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Autore: Sterrennacht    05/03/2014    4 recensioni
Dalla storia:
Nessuno aveva mai sentito le sue canzoni, nemmeno la sua famiglia. L'unico ad averlo fatto era il suo migliore amico Calum. A volte Luke odiava definirlo come tale perché per lui era molto di più. Calum sapeva ogni cosa di lui, anche la minima sciocchezza, e non era sufficiente etichettarlo come migliore amico. E poi non si è gelosi delle fidanzate dei migliori amici, non ci si allontana da loro per paura di essere troppo poco, non ci si allontana da loro perché non si è più sicuri di quello che si prova.
[Luke/Calum | 8.5k | C.; V.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Calum Hood, Luke Hemmings
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ad Alba, che ci ha incitate - o meglio costrette -
a scrivere questa one-shot.



 

Baci che sanno di piercing e di te




 

Era una giornata calda e con un sole splendente a Perth.

Per gli studenti era un peccato non potersi fermare in spiaggia per prendere un po’ di sole; per le mamme dei più piccoli era quasi un cataclisma doversi svegliare presto per accompagnare i figli a scuola; per chi doveva lavorare era positivo perché non era necessario indossare la giacca invernale in ufficio; per chi invece era triste e nervoso come Luke il sole o la pioggia sarebbero stati indifferenti, la sua giornata infatti sarebbe stata orrenda con qualunque condizione metereologica.

Si era svegliato con un mal di testa lancinante, non aveva fatto colazione perché sua madre aveva dimenticato di comprargli i suoi cereali preferiti e rischiava di arrivare a scuola in ritardo per colpa di suo padre che aveva occupato il bagno per tre quarti d’ora abbondanti.

Luke credeva che la sua sfiga avesse raggiunto il limite massimo e che forse il destino avrebbe avuto pietà di lui per il resto della mattinata, ma fu così finché alla terza ora la sua adorabile professoressa di chimica aveva deciso di far fare a lui e ai suoi compagni un test a sorpresa.

Le loro lamentele erano state vane, infatti la donna si era giustificata con un “dovete studiare sempre”, consegnando poi il questionario a risposta multipla.

Perciò come poteva essere felice solo per un po’ di stupido calore e per degli stupidissimi raggi di sole? Tra l’altro lui il caldo lo sopportava veramente poco, era sempre un problema per lui.

Non vedeva l’ora che quella giornata scolastica terminasse per un unico motivo: tornare a casa per suonare la sua amata chitarra.

Quello strumento musicale era l’unico oggetto capace di rimediare ad ogni suo stato d’animo negativo. Amava passare le giornate intere a strimpellare, ad accarezzare quelle corde con le sue dita o con il suo plettro preferito e amava comporre nuove melodie per poi scrivere dei testi da cantare nella sua cameretta.

Nessuno aveva mai sentito le sue canzoni, nemmeno la sua famiglia. L'unico ad averlo fatto era il suo migliore amico Calum. A volte Luke odiava definirlo come tale perché per lui era molto di più. Calum sapeva ogni cosa di lui, anche la minima sciocchezza, e non era sufficiente etichettarlo come migliore amico. E poi non si è gelosi delle fidanzate dei migliori amici, non ci si allontana da loro per paura di essere troppo poco, non ci si allontana da loro perché non si è più sicuri di quello che si prova. Luke pensava spesso questo e un giorno aveva deciso semplicemente di allontanarsi, di diminuire l'intensità del rapporto con quel ragazzo. Stava molto per conto suo, a scuola seguiva raramente le lezioni, era troppo occupato a perdersi nei suoi pensieri, e subito dopo scuola si rintanava nella sua camera dove Cal non entrava da tantissimo tempo. Ma al biondino andava bene così, preferiva affrontare le difficoltà e i suoi dolori da solo. D'altronde non sarebbe stato molto utile cercare di essere consolato proprio dalla fonte della sua sofferenza.




Da quanto tempo Calum conosceva Ashton? Secoli forse.

Il riccio era più grande di lui di un paio d'anni, eppure erano sempre andati perfettamente d'accordo. Calum lo considerava il fratello che non aveva mai avuto; insieme ne avevano passate tantissime e Ashton lo conosceva bene quanto le sue tasche.

Tuttavia, da quando aveva iniziato la scuola superiore, Calum aveva dedicato molto meno tempo al suo amico storico per regalarlo ad un altro.

Luke l'aveva subito conquistato con la sua riservatezza e i suoi silenzi strambi che, in realtà, celavano un carattere vitale e chiassoso. Solo lui aveva l'onore di conoscere così bene quel biondino e di essere l'unico di cui quello si fidava davvero. Ma, in fondo, come poteva essere altrimenti?

Chi aveva recuperato Luke dalle sue sbronze? Chi gli aveva trovato la prima fidanzata? Chi aveva applaudito alla prima canzone scritta da lui? Chi si era messo in testa di imparare a suonare la chitarra solo per passare più tempo insieme?

Nonostante ciò, da un po' di tempo le cose erano cambiate.

In quel momento, Calum fissava il suo migliore amico seduto dall'altro lato dell'aula, con gli occhi celesti persi nei suoi pensieri. Chissà a cosa pensava. Lui, ormai, non lo riconosceva più e Luke non gli diceva più tutto quello che gli passava per la mente. Anzi, quasi nemmeno lo salutava. Tutto questo era frustrante e Calum non vedeva l'ora che finisse quella giornata scolastica per stringere tra le braccia la sua Olivia, baciarle le labbra e cancellare i pensieri tristi fatti di chitarre abbandonate in un angolo, capelli biondi, occhi celesti e un piercing su cui non era poi tanto d'accordo.

Quel piercing lo odiava. Oddio, stava benissimo al biondo, che sarebbe stato bello anche con un sacco di patate addosso; ma lo odiava perché lui non sapeva nemmeno che Luke ne avrebbe voluto uno. Perché non glielo aveva detto?

A volte si perdeva in quei pensieri tristi anche quando era con Olivia. Olivia era bellissima, con i suoi capelli biondo platino che brillavano al sole, gli occhi color dell'oceano e il corpo gracile. Era bellissima, ma anche intelligente. Stavano insieme da due mesi, ma Calum già le aveva dichiarato il suo amore. Era convinto al cento per cento di amarla, con lei stava benissimo. Eppure sentiva di detestarla allo stesso tempo, poiché proprio da quando aveva raccontato a Luke di quell'uscita con lei durante la quale si era dichiarato lui si era allontanato.

Che fosse invidioso perché lui era fidanzato?

Altri motivi non avrebbero potuto esserci. Calum non sapeva più che pensare. L'unica cosa che sapeva per certo era che il suo migliore amico gli mancava come l'aria.




