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Autore: monalisasmile    07/03/2014    0 recensioni
Questa storia vuole raccontare un’altra versione delle vicende di Glee. Una versione nella quale i personaggi non cominciano a interagire tra loro per via del coro, bensì tra i banchi di scuola, percorrendo i corridoi, studiando in biblioteca, giocando in palestra o partecipando a nuovi corsi. Gli eventi seguiranno più o meno il corso del telefilm. Più o meno…
Ognuno di loro, arrivato all'ultimo anno di liceo, dovrà scegliere che strada percorrere. Per farlo dovranno accantonare pregiudizi e porsi al di sopra dell'opinione comune, scoprendo se stessi: sbagliando, gioendo, piangendo, litigando e stringendo nuovi rapporti. Insomma, crescendo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Finn Hudson, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Rachel Berry, Un po' tutti | Coppie: Finn/Quinn, Finn/Rachel, Puck/Quinn, Puck/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

 

-          Bene ragazzi – esordì il professor Schuester – oggi voglio assegnarvi un compito da svolgere. Valuterò gli elaborati finali, perciò consiglio a tutti di impegnarsi al massimo delle proprie possibilità. – squadrò gli studenti accigliati o eccitati dell’aula – Il tema dell’opera sarà l’autunno. A voi la scelta della tecnica con cui esprimervi. –

Rachel Berry sorrise entusiasta. Ecco la sua prima occasione: avrebbe mostrato al professore il proprio talento e lui, sopraffatto dall’ammirazione, si sarebbe sentito in obbligo a mostrarlo a tutta la scuola e di presentarla a qualche critico d’arte che sarebbe rimasto colpito dal suo lavoro e magari le avrebbe anche dedicato un articolo.

“Addio granite in faccia!”

-          Dimenticavo – sorrise furbescamente il professore – dovrete eseguire gli elaborati in coppie da me scelte. –

Il sorriso scomparve dal volto di Rachel.

 

Finn Hudson sospirò sconsolato. Il professor Schuester aveva assegnato a tutta la classe uno stupido compito da consegnare entro una settimana. Un compito che lui avrebbe dovuto eseguire in coppia con Rachel Berry, che sarebbe diventata senz’altro isterica appena si fosse accorta che lui disegnava come un bambino di sette anni.

“Prevedo tempi duri.”

La ragazza gli aveva dato appuntamento nell’aula d’Arte quel venerdì per discutere dell’elaborato da preparare. Nei suoi occhi cioccolato ardeva una fiamma che ben conosceva: ambizione.

-          Ben arrivato. – lo salutò lei appena lui ebbe messo piede nell’aula – Accomodati. –

Finn si sedette.

-          Sarò breve. Sappiamo entrambi che tu non hai la minima voglia né le capacità per realizzare una qualsiasi opera che risulti non dico artistica, ma anche solo guardabile. Mentre io intendo ottenere il massimo dei voti in questo corso e ho le doti per riuscirci. Perciò credo che la cosa migliore sia che mi occupi io di realizzare questo elaborato. –

Sorrideva, mentre lui la guardava sbigottito. Aveva ragione sulla sua ritrosia nei confronti di quel compito e probabilmente anche sulla sua mancanza di talento artistico. Ma come si permetteva quella piccola petulante di sparare simili sentenze senza nemmeno conoscerlo?

-          Allora, siamo d’accordo? – gli allungò la mano sorridendo soddisfatta.

Avrebbe voluto mandare a quel paese quella piccola saccente egocentrica. Invece le strinse la mano.

-          Affare fatto. –

Se non altro non avrebbe dovuto passare tanto tempo in compagnia della persona più insopportabile del Mckinley.

 

A distanza di una settimana Finn contrasse la mascella di fronte all’opera che portava i nomi di Rachel Berry e Finn Hudson. Non che lui fosse un esperto d’arte, ma era un quadro meraviglioso. Rappresentava un viale costeggiato da alberi dalle foglie gialle, rosse e arancioni, che contrastavano con il selciato bagnato e il cielo plumbeo.

