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Autore: alliemoon    11/03/2014    1 recensioni
Quelle cose, quelle materiali, alla fine, chi era a stabilire che fossero realmente importanti? Chi era a decidere che un concerto, un intervista, definissero davvero una persona? Nel mondo, cos'era che contava davvero? Chi era a stabilirlo? Si rese conto che nessuno poteva decidere una cosa del genere, nessuno poteva fare una reale scaletta su cosa potesse contare di più per il resto dell’umanità, così decise di farsene una propria, di valutare meglio i suoi desideri, le sue aspettative, i suoi sogni, e in ogni cosa, in tutte le cose più belle, e soprattutto ai primi posti, c’era sempre lui, Harry Styles.
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Harry+Louis. Harry a Los Angeles.
Le loro vite sono in linea con quelle reali, quindi fanno parte degli One Direction.
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’erbetta del campo da calcio , scura e rovinata, era ancora umida con al di sotto del terreno bagnaticcio, causa della pioggia del giorno prima. Louis si trovava lo stesso lì, non curandosi delle scarpe piene di terra appiccicosa, e del pallone che spesso e volentieri scivolava via contro i suoi calci e le direzioni da lui imposte. Sperava che almeno il calcio quel giorno l’avrebbe calmato, scacciando via ogni brutto pensiero, che ormai dominavano la sua mente. Era teso perché l’unica persona che desiderava vedere nei suoi giorni di pausa era distante km da lui. Doveva accettarlo, non avevano altra scelta, ormai la decisione l’avevano presa. 

Vivere di nascosto all’inizio sembrava così rassicurante per entrambi, come se niente e nessuno potesse fargli del male, mentre adesso, quando un raggio di sole debole e per niente caldo, accarezzava il suo volto, riusciva soltanto a chiedersi che tempo facesse lì, a Los Angeles, se lui fosse sdraiato su qualche terrazza a prendere il sole o se fosse partecipe a chissà quale evento. Era come se, quelli che alla fine si stavano facendo davvero del male, fossero soltanto loro

Non c’era un giorno in cui Louis non si chiedesse se quello che stavano facendo fosse sbagliato o meno, e non c’era un giorno in cui non riusciva a trovare una risposta. “Troppe cose a cui pensare” era la scusa che si dava ogni volta, per evitare o cambiare il discorso e tanti, troppi pensieri. Era inutile negare l’amore, con questa falsa ci avevano già rinunciato in partenza. Tutto stava nel mentire agli altri, agli occhi esterni, che purtroppo vedevano quello che non dovevano vedere. Forse troppo legato alla fama, forse troppo insicuro con se stesso, o forse non ancora pronto nell’accettare il suo vero se essere. 

“Lou, indovina cosa faranno dopodomani a Santa Monica.”

Se lo aspettava un suo messaggio, perciò non rimase sorpreso quando avvicinato alla panchina per bere dalla sua bottiglietta d’acqua fredda, vide un messaggio sul suo cellulare. 

“Tu e sta tua fissa con la California. Non sono di quelle parti, te ne sei dimenticato? Come pretendi che sappia come passano le giornate?”

Rispose sereno, come ogni volta che lo sentiva anche se per poco. 

“Aspetta ci sono! Una maratona sul chi passa più tempo sotto il sole cuocente? Non mi stupirei” 

Fece un ultimo sorso d’acqua, e quasi gli andò di traverso quando realizzò quello che avrebbe dovuto dirgli. 

Harry si trovava in un ristorante che dava sulla spiaggia, erano infiniti i percorsi dei ciclisti davanti a lui e le lunghe, lunghissime palme. Quel posto così caotico ma rilassante nello stesso tempo lo affascinava. Il calore del sole, che nonostante fosse lo stesso di qualsiasi altro posto, lì per lui era come se fosse diverso, quasi più caldo, quasi più accogliente. Solleticava la sua adrenalina, era un posto rumoroso e pieno di vita, e soprattutto , pieno di distrazioni. Aveva un bisogno spaventoso di tenere la mente occupata, che spesso lo terrorizzava. 