Forse aveva sbagliato a giudicare negativamente quella giornata. Oddio, non era stata una delle migliori, però, steso sulla sabbia non eccessivamente bollente di Cottesloe Beach, con un venticello piacevole che gli scompigliava i capelli, i versi dei gabbiani che a lui erano sempre piaciuti e un’allegra sinfonia proveniente da un uomo con una fisarmonica poco lontano, Luke si sentiva tranquillo. Tranquillità che, però, non durò a lungo, infatti la sua mente aveva deciso di non lasciarlo in pace. Possibile che dovesse ricordare in quel momento quando aveva deciso di fare il suo piercing e perché? Calum gli aveva appena confessato della sua dichiarazione ad Olivia e Luke, invece di essere contento, provò solo un forte senso di rabbia e di frustrazione. Con il suo migliore amico, però, finse di essere contento, per poi tornare a casa e sfogare tutto battendo pugni contro il suo cuscino. Proprio il giorno dopo, poi, aveva deciso di recarsi in un negozio di tatuaggi dove un omone grande e grosso, con una barba grigia lunghissima e molto simile a quella di Merlino, faceva anche piercing. Non ci mise molto Luke a scegliere, così dopo mezzora la pelle sotto la parte sinistra del suo labbro inferiore venne bucata da un grosso ago argentato. Aveva provato una lieve fitta di dolore solo i primi secondi, poi però tutto era andato per il verso giusto. Perché aveva deciso di fare quel piercing? Perché era il suo unico desiderio ancora sconosciuto a Calum; il pensiero di fare qualcosa che il moro non sapeva, infatti, gli sembrò un buon modo per diventare indipendente. Alla fine lui non era Olivia, quindi Cal non avrebbe sofferto senza di lui. Si passò una mano fra i capelli e, chiudendo gli occhi, cercò di scacciare quelle immagini dalla sua testa; ma perché non riusciva proprio a non pensare che il suo amico gli mancava più di ogni altra persona al mondo?




Proprio in quel momento, una ragazza bionda teneva sotto braccio il suo fidanzato.

Calum e Olivia andavano in spiaggia quasi ogni giorno; stendevano il telo da mare sulla sabbia chiara e si sdraiavano l'uno accanto all'altra a godersi il tepore del sole sulle loro pelli e le attenzioni che si scambiavano vicendevolmente.

Anche lì, però, il pensiero di Luke non abbandonava il ragazzo moro che avrebbe dovuto badare solo alla ragazza con lui. È che proprio non riusciva a non pensare al periodo quando, a quella spiaggia, vi si recava con il suo migliore amico, chitarre in spalle e anche un pallone da calcio rovinato. Luke si era addormentato tante volte su quello stesso telo da mare che in quel momento divideva con Olivia, eppure il profilo di Luke l'aveva riprodotto sulla sua agendina con accuratezza, mentre i tratti della sua fidanzata non li aveva mai disegnati.

Calum non era ottimo nel disegno perché, di solito, gli riuscivano bene solo i soggetti che gli piacevano, infatti proprio non riusciva a capire perché Olivia non riuscisse a riprodurla, benché ci avesse provato tantissime volte.

Aveva deciso di arrendersi, alla fine. Forse un giorno ci sarebbe riuscito, per il momento voleva godersi solo il pomeriggio in spiaggia con la sua fidanzata.

Stese il telo sulla sabbia mentre Olivia gli raccontava che avevano aperto una nuova discoteca alla storica Fermantle e che avrebbero dovuto andarci assolutamente.

Ma, improvvisamente, le parole si fecero confuse e ovattate perché, in lontananza, gli occhi color pece di Calum si fermarono su una figura pallida e un ciuffo biondo mosso dal vento.




Il rilassante suono delle onde del mare perse il suo effetto quando Luke cominciò a sentirsi osservato. Alzò di poco la testa e, effettivamente, alla sua destra poco lontani da lui c'erano Olivia e Calum e proprio quest'ultimo lo stava fissando ininterrottamente.

Per alcuni istanti Luke decise di non distogliere lo sguardo da quello del suo amico, ma tutto quel coraggio svanì dopo pochi secondi, infatti, come se si fosse risvegliato dal suo momento di trance, si alzò e camminò verso casa.

Era pieno di sabbia ovunque, ma non gli importava più di tanto, avrebbe continuato a stendersi liberamente sulla spiaggia. Lui non aveva mai portato un telo mare, ci pensava sempre Cal per entrambi e, siccome i pomeriggi con lui erano ormai un lontano ricordo, puntualmente tornava a casa cospargendo il pavimento con un numero infinito di granelli.

Non appena sua madre tornò a casa cominciò ad urlargli contro, senza dargli nemmeno il tempo di spiegare tutto quel disordine in bagno.

Tutto questo contribuì soltanto a farlo innervosire di più e a sbattere la porta della sua stanza dove si rintanò per tutta la sera, strimpellando motivi malinconici e saltando la cena. Il suo stomaco era completamente chiuso, non necessitava cibo, ma aveva bisogno che le strette che lo colpivano ogni volta che pensava a Cal e al fatto che con Olivia a fianco continuasse a guardare lui cessassero.




Il pomeriggio prima Olivia aveva notato che nel suo ragazzo qualcosa non andava. L'aveva baciata distrattamente, non l'aveva guardata attentamente come faceva di solito. Queste cose Olivia le aveva fatte passare, ma non le aveva dimenticate. E, facendo due calcoli, aveva anche capito a cosa era dovuto il comportamento di Calum.

Lo stava cercando nei corridoi della scuola per parlargli; quella situazione non poteva andare avanti, a volte si scordava di lei per occupare la sua mente di occhi azzurri che non erano i suoi e lei sapeva benissimo di chi fossero. Inoltre, era costretta a sopportare le occhiatacce di un certo ragazzo biondo che, da quando lei e Calum si erano fidanzati, non aveva mai tentato di trattarla educatamente.

Trovò Calum davanti al suo armadietto, mentre sfogliava assorto un'agendina.

‹‹Cal, amore.›› lo richiamò e quello sussultò, alzando gli occhi scuri su di lei.

‹‹Oh, Olivia, non ti avevo vista.›› mormorò, chiudendo di scatto l'agendina, come se dentro ci fosse qualcosa da nascondere.

Olivia spalancò gli occhi per il modo in cui lui le si era rivolto. L'aveva chiamata con il nome di battesimo, non lo faceva mai e le stava rivolgendo uno sguardo spento e annoiato, come se lei fosse l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare. ‹‹Cosa c'è che non va, Calum?›› chiese allora, con voce innervosita.

‹‹Lascia stare.›› rispose lui con uno sbuffo. ‹‹Ora, scusami, ho delle cose da fare.›› si congedò e lasciò la sua ragazza lì, sbalordita e irritata.

Ma lui non ci aveva fatto nemmeno caso. Aveva ritrovato l'agenda su cui buttava giù degli schizzi e su cui c'erano dei piccoli ritratti del suo migliore amico. Perciò aveva bisogno di trovare Luke e parlargli. Era dal giorno prima che non riusciva a togliersi di dosso quelle sensazioni che aveva provato quando l'aveva trovato sulla spiaggia e quando poi si erano guardati per un tempo che non avrebbe saputo definire. Si erano guardati in lontananza, eppure Calum aveva provato troppe sensazioni insieme: felicità nel vederlo, tristezza nel non poter passare del tempo con lui, frustrazione nel non riuscire a risolvere quella situazione. E poi Luke se n'era andato, facendolo sentire in colpa come sempre.

