Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Eruanne    27/02/2014    8 recensioni
"Io ti appartengo, e tu mi appartieni."
Questa sarà la frase che formerà un filo conduttore tra le varie one-shot riguardanti le coppie di cui si è già letto ne "La Quercia e l'Iris"; saranno storie dolci, struggenti, agrodolci e spensierate che, spero, faranno breccia nei vostri cuori.
E vi chiedo di perdonarmi: la Irishield ha chiamato, io ho semplicemente risposto al suo invitante canto.
Genere: Generale, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

LA QUERCIA E L'IRIS

I AM YOURS AND YOU ARE MINE





IL PRINCIPE SOTTO LA MONTAGNA


Non riusciva a stare fermo. Continuava a camminare senza sosta avanti e indietro, le braccia rigide dietro la schiena; ogni volta che passava davanti alla porta di legno di quercia lanciava un'occhiata tormentata, illudendosi di poterla trapassare con lo sguardo. Ad ogni gemito e ansito sofferti stringeva le mascelle talmente forte da sentirle accartocciarsi, e ad ogni urlo straziante doveva imporsi di rimanere lì e non spalancare la porta come una furia.

Come in quel preciso istante.

<< E' da ore che è rinchiusa là dentro >> borbottò, rabbioso per la sua impotenza << E' normale che debba soffrire così tanto? >> chiese, alzando di poco il tono di voce.

<< Non saprei, non me ne intendo >> fu la risposta del suo amico Dwalin, piuttosto teso ma mai quanto il sovrano di Erebor.

<< Le nane non sono tutte uguali, ve lo posso garantire: c'è chi fa in fretta e a chi occorre più tempo >> decretò Oin, allontanando il cornetto acustico con una smorfia dispiaciuta quando l'ennesimo urlo squarciò il breve silenzio << Forse sarei dovuto entrare. >>

<< No >> affermò Balin, osservando pensieroso l'irrequietezza di Thorin << Nessun nano ha mai avuto il permesso, fin dai tempi remoti. È un fatto che riguarda solo le donne. >>

<< E a noi tocca stare qui fuori a roderci dall'impazienza! >> esclamò Kili, muovendo nervoso la gamba destra.

<< Dannazione >> sbottò quasi in contemporanea Thorin, fermandosi di scatto << Non mi importa delle tradizioni! Io entro. >>

Si mosse a passo deciso ma Fili non glielo permise, agguantandolo appena in tempo per un braccio << Zio, non credo manchi molto. Pazienta ancora un poco. >>

<< Pazientare? >> il tono di Thorin era palesemente irritato << Ti ripeterò la medesima frase quando verrà il tuo turno, nipote. E non occorreva vi presentaste tutti qui: è notte fonda, dopotutto. >>

<< E secondo te ci perderemmo questo evento? Nossignore! >>

<< Bofur ha ragione. E poi, zio, Fili e io non aspettiamo altro che vederti piangere di gioia; siamo qui per questo >> ridacchiò Kili, beccandosi un'occhiataccia per nulla contenta dal suddetto. Lo spirito allegro non riuscì a far breccia in lui. Non in quel particolare momento.

Thorin sbuffò e aprì e chiuse le mani a pugno quando udì un gemito soffocato al di là dell'uscio maledetto; non avrebbe resistito ancora a lungo, lo sapeva. Doveva fare qualcosa, intervenire e porre fine a quell'agonia che lo torturava sadicamente. Una parte di sé però lo rimproverò aspramente: se lui era in quello stato come doveva sentirsi lei? Gli si serrò lo stomaco al pensiero della sofferenza in cui verteva, e dovette sedersi per calmarsi; non badò molto agli amici che ogni tanto scambiavano qualche parola di conforto che potesse distoglierli dall'attesa, e sfregò il volto stanco alla ricerca di una forza che sembrava averlo abbandonato. D'altronde, era da sei maledette ore che era lì – da quando era stato bruscamente svegliato da un sonno agitato - e l'ansia unita all'adrenalina che pompava nel sangue non l'aiutavano certo a rilassarsi. Si ritrovò a pregare che nulla potesse andare storto, ma si rassicurò quasi subito: se fossero sorte delle complicazioni l'avrebbero avvertito immediatamente; Dìs avrebbe provveduto o avrebbe mandato la giovane nana dei Colli Ferrosi – Airi, se la memoria non l'ingannava. Ma di questo non era certo, come non lo era per molte altre cose. Non in quel momento, quando tutto il resto sembrava non contare più e solo un pensiero rimaneva attaccato con ferocia al suo cuore, alla sua mente.