-          Allora – gli bisbigliò lei – che ne pensi del nostro quadro? –

-          È l’opera più bella di tutte. – rispose lui a bassa voce.

Era sincero.

E Rachel lo premiò con un sorriso altrettanto sincero, il primo che gli avesse mai rivolto.

-          Grazie. –

Era evidentemente orgogliosa di sé. E radiosa.

Finn non poté fare a meno di rilassare la mandibola e sorriderle a sua volta: quando non era impegnata a sproloquiare sul suo talento artistico non era poi tanto male.

 

Fu il professor Schuester a metter fine a quella serenità.

Avevano preso una F.

 

Finn si voltò a guardare Rachel. Era sconvolta. E da quel poco che aveva capito di lei temeva una reazione esagerata a momenti.

-          Professor Schuester! – squillò infatti, fiondandosi dall’insegnante.

-          Dimmi, Rachel. –

-          Con tutto il più dovuto rispetto, professore… È forse diventato cieco?! –

Finn si mise una mano nei capelli.

-          Al contrario – rispose con calma l’insegnante – proprio perché non lo sono vi ho dato una F. O per meglio dire, ti ho dato una F. –

-          M-ma… - balbettò lei.

-          Questo quadro è stato dipinto da un’unica mano. La tua, Rachel. È meraviglioso, tuttavia non avete rispettato la consegna, perciò è insufficiente. –

Il professore fece segno al quarterback di avvicinarsi.

-          Il compito che vi avevo assegnato era da svolgere insieme. Capisco che lavorare in coppia non è semplice, però fare dell’arte significa esplorare nuovi linguaggi e forme d’espressione. In questo caso lo scopo della consegna è mettere a confronto i vostri modi di vedere ciò che ci circonda e di trovare un linguaggio comune per esprimerlo. Prendete Kurt e Sandy – disse, indicando i ragazzi vestiti di impermeabile, stivali e cappello da pioggia coordinati e dalla stampa personalizzata – hanno espresso la loro visione dell’autunno tramite la creazione di quegli outfit, probabilmente perché parlando tra di loro hanno scoperto che la moda era il linguaggio a loro comune. E il risultato sarà stravagante, però è originale. –

Finn sollevò un sopracciglio, guardando il ragazzino effeminato che anche quella mattina era stato buttato nel bidone fare una giravolta aggraziata su se stesso. Senza dubbio originale. Ma lui non si sarebbe mai conciato in quella maniera.

Rachel però non lanciò nemmeno un’occhiata alla coppia in tenuta da pioggia, pareva esser ancora shockata.

Finn si dispiacque per lei. Certo era petulante e insopportabile, ma il suo quadro era davvero bello e a giudicare dalla gioia con cui aveva accolto il suo complimento di poco prima doveva averci messo molto impegno.

Si sentì in colpa. Per quanto fosse stata lei a proporsi di assolvere da sola a quel compito, lui non aveva esitato ad accettare perché, come aveva detto lei stessa, non aveva alcuna voglia di svolgerlo. L’arte non era roba per lui.

“Che direbbe Puck se mi vedesse seduto su uno sgabello con un pennello in mano?”

Qualche idea ce l’aveva, pensò lanciando uno sguardo al ragazzo che continuava a sfoggiare i suoi stivali da pioggia colorati.

 

Finn stava frugando nel suo armadietto in cerca del libro per l’ora successiva, quando un sonoro “sciaff” lo fece voltare.

Rachel era a pochi metri da lui, grondante di granita blu. Due cheerleader poco più in là sghignazzavano tra di loro compiaciute, il bicchiere vuoto ancora in mano.

Il ragazzo sospirò, avvicinandosi alla moretta.

-          Che scherzi idioti. – commentò, imbarazzato poiché non sapeva bene cosa dire.

Rachel non rispose e lo superò a capo chino, entrando nel bagno delle ragazze. La campanella segnò l’inizio di una nuova ora di lezione e gli studenti s’affrettarono a entrare nelle rispettive aule. Così come avrebbe dovuto fare lui.