“Continua pure a pensare che gli americani siano stupidi, ma intanto da noi non faranno mai una gara tra surfisti”

Sapeva che c’era tensione, la sentiva tra quei tasti digitati con paura e timore. La sentiva nell’insicurezza che lo aveva pervaso quando premeva il tasto “invia” dei messaggi. Era consapevole ci fosse, ma come poteva fare a meno di lui, nonostante tutto? 

“Questo è un colpo basso” 

“Colpo basso o meno, direi che è anche il momento che tu prenda un aereo! Almeno adesso hai una scusa!” 

Non sapeva però che le sue aspettative sarebbero state infrante, rendendolo instabile, fragile, come era ormai da tempo. 

Il sospiro di sconforto che fece Louis, non era niente in confronto ai mille sensi di colpa che l’avrebbero divorato da dentro, rendendolo un corpo morto privo di animo. Al di sotto del suo petto, doloroso e pesante, il suo cuore aveva iniziato a battere, in una maniera forse troppo forte, perfino per lui. Lui che si imponeva di lottare quella battaglia che mai avrebbe pensato di affrontare. Lui che nonostante non avesse le difese necessarie, nonostante il corpo gli implorasse di smetterla, nonostante la mente fosse un inferno e il cuore un deserto senza una pozza d’acqua, si ostinava di andare avanti, perché altrimenti non avrebbe saputo fare. 

“Lo vorrei tanto, credimi, ma…non posso” 

L’immagine del volto deluso di Harry era bene impressa nei suoi occhi, era come averlo davanti a sé, solo e lentamente in frantumi. Il male che prese a scorrere nelle sue vene quasi gli fece mancare l’aria. Deludere Harry? Era assolutamente la prima delle immense cose che si concentrava e impegnava a non fare, eppure, adesso, sapeva benissimo di aver errato, e per l’ennesima volta, di aver fallito

“Non puoi o non vuoi?” 

“Non scherzare, non pensare una cosa del genere neanche per un attimo” 

“Perché non puoi?” 

Louis avrebbe preferito mille volte correre nudo per una stradina ghiacciata in pieno inverno, ricevere frustate atroci sulla schiena, smettere di mangiare e bere per una settimana, graffiarsi la pelle fino a sanguinare, qualsiasi altra cosa, avrebbe fatto meno male. Si poggiò alla panca, perché sapeva che sarebbe stata dura, e che presto le gambe sarebbero state instabili, come il suo intero corpo e umore. Come poteva svuotarsi ogni volte e rinascere? Erano entrambi allo sfinimento, ne era più che certo. 

“Non ho foto con El da troppi giorni, domani avevo pensato di vederla”

Harry avrebbe voluto urlare. Ennesima batosta, ennesimo secondo posto. Come poteva ricavare della felicità da un amore che neanche poteva essere esposto alla luce del Sole? Come poteva trovare forza in lui, che era più distante che vicino, lì, al suo cuore tanto debole. Resistere a questa sua scelta era una lotta continua, di ogni piccolo, minuscolo, insignificante istante. Quanto sarebbe durata? Quanto ancora poteva reggere una situazione del genere? Come poteva continuare a voler stare con qualcuno che non era disposto ad accettare loro stessi?

“Non credo che qualche altro giorno faccia la differenza”

“La fa, se oltre non vederla, vengo addirittura là da te” 

“Addirittura, Louis? Cos’è, un peso oramai?” 

“Io non ho detto questo, non iniziare perfavore. C’è bisogno di altre foto, lo sai bene”

Se c’era una cosa che Louis odiava era la pressione, soprattutto da lui, che sperava soltanto che lo capisse. Sapeva che Harry fosse agli sgoccioli, ne era consapevole ormai da tempo, ma questo per lui non era stato un allarme, non era stato un avviso per iniziare a smetterla di mentire e decidersi finalmente di aprirsi al mondo. No, niente affatto. I cedimenti di Harry, i suoi piccoli mancamenti di presenza, lo avevano peggiorato, avevano fatto delle sue paure degli incubi veri e propri, aveva fatto delle sue notti in bianco delle intere ore a piangere senza sosta. Non aveva più la sua spalla, chi altro poteva stargli accanto? Chi altro avrebbe potuto consolarlo come faceva lui? Nessuno, nessun’altro al mondo, e non perché lui non avesse qualcun altro su cui fare affidamento, ma perché se non era Harry a stargli accanto, a consolarlo con la sua voce calda e accogliente, ad accarezzarlo in quelle notti talmente fredde da mettere i brividi, come avrebbe potuto rialzarsi? Come avrebbe potuto sperare di superare tutto questo se ormai Harry non era più la sua roccia? Stava affondando, e alla riva, non c’era nessuno che avrebbe potuto riportarlo a galla. 