Ma lui sapeva dove trovarlo. Con Olivia ci avrebbe parlato all'uscita da scuola, ma, in quel momento, Luke aveva la priorità. Così si stava dirigendo nell'auditorium, dove il suo migliore amico aveva la lezione di musica ogni giovedì e si recava puntualmente prima che questa iniziasse per suonare da solo.

Davanti alla porta chiusa Calum sospirò, si fece coraggio, dopodiché abbassò la maniglia.

E una testa bionda era lì, illuminata debolmente dai riflettori del palco che emanavano una luce fioca, e abbassata sulle corde di una chitarra. Nella grande sala risuonavano le note di “A drop in the ocean”, una canzone che Calum conosceva molto bene.




Era appena salito sul palco dell'auditorium per riscaldarsi un po' prima dell'arrivo degli altri. O meglio, il suo intento era quello, ma poi era cambiato tutto nel momento in cui aveva impugnato la sua chitarra.

Come al solito il pensiero di Calum si impossessò della sua mente e, senza che se ne rendesse conto, cominciò a suonare la prima canzone che gli aveva insegnato alla chitarra.

Le note di “A drop in the ocean” invasero la sala e Luke chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare dalla musica, accarezzando lentamente quelle corde che in passato erano state toccate anche dal moro.

Il suo cuore smise di battere per un secondo, per poi riprendere a farlo come un forsennato quando alla fine della canzone si accorse della presenza di Calum che, immobile sulla soglia della porta, lo stava fissando con uno sguardo strano.

Poi fu il panico ad impossessarsi di Luke, nel momento in cui il ragazzo si avvicinò al palco.

‹‹Ho bisogno di parlarti.›› fu l'unica cosa che gli disse.

Il biondino si guardò attorno come spaesato. Cosa avrebbe dovuto rispondergli? Ma, soprattutto, quale giustificazione avrebbe usato per spiegargli il motivo per cui si era allontanato da lui? Perché Luke sapeva perfettamente che lo scopo del suo amico era quello di conoscere i motivi che lo avevano spinto a creare tutta quella situazione.

La fortuna volle che qualche secondo dopo la campanella suonò, annunciando l'inizio della lezione. ‹‹Scusami, ma non ho tempo.››

Pensò di essersi salvato ma, mentre occupava il posto accanto a Mark, un suo compagno di corso, le parole di Cal gli arrivarono forte e chiare, sovrastando anche le urla del suo insegnate che chiedeva ordine e silenzio.

‹‹Aspetto la fine della lezione qui. Io non devo frequentare nessun corso, quindi ho tutto il tempo del mondo.›› si sistemò in fondo alla sala e fissò il suo sguardo sul palco.

E fu proprio lì che un incredulo e nervoso Luke dovette recarsi quando il professore lo chiamò per eseguire un pezzo che settimana scorsa gli era riuscito benissimo.

Impugnò per l'ennesima volta la sua chitarra ma non era più tranquillo come quando pensava di essere solo, infatti il solo pensiero che Cal fosse lì lo rese ansioso e anche desideroso di dare il meglio di sé.

Prima di pizzicare le corde puntò i suoi occhi in quelli nocciola del suo amico che, come previsto, aveva tutta l'attenzione rivolta a lui. Proprio come il giorno prima in spiaggia, all'improvviso interruppe quel contatto visivo che proprio lui aveva cominciato e una dolce melodia riempì la stanza.




Calum era rimasto in fondo all'auditorium, ascoltando le voci del professore e degli alunni che rimbombavano nella sala e rilassandosi improvvisamente nel sentire Luke suonare ciò che il professore gli aveva chiesto.

Aveva aspettato che la lezione finisse, perdendo quella di arte e immagine, la sua preferita, mentendo a Luke dicendogli di essere libero. Ma non gli importava, doveva parlare per forza con lui, non ce la faceva più a vivere le giornate senza il suo migliore amico accanto.

Al suono della campanella tutti si alzarono per uscire dall'auditorium, mentre il biondo ripose nervosamente la chitarra nella sua custodia, cercando di non dare peso al suono dei passi di Calum che si avvicinava.

‹‹Ora possiamo parlare?›› gli domandò, cercando di attirare lo sguardo di Luke su di sé che, invece, sembrava preferire fissare il vuoto davanti a sé.

‹‹Dovrei andare all'altra lezione.›› tentennò Luke insicuro, facendo per andarsene. Ma il moro gli si parò davanti, impedendogli di camminare oltre.

‹‹Tu non vai da nessuna parte, Luke, possibile che non hai più tempo per parlare con il tuo migliore amico?›› chiese retorico, alzando di poco la voce.

‹‹Ti sei ricordato di me, finalmente.›› borbottò Luke.

Calum aggrottò le sopracciglia. ‹‹Stai scherzando? Sono settimane che non mi parli, che non usciamo insieme e io non conosco neanche il motivo di tutto ciò!››

Luke sospirò. ‹‹Calum, davvero, lascia perdere e fammi andare via.›› disse, poi superò il suo migliore amico dirigendosi verso l'uscita, mentre quello rimase immobile, non sapendo come comportarsi.

Però, tutto d'un tratto, si ridestò e corse verso il biondo, bloccandolo per un polso. ‹‹Luke, sei invidioso perché sono fidanzato? Sei innamorato di qualcuna, vero? Ho letto il testo di una canzone e tu potresti farti avanti, se vuoi ti aiuto, non c'è bisogno che non ci parliamo più...››

Luke, che aveva ascoltato tutto il discorso dandogli le spalle, si voltò e ‹‹tu non hai davvero capito niente.›› lo interruppe.

Dopodiché successe tutto velocemente: le grandi mani bianche e affusolate di Luke si modellarono al viso di Calum, portandolo vicino al suo e facendo combaciare le loro labbra.

Lo aveva fatto davvero? Aveva avuto il coraggio di baciare il suo migliore amico?

Forse però era un po' ovvio; ascoltare quelle parole di Calum era stato quasi straziante perché lui non aveva capito nulla e probabilmente non avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti.

Lo aveva baciato per fargli capire che lui non voleva stare con nessuna ragazza, che non era innamorato di nessuno se non di lui, che avrebbe tanto voluto essere al posto di Olivia.

Il rischio che aveva corso era stato a di poco altissimo, ma non poteva continuare a fingere che di lui non gli importasse niente. E, in un certo senso, il fatto che il moro non si tirò indietro, ma rimase immobile permettendogli di sfiorare finalmente quelle labbra, gli fu di aiuto.

Ma come al solito tutto durò troppo poco e, non appena Luke si rese conto di quello che aveva fatto, si staccò, fissò gli occhi spalancati di Calum ed uscì correndo dall'auditorium.

