Capitolo
2
-
Bene ragazzi –
esordì il professor Schuester – oggi voglio
assegnarvi un compito da svolgere. Valuterò
gli elaborati finali, perciò consiglio a tutti di impegnarsi
al massimo delle
proprie possibilità. – squadrò gli
studenti accigliati o eccitati dell’aula –
Il tema dell’opera sarà l’autunno. A voi
la scelta della tecnica con cui
esprimervi. –
Rachel Berry sorrise entusiasta.
Ecco la
sua prima occasione: avrebbe mostrato al professore il proprio talento
e lui,
sopraffatto dall’ammirazione, si sarebbe sentito in obbligo a
mostrarlo a tutta
la scuola e di presentarla a qualche critico d’arte che
sarebbe rimasto colpito
dal suo lavoro e magari le avrebbe anche dedicato un articolo.
“Addio granite in
faccia!”
-
Dimenticavo –
sorrise furbescamente il professore – dovrete eseguire gli
elaborati in coppie
da me scelte. –
Il sorriso scomparve dal volto di
Rachel.
Finn Hudson sospirò
sconsolato. Il professor
Schuester aveva assegnato a tutta la classe uno stupido compito da
consegnare
entro una settimana. Un compito che lui avrebbe dovuto eseguire in
coppia con
Rachel Berry, che sarebbe diventata senz’altro isterica
appena si fosse accorta
che lui disegnava come un bambino di sette anni.
“Prevedo tempi
duri.”
La ragazza gli aveva dato
appuntamento
nell’aula d’Arte quel venerdì per
discutere dell’elaborato da preparare. Nei suoi
occhi cioccolato ardeva una fiamma che ben conosceva: ambizione.
-
Ben arrivato. –
lo salutò lei appena lui ebbe messo piede
nell’aula – Accomodati. –
Finn si sedette.
-
Sarò breve.
Sappiamo entrambi che tu non hai la minima voglia né le
capacità per realizzare
una qualsiasi opera che risulti non dico artistica, ma anche solo
guardabile. Mentre
io intendo ottenere il massimo dei voti in questo corso e ho le doti
per
riuscirci. Perciò credo che la cosa migliore sia che mi
occupi io di realizzare
questo elaborato. –
Sorrideva, mentre lui la guardava
sbigottito. Aveva ragione sulla sua ritrosia nei confronti di quel
compito e
probabilmente anche sulla sua mancanza di talento artistico. Ma come si
permetteva quella piccola petulante di sparare simili sentenze senza
nemmeno
conoscerlo?
-
Allora, siamo d’accordo?
– gli allungò la mano sorridendo soddisfatta.
Avrebbe voluto mandare a quel paese
quella piccola saccente egocentrica. Invece le strinse la mano.
-
Affare fatto. –
Se non altro non avrebbe dovuto
passare
tanto tempo in compagnia della persona più insopportabile
del Mckinley.
A distanza di una settimana Finn
contrasse
la mascella di fronte all’opera che portava i nomi di Rachel
Berry e Finn
Hudson. Non che lui fosse un esperto d’arte, ma era un quadro
meraviglioso. Rappresentava
un viale costeggiato da alberi dalle foglie gialle, rosse e arancioni,
che
contrastavano con il selciato bagnato e il cielo plumbeo.
-
Allora – gli
bisbigliò lei – che ne pensi del nostro
quadro? –
-
È l’opera
più
bella di tutte. – rispose lui a bassa voce.
Era sincero.
E Rachel lo premiò con
un sorriso
altrettanto sincero, il primo che gli avesse mai rivolto.
-
Grazie. –
Era evidentemente orgogliosa di
sé. E radiosa.
Finn non poté fare a
meno di rilassare
la mandibola e sorriderle a sua volta: quando non era impegnata a
sproloquiare
sul suo talento artistico non era poi tanto male.
Fu il professor Schuester a metter
fine
a quella serenità.
Avevano preso una F.