“C’è bisogno di altre foto, ah si? Sai, invece, di cosa io avrei veramente bisogno? Che tu mi amassi, almeno la metà di quanto ti amo io”

“Non…non dirlo mai più, non osare ripeterlo un'altra volta. Non puoi avere questi dubbi, non ancora”

“Non ancora? Io sono pieno di dubbi, sono pieno di insicurezze, e tu non fai niente per dimostrarmi il contrario, niente che possa farmi sentire meglio” 

“Ti prego, Harry non farlo, non voglio litigare, non ora che siamo lontani” 

“Non vuoi litigare, non vuoi che io dica questo, non vuoi che io pensi o faccia quell’altro, io non posso vivere Louis! Non sono più libero di fare niente, questo non è quello che voglio! Non voglio passare il resto della mia vita a nascondermi, a mentire, a te non frega niente, ma a me importa, a me importa eccome”

Erano lontani, è vero, ma neanche fossero in simbiosi che i loro corpi stavano reagendo allo stesso modo. Le loro mani tremavano, i loro occhi pizzicavano qualcosa che troppo avrebbe bruciato sul loro volto per farlo uscire. Lo stomaco prese a stringere, colpi forti e dolorosi, era come prendere dei pugni, una marea di fitte insopportabili. Alla gola, esattamente per tutto il collo, si era creato un nodo, stretta ben solida e spessa. La testa invece, quella era l’unica ad essere un peso unico, l’unica a voler davvero staccare da tutto, posarsi su un cuscino morbido, chiudere gli occhi e dimenticare tutto, andare avanti. Il resto del corpo, però, o meglio, la loro vera anima, era pronta per farlo?

“Come puoi dire che non me ne frega niente? Cosa ci starei a fare insieme a te? Perché starei lottando ogni giorni per provare a far durare tutto quanto? Cazzo, si che mi importa, mi importa più di ogni altra cosa al mondo”

Louis non riusciva a stare fermo, le sue mani non erano più ferme, e il cellulare a momenti l’avrebbe lanciato lontano, via, insieme a tutti quei ricordi e quelle promesse che sembravano infrangersi sotto i suoi stessi occhi, che di rimanere accesi ne erano stanchi. Sapeva che Harry non avrebbe mai iniziato una discussione del genere faccia a faccia, perché come ogni volta che accadeva, finiva per piangergli tra le braccia, e scusarsi fino a fare l’amore per farsi perdonare. Sapeva che Harry in quel momento si stesse odiando, perché sapeva che aveva sempre fatto di tutto per lui, per renderlo sereno, felice, ma ora, ora era al limite, e per quanto gli facesse male, l’unica cosa che poteva fare era difendere se stesso. Lo sapeva, e per questo non riusciva a rispondergli a tono, perché di fargli altro male, non ne era capace. 

“No, non è vero! Io non sono cosi importante per te!! Perché se davvero ti importasse di noi, se davvero ti importasse della nostra relazione, se davvero mi amassi come dici di amarmi, urleresti al mondo intero che le stronzate che pensano su di noi non sono tali, ma che davvero stiamo insieme…tu non lo fai Louis, io invece muoio dalla voglia di mostrarci, non ci riesco… non ce la faccio più”

Si aspettava parola per parola. Eppure, nonostante fosse preparato, non riuscì a controllare le prime lacrime che gli bagnarono le guance. 