Quando arrivò a casa la prima cosa che fece fu buttarsi sul divano per cercare di riprendere fiato, portandosi una mano sul cuore e chiudendo forte gli occhi per cercare di alleviare il dolore alle tempie.

Solo mezz'ora dopo, entrando in camera sua per sistemare gli appunti e i testi delle sue canzoni, si accorse di aver lasciato la chitarra all'auditorium. Era scappato via, terrorizzato per quello che aveva combinato con Calum, senza nemmeno accorgersi che il suo strumento era rimasto abbandonato accanto ad una sedia.

Sperò che a nessuno fosse venuta la felice idea di appropriarsene o sarebbe stato un vero disastro.

Quasi si strappò i capelli per il nervosismo e per cercare di rimediare innanzitutto alla sua situazione si recò in spiaggia, mordendosi un po' troppo forte il piercing e con la mente decisamente annebbiata.

Scese la scalinata che lo portò sulla sabbia e, gettandosi di schiena, si perse ad osservare il colore strano che il cielo aveva assunto. Era il tramonto e le nuvole sembravano rosa, il mare era calmissimo e il riflesso arancione del sole si rifletteva in quel blu immenso. Quella visione, però, invece di infondergli serenità gli mise solo più ansia e angoscia addosso, per cui scoppiò a piangere, lasciando libero sfogo ai suoi singhiozzi.

Si prese il volto tra le mani e, mettendo la testa tra le sue ginocchia, pianse ancora più forte, permettendo alla sua rabbia e alla sua frustrazione di prendere possesso di sé. Ma non gli importò più di tanto, era completamente solo e poteva permettersi di non comportarsi sempre come il solito menefreghista a cui non importava nulla di nessuno.

Quello che non sapeva, però, era che sarebbe rimasto da solo ancora per poco tempo.




Calum aveva sempre pensato di odiare quel piercing. Aveva sempre pensato che Luke fosse bello ugualmente con quell'anellino nero intorno al labbro inferiore, ma l'aveva sempre odiato.

In quel momento, sdraiato sul suo letto con la chitarra del suo migliore amico accanto a sé nella custodia, pensava solo che si era sempre sbagliato, perché, pur di non veder Luke scappare via di nuovo, avrebbe voluto risentire quel piercing che tanto diceva di odiare a contatto con le sue, di labbra.

Non ci aveva mai pensato a Luke in quel senso. Per carità, non era mai stato attratto dai ragazzi e aveva sempre trovato Olivia così bella. Eppure i suoi capelli non erano della stessa tonalità bionda color miele di Luke, i suoi occhi erano troppo chiari per sembrare il cielo estivo che ritrovava ogni volta nello sguardo del suo migliore amico.

E le sue labbra. Il bacio con Luke era stato il più bello che mai avesse provato, così particolare, proprio per quel piercing che aveva reso il momento così loro, solo loro, nonostante fosse stato solo un semplice sfioramento di labbra.

Aveva paura. Aveva troppa paura di cosa sarebbe successo. Perché Luke era il suo migliore amico e, sebbene quel bacio gli fosse piaciuto più del dovuto, a lui i ragazzi non piacevano. Era fidanzato con Olivia, cercava di ripetersi in mente come un mantra, ma, intanto, il suo cellulare continuava a vibrare senza che nessuno lo fermasse per la ventesima chiamata senza risposta.




Calum non era andato a scuola perché non aveva il coraggio per affrontare Olivia, Luke e non aveva studiato nemmeno un po'.

Durante la notte il suo cellulare aveva vibrato altre dieci volte e poi si era arreso e la chitarra del biondo era rimasta sul letto accanto a lui, come se fosse stato l'orsacchiotto di peluche che amava abbracciare mentre dormiva quando era bambino.

Però doveva farsi forza, quel pomeriggio sarebbe andato a casa Hemmings e avrebbe riportato la chitarra al suo proprietario.

La signora Hood, quando furono a tavola per il pranzo, non fece altro che preoccuparsi per il suo bambino, così pensieroso e giù di morale.

Ma Calum l'aveva tranquillizzata, dicendo che era solo un po' stanco e che la mattinata passata a dormire invece che tra i banchi di scuola l'aveva già aiutato molto.

Verso le quattro, dopo essere stato un altro po' di tempo sul letto a fissare il vuoto e a pensare il modo per chiarire questa nuova situazione con Luke, si era preparato, si era messo la sua chitarra in spalla ed era uscito di casa.

Strada facendo, però, qualcuno l'aveva fermato.

‹‹Calum! Stavo venendo proprio da te.›› iniziò quella voce che conosceva molto bene.

Si voltò e si trovò davanti quegli occhi celesti che sperava potessero tranquillizzarlo. Ma poi capì che, no, quegli occhi non erano come il cielo d'estate.

‹‹Dimmi, Olivia.›› mormorò, abbassando lo sguardo e sentendosi confuso e colpevole. Non avrebbe voluto incontrarla né solamente vederla, in quel momento avrebbe voluto non averla mai conosciuta, perché l'aveva capito: era lei che l'aveva separato dalla persona più importante della sua vita.

‹‹Si può sapere cosa succede? Ti ho chiamato trenta volte ieri, avresti potuto anche degnarmi di una risposta o, che so, di un messaggio!›› urlò lei, in quella strada deserta a quell'ora del pomeriggio.

Calum si portò le mani alle tempie e se le massaggiò, per cercare di alleviare un po' il mal di testa che l'aveva colpito.

Era come se non avesse provato mai niente per lei, voleva che sparisse dalla strada per raggiungere il più presto possibile casa di Luke. ‹‹Lasciami stare, ti prego, non è giornata.›› mormorò e fece per andarsene lasciandola lì, senza spiegazioni.

‹‹Io lo so che è Luke il problema! Stai andando da lui, vero? Vuoi diventare frocio come lui? Mi sono accorta che è sempre stato innamorato di te.›› sentì la ragazza urlare alle sue spalle.

Calum non ci vide più e, in una sola falcata, tornò da lei, stringendole un braccio. ‹‹Non ti permettere mai più di parlare così di Luke, stronza! E sicuramente preferirei essere frocio con lui che rimanere con una stronza come te.›› soffiò in un sibilo, mentre la stretta, senza che lui se ne accorgesse, diventava sempre più forte.

‹‹Calum, mi fai male...›› sussurrò la ragazza, cercando di liberarsi dalla sua presa. Delle lacrime cominciarono a rigarle il viso e lui, come risvegliato dopo un lungo sonno, si riscosse e, lentamente, lasciò andare il braccio di Olivia.

Tuttavia non le chiese scusa. Non disse niente, lei non meritava niente, non dopo tutte le cose che aveva detto riguardo Luke. Le lanciò un'ultima occhiata di traverso e si allontanò, sentendo una stretta al cuore e il forte bisogno di vedere Luke, perché solo lui sarebbe stata la cura per tutto ciò che si agitava nella sua testa e nel suo cuore, facendogli del male.

Dopo una decina di minuti era giunto davanti al cancelletto di legno dipinto di blu sul quale campeggiava la scritta bianca in corsivo “Hemmings, 56”.