Finn si voltò a guardare
Rachel. Era sconvolta.
E da quel poco che aveva capito di lei temeva una reazione esagerata a
momenti.
-
Professor
Schuester! – squillò infatti, fiondandosi
dall’insegnante.
-
Dimmi, Rachel. –
-
Con tutto il più
dovuto rispetto, professore… È forse diventato
cieco?! –
Finn si mise una mano nei capelli.
-
Al contrario –
rispose con calma l’insegnante – proprio
perché non lo sono vi ho dato una F. O
per meglio dire, ti ho dato una F.
–
-
M-ma… -
balbettò
lei.
-
Questo quadro è
stato dipinto da un’unica mano. La tua, Rachel. È
meraviglioso, tuttavia non
avete rispettato la consegna, perciò è
insufficiente. –
Il professore fece segno al
quarterback
di avvicinarsi.
-
Il compito che vi
avevo assegnato era da svolgere insieme.
Capisco che lavorare in coppia non è semplice,
però fare dell’arte
significa esplorare nuovi linguaggi e forme d’espressione.
In questo caso lo scopo della consegna è mettere a confronto
i vostri modi di
vedere ciò che ci circonda e di trovare un linguaggio comune
per esprimerlo. Prendete
Kurt e Sandy – disse, indicando i ragazzi vestiti di
impermeabile, stivali e
cappello da pioggia coordinati e dalla stampa personalizzata
– hanno espresso
la loro visione dell’autunno tramite la creazione di quegli
outfit,
probabilmente perché parlando tra di loro hanno scoperto che
la moda era il
linguaggio a loro comune. E il risultato sarà stravagante,
però è originale. –
Finn sollevò un
sopracciglio, guardando
il ragazzino effeminato che anche quella mattina era stato buttato nel
bidone
fare una giravolta aggraziata su se stesso. Senza dubbio originale.
Ma lui non si sarebbe mai conciato
in quella maniera.
Rachel però non
lanciò nemmeno un’occhiata
alla coppia in tenuta da pioggia, pareva esser ancora shockata.
Finn si dispiacque per lei. Certo
era
petulante e insopportabile, ma il suo quadro era davvero bello e a
giudicare
dalla gioia con cui aveva accolto il suo complimento di poco prima
doveva
averci messo molto impegno.
Si sentì in colpa. Per
quanto fosse
stata lei a proporsi di assolvere da sola a quel compito, lui non aveva
esitato
ad accettare perché, come aveva detto lei stessa, non aveva
alcuna voglia di
svolgerlo. L’arte non era roba per lui.
“Che direbbe Puck se mi
vedesse seduto
su uno sgabello con un pennello in mano?”
Qualche idea ce l’aveva,
pensò lanciando
uno sguardo al ragazzo che continuava a sfoggiare i suoi stivali da
pioggia
colorati.
Finn stava frugando nel suo
armadietto
in cerca del libro per l’ora successiva, quando un sonoro
“sciaff” lo fece
voltare.
Rachel era a pochi metri da lui,
grondante di granita blu. Due cheerleader poco più in
là sghignazzavano tra di
loro compiaciute, il bicchiere vuoto ancora in mano.
Il ragazzo sospirò,
avvicinandosi alla
moretta.
-
Che scherzi idioti.
– commentò, imbarazzato poiché non
sapeva bene cosa dire.
Rachel non rispose e lo
superò a capo
chino, entrando nel bagno delle ragazze. La campanella segnò
l’inizio di una
nuova ora di lezione e gli studenti s’affrettarono a entrare
nelle rispettive
aule. Così come avrebbe dovuto fare lui.
“Dannazione!”
imprecò Finn tra sé,
aprendo la porta del bagno delle ragazze e sperando con tutto se stesso
di non
provocare urla isteriche.
Rachel sollevò il volto
rigato di lacrime
e appiccicoso di sciroppo. E incontrò lo sguardo imbarazzato
di Finn Hudson.