“Mi avevi promesso che avremmo lottato fino alla fine, che saresti stato al mio fianco contro ogni cosa, che avremmo superato tutto insieme, non farlo, non crollare, non abbandonarmi” 

Harry si era diretto verso la spiaggia, che immensa e calda, sperava l’avrebbe tranquillizzato. Il rumore delle onde del mare, invece, sembrava colpissero dritte al suo cuore, come se quella forza tanto devastante si infrangesse sulle sue debolezze, tanto da non farlo reggere più in piedi. Non si rese neanche conto quando si lasciò cadere sulla sabbia, esausto, e privo di energie. Come avrebbe mai potuto immaginare che il suo Louis, la sua altra metà, quella più dolce, più solare, più bella, la stesse davvero perdendo?

“Come faccio a lottare se non ho più un minimo di forze? Lou, quand’è l’ultima volta che mi hai sentito veramente vicino? Quand’è che hai sentito, ultimamente, di essere davvero sereno insieme a me? Io non me lo ricordo, non riesco a trovare un ultimo momento passato insieme in cui non avevo paura che tu potessi sparire da un momento all’altro. Non c’è un solo secondo in cui io possa sorridere, felice, senza essere assillato da mille problemi. Siamo pieni di casini, e finche tu non vorrai accettare quello che sei, quello che siamo, non cambierà mai niente” 

Questo era decisamente peggio di quello che stava passando e sentendo Louis. Non gli aveva detto che lo odiava, non gli aveva detto che non voleva più stare con lui, che non lo amava, che voleva mettersi insieme a qualcun altro. No, aveva fatto di peggio, perché aveva detto che lui ormai, insieme a lui, non stava più bene. Il che era insopportabile, perché Louis con Harry, per quanto fosse complicato, ci stava da Dio.

La ferita bruciava da morire, e la rabbia, più verso se stesso che verso Harry, prese il controllo di lui.

“Cosa cazzo stai dicendo? Cosa stai cercando di dirmi Harry?! Non dire puttanate, io e te stiamo benissimo insieme, finiscila, finiscila subito” 

Accettare le realtà dei fatti a volte, è peggio che ricevere bugie. 

“Sto dicendo la verità, sto dicendo che è troppo difficile, e questo non è quello che voglio” 

Louis era sull’orlo di una crisi nervosa, i singhiozzi, quelli che a entrambi stavano soffocando il respiro, erano indomabili, come se fosse naturale piangere in quel momento, e impossibile fermarsi, impossibile interrompere quella sofferenza. 

Harry fece un respiro profondo, con le labbra bagnate che tremavano, e più prendeva realmente coscienza su quello che stava accadendo, più la voglia di spaccare qualcosa, rompere la faccia a qualcuno, o a se stesso, stava diventando irrefrenabile. La rabbia, l’odio, la delusione, le tristezze, tutto stava prendendo il sopravvento, e lui non seppe come reagire, se non nel modo che mai avrebbe voluto fare. 

“Cerca di capirmi, prova a metterti nei miei panni. Io sto soffocando, questa vita mi sta distruggendo, non posso più andare avanti così” 

Cos’altro avrebbe potuto dirgli, per farsi odiare di meno? 

Ma forse il problema vero era proprio quello, Louis non lo odiava affatto. 

“Palle, sono tutte palle, dì che non mi ami, dì che ti sei stufato di me, fai prima. Come fai ad essere così egoista? Come fai a pensare solo a quello che provi tu? Io non posso farcela senza di te, perché tiri fuori ste cose?! Non pensi a me cazzo?!” 

Sapeva di aver detto una marea di cazzate, e che Harry era tutto tranne che egoista, ma la rabbia e il rifiuto non lo resero lucido. 

“Egoista, Louis? Sul serio?! Come puoi dirmelo?! Cazzo come puoi darmi dell’egoista dopo tutto quello che sto passando per la tua scelta, per accettare i tuoi tempi e non darti nessuna fretta?!”

Non c’era parola meno appropriata che Harry si aspettava di sentirsi dire, proprio da lui, dall’uomo per cui stava lottando da anni. Quante volte si era messo in secondo piano, quante volte si era preoccupato solo di soddisfare i desideri dell’altro, pur di vederlo felice, pur di vederlo sorridere, anche se a lui, le sue scelte, lo facevano stare male. Non c’era stato un giorno in cui aveva preferito la sua felicità a quella di Louis, neanche un minuto. 

