~ Perdono
by Akasuna No Saya (C)
Ricordo
poco o
niente della mia vita prima di Noah. Insomma, avevo solo dieci anni
quando sono
entrata a far parte degli apostoli del vero Dio. Cosa pretendete che
ricordi,
nei dettagli?
Però riesco
ancora a ricordare i momenti più belli. Vivevo in un piccolo
paese nel mezzo
dell’Italia. D’estate era bellissimo, trascorrere
intere giornate fra i campi
di grano o all’ombra di un albero, mangiando frutta in
compagnia. Quella terra
era… era la cosa più meravigliosa che potessi
immaginare. Ancora oggi mi chiedo
come un falso dio possa aver concepito una simile bellezza. Dovete
pensare al
giallo più caldo che conoscete, moltiplicarlo per mille, e
proverete la
sensazione del grano che s’estende per chilometri sulle
colline del mio paese.
Uscite in una giornata soleggiata, quando il termometro balla verso i
trenta
gradi, e capirete l’emozione nel toccare la terra calda e
viva che cresceva
sotto i piedi nudi dei bambini. Prendete la vostra boccetta di profumo
per la
casa e buttatela nel cestino; poi tagliate una fetta
d’arancia, possibilmente i
tarocchi di sicilia, grosse e succose, e annusate
l’imperdibile odore che esce
dalla buccia. Quello stesso profumo è quello che permeava le
giornate della mia
infanzia.
Da bambina non
smettevo mai di correre. Viaggiavo per le strade insieme ai miei amici,
non
importava se ci fosse bel tempo oppure no. Con la pioggia o con il sole
cocente, io giocavo sempre a rimpiattino fra i mattoni rossastri del
mio paese.
C’erano pochi abitanti, e tutti si conoscevano da una vita. A
volte questo
particolare era leggermente scocciante, ma non ci facevo caso. Cosa
sono i
pettegolezzi per una bambina quando ci sono tanti giochi ancora da fare?
La mia famiglia
era piccola, ma unita. Mia madre era la donna più dolce che
io abbia mai
conosciuto, mentre mio padre… beh, suppongo ci volesse molto
bene, dato che
trascorreva tutto il suo tempo al lavoro per noi. E poi c’era
mio fratello.
Aveva solo due anni più di me, ma si credeva un
grand’uomo perché aiutava la
mamma nei campi. Voglio dire, anch’io lo facevo, ma lui
poteva guidare
l’aratro. Quindi, nella sua testolina, lui era più
importante.
Mio fratello era
strano. Unico. Era un peste incredibile, e mi faceva sempre i dispetti.
Ma io
adoravo stare con lui… più che con qualunque
altro mio amico. Perché con lui
andavo a caccia di demoni.
Circolavano
parecchie leggende nella mia terra. Molte erano irreali, alcune
sembravano fin
troppo reali. E in quel periodo, circolava una sola voce fra le comari.
Si
diceva che, fra i campi di grano, vivesse un demone. Un demone
spaventoso, dai
grandi e letali denti, con gli occhi gialli che potevano uccidere con
uno
sguardo. Gli artigli lunghissimi e i muscoli incredibilmente
sviluppati, che
potevano stritolare un essere umano in un batter d’ali.
E che nessuno
poteva sconfiggerlo. Chi ci provavo, veniva dissolto nel nulla.
Beh, tutti
tranne i bambini e la loro innocenza.
Diciamo
che
l’ignoranza del mio paese questa volta era andata vicino alla
verità. Peccato
che i bambini non potevano fare nulla; solo certi e particolari
bambini, con l’innocenza divina alle stelle, potevano sconfiggere certi e
particolari demoni.
E
così tutti i
bambini ridevano di quella leggenda, passando tutti i pomeriggi immersi
fra il
sapore delle
spighe. Armati di fionde e
sassi, senza scarpe e con il sorriso di chi si sente speciale stampato
sul
volto.
Era una lotta
costante, la nostra. Vigeva la legge che il primo che avesse liberato
il paese
dal pericolo del demone sarebbe diventato automaticamente il capo di
tutti e,
una volta cresciuto, avrebbe sposato Barbara, la più carina
fra le bambine del
paese. Inutile dire che io avevo una bassa opinione di lei, ma lasciamo
stare.
Preferivo mille volte andare a caccia di demoni con mio fratello che
pettinare
bambole dalla mattina alla sera.
Ma era bello,
incredibilmente bello, correre sotto il sole afoso, alla ricerca di un
fantastico demone.
E io non l’ho
mai compresa, non del tutto. Sapevo solo che, dopo averci rimboccato le
coperte, si rintanava nella sua stanza piangendo su una foto, dove lei
e tante
persone si stringevano per immortalare un attimo. Tutte persone vestite
di nero
con un’argentea croce sul petto.