Calum adorava quella villa bianca dagli infissi blu e dal giardino ben curato da Liz, la considerava la sua seconda casa. Proprio per questo motivo, non ebbe timore nel premere il pulsante del citofono.

“Sì?” sentì la voce della donna bionda che l'aveva sempre trattato come un figlio.

‹‹Signora, sono Calum.›› rispose e, dopo meno di un secondo, il cancelletto e la porta si aprirono.

Lui entrò camminando lungo il vialetto, mentre Liz Hemmings era sulla soglia di casa con un enorme sorriso stampato in volto. ‹‹Da quanto tempo, Calum!›› esclamò contenta di vederlo, per poi abbracciarlo quando fu vicino.

‹‹Già.›› rispose solamente il ragazzo, pensando a quanto gli sarebbe piaciuto continuare ad andare lì, piuttosto che sentire per due mesi l'enorme vuoto causato dall'assenza di Luke. ‹‹Sono venuto a portare la chitarra a Luke, l'ha dimenticata a scuola.›› spiegò poi, quando la madre del suo migliore amico l'aveva lasciato entrare in casa.

‹‹Oh,›› fece quella ‹‹lui non c'è, ha pranzato fuori, ma tra poco dovrebbe tornare. Se vuoi, puoi aspettarlo qui.››

Calum annuì e ‹‹vado a lasciare la chitarra in camera sua.›› annunciò, avviandosi verso i gradini. Salì le scale e, dopo tanto tempo, entrò nella stanza in cui aveva passato i suoi ultimi anni. Lì aveva imparato a suonare la chitarra, lì aveva visto i primi film di paura, lì aveva dormito abbracciato al suo migliore amico quando non aveva voglia di tornare a casa o quando quest'ultimo gli aveva chiesto di restare per non rimanere solo dopo una sbronza.

Lasciò la chitarra dove sapeva era solito lasciarla Luke e poi si avvicinò alla scrivania, dove vi erano tanti fogli bianchi pieni di scritte e cancellature. Uno di questi spiccava perché, proprio su quel foglio, spiccava un testo che lui aveva già letto, con qualche modifica.

Simmer down, simmer down
They say we’re too young now to amount to anything else
But look around
We work too damn hard for this just to give it up now
If you don’t swim
You’ll drown
But don’t move
Honey

She He looks so perfect standing there
In my American Appareal underwear
And I know now, that I'm so down
Your lipstick stain is a work of art
I've got your name tattooed in an arrow heart
And I know now, that I'm so down.


Quella cancellatura fece sorridere Calum e le parole a seguire gli fecero tornare in mente tutte le notti in cui lui era rimasto a dormire lì e Luke gli aveva prestato le sue cose.

Come aveva fatto a non capire prima quello che provavano l'uno per l'altro? Come aveva fatto a non comprendere prima i segnali che Luke gli aveva mandato? Come aveva fatto a non interpretare i loro gesti l'uno nei confronti dell'altro, i loro abbracci, i loro sguardi e l'intesa che c'era tra loro?

Eppure, da quel testo, sembrava tutto così chiaro, tutto così semplice. Luke era sempre stato più perspicace di lui, lo sapeva. Lui aveva saputo cogliere tutto ciò a cui lui non aveva mai neanche lontanamente pensato.

‹‹Che ci fai qui?›› lo fece sobbalzare la voce di quello che, ormai, era il centro dei suoi pensieri.




Aveva appena finito di piangere.

Il giorno prima aveva dato libero sfogo alle sue lacrime in spiaggia, invece fino a pochi minuti fa aveva pianto come un bambino sulla strada per tornare a casa da scuola.

Prima di entrare aveva osservato accuratamente il suo viso grazie allo specchietto di una macchina parcheggiata proprio accanto al suo viale. Constatò che aveva solo un po' di gonfiore agli occhi, giustificabile con il fatto che non aveva passato una bella nottata.

Sì, avrebbe detto che non aveva dormito abbastanza ed era stanco. Di certo non poteva dire a sua madre era di quell’umore perché era entrato in panico quando a scuola non aveva visto Cal e perché pensava che fosse tutta colpa sua e di quello stramaledetto bacio che avrebbe fatto meglio a non dargli.

Luke si sentiva terribilmente in colpa; aveva passato l'intera mattinata a cercare una spiegazione riguardo l'assenza del moro, ma soprattutto al nervosismo di Olivia che, più volte, lo aveva spintonato senza nemmeno chiedergli scusa. A lui non importava più di tanto, quindi per non fare inutili questioni l'aveva lasciata perdere e, in cuor suo, aveva sperato che tutto quel cattivo umore fosse dovuto al fatto che magari Calum l'aveva lasciata perché aveva capito che provava i suoi stessi sentimenti. Ma poi, passandosi una mano in faccia, aveva abbandonato tutti quei pensieri surreali e decisamente troppo fantasiosi, entrando nell'aula di biologia e cercando di concentrarsi per poter fare almeno un compito decente. Tutto sembrava andare per il verso giusto; il compito era andato abbastanza bene, l'aria fresca era un toccasana per lui che amava il freddo e pranzare da solo con un mega hamburger era il massimo della felicità.

Ma proprio quando aveva cominciato a camminare verso casa, come il giorno prima, aveva cominciato a piangere all'improvviso. Lui non piangeva quasi mai, quindi non capiva perché i suoi sentimenti prendessero così tanto il sopravvento sul suo autocontrollo in quei due ultimi giorni.

Ciò che provava per Calum era davvero così forte, così profondo, che arrivava addirittura a scombussolargli l'anima? Evidentemente sì, perciò comprese che le sue erano lacrime silenziose dettate dalla paura di non essere ricambiato e, ancor peggio, di essere rifiutato dal ragazzo più importante della sua vita.

In mezzo a quei vialoni soleggiati di Perth, però, non era solo, quindi dovette trattenere i singhiozzi e lasciò scorrere le lacrime sulle sue guance senza emettere neppure un suono se non quello lento del suo respiro che cercava di regolarizzare.

Era finalmente calmo quando entrò in cucina per riempirsi un bicchierone d'acqua. Sua madre era fuori, nel giardino sul retro per occuparsi dei suoi fiori, per cui non lo aveva sentito rientrare. Luke era perso nei suoi pensieri, quindi non si degnò nemmeno di avvertirla della sua presenza, bevve semplicemente e dopo aver riposto il bicchiere nel lavandino, salì le scale per raggiungere la sua agognata stanza.

Quella mattina aveva provato a chiedere informazioni sulla sua chitarra ai bidelli e al professore, ma nessuno sapeva niente, quindi avrebbe dovuto trovare una scusa accettabile con i suoi genitori e, soprattutto, avrebbe dovuto cercare i soldi per poter comprarne un'altra. La scomparsa dello strumento gli risultava fin troppo strana, infatti nessuno si recava all'auditorium dopo che la loro lezione pomeridiana finiva.