Se adesso lo stava facendo, se stava scegliendo se stesso per la prima volta, è perché si stava rendendo conto che se non era in grado di salvare se stesso, come poteva pretendere di salvare qualcun altro? 

No, non se l’aspettava una risposta del genere, non si aspettava in aggettivo tanto sbagliato quanto doloroso. Aveva reso tutti i suoi sforzi inutili, tutti i suoi combattimenti persi, e l’unica cosa che riuscì a fare per difendersi fu inviare l’ennesimo messaggio di risposta, senza forse, badare troppo alle parole:

“Ti odio”

Louis ringraziò che quel giorno al campo, in quel momento, fosse solo. I versi di dolore, quegli urli spezzati, interrotti per la troppa paura, interrotti per il terrore di non riuscire a smettere. Come avrebbe fermato questo dolore? Come avrebbe combattuto, adesso? Harry lo odiava? Come era possibile? Si era davvero comportato così male da farsi odiare? Ti odio , ti odio , ti odio. Quasi gli sembrava di riuscire a immaginarlo , mentre glielo diceva davvero, con la sua voce, che di cattivo non aveva niente. Un Harry così non l’aveva mai visto, era davvero la fine? Era davvero arrivato al capolinea? No, non poteva essere vero, eppure non riusciva a parlare, non riusciva a rispondere. Lo schermo del cellulare venne annebbiato dalle sue lacrime, le dita bagnate, il petto stanco, niente era più sostenibile. Cosa avrebbe dovuto dire adesso? Si sentiva così ridicolo.

“Ti rendi conto di quello che mi hai appena detto?”

“Non è possibile, no, non è possibile” prese un respiro profondo e il fiume di lacrime riprese a scendere. 

Si piegò in avanti, posò i gomiti sulle ginocchia e immerse il volto tra le mani, che stanche lo reggevano. Cercava di coprire quel pianto straziante, ma tanto che senso aveva ancora nascondersi? Il diamante che prima possedeva era tornato lontano anni luce, e per quanto fosse impossibile da accettare, non riusciva a reagire, a trovare altro coraggio. Non in quel momento.

“Lasciami stare, basta per favore. Mi sono già rovinato la giornata”

E io la vita, pensavano in realtà entrambi. 

“Vaffanculo Harry, è tutto quello che riesci a dirmi? Lasciami stare?” 

Harry stava lottando contro tutte le sue forze, era deciso a dare una svolta alla sua vita, era deciso ad aprirsi al mondo, ad ammettere che fosse gay, a non doversi nascondere ogni volta, stanco di subire battute squallide sul suo essere donnaiolo. Stanco di apparire come realmente non era, e se Louis non sarebbe stato dalla sua parte, questa volta, per quanto male avrebbe fatto, ci sarebbe riuscito. 

“Si, non ho altro da dire. Perché a te va bene così, mentre io mi sono stufato, non sto più bene” 

Ed era vero, perché Louis non era ancora pronto, e non avrebbe fatto ancora nessun passo in avanti. Ma così facendo, loro, come coppia, ne stavano facendo mille indietro. 

“Perché devi complicare le cose? È già difficile non averti qui” 

Ed è solo colpa tua, Louis. 

Sì, lo era, e lo sapeva bene. 

Non riuscì ad attendere troppi secondi che prese a mandargli raffiche di messaggi, a cui Harry però, non diede neanche attenzione, per paura di cedere, e ricaderci ancora. Si limitava a cancellarli, ancora prima di aprirli. 