“Ecco, ora vorrei
scavarmi una fossa e buttarmici
dentro.”
Perché tutti sembravano
decisi a
deriderla? Più del solito, s’intende.
Il giorno prima il professor
Schuester aveva
giudicato insufficiente la sua opera d’arte. Poco fa era
stata presa nuovamente
a granite in faccia dalle cheerleader. E ora quel boscaiolo di Finn
Hudson la
rincorreva nei bagni per infierire ulteriormente su di lei.
-
Avanti, Hudson,
spara. –
-
C-come? – fece
lui indeciso, preso in contropiede.
-
Non hai alcuna
granita in mano. Deduco quindi che per prenderti gioco di me tu intenda
usare altri
metodi. Avanti. –
-
Ti sbagli, non ho
intenzione di farti nulla di male. –
-
Davvero? –
tirò su
col naso lei, gli occhi lucidi.
Finn sentì una stretta
al cuore. Non sopportava
vedere le ragazze piangere.
-
Non piangere,
Rachel, quelle ragazze sono… -
-
Lo so, sono delle
ottuse ignoranti che non mi conoscono. –
-
Già – le
sorrise
lui, pensando quasi divertito che fosse tornata la ragazza egocentrica
e
presuntuosa di sempre – Perciò non piangere per i
loro stupidi scherzi. –
Lei sollevò lo sguardo,
puntandolo
dritto nei suoi occhi.
-
Tu sei il
quarterback della scuola. Non hai idea
di cosa significhi essere vittima ogni
giorno di quegli stupidi scherzi.
Quelle granite fanno più male di quanto tu possa pensare.
–
Finn fece scorrere lo sguardo sui
suoi
bei capelli scuri appiccicati al viso e al collo. Al maglioncino rosa
completamente inzuppato di sciroppo blu. I primi due bottoni della
camicia
erano sbottonati, perciò un po’ di granita doveva
essere scivolata sotto i
vestiti, lasciando una spiacevole sensazione.
Lui stesso aveva fatto scherzi di
quel
tipo a qualche studente del primo anno, come da prassi per tutti i
ragazzi
della squadra di football.
Sebbene Rachel non fosse una sua
vittima,
due sentimenti si fecero largo nel suo cuore: senso di colpa e
un’inquietudine
cui non sapeva dare un nome.
-
Comunque non è
per quello che piangevo. Alle granite sono abituata ormai. Ma a fallire no. –
-
Ti riferisci al
tuo quadro? –
Rachel contrasse la mascella, per
poi
voltarsi e sciacquarsi energicamente il viso sul lavandino.
-
Rachel, il tuo
quadro era meraviglioso! – le si accostò lui
– Il giudizio del professore è
stato basso solo perché si è accorto che siamo
venuti meno alle sue istruzioni,
ma il tuo dipinto era bellissimo. –
-
L’ha valutato insufficiente… -
-
È solo un voto,
Rachel, la prossima volta… -
-
Non è solo
un voto! – alzò il capo, lo sguardo
fiammeggiante e le guance arrossate dall’acqua fredda
– So che per te questo
corso non conta nulla, ma per me
invece è importante. L’arte
per me è
importante! –
Finn la osservò colpito.
Rimasero ad osservarsi per qualche
istante, poi lui le sorrise.
Rachel quasi
indietreggiò di fronte a
quel gesto: un sorriso sghembo, gentile e rassicurante. Il suo cuore
perse un
battito e la sua mente s’annebbiò.
-
Ok, lascia fare a
me. –
E con queste parole il ragazzo
uscì
rapidamente dal bagno.
Quinn Fabray vide il proprio
fidanzato
uscire di corsa dal bagno delle ragazze. E si accigliò,
socchiudendo appena la
porta per sbirciare all’interno.
Ciò che vide fu una
moretta che si
guardava sconsolata allo specchio, passandosi distrattamente le mani
tra i
capelli inzuppati di sciroppo. La riconobbe come una delle sfigate che
erano
spesso vittime della sua squadra di cheerleader, ma a cui lei non aveva
mai
prestato particolare attenzione, se non per storcere il naso di fronte
ai suoi
orrendi maglioni ricamati.