Ma la chitarra fu l'ultimo dei suoi pensieri quando, dopo essersi chiuso la porta alle sue spalle, trovò Calum intento a leggere qualcosa accanto alla sua scrivania. Entrò nel panico più totale; sentì gli occhi riempirsi di lacrime, le gambe tremare ed ebbe paura perché su quella scrivania c'erano testi di alcune canzoni che aveva modificato pensando proprio al moro.

Un debole “che ci fai qui” fu l'unica cosa che riuscì a chiedergli.

Calum sussultò e, molto lentamente, si girò verso di lui. ‹‹Scusami se sono entrato senza avvisarti, ma Liz mi ha dato il permesso e mi ha detto che potevo aspettarti. Ieri hai scordato la chitarra a scuola e io te l'ho riportata.››

Luke abbassò lo sguardo sul punto indicato dalle dita di Cal e vide la custodia rossa della sua chitarra. Si rasserenò, almeno il suo rapporto con i genitori era salvo. E proprio per questo sollievo fece un’altra domanda ‹‹Perché oggi non sei venuto a scuola?››.

Calum sembrò scavargli dentro e, sicuramente, aveva capito che avesse pianto. Tuttavia non accennò niente a riguardo, sapeva quanto Luke odiava che lo si vedesse piangere. ‹‹Avevo bisogno di pensare, di stare da solo, soprattutto dopo quello che è successo ieri. Non ti nascondo che mi hai spiazzato. Ancora adesso non riesco a trovare delle parole precise per descriverti come mi sono sentito e cosa ha significato per me.››

‹‹Se ti ha fatto schifo o se semplicemente adesso ti intimorisco puoi dirmelo. Forse ho sbagliato, ma, Cal, io non ce la facevo più. Dopo che mi hai fatto quel discorso avevo bisogno di farti capire che io non ho bisogno di nessuna ragazza, io ho solo bisogno del mio migliore amico.››

Osservò il cambio d’espressione di Calum. Gli sembrò parecchio accigliato e sorpreso.

‹‹Sai Luke, sei un po’ contraddittorio. Dici che hai bisogno di me, ma sei stato il primo ad allontanarsi. Perché lo hai fatto?››

Il biondino abbassò lo sguardo e, dopo un sospiro, gli rispose semplicemente ‹‹Lo so, posso sembrare contraddittorio, ma ho i miei buoni motivi. Solo che sai che io non riesco ad esprimere i miei sentimenti come fai tu, ho bisogno di cercare le parole adatte per farti capire cosa è successo nella mia testa e cosa mi ha portato a troncare ogni tipo di rapporto con te.››

Calum annuì soltanto, voltandosi per riprendere a leggere ciò che c’era scritto sul foglio che aveva lasciato dopo l’arrivo di Luke.

Ma proprio il biondino non glielo permise, perché la sua voce preoccupata bloccò ogni sua mossa. ‹‹Cosa hai letto precisamente?››

‹‹Ho letto qualche riga e l’ho fatto solo per cercare di capire il tuo comportamento. Ma non prenderla come una cosa negativa, infatti le ho lette anche per capire me stesso. Renditi conto che hai avuto il potere di mettere in confusione il rigoroso Calum Hood.›› ridacchiò il moro.

Le labbra di Luke si distesero in un sorriso non molto convinto, per cui Cal, che lo conosceva ancora bene nonostante i due mesi di lontananza, capì che era arrivato il momento di lasciarlo da solo.

Quando il biondino vide il suo amico dirigersi verso la soglia della sua camera per andare via lo ringraziò mentalmente e, prima che non potesse più sentirlo, gli disse ‹‹Grazie per la chitarra e grazie per essere sempre così comprensivo con me, nonostante tutto.››

Se fossero stati i Luke e Calum di sempre si sarebbero salutati con un caloroso abbraccio, ma entrambi non erano ancora pronti a far finta di nulla, a comportarsi come prima di quei due mesi, perciò l’ultima parola spettò al moro che poi uscì definitivamente da casa Hemmings.

“Quando vorrai parlarmene io sarò pronto ad ascoltarti, solo Luke, per favore, non farmi stare in pensiero. Ti dico solo una cosa, per te sto ignorando Olivia, o meglio non la tratto come un bravo fidanzato. Luke sei sempre nei miei pensieri, sempre, e io vorrei capirci qualcosa di più, quindi per favore sta a te comportarti da ragazzo maturo e capace di affrontare le proprie paure” fu la frase che occupò la mente del biondo per tutto il resto della serata.

Il coraggio non gli mancava nei momenti critici e lo aveva constatato meno di ventiquattrore prima, per cui doveva sputare il rospo, farlo soprattutto per Calum. Non poteva sopportare di vedere ancora la sofferenza nei suoi grandi occhi castani, quindi comprese che doveva sbrigarsi al più presto se non lo voleva perdere.




Calum aveva passato ventotto ore nel nervosismo totale.

Aveva lasciato definitivamente Olivia. Con un messaggio. Sarebbe passato per il cattivo della situazione, ma ancora più cattive erano le parole che quella che doveva essere la sua ragazza utilizzava nei riguardi del suo migliore amico. E, quindi, aveva capito che difendere Luke era molto più importante che cercare di perdonare Olivia.

Luke non si era fatto sentire. Non aveva la minima idea di che fine avesse fatto, eppure aveva pensato che, dopo la conversazione che avevano avuto il pomeriggio prima, avrebbero cercato di avvicinarsi di nuovo. E lui non avrebbe mai fatto un secondo passo dopo che aveva fatto il primo: in quel momento toccava a Luke.

Era sabato sera e Calum era costretto a rimanere a casa. Non poteva uscire con Olivia, Ashton doveva prepararsi per un esame universitario e Luke... Da quanto tempo non usciva con Luke? Da quanto tempo non si scambiavano dei messaggi per mettersi d'accordo su cosa fare la sera?

Erano le nove, quando decise di prendere il cellulare proprio per vedere quale fossero stati gli ultimi messaggi scambiati con il suo migliore amico e quello prese a vibrare.

“Cal, vieni al Windsor e bevi un po' con me? Sono stanco di bere solo.”

Calum si alzò dal letto, preoccupato per Luke. Dal messaggio aveva capito che, sicuramente, era già ubriaco.

Si mise una felpa sopra la T-shirt bianca e uscì di casa, dirigendosi a passo svelto verso la zona dello zoo vicino al mare. Mentre camminava perso nei suoi pensieri, il cellulare vibrò di nuovo.

“Sbrigati, voglio baciarti di nuovo.”

Dopo aver letto quel messaggio, Calum sentì le sue guance andare in fiamme, in completo imbarazzo. Chissà se l'avrebbe baciato davanti a tutti, seduti al bancone del Windsor dove ormai tutti li conoscevano, dato che erano soliti passare lì tutti i sabato sera, almeno fino a due mesi prima. Però, la voglia di sentire di nuovo le sue labbra sulle sue era superiore alla paura di essere giudicato da tutti i presenti in quel locale. Così si tranquillizzò e accelerò ancora di più il passo.