L'ultimo grido lo colse impreparato, perso com'era nei suoi pensieri, nei suoi timori e nelle sue speranze; alzò la testa talmente in fretta che quasi si ruppe l'osso del collo, mentre il silenzio li racchiudeva in una cappa gelida. Nessuno osò muoversi, né respirare. Tremò impercettibilmente mentre l'eco del doloroso strepito impregnava le mura del salottino; il cuore parve battere lentamente fino a fermarsi, trattenne il fiato in attesa di nemmeno lui sapeva cosa.

Le orecchie non captarono alcun suono, e si spaventò. Thorin Scudodiquercia, Re sotto la Montagna, credette di non aver mai provato una tale sensazione in tutta la sua vita; era troppa, incontrollabile, lo corrodeva veloce. Nemmeno il nano più coraggioso della Terra di Mezzo ne sarebbe rimasto immune. Quel silenzio lo dilaniava al pari di una lama affilata.

Aveva paura.

Una fortissima e tremenda paura che lo schiacciava, gli toglieva ogni grammo di vita dal corpo.

Tutto ciò accadde in una manciata di secondi al massimo, non avrebbe saputo dire con certezza. A lui sembrarono ore, e infiniti anni.

Un vagito acuto e potente lo raggiunse, infrangendo con violenza ogni incertezza, ogni cattivo presentimento, ogni preoccupazione.

E lui, finalmente, espirò.

I membri della Compagnia gridarono increduli ma felici, saltellando e abbracciandosi, qualcuno gli batté qualche pacca sulla spalla. Lui rimase seduto, lo sguardo sfocato perso in un punto lontano oltre le fiamme aranciate del caminetto, mentre le orecchie registravano quel pianto che sapeva di nuova vita, di amore, di famiglia.

Di un figlio tanto desiderato e già visceralmente amato.

La porta si aprì e ne uscì una stanca eppure soddisfatta Dìs; un sorriso le increspava le labbra, gli occhi azzurri erano luccicanti di contentezza. Gli si avvicinò calma senza smettere di osservarlo con quell'affetto fraterno che gli concedeva spesso e di cui aveva sentito la mancanza durante i mesi passati nel viaggio verso la Riconquista.

Tese una mano e lo invitò a prenderla; lui obbedì, ancora stordito, lasciandosi aiutare nell'alzarsi dalla sedia di legno. L'altra vi si posò sopra, a maggior appoggio << Congratulazioni, fratello. È un maschio >> pronunciò con voce tremante, mentre i nani li accerchiavano per poter udire meglio le sue parole.

Thorin sbatté velocemente le palpebre e deglutì anche se la gola risultò insopportabilmente secca << E' sano? >>

Dìs annuì, rincuorandolo come non mai. Però vi era un'altra domanda che attendeva risposta, e non perse tempo a formularla << Come sta Karin? >>

La sorella non poté fare a meno di ridacchiare internamente di fronte alla sua angoscia – legittima, per carità, anche se inutile: gli uomini erano davvero così convinti che le donne fossero esseri deboli e fragili, e che un semplice corso della natura potesse spezzarle? Ah, poveri illusi!

<< E' stata molto brava >> concesse con un sorriso, notando lo spianarsi della fronte e delle consuete rughe << Ora va' da lei e dal tuo erede, forza. >>

Thorin non se lo fece ripetere perché i piedi si erano già mossi ancor prima che Dìs finisse la frase; non appena entrò dovette appoggiare una mano allo stipite, totalmente sopraffatto dalle emozioni gioiose che esplosero tutte insieme, e quadruplicate di potenza, al pari dei fuochi d'artificio che Gandalf creò tanto tempo addietro quando lui e la sua Karin erano solo bambini. Non badò all'inchino che Airi e la nutrice gli rivolsero né ricordò quando uscirono, se subito o immediatamente dopo. No. I suoi occhi azzurri erano rivolti unicamente alla nana che giaceva seduta sul lato sinistro del letto con la schiena appoggiata a due cuscini e con le gambe coperte dal lenzuolo, intenta a reggere un piccolo fagottino da cui spuntavano un pugnetto e poco più in alto un ciuffetto di capelli neri. Si maledì perché non era stato presente quando era iniziato il travaglio però non avrebbe potuto aiutarla, di questo era consapevole: per questo motivo, pochi giorni prima del parto, aveva cambiato stanza come voleva la tradizione. Il marito – specie se sovrano – non doveva interferire con la donna gravida e, in tal modo, si cercava di preservare la tranquillità di entrambi. Una consuetudine a dir poco stupida, dato che ciò che più desiderava era rimanerle accanto per non abbandonarla; così aveva infranto l'altra parte, decidendo d'attendere la nascita nella stanza più prossima invece che il più lontano possibile per non essere costretto a sentire le urla e la confusione.

Non si soffermò su ciò preferendo concentrarsi sulla sua famiglia: Karin non si era ancora accorta di lui, così si permise di guardare quella coppia con uno sguardo che mai aveva rivolto a nessuno e che mai avrebbero più rivisto sul suo volto di solito serio; almeno finché non fosse nato un secondo figlio, e tutti gli altri che Mahal avrebbe loro concesso.