“Non ci credo a quello che hai detto, non può essere vero che tu non con me non stai più bene”

“Cazzo Harry sono io, sono Louis, il tuo Louis, il tuo migliore amico, il tuo ragazzo, sono…sono perso senza di te, non puoi…non puoi lasciarmi” 

“Ti amo, ti amo e tu non mi odi, vero che non è così? Rispondimi, non ignorarmi” 

“Bravo, bel modo di risolvere le cose, è così che si supera tutto” 

“Dimmelo che non ami, dimmelo e ti lascio in pace. Dimmi che per te non sono più niente e quando ci rivedremo farò finta di niente, saremo amici, se è quello che vuoi, ma dimmelo” 

“Harry, dimmelo” 

Inviò solo un ultimo messaggio, più deciso e scosso che mai. Digitava i tasti con disprezzo, per quanto la decisione che stesse prendendo fosse stata la più triste e sbagliata in tutta la sua vita. Sapeva che era da fare, che non aveva scelta, o la sua anima non avrebbe mai vissuto in pace. Scrisse l’ultima parola e indirizzò il messaggio, ma non a lui, non ad Harry. Lo inviò, e l’adrenalina, per quanto la situazione fosse sbagliata, quasi lo fece rinascere. Per la prima volta stava facendo qualcosa che realmente aveva deciso lui stesso. 

Si era deciso. Se davvero Harry era pronto a troncare tutto, se davvero era convinto nel volerlo lasciare, allora avrebbe dovuto farlo come si deve, occhi negli occhi. 

“El, scusa, non è che possiamo vederci oggi? Domani devo prendere un aereo”

 

**

 

Appena scese dal taxi venne subito illuminato dalle luci dei grandi grattaceli. Si erano fatte le dieci di sera, e Los Angeles non gli era mai sembrata così bella come in quel momento. Il cielo non era scuro, ma un blu accesso, forse per le troppe stelle, o per il troppo movimento che rendeva quella città tanto rumorosa e caotica. Piena di vita era il termine giusto, l’esatto contrario del suo stato d’animo. 

Fermo, in piedi, davanti l’hotel in cui Harry alloggiava si chiedeva se essere lì fosse davvero quello che a entrambi avrebbe fatto meglio. Il freddo gli solleticava la pelle, ma i brividi che gli percorsero per tutto il corpo quando una voce richiamò la sua attenzione, era sicuro che non fossero per la temperatura. 

“Louis?” 

Si voltò, e sì, era proprio lei. Anne sorridente, in modo fin troppo dolce, si stava avvicinando a lui, e prima che lui potesse dire qualcosa lei lo abbracciò. 

“E tu che ci fai qui?” chiese sorpresa, allentando la stretta. 

“Oh, io …ehm” si grattò il capo, indeciso su cosa dire. 

“Louis! Scommetto che sei volato fino qui solo per la gara di domani!” arrivò Robin alle spalle di Anne, lasciando una pacca amichevole sulla spalla del ragazzo. 

Louis sforzò una leggera risata. In fondo, lui per quello sarebbe dovuto essere lì “sì, non ho resistito”. 

“Pensa che coincidenza, Harry è tre giorni che non parla d’altro” un sorriso spensierato, e Anne osservò meglio Louis, che gli sembrò all’istante stanco da morire. 

I capelli spettinati all’indietro, il viso asciutto, un giubbotto troppo grosso per essere suo, che solo dopo aver guardato meglio capì che appartenesse a suo figlio. 

“Tesoro, perché non inizi a salire in camera, io chiacchiero due minuti con Louis” disse la donna, con occhi che tralasciarono qualcosa che le parole non avevano riportato. Il marito capì al volo.

I tre entrarono nell’Hotel, ma solo l’uomo baffuto salì ai piani superiori. Louis, che si stava facendo guidare dal braccio di Anne, che gli circondava le spalle, si accomodò su un divano insieme a lei, nello spazio dedicato alle persone che alloggiavano in quella residenza. 

“Ti va un caffè?” chiese lei, gentilmente. 

“No, grazie” rifiutò perché sapeva che se solo avesse provato a ingerire qualcosa l’avrebbe di sicuro vomitato. 

Anne sospirò, e provò a sorridergli più sincera possibile. 

“Tu ne sai per caso qualcosa del rintanamento di Harry nella sua camera da ieri?” 

Louis venne come colpito in pieno, si era davvero chiuso in Hotel per tutto il giorno? 

