In this blue. Always here.
Respiro.
E' buio, eppure lo percepisco.
Sono vivo.
Il vento sulla pelle ne è chiaro segno.
Una brezza salata.
Si insinua fra i capelli.
Li scompiglia. Vi gioca.
Non è calda. Non è fredda.
Non sembra terrena.
Non mi appartiene.
Mi sussurra all'orecchio, meschina, che tutto ciò è menzogna.
Mi lascio accarezzare dalla sua scia.
Di un blu informe.
Trasparente.
Simile al mare in cui sono caduto per errore.
Da quante decadi vi fossi rimasto, non so.
Forse vi ho sempre vissuto dall'alba dei tempi.
Nella marea che trascina queste sensazioni sfuggevoli.
Dolcemente.
Non comanda.
Mi trasporta.
Inghiottito da quello strano silenzio senza pace.
E' un dolce e perpetuo richiamo.
La schiena a tratti duole, lacerata da detriti sparsi.
Ingannevoli, tesori nascosti fra i granelli di sabbia.
Dolore che non cenna a fermarsi, a volte per pietà, si placa.
Gode della mia inerzia.
Non importa.
E' piacevole.
Eterno.
Etereo.
Di un blu tale, da potervi morire dentro.
Che dissolve.
Debilita.
Fino a sparire e diventarne parte integra.
Indistinta.
Disintegrando ciò che rimane di questa leggera esistenza.
Il cielo appare lontano.
Increspato, seppur di un celeste intenso.
Intenso e limpido.
Limpido ed infinito.
Infinito e basta.
Tenderei la mano, vorrei ma non posso.
Invisibilmente incatenato al fondo di quelle acque.
Ora dense. Ora dissipate da ogni velatura.
Imprigionato dalla mia stessa volontà intorpidita.
Quell'azzurro è ormai irraggiungibile.
Profano.
Lontano.
Non mio.
E' un mero, utopico desiderio.
Allora decido di arrendermi nuovamente a quello scorrere imperterrito.
E lasciare che quel sentimento, intimo, giacqua per sempre nel mio petto.
Ridicolmente pesante.
Frustrante.
Inopportuno e stronzo.
Rimarrò a contemplare quel blu lontano.
Attraverso questo sguardo apatico.
In attesa che tu tenda ancora una volta.
Nostalgicamente.
La tua mano verso me.
Owari
Respiro.
E' buio, eppure lo percepisco.
Sono vivo.
Il vento sulla pelle ne è chiaro segno.
Una brezza salata.
Si insinua fra i capelli.
Li scompiglia. Vi gioca.
Non è calda. Non è fredda.
Non sembra terrena.
Non mi appartiene.
Mi sussurra all'orecchio, meschina, che tutto ciò è menzogna.
Mi lascio accarezzare dalla sua scia.
Di un blu informe.
Trasparente.
Simile al mare in cui sono caduto per errore.
Da quante decadi vi fossi rimasto, non so.
Forse vi ho sempre vissuto dall'alba dei tempi.
Nella marea che trascina queste sensazioni sfuggevoli.
Dolcemente.
Non comanda.
Mi trasporta.
Inghiottito da quello strano silenzio senza pace.
E' un dolce e perpetuo richiamo.
La schiena a tratti duole, lacerata da detriti sparsi.
Ingannevoli, tesori nascosti fra i granelli di sabbia.
Dolore che non cenna a fermarsi, a volte per pietà, si placa.
Gode della mia inerzia.
Non importa.
E' piacevole.
Eterno.
Etereo.
Di un blu tale, da potervi morire dentro.
Che dissolve.
Debilita.
Fino a sparire e diventarne parte integra.
Indistinta.
Disintegrando ciò che rimane di questa leggera esistenza.
Il cielo appare lontano.
Increspato, seppur di un celeste intenso.
Intenso e limpido.
Limpido ed infinito.
Infinito e basta.
Tenderei la mano, vorrei ma non posso.
Invisibilmente incatenato al fondo di quelle acque.
Ora dense. Ora dissipate da ogni velatura.
Imprigionato dalla mia stessa volontà intorpidita.
Quell'azzurro è ormai irraggiungibile.
Profano.
Lontano.
Non mio.
E' un mero, utopico desiderio.
Allora decido di arrendermi nuovamente a quello scorrere imperterrito.
E lasciare che quel sentimento, intimo, giacqua per sempre nel mio petto.
Ridicolmente pesante.
Frustrante.
Inopportuno e stronzo.
Rimarrò a contemplare quel blu lontano.
Attraverso questo sguardo apatico.
In attesa che tu tenda ancora una volta.
Nostalgicamente.
La tua mano verso me.
Owari