A volte desidero
averle dato ascolto.
Non aver semplicemente
alzato le spalle sul suo dolore per giocare ancora.
Io e mio
fratello trovammo il demone. Ma la nostra innocenza era pari a zero.
Con un colpo
solo il corpo del mio fratellone svanì nel nulla, tornando a
essere polvere
nella polvere. Vidi il terrore puro nei suoi, la paura di attraversare
la morte
andando verso l’ignoto; sentii il suo sangue sporcare la
calda terra, sangue
puro e allo stesso tempo macchiato dai lamenti del demone. Divenne
polvere in
un secondo, e le sue ceneri si dispersero nel vento di quella terra che
aveva
amato fino alla morte.
E sapevo che,
dopo di lui, il demone avrebbe ucciso me.
Una
consapevolezza che nasceva da dentro.
Eppure…non
accadde. Mi fissò e s’inchinò,
mormorando tre parole che s’incisero nella mia
memoria: “Sua Eccellenza Noah.”
Sorpresa.
Incredulità. Paura. Innovazione.
Verità.
E mentre le
sacre stigmate comparivano sulla mia fronte, capì che nulla
sarebbe più stato
come prima.
Le
notti
seguenti le trascorsi in preda al dolore. Il sogno della morte e il
risveglio
non lo augurerei nemmeno al mio peggior nemico. E’ qualcosa
che distrugge ogni
certezza, elevando le verità nascoste in ogni persona.
Risvegliando la fede
nell’unico vero Dio e comprendendo il ruolo di apostolo.
Tornando ad
abbracciare l’eredità lasciata dal padre.
E’ un dolore immenso, non fisico ma
morale: perché tutto ciò in cui credevi, tutta la
tua vita, viene annullata e
resa per la menzogna che è.
Non esistono
lacrime per descriverlo.
A dieci anni
avevo perso ogni cosa. Mio padre, divenuto akuma, aveva ucciso mio
fratello.
Mia madre, da ex-esorcista, aveva distrutto mio padre e poi si era
tolta la
vita perché il desiderio di richiamare le anime era troppo
forte.
Ero sola.
Ma la mia nuova
famiglia mi attendeva. Quando riaprì gli occhi non era
più in Italia. La tenue
luce che entrava dalle grandi finestre era estremamente fastidiosa,
nonostante
la camera fosse poco illuminata. Ero sdraiata su un morbido letto a
baldacchino, circondata da tante persone,una più buffa
dell’altra.
- Benvenuta in
famiglia, Leslie.
Le prime parole
che Road mi rivolse. Una semplice frase che mi fece scoppiare a
piangere.
Era
bellissimo
vivere con loro. Non avevamo legami di sangue, ma potevamo far invidia
a una
vera famiglia. Certo, con qualche potere e istinto omicida in
più.
Noi
rappresentavamo le quattordici memorie di Noah. Dopo il tradimento e la
morte
di mana, erano rimasti in tredici, e la memoria vagante che lui
rappresentava
aveva trovato altri geni che potessero ospitarla.
Così… io ero diventata il
Perdono di Noah. Road era il Sogno, Tyki il piacere, Jusdebi il legame,
Skin la
rabbia… ecco, Skin. Forse l’unico Noah con cui non
sono mai andata d’accordo.
In fin dei conti, lui era la rabbia di Noah, e secondo Road la rabbia
era la
più infelice fra le memorie. Era talmente opposto a
me… quando vedeva un
esorcista lui non poteva far altro che andare là, e
attaccarlo; io, invece, da
brava “perdono” di Noah non provavo altro che
fastidio. Non un puro e autentico
istinto omicida.
Debitto e
Jasdero era dei veri e propri pazzi. Non scherzo. Erano il pagliaccio
della
famiglia, e insieme al conte facevano ridere tutti quanti (tutti a
parte Tyki,
il bersaglio dei loro scherzi). Pazzi, completamente pazzi.
Un’accoppiata
incredibile, con l’ingenuità di Jasdero e
l’isterismo di Debitto. Dio, quanto
gli volevo bene!
Con Road passavo
la maggior parte delle mie giornate. Oh, sapevo benissimo che la sua
immagine
da ragazzina sbarazzina di dodici anni non era altro che
un’illusione del suo
“sogno”. Era la più vecchia fra di noi,
la più potente dopo il conte. Ma mi
ricordava troppo mio fratello, e a quell’epoca avevo un
disperato bisogno di
qualcuno che mi tenesse sottobraccio per proteggermi e isolarmi da
ciò che
avevo appena trascorso. E lei… lei era la persona ideale.
Giocavo, ridevo, scherzavo,
con lei; prendevamo di mira gli Akuma e i gli umani diversi da noi.
Rubavamo
Lero al conte e girovagavamo per il mondo grazie alla sua porta. Le
volevo un
mondo di bene. Come gemelle, unite da una stessa natura.