La sua regina sorrise teneramente, e quando alzò lo sguardo e incontrò il suo viso lo ampliò radiosa; benché fosse scarmigliata e notevolmente distrutta la considerò più bella che mai, e lasciò che la contentezza d'essere diventato genitore lo raggiungesse, cullandolo.

Camminò timoroso, non ne conosceva il motivo; ma quando si avvicinò a sufficienza e lo vide, ogni inutile sensazione sparì. Si sedette al suo fianco, senza smettere di ammirare e amare quel piccolo volto ancora grinzoso e roseo dalle palpebre chiuse che agitava le braccia a intervalli pressoché regolari.

Deglutì ancora, stavolta concedendo ad alcune lacrime la libertà di lasciare le ciglia e scendere sulle gote, perdendosi nella barba scura. Karin le notò e non poté fare a meno di iniziare a piangere silenziosa, tuttavia senza smettere di sorridere; quando la guardò lei rise, fermandosi solamente perché le labbra del suo re si impossessarono delle sue reclamando un bacio dolce e pieno d'amore, tremendamente felice com'erano loro, persi nella meraviglia di quel momento unico. Le donò un bacio a fior di labbra, un altro, poi un altro ancora, sentendo le dita della mano sinistra insinuarsi tra i suoi capelli per raggiungere la nuca, accarezzandogliela e strappandogli un mugugno contento.

<< Sei stata bravissima, mio tesoro >> sussurrò, quando si sciolsero e accostarono le fronti << Provi ancora dolore? >> volle sapere apprensivo, accarezzandole una guancia.

Karin chiuse gli occhi in diniego << No, è semplicemente svanito non appena l'ho sentito piangere e me l'hanno poggiato al petto. Sono solo molto stanca, ma ne è valsa la pena, non credi? >>

Inevitabilmente vennero attratti da loro figlio, e si persero a guardarlo ancora, estasiati.

D'un tratto, Karin lo accarezzò sulla coscia << Prendilo in braccio. >>

<< Io non... non so se... >> si ritrovò a balbettare, pensando fosse una pessima idea: non aveva dimestichezza con i neonati, non più. Erano tremendamente fragili e lui, oltre che sovrano, era un guerriero e un fabbro.

Ma la consorte, intuendone i pensieri, non ammise il rifiuto né la sua insicurezza << Non aver timore >> lo rassicurò con dolcezza << Vedrai che tornerà naturale, come qualsiasi gesto che si riprende dopo tanto tempo. Inoltre sei suo padre, perciò andrai benissimo. >>

Thorin si lasciò convincere e, pieno di perplessità, accolse il bambino cercando di posizionare le mani nei punti indicatigli; trattenne il respiro finché non fu certo di tenerlo al riparo, e le sensazioni provate quando prese in braccio Fili e Kili per la prima volta tornarono, maggiormente amplificate.

<< E' perfetto, vero? >> domandò Karin, emozionata oltre ogni dire nel vederli insieme.

Il marito annuì << Questo perché ti somiglia >> mormorò, guardandola negli occhi e beandosi del suo nuovo sorriso.

<< Anche se sono in queste condizioni pietose, sono dolorante e ho un gran bisogno di riposare? >> domandò scettica, alzando un sopracciglio.

<< Soprattutto per questi aspetti >> confermò sincero, sorridendole a sua volta << E ti amo. Per avermi donato il tuo cuore e il tuo affetto, per non avermi abbandonato quando me lo sarei meritato, per aver continuato ad amarmi in seguito, perché hai accettato di sposarmi e perché mi hai reso l'uomo più felice di Arda. Senza di te, Karin figlia di Kario Regina sotto la Montagna, non sono niente: nemmeno un re, tanto meno un padre. >>

Lei si morse il labbro inferiore, incapace di rispondergli adeguatamente. Sapeva che avrebbe compreso, perché non vi era giorno in cui non dimostrasse il suo amore tramite parole o piccoli gesti; nulla di eclatante – entrambi apprezzavano la semplicità – eppure erano capaci di rimarcare l'affetto che provavano per l'altro, ricordando ciò che erano stati disposti a compiere: avevano rischiato la vita, si erano salvati a vicenda. Non esisteva atto d'amore più grande.

Si corresse, esisteva eccome: ed era proprio davanti ai loro occhi, serenamente quieto.

<< Benvenuto tra noi, Throrein >> lo accolse, bisbigliando amorevole e baciandolo piano sulla fronte.

<< Benvenuto, figlio mio >> ripeté Thorin, chinandosi a baciarlo a sua volta; il piccolo si mosse, forse infastidito dalla barba ispida, ma ciò non fece che farli ridere sereni, i cuori inteneriti alla vista di quel miracolo che avevano creato.