“N-non so…forse è un po’ stressato” fissava il pavimento, incapace di guardarla negli occhi, perché il pensiero che era stato lui a rendere così suo figlio, lo faceva sentire tremendamente in colpa. 

“E tu Louis? Come stai?” poggiò una mano sulla sua spalla, in modo affettuoso. 

Anne si era sempre schierata dalla loro parte, si era sempre preoccupata che i due andassero d’accordo, perché sapeva benissimo quanto Harry fosse innamorato di quel ragazzo. Sapeva quanto il figlio, anni prima, fosse stato tanto insicuro e sensibile prima di dichiararsi con lui. L’aveva sempre sostenuto, e non avrebbe mai smesso di farlo, perché solo lei, sua madre, poteva realmente capire quanto suo figlio ci tenesse davvero a Louis. 

“Sono stanco” e il suo tono di voce trasudava la straziante verità che le sue parole nascondevano. 

 “Ascoltami, tesoro” la donna massaggiò la sua spalla, sperando di rilassarlo, o trasmettergli quel poco di affetto di cui lui sembrava avesse bisogno “io non voglio mettermi in mezzo, lo sai come la penso, ma se c’è qualcosa di cui vuoi parlarmi, se hai bisogno di sfogarti, io ti posso anche solo ascoltare, senza dire niente” 

Louis non rispose, la sua espressione delusa era più che abbastanza come richiesta di bisogno di aiuto, e Anne decise di provarci.

“Sappiamo entrambi quanto Harry sia innamorato di te, vero? Non abbatterti, sono sicura che qualsiasi cosa sia successa possiate risolverla”

Gli sembrava così facile adesso, con quelle parole confortanti. Ma Anne non era Harry, Anne non sapeva cosa potesse passare Harry sotto la sua pelle, Anne semplicemente non ci era dentro, mentre loro due forse, lo erano fino al collo, forse fin troppo. 

“Non è così semplice” ammise tristemente.

“Sai cosa penso a volte?” riprese lei, per niente persa d’animo “penso che Harry sia ancora così giovane, che forse neanche si rende conto del vostro amore, perché è ancora un ragazzino” iniziò a dire fermando la mano che prima lo massaggiava “poi lo guardo insieme a te, o semplicemente lo ascolto parlare quelle poche volte che si confida su come va tra di voi, su quanto sia felice che tu faccia parte di questa parte importante della sua vita, e allora capisco che non è così, che non è incosciente su quello che sta accadendo tra di voi, anzi, tutt’altro, ne è pienamente consapevole, e forse è per questo che , rendendosi conto che la vostra sia una storia così vera e così speciale per lui, che forse non vuole sprecarla adesso” 

Louis spostò lo sguardo su di lei, che a parole semplici, dettate dal cuore, provava a farsi capire “Forse questo non è semplicemente il momento adatto, forse avete solo bisogno di tempo, come forse ne ha bisogno anche lui. Io credo che più andrete avanti, più maturerete, e più la vostra relazione migliorerà giorno per giorno, perché adesso state ancora crescendo, e avete così tante cose nuove da scoprire, da imparare, che la vostra storia passa in secondo piano, e quindi forse viene poco curata” 

Solo adesso, Louis, capì il punto del discorso, solo quando realizzò davvero cosa volesse dire con parola per parola, che allora sentì una fortissima fitta al cuore. 

“Te le ha dette lui queste cose?” chiese di fretta. 

“No no, assolutamente” rispose lei, sincera “questo è solo quello che penso io” sospirò , perché l’espressione di Louis era tutta tranne che serena o felice “tesoro, il vostro è solo l’inizio di qualcosa, non deve essere per forza una fine definitiva” 

Ma io ci muoio senza di lui. 

Era sicuro che Anne cercava solo di tirarlo su di morale, che quello che aveva detto era solo per rasserenarlo, per trovare lati positivi, e sperare magari in un suo sorriso. 

Ma la realtà era un'altra, Anne aveva detto quelle cose con un obiettivo ben preciso: motivarlo. 

E ci era riuscita alla grande. 

“Ho bisogno di vederlo” rispose infine lui, alzandosi, stringendosi meglio il piccolo zainetto a spalle.