“Finn era nel bagno con lei?”
No, si disse immediatamente. Il suo
fidanzato era il ragazzo più popolare della scuola, non
poteva avere nulla in
comune con…
Sgranò gli occhi. La
moretta si era
portata una mano al cuore, piegando le labbra in un sorriso agrodolce.
Finn Hudson bussò alla
porta a vetri del
professor Schuester. L’uomo gli fece segno
d’entrare.
-
Come mai non sei
a lezione, Finn? –
-
Professore, ho
bisogno di parlarle. –
-
È così
importante
che non potevi attendere la fine dell’ora di lezione?
–
-
Sì. –
L’insegnante sorrise e lo
invitò a
sedersi.
-
Di cosa si
tratta? –
-
Di Rachel… -
-
Rachel è la tua
importante motivazione per saltare una lezione?
Il ragazzo era decisamente
imbarazzato.
-
Ci è rimasta
davvero male ieri, professore… -
Il professor Schuester
s’accomodò contro
lo schienale della poltrona.
-
Me ne rendo conto
e mi dispiace. Ma sono un insegnante e il mio compito non è
solo darvi un
istruzione, ma anche guidarvi negli anni della vostra maturazione
personale.
Sarei un pessimo insegnante se
chiudessi un occhio quando vi prendete gioco non tanto di questa
istituzione
quanto di voi e del vostro avvenire. –
Finn annuì. Il
professore era un tipo in
gamba e dava l’impressione d’interessarsi realmente
ai propri studenti.
-
Non volevamo
offenderla. Tanto meno Rachel. Lei ci tiene davvero a questo
corso… e all’arte.
–
-
E tu, Finn? –
-
I-io? –
-
So che hai scelto
di seguire il mio corso per evitare la sospensione e non per un tuo
interesse
verso le discipline artistiche. Non c’è nulla di
male in questo, io stesso ai
tempi del liceo ho ricevuto diverse punizioni. Ho persino fatto le
pulizie
insieme ai bidelli per un intero mese e ti assicuro che se adesso la
mia casa è
sempre in ordine è solo grazie a quell’esperienza!
– gli fece l’occhiolino.
Finn sorrise.
-
Non mi aspetto
che tu diventi il prossimo Monet – proseguì
l’insegnante – ma credo che in
ognuno di noi ci sia almeno un briciolo di creatività e
sarei felice di
riuscire a farti esprimere la tua. E chissà, potresti
scoprire un nuovo lato di
te stesso e un talento che non pensavi di avere! Se a fine corso
deciderai di
mettere l’arte in un cassetto ti sarai comunque fatto un
bagaglio culturale che
un giorno potrebbe rivelarsi utile. –
-
Va bene, ci
proverò… -
-
Bravo, così si
fa! –
-
Per quanto
riguarda il compito che ci aveva assegnato… -
-
Ho apprezzato che
tu sia venuto a parlarmene. E mi auguro che tu e Rachel possiate
imparare la
lezione. – disse il professore, lo sguardo serio puntato
sullo studente di
fronte a lui – Voglio darvi un’altra
possibilità. Avete tempo fino a lunedì per
consegnarmi nuovamente il compito. Insieme.
–
-
Grazie! Grazie
mille professore! Ce la metteremo tutta! – si alzò
il ragazzo, sollevato.
-
Ah, Finn. –
-
Sì? – si
fermò
lui sulla soglia.
-
Ti ho chiamato io
per un colloquio nel mio ufficio,
perciò giustificherò la tua assenza
all’ultima lezione. –
Finn annuì e si chiuse
la porta alle
spalle: il corso forse non era un granché, ma per il
professore valeva la pena
di seguirlo.
Will Schuester sorrise soddisfatto
appena il ragazzo fu uscito.
Continua…