“Dannazione!” imprecò Finn tra sé, aprendo la porta del bagno delle ragazze e sperando con tutto se stesso di non provocare urla isteriche.

 

Rachel sollevò il volto rigato di lacrime e appiccicoso di sciroppo. E incontrò lo sguardo imbarazzato di Finn Hudson.

“Ecco, ora vorrei scavarmi una fossa e buttarmici dentro.”

Perché tutti sembravano decisi a deriderla? Più del solito, s’intende.

Il giorno prima il professor Schuester aveva giudicato insufficiente la sua opera d’arte. Poco fa era stata presa nuovamente a granite in faccia dalle cheerleader. E ora quel boscaiolo di Finn Hudson la rincorreva nei bagni per infierire ulteriormente su di lei.

 

-          Avanti, Hudson, spara. –

-          C-come? – fece lui indeciso, preso in contropiede.

-          Non hai alcuna granita in mano. Deduco quindi che per prenderti gioco di me tu intenda usare altri metodi. Avanti. –

-          Ti sbagli, non ho intenzione di farti nulla di male. –

-          Davvero? – tirò su col naso lei, gli occhi lucidi.

Finn sentì una stretta al cuore. Non sopportava vedere le ragazze piangere.

-          Non piangere, Rachel, quelle ragazze sono… -

-          Lo so, sono delle ottuse ignoranti che non mi conoscono. –

-          Già – le sorrise lui, pensando quasi divertito che fosse tornata la ragazza egocentrica e presuntuosa di sempre – Perciò non piangere per i loro stupidi scherzi. –

Lei sollevò lo sguardo, puntandolo dritto nei suoi occhi.

-          Tu sei il quarterback della scuola. Non hai idea di cosa significhi essere vittima ogni giorno di quegli stupidi scherzi. Quelle granite fanno più male di quanto tu possa pensare. –

Finn fece scorrere lo sguardo sui suoi bei capelli scuri appiccicati al viso e al collo. Al maglioncino rosa completamente inzuppato di sciroppo blu. I primi due bottoni della camicia erano sbottonati, perciò un po’ di granita doveva essere scivolata sotto i vestiti, lasciando una spiacevole sensazione.

Lui stesso aveva fatto scherzi di quel tipo a qualche studente del primo anno, come da prassi per tutti i ragazzi della squadra di football.

Sebbene Rachel non fosse una sua vittima, due sentimenti si fecero largo nel suo cuore: senso di colpa e un’inquietudine cui non sapeva dare un nome.

-          Comunque non è per quello che piangevo. Alle granite sono abituata ormai. Ma a fallire no. –

-          Ti riferisci al tuo quadro? –

Rachel contrasse la mascella, per poi voltarsi e sciacquarsi energicamente il viso sul lavandino.

-          Rachel, il tuo quadro era meraviglioso! – le si accostò lui – Il giudizio del professore è stato basso solo perché si è accorto che siamo venuti meno alle sue istruzioni, ma il tuo dipinto era bellissimo. –

-          L’ha valutato insufficiente… -

-          È solo un voto, Rachel, la prossima volta… -

-          Non è solo un voto! – alzò il capo, lo sguardo fiammeggiante e le guance arrossate dall’acqua fredda – So che per te questo corso non conta nulla, ma per me invece è importante. L’arte per me è importante! –

Finn la osservò colpito.

Rimasero ad osservarsi per qualche istante, poi lui le sorrise.

 

Rachel quasi indietreggiò di fronte a quel gesto: un sorriso sghembo, gentile e rassicurante. Il suo cuore perse un battito e la sua mente s’annebbiò.

-          Ok, lascia fare a me. –

E con queste parole il ragazzo uscì rapidamente dal bagno.

 

Quinn Fabray vide il proprio fidanzato uscire di corsa dal bagno delle ragazze. E si accigliò, socchiudendo appena la porta per sbirciare all’interno.

