò.
Trunks
neonato gorgogliò
e afferrò con le mani paffute il viso di Gohan, che lo
teneva tra le braccia.
“È
peggio” ribatté
Junior. Si sfilò il turbante, la testa dalla pelle verde era
ricoperta di
sudore e le punte aguzze delle orecchie tremarono.
“Tu
non eri meglio
prima”. S’intromise Crilin e Goku
ridacchiò.
“Se
mio padre ha un
cuore, allora, lo ha di plastica. Mi ha deluso” si
lamentò Trunks del futuro.
Vegeta
avvertì delle
fitte al petto, si raddrizzò e si voltò.
Avanzò, i suoi stivaletti bianchi scricchiolavano
ad ogni passo e la battle-suit gli aderiva al corpo muscolo.
Aprì la porta
della Gravity Room, e vi entrò, richiudendosela alle spalle
con un tonfo
metallico. Raggiunse il pannello di controllo e accese la
gravità, la impostò a
500 e la stanza si tinse di colore vermiglio. La pressione gli premette
sul
corpo, facendogli scricchiolare le ossa, e una serie di onde
d’urto si
propagarono dai suoi movimenti, dal tremore leggero dei computer di
controllo e
dallo spostamento dei robot volanti nella camera.
Vegeta
si girò e attivò
la supervelocità, schivò i raggi laser dei robot,
raggiunse quello più in alto
e lo trapassò con un pugno. Afferrò i resti prima
che cadessero a terra e li
utilizzò come scudo per i raggi di altri due robot.
Disattivò quest’ultimi,
premendo i pulsanti sulle loro sommità sferiche, le sferette
elettroniche che
gli formavano gli occhi si chiusero, lasciando solo metallo bianco, e
atterrarono lentamente.
Briefs
appoggiò delicatamente
la carcassa che teneva in mano a terra e avanzò.
Iniziò a tirare pugni davanti
a sé, alternando il destro con il sinistro, corrugando la
fronte, il sudore gli
scivolava lungo la pelle abbronzata.
“Cosa
si aspettava? Che
rimanessi su questo stupido sasso con quei deficienti di umani che
cercano di
autodistruggersi? Magari a fare da balia al suo marmocchio?!”
gridò. Accelerò
la velocità dei pugni, i muscoli del suo corpo erano in
tensione e premevano
contro la stoffa elastica della tuta inumidendola di sudore.
Tirò un calcio
volante all’indietro, balzò e riatterrò
in piedi. Alzò la gamba destra e iniziò
a tirare una serie di calci oltre il suo capo.
“Beh,
ora sono qui e
voglio quello che mi spetta! Non lascerò che si riduca come
uno dei tanti vermi
di questa razza patetica. Se lo scorda se pensa che la
lascerò a piangere tutte
le notti. È la mia donna!”
gridò. La voce si raschiò e le iridi
color ossidiana brillarono di riflessi bluastri, il suo corpo fu
ricoperto da
un’aura vermiglia di un rosso più scuro di quello
che illuminava la stanza. Si
sentì un click, un fischio e la Gravity Room si spense.
Vegeta
sbuffò, si girò e
raggiunse nuovamente il pannello. Cliccò un pulsante grigio
scuro, l’allarme si
spense e si accese lo schermo davanti a lui.
Bulma
batté un paio di
volte le palpebre, mise le mani sui fianchi e si piegò in
avanti.
“Cosa
vuoi, stupido
scimmione?” domandò.
Vegeta
digrignò i denti
e incrociò le braccia.
“La
Gravity Room si è
rotta di nuovo, aggiustala” ordinò. Gli occhi
della donna era arrossati e le
ciocche azzurre lisce le ricadevano davanti al viso.
“Dopo
cena” rispose lei.
Vegeta
socchiuse un
occhio e sgranò l’altro.
“È
pronta la cena?”
chiese.
“Ancora
no! Devo finire
di lavorare, io. Mica perdo tutto il tempo
ad allenarmi come te!”
gridò la donna voce rauca.
“Io
devo diventare il
più forte, oca!” ululò il saiyan.
“Spero
che ti affogherai
con l’osso di tacchino!” strillò
l’inventrice. Chiuse la comunicazione, lo
schermo si spense con un ultimo sprizzo di luce bianca centrale.
Vegeta
abbassò il capo e
sospirò.
“Perché
quando uccidevo
miliardi di persone non avevo lo stesso rimorso di quando ti tratto
così? Che
maledetto sortilegio mi hai lanciato, femmina?”
domandò bisbigliando. Si voltò,
tornò al centro della stanza e saltò. Si mise
sull’indice a testa in giù,
tenendo il corpo rigido. Piegò il gomito scendendo e lo
raddrizzò, risalendo.
“I
nostri battibecchi
erano divertenti, ma senza quella scintilla mi sento come quando Nappa
mi
faceva vomitare con la sua puzza” borbottò.
“Ehy, bel fustacchione, vedi di non
ucciderti con tutti quegli
allenamenti”. Sentì la madre di Bulma oltre la
porta.
“Vieni
via cara. Ancora
non ho fatto una barriera tra quella porta e la casa, potrebbe
ammazzare anche
noi con i suoi assurdi e continui allenamenti”.
S’intromise la voce del Dottor.
Briefs.
Vegeta
digrignò i denti
e accelerò la velocità dell’esercizio.
“Proprio
ora che non ci
sei nella mia vita donna, mi sono dannatamente accorto cosa sei per me.
Merda,
dovevo vivere per superare Kakaroth, per essere nuovamente il degno e
orgoglioso principe dei saiyan, non per un moccioso e per una
donna” borbottò.