Passò qualche minuto e si trovò al locale. Era sempre pieno il sabato sera e Calum odiava sentire l'odore dell'erba che fumavano lì fuori tutti i ragazzi che poi entravano dentro a bere alcool e mangiare frittura.

Riconobbe subito una testa bionda al bancone. Si avvicinò e vide Luke con gli occhi lucidi e intento a svuotare un boccale di birra.
‹‹Luke, smettila di bere.›› lo ammonì subito, strappandogli il boccale di mano.

‹‹Cal, sei arrivato finalmente.›› fece Luke sbiascicando le parole e, improvvisamente non più tanto interessato al boccale, gli passò un braccio sulla vita
e lo attirò vicino a sé.

Calum arrossì, preso alla sprovvista, ma sentendosi finalmente meglio grazie a quel contatto inaspettato. ‹‹Luke, cosa fai?››

Quello non rispose e avvicinò il viso al suo, ma, fortunatamente, invece di portare le labbra sulle sue, le portò sulla sua guancia, lasciandogli un lieve bacio, per poi farle scendere delicatamente sulla sua pelle, fino al collo.

Calum sentì uno strano calore mai provato al basso ventre e cercò di scrollarsi Luke di dosso, nonostante non ne avesse la minima voglia. ‹‹Luke, fidati, andiamo via di qui... Sei ubriaco.›› cercò di convincerlo e il biondo lo liberò della sua stretta.

‹‹E dove mi porti?›› gli domandò con tono infantile.

Calum alzò gli occhi al cielo, divertito. ‹‹Andiamo a casa, Luke.››

Luke si alzò dallo sgabello e si avvicinò di più al moro. ‹‹Però a casa mi abbracci?››

‹‹Va bene, va bene.›› acconsentì Calum ridacchiando. In fondo, seppure doveva sempre recuperarlo lui, lo adorava da ubriaco, diventava sfacciato e gli faceva venire il buon umore.

Incespicarono per venti minuti verso casa Hemmings, per colpa di un Luke che spesso perdeva l'equilibrio e doveva appoggiarsi a Calum che rideva per le frasi senza senso che l'amico borbottava.

Quando arrivarono a casa erano appena quasi le dieci e i genitori e i fratelli di Luke erano usciti, come ogni sabato. Senza la paura di farsi scoprire da qualcuno, quindi, salirono le scale chiassosamente, tra le cadute del biondo e le risate del moro.

Calum non seppe come fosse stato possibile, ma giunsero sani e salvi alla camera da letto di Luke che, in quel momento, era alle prese con il singhiozzo.

‹‹Mi...›› e singhiozzò ‹‹puoi abbracciare ora?›› ed ebbe un altro singulto.

Tra le risate, Calum gli si avvicinò e lo strinse tra le braccia. Rimasero così per un tempo che sembrò eterno, stretti l'uno all'altro come se non avessero voluto staccarsi mai più.

‹‹Cal, penso di amarti.›› mormorò poi Luke sul suo collo.

A Calum salì un brivido lungo la schiena. ‹‹Sei ubriaco, Luke, non sai quello che dici.›› ribatté insicuro perché lui aveva già intravisto qualcosa di più rispetto all'amicizia tra di loro. Però Luke rimaneva ubriaco e non sapeva se potersi fidare delle sue parole.

‹‹So quello che dico, se non ci credi perché non leggi le mie canzoni? Forse fanno schifo, però lì lo scrivo, che ti amo.›› fece Luke contrariato, allontanandosi un po' dal suo amico.

Calum sorrise paterno. ‹‹Adesso vai a letto, okay? Togliti i jeans e dormi.›› gli ordinò, preparandosi ad andare via. Ma Luke lo trattenne per un polso, come aveva fatto lui nell'auditorium. Questa volta, però, Luke lo voltò verso di sé e strinse subito le sue guance morbide tra le mani, cogliendolo di sorpresa e premendo le labbra sulle sue più voracemente della prima volta. Si modellavano perfettamente e, invece di rimanere inerme come due giorni prima, Calum passò le braccia attorno al busto dell'altro e accompagnò i movimenti della bocca di Luke con i suoi. Stava semplicemente ricambiando il bacio, il bacio più bello della sua vita, che sapeva di piercing, di alcool e di Luke.

Proprio il sapore di alcool fece scattare una lampadina nella testa di Calum che, suo malgrado, si allontanò dal biondo. ‹‹Voglio baciarti quando sarai lucido.›› gli promise, voltandosi per andare via.

E, di nuovo, Luke lo fermò. ‹‹Resta.››

Calum non se lo fece ripetere due volte, rimasero tutti e due in boxer e T-shirt e, come i vecchi tempi, senza dirsi niente, si guardarono negli occhi fino a che non si addormentarono abbracciati.




Il rumore di un tuono fece sobbalzare Luke che, istintivamente, si aggrappò maggiormente a Cal che continuava a dormire indisturbato, con un braccio attorno alla sua vita e l’altro sotto il cuscino fresco. Era davvero strano il tempo; quando Luke era di cattivo umore c’era un sole che spaccava le pietre, quando invece era felice si scatenava un acquazzone, cosa molto rara nella loro città. Ma quei pensieri passarono in secondo piano quando i suoi occhi azzurri presero a scrutare ogni minimo dettaglio del viso del moro che cominciava ad agitarsi, segno che si sarebbe svegliato di lì a poco. Luke davvero non sapeva cosa lo avesse spinto a dire tutte quelle cose la sera prima. Forse il pensiero di un Cal triste e depresso aveva smosso qualcosa in lui che, in un impeto di euforia, aveva impugnato il cellulare e gli aveva chiesto di raggiungerlo. Ripensò al momento in cui lo aveva baciato per la seconda volta e una stretta, ormai fin troppo familiare, allo stomaco lo colse. Portò un dito su quelle labbra carnose di cui non avrebbe potuto fare più a meno e ne tracciò delicatamente i contorni, perdendosi in quel colore scuro e in quella morbidezza che gli piaceva tanto.

‹‹Cosa fai?››

La voce roca di Cal arrivò dritta alle orecchie di un Luke ancora incantato e con un sorrisetto ebete sul viso. Quando il suo amico aveva aperto bocca per parlare, inavvertitamente aveva sfiorato con la lingua il dito che non mosse nemmeno di un millimetro. Quando rispose, infatti, stava ancora passando l’indice sui contorni delle sue labbra.