E poi c’era
Tyki.
Mi ero presa una
cotta per lui. Che pretendete, l’ho già detto che
avevo solo dieci anni, no?
Spesso a quell’età si confonde
l’ammirazione con l’amore. Lo seguivo di
nascosto, assimilando ogni suo movimento. Mi affascinava il suo potere.
Poteva
scegliere cosa toccare… e disintegrarlo. Uccidere una
persona rubandogli il
cuore mentre era ancora viva. Sentire le grida dei poveri malcapitati
che
sentivano il sangue inondare il corpo, spegnendo lentamente il respiro,
verso
una morte atroce.
Volevo imitarlo,
controllare il suo stesso potere. Non era facile, ma la mia testa
quadra mi
diceva che potevo farlo.
La prima volta
che rubai il cuore a un povero coniglio ero in compagnia di Road,
ovviamente.
Che, con un sorriso, mi disse:
- Ora Sei un
Noah a tutti gli effetti.
Normalmente un
Noah sviluppa il proprio potere nel momento stesso in cui compaiono le
sacre
stigmate. Ma, data la mia giovane età e lo shock subito poco
prima, il mio
potere latente non si era presentato finché non
l’avevo voluto.
Non copiavo
semplicemente, io analizzavo e osservavo le azioni altrui, imprimendole
nella
mente. E nel realizzarle, non le riflettevo semplicemente: io le
conoscevo, le
padroneggiavo. Potevo utilizzarle a mio piacimento e nel migliore dei
modi, a
volte anche meglio dei proprietari. C’erano limiti alla mia
forza, ovvio.
Dovevo analizzare ogni minimo dettaglio, conoscere i movimenti giusti
nel
momento giusto. Il che richiedeva parecchio tempo. Ma, soprattutto, la
persona
che scandagliavo non doveva essere assolutamente al corrente di
ciò che facevo.
Altrimenti ogni mia analisi andava a farsi benedire.
E dato che Road
l’aveva capito, non sono mai stata in grado di ricalcare
nemmeno uno dei suoi
poteri.
Essere
un Noah
significa essere un umano d’elite. La nostra natura rimane
sempre quella, ma siamo
– come dire? – speciali. Migliori della feccia che
riempie il mondo credendo
nel falso Dio. Noi eravamo gli eletti, gli apostoli in grado di vedere
la
verità. Noi quattordici, unici e differenti nei doni che Dio
ci aveva dato.
Eppure eravamo
davvero simili agli esseri umani. I desideri e i sogni che spingono
l’umanità a
vivere ogni giorno li condividevamo. Anche noi, in fin dei conti,
trascorrevamo
la nostra esistenza alla ricerca della felicità.
La paura del
cambiamento e il destino che spinge verso la morte non erano
più clementi verso
gli eredi di Noah.
Né la sfortuna
sembrava risparmiarci.
Ancora una
volta, fu una semplice frase di Road a cambiare la mia vita.
- Leslie, andiamo a giocare
con gli esorcisti.
L'idea è un
po' malsana, ma mi piaceva troopo XD
non
è assolutamente una Marie Sue!
dio solo sa quanto non
sopporto storie simili =...=
beh, l'idea era
questa: cosa
accadrebbe se un membro un po' particolare della famiglia Noah
divenisse un apostolo dell'Innocence?
Dato che non avevo
voglia di sporcare nessuno dei Noah per questa mia stupida idea, ne ho
creato uno mio sfruttando il fatto che [spoiler], anche se credo non
possa esistere un Noah che diventa esorcista, questo mai.
Ma visto che Leslie è il perdono di Noah, tutto
può essere... XD
Dal prossimo numero
smetterò coi ricordi della piccola e inizierò la
storia vera, con l'entrata in scena di Rabbit e Yu^O^
Ricordo che Leslie ha
e sempre avrà 10 anni, quindi non ci sarà mai una
coppia del tipo Lavi/nuovo
personaggio. Ha
dieci anni nell'aspetto e nel carattere, anche se quando paral al
passato, quando ricorda, sembra più grande. Più
avanti spiegherò il perchè ^^
Chiedo cortesemente a tutti i
lettori di commentare. Non per altro, ma ogni commento mi spinge a
lavorare di più su questa fic. Quindi, per favore,
lasciatemi scritto ciò che pensate. E lo stesso per chi
aggiunge ai preferiti senza scrivere nulla: è angosciante,
sapere che avete aggiunto ma non sapere il perchè!
ç___ç grazie.
grazie a tutti quelli
che commentano! ^O^
Purtroppo non riuscirò a postare prima di settembre. Pensavo di riuscirci, ma domani parto e non torno prima di fine agosto... i vantaggi di avere nuo Zio in toscana XD. Mi scuso profondamente, ripartirò con la fic a settembre!