Ciò che vide fu una moretta che si guardava sconsolata allo specchio, passandosi distrattamente le mani tra i capelli inzuppati di sciroppo. La riconobbe come una delle sfigate che erano spesso vittime della sua squadra di cheerleader, ma a cui lei non aveva mai prestato particolare attenzione, se non per storcere il naso di fronte ai suoi orrendi maglioni ricamati.

“Finn era nel bagno con lei?”

No, si disse immediatamente. Il suo fidanzato era il ragazzo più popolare della scuola, non poteva avere nulla in comune con…

Sgranò gli occhi. La moretta si era portata una mano al cuore, piegando le labbra in un sorriso agrodolce.

 

Finn Hudson bussò alla porta a vetri del professor Schuester. L’uomo gli fece segno d’entrare.

-          Come mai non sei a lezione, Finn? –

-          Professore, ho bisogno di parlarle. –

-          È così importante che non potevi attendere la fine dell’ora di lezione? –

-          Sì. –

L’insegnante sorrise e lo invitò a sedersi.

-          Di cosa si tratta? –

-          Di Rachel… -

-          Rachel è la tua importante motivazione per saltare una lezione?

Il ragazzo era decisamente imbarazzato.

-          Ci è rimasta davvero male ieri, professore… -

Il professor Schuester s’accomodò contro lo schienale della poltrona.

-          Me ne rendo conto e mi dispiace. Ma sono un insegnante e il mio compito non è solo darvi un istruzione, ma anche guidarvi negli anni della vostra maturazione personale. Sarei un pessimo insegnante se chiudessi un occhio quando vi prendete gioco non tanto di questa istituzione quanto di voi e del vostro avvenire. –

Finn annuì. Il professore era un tipo in gamba e dava l’impressione d’interessarsi realmente ai propri studenti.

-          Non volevamo offenderla. Tanto meno Rachel. Lei ci tiene davvero a questo corso… e all’arte. –

-          E tu, Finn? –

-          I-io? –

-          So che hai scelto di seguire il mio corso per evitare la sospensione e non per un tuo interesse verso le discipline artistiche. Non c’è nulla di male in questo, io stesso ai tempi del liceo ho ricevuto diverse punizioni. Ho persino fatto le pulizie insieme ai bidelli per un intero mese e ti assicuro che se adesso la mia casa è sempre in ordine è solo grazie a quell’esperienza! – gli fece l’occhiolino.

Finn sorrise.

-          Non mi aspetto che tu diventi il prossimo Monet – proseguì l’insegnante – ma credo che in ognuno di noi ci sia almeno un briciolo di creatività e sarei felice di riuscire a farti esprimere la tua. E chissà, potresti scoprire un nuovo lato di te stesso e un talento che non pensavi di avere! Se a fine corso deciderai di mettere l’arte in un cassetto ti sarai comunque fatto un bagaglio culturale che un giorno potrebbe rivelarsi utile. –

-          Va bene, ci proverò… -

-          Bravo, così si fa! –

-          Per quanto riguarda il compito che ci aveva assegnato… -

-          Ho apprezzato che tu sia venuto a parlarmene. E mi auguro che tu e Rachel possiate imparare la lezione. – disse il professore, lo sguardo serio puntato sullo studente di fronte a lui – Voglio darvi un’altra possibilità. Avete tempo fino a lunedì per consegnarmi nuovamente il compito. Insieme. –

-          Grazie! Grazie mille professore! Ce la metteremo tutta! – si alzò il ragazzo, sollevato.

-          Ah, Finn. –

-          Sì? – si fermò lui sulla soglia.

-          Ti ho chiamato io per un colloquio nel mio ufficio, perciò giustificherò la tua assenza all’ultima lezione. –

Finn annuì e si chiuse la porta alle spalle: il corso forse non era un granché, ma per il professore valeva la pena di seguirlo.

 

Will Schuester sorrise soddisfatto appena il ragazzo fu uscito.

 

Continua…

  
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