‹‹Ammiravo la tua bellezza e non ti ho baciato per non svegliarti, quindi stavo toccando ciò che è mio.››

Calum rimase sorpreso: da quando Luke era così intraprendente? ‹‹Luke sei sicuro di essere sobrio o sei ancora ubriaco? Da quando mi parli così?››

Subito il biondino ritrasse la mano e si rabbuiò, avendo paura di aver fatto qualcosa di sbagliato. Ovviamente Cal si accorse di quell’improvviso cambiamento d’umore e, afferrandolo per i fianchi, lo fece adagiare sul suo corpo, accarezzandogli i capelli e sussurrando al suo orecchio: ‹‹non mi dà fastidio, anzi, preferisco questa tua versione perché secondo me è la tua vera personalità. Ti chiedevo soltanto il motivo di tutta questa intraprendenza. Ah, ma ricordi cosa è successo ieri sera?››

A quella domanda le guance di Luke assunsero un colore rosso talmente intenso che, per l’imbarazzo, nascose la testa nell’incavo tra il collo e la spalla del moro. Ormai aveva fatto la sua scelta, continuare a fingere non aveva senso, perciò gli raccontò la verità una volta per tutte. ‹‹Cal, ricordo tutto perché ieri non ero ubriaco. Ho finto perché volevo trovare un modo per farti venire da me, per poter passare tutta la notte abbracciati e questa scusa mi sembrava l’unica adatta. Ed è anche vero che ti amo, altrimenti non avrei scritto ogni testo per te, non avrei mai creato una messinscena del genere, non ti avrei mai baciato se non fossi stato sicuro dei miei sentimenti.››

Tutte quelle parole quasi mormorate, arrivarono non solo come dei soffi di aria caldissima al collo di Calum, ma anche dritte al suo cuore che cominciò a battere furioso. Per lui era davvero importante quella dichiarazione perché, se la sera prima si era fermato, non era andato oltre, lo aveva fatto solo per rispettare Luke, ma anche perché voleva che fosse sempre consapevole di tutto quello che gli diceva e che faceva con lui. Per lui quelle confessioni furono molto importanti per capire che ricambiava al cento per cento i suoi sentimenti, che accanto a lui riusciva a vedere solo il suo amico, l’unico con la capacità di farlo sentire bene, di farlo sentire invaso da un calore strano anche in un giorno di pioggia torrenziale. ‹‹Non sai quanto mi rendano felice le tue parole. Ieri sera per un momento ho avuto paura che tu non mi volessi veramente, ho avuto paura che mi avessi detto quelle cose solo perché avevi bevuto e perché sapevi che ero l’unico che avrebbe potuto aiutarti.›› spiegò ad alta voce i suoi pensieri e prese il suo volto tra le mani, continuando il suo discorso scrutando attentamente quegli occhi celesti che gli avevano rubato il cuore. ‹‹Luke, tu sei davvero importante per me. Hai deciso di cambiare, di affrontare le tue paure e dichiararti a me. Non importa se sono stato io a riavvicinarmi, adesso so che voglio stare con te e recuperare tutto il tempo che abbiamo perso. Voglio farti solo un’ultima domanda, perché mi hai abbandonato di punto in bianco?››

E Luke finalmente non aveva paura di confessarsi, di tirare fuori le motivazioni che lo avevano spinto a comportarsi in quel modo, quindi cominciò ad elencarle. ‹‹Quando mi hai detto di esserti dichiarato ad Olivia mi si è spezzato il cuore. Ho avuto paura che ti dimenticassi di me per colpa sua, che non mi avresti più dedicato le stesse attenzioni. Non so precisamente quando mi sono innamorato di te, so solo che sono sempre stato consapevole del fatto che l’unico in grado di amarti per quello che sei veramente, l’unico in grado di regalarti le attenzioni di cui hai bisogno sono io. Siamo insieme da tutta una vita, e quando ti ho baciato all’auditorium l’ho fatto perché ho sperato che questo stare insieme come amici diventasse uno “stare insieme” come coppia. Perdonami se ieri ti ho mentito, ma ricorda sempre che ogni volta che ti dirò che ti amo, anche se sarò ubriaco, sarà sempre la verità.››

Il sorriso che Calum gli riservò dopo tutte quelle parole gli servì per capire che per una volta aveva agito bene, che seguire il suo istinto era stata la scelta migliore. Così gli sorrise di rimando, intrappolando tra i denti il piercing. L’oggettino metallico catturò l’attenzione del moro che, accarezzando le guance di Luke, avvicinò i loro visi, finché la distanza divenne minima e i loro respiri si mischiarono. Gli occhi di Cal erano profondi, più scuri del solito, ma non li scrutò più con attenzione perché sulle sue labbra si posarono proprio quelle dell’amico e si concentrò unicamente su di esse e su tutte le emozioni che seguirono. Fu un bacio dolce ma passionale allo stesso tempo; per la prima volta era stato Calum a prendere l’iniziativa, ma era comprensibile visto che, la sera prima, aveva dovuto trattenere la sua voglia pensando che Luke fosse ubriaco. Le loro lingue entrarono in contatto e uno esplorò la bocca dell’altro, mentre le loro mani si intrecciarono sulla schiena del biondo che dischiuse maggiormente le labbra per permettere a Cal di giocare col suo labbro inferiore. Il moro, che aveva sempre pensato di odiare quel piercing, per l’ennesima volta riserbò attenzioni particolari a quella porzione di labbra di Luke, infatti dopo avergli passato la lingua sul labbro inferiore, leccò e mordicchiò proprio l’oggettino metallico. Dopo un tempo indefinito si staccarono e, con le mani e gli sguardi intrecciati, si sorrisero.

‹‹Se avessi saputo che sarebbe andata così, ieri ti avrei detto subito che ero sobrio.›› scherzò Luke, dopo aver ripreso fiato.

‹‹Hemmings, non fare lo spiritoso. Ieri mi hai impedito di baciarti come si deve solo per i tuoi piani strampalati. Fossi in te non farei così tanto il simpaticone.››

‹‹È una minaccia?›› domandò Luke con un sorriso furbo. Calum annuì soltanto e, con uno scatto di reni, ribaltò le posizioni, sdraiandosi completamente sul corpo perfetto del suo amico. Senza dire altro lo baciò di nuovo, ma non fu un bacio come quello di prima; fu decisamente più intenso, dato con più sentimento, infatti si guardarono negli occhi mentre le loro lingue si sfioravano e i loro sorrisi combaciavano. La pioggia continuava a scendere senza freni, abbondante, così come anche la felicità di Luke che, allegro e sereno come non era mai stato, si avvicinò all’orecchio del moro per sussurrargli l’ennesima volta che lo amava e che era la persona più importante della sua vita.

‹‹Forse ti ho sempre amato anche io, ma ero troppo preso da altro per accorgermene. Sono convinto che se mi fossi soffermato di più sul nostro rapporto, se avessi riflettuto sui nostri comportamenti, sarei arrivato prima alla conclusione che ti amo, che voglio stare con te e che il nostro è un amore vero.›› dichiarò Calum, accarezzando i capelli biondi di quello che poco tempo prima era solo il suo migliore amico.

‹‹Ti sembra il momento dei flussi di coscienza?›› fece Luke, smorzando l'atmosfera troppo seria. Notando lo sguardo sbalordito e insicuro del moro, però, scoppiò a ridere. ‹‹Sei romantico, ma ora baciami, stupido.››

E si baciarono di nuovo, ridendo, perché avevano scoperto l'amore e non ne avevano mai abbastanza.

  
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