Karin lasciò la sua manina destra e si appoggiò ai cuscini, sospirando: la stanchezza tornava a riprenderla, ora che era rilassata; il nano se ne accorse e, delicatamente, le scostò una ciocca umida dal collo sudato.

<< Dovresti proprio dormire. Ora vado, ti lascio tranquilla >> cercò con lo sguardo la culla per Throrein e, trovatala, fece per alzarsi venendo però fermato.

<< No, aspetta. Fammelo vedere ancora un attimo >> lo pregò.

Thorin l'accontentò, sporgendosi verso di lei; nel frattempo udì distintamente la stessa melodia ascoltata pochi mesi prima alla luce di un caminetto acceso, mentre la sua allora promessa sposa passava paziente i denti del pettine tra i suoi capelli. Benché spossata non si impedì di onorare la promessa: ovvero cantare per il figlio, ora nato. Sorrise senza rendersene conto, imitandola nel cantare a bocca chiusa e proseguendo quando lei non ne ebbe più la forza, senza smettere di osservare l'espressione pacifica e serenamente addormentata del neonato; Karin lo baciò ancora soffermandosi a inspirare il suo odore così diverso da ogni altro e poi, a malincuore, lasciò che il marito lo posasse sul lettino e tornasse da lei.

Prese una pezzuola e le asciugò il sottile velo di sudore che ancora le ricopriva la pelle del collo e del volto, e si ritrovò a chiudere gli occhi assaporando quel momento; rimasero in silenzio, rimuginando ancora su ciò che era accaduto in quelle ore, e a quanto le loro vite sarebbero cambiate d'ora innanzi.

<< Gli altri sono qui fuori? >> domandò, dopo lunghi minuti di pace.

Thorin annuì, ma vedendola ancora con gli occhi serrati si affrettò a rispondere << Sì, hanno atteso con me >> le baciò la fronte e il naso, guardandola intensamente << Vuoi vederli adesso? >>

Karin riaprì gli occhi neri, trovandolo vicinissimo al suo viso; non le era sfuggito il tono impregnato di rimprovero, e si aprì in un sorriso fiacco << Non ora. Devo dormire un po', prima di riuscire ad affrontarli anche a piccoli gruppi. >>

L'altro si mostrò più che d'accordo, annuendo << Bene. >>

<< Rimarrai con me finché non mi addormenterò? >>

Sarebbe rimasto anche se non glielo avesse chiesto << Sempre. E sai perché >> disse con voce roca, lasciandosi condurre verso le labbra della moglie; si unirono in un ultimo bacio, interrotto quando Karin si sciolse.

<< Perché io sono tua, e tu sei mio. >>

Gli accarezzò una guancia per poi distendersi e chiudere gli occhi, addormentandosi subito.

Thorin non riuscì a distogliere lo sguardo da lei; l'accarezzò piano per timore di svegliarla e, nel frattempo, tese l'orecchio verso la culla cercando di cogliere anche il più piccolo rumore. Tutto taceva, e non poté che accogliere quel silenzio con gratitudine ringraziando Mahal per avergli concesso quell'indescrivibile e immensa felicità, e perché ogni cosa si era risolta per il meglio. Sereno come mai gli era capitato in tutta la sua vita le si coricò accanto, racchiudendola tra le braccia. Si addormentò, con un'ombra di sorriso sulle labbra sottili e i tratti distesi, rilassati.







CANTUCCINO DELL'AUTRICE

Buonasera ^^! Eh già, non ce l'ho fatta a stare lontana da Thorin e Karin: come si dice, il primo amore non si scorda mai. E la Irishield ha un posto speciale nel mio cuore, e sempre l'avrà. Quindi, ecco qui l'idea di una raccolta di one-shots su di loro (e non solo ;)) ) che non seguiranno un filo temporale, ma saranno tutte (o quasi tutte) incentrate sulla frase: “I am yours and you are mine”, omaggio ad una frase pronunciata da Ygritte de “Il trono di spade”... se non ricordo male XD! In inglese rende molto di più perché può valere sia al maschile che femminile, mentre in italiano c'è la distinzione :/. Comunque ormai sapete benissimo che Thorin e Karin si sono sempre considerati l'uno appartenenti all'altra.

Dunque, qui abbiamo la nascita del primo erede al trono di Erebor, Throrein. Spero d'essere riuscita a trasmettere le emozioni che due novelli genitori possono provare, oltre allo sconfinato amore che provano per loro; non volevo dilungarmi tanto, volevo solo mostrare questo piccolo spaccato di vita. In caso contrario spero possiate perdonarmi, e ogni critica sarà ben accetta :D

Ringrazio già in anticipo chi leggerà solamente e chi lascerà un commento ^^: GRAZIE INFINITE!

Alla prossima!

Vostra, come sempre

Anna :*


  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Eruanne