Accettare una separazione da Harry? No, non era nei suoi piani e mai lo sarebbe stato. 

“Sì, certo” sorrise , alzandosi anche lei “è al terzo piano, stanza 234”. 

Louis annuì, improvvisamente in ansia di arrivare alla sua camera e averlo faccia a faccia. L’attesa lo stava distruggendo. Si voltò solo un ultima volta, per sentire quelle ultime parole che Anne gli volle dire prima che affrontasse il figlio. 

“Ricordati Lou, se sono rose fioriranno”

Un sorriso forzato, e poi dritto all’ascensore. Avrebbe smentito le sue teorie.

Non provò nulla, non c’era una parte del suo corpo che riusciva a sentire pienamente viva, non un solo muscolo dava segno di reazione, di forza, non fino a quando si fermò davanti ad una porta, che per chiunque sarebbe stata una banalissima porta scura, ma che per lui segnava l’inizio o la fine del suo inferno. 

Due colpetti a quel legno tanto stabile, e poi dopo, solo il rumore del suo cuore, che accelerava forse più forte del dovuto. 

Non riuscì a definire bene quello che sentì di provare non appena lo vide, perché erano troppi i sentimenti che lo pervasero, fino a perdere la voce e seccarsi la gola. La prima cosa che notò, forse la più devastante, era quanto bello, bellissimo, fosse Harry. Sapeva che purtroppo questa cosa non sarebbe mai riuscito a cambiarla, che per quanto le cose si sarebbe evolute nel corso del tempo, lui avrebbe sempre, costantemente trovato Harry l’essere più bello dell’intero universo. 

In secondo piano, che quasi si dannò per non averlo notato subito come punto più importante, era quanto il suo aspetto non fosse per niente accogliente, o come si dice di “bell’aspetto”. Il suo volto era dannatamente triste, vuoto, e senza un briciolo di vivacità. Gli occhi, che quasi erano chiusi in due fessure, sembravano stanchi, come se quel giorno avessero perso tante di quelle lacrime che ora, svuotati del tutto, avevano soltanto bisogno di riposare per riprendersi. Il suo verde, che Louis aveva sempre trovato caldo, rilassante, quasi dolce, come se trasmettessero affetto e amore anche soltanto guardandolo, quella notte era spento, c’era una strana oscurità che li avvolgeva, e che sembrava non avesse intenzione di lasciarli andare. 

Come terza cosa, che tanto gli fece venire voglia di piangere, aveva notato che indosso Harry, aveva una sua felpa. L’istinto gli stava gridando di avvicinarsi, buttarsi tra le sue braccia e stringerlo forte, per sentirsi finalmente a casa. Gli era mancato così tanto, eppure, appena Harry aprì bocca, quella carne rosea e carnosa che tanto amava baciare, nonostante ce l’avesse a pochi centimetri da lui, lo fece sentire lontano chilometri. 

“Tu…che fai qui? Perché sei venuto?” il tono arrabbiato che Harry sperava di far uscire, fece prendere posto ad una voce più calda, più debole, meno forte. 

“Avevo bisogno di parlarti” la decisione che sperava di tirare fuori era scomparsa. 

Mancava così poco, che Louis scoppiasse in lacrime. 

Harry lo osservò titubante, i suoi occhi ,la sua sicurezza, vacillò per qualche istante, Louis se ne accorse, ne era certo, aveva quasi sperato che cedesse, che finalmente gli avrebbe buttato le braccia al collo. Ma niente, non un altro movimento che Louis potesse percepire come arresa, nient’altro che lo potesse far stare meglio.

“Io non ho niente da dirti” rispose a denti stretti, perché quello che gli stava dettando il cuore era tutt’altro. 

Voleva farcela, voleva scegliere la sua felicità almeno per una volta. 

Ci volle qualche istante prima che Louis potesse rispondergli, perché il nodo che aveva in gola, lo stesso che non gli permetteva di respirare in modo regolare, senza evitare di sentire sensi di nausea costantemente, non era per niente dalla sua parte. Le lacrime erano lì, erano pronte, calde e pungenti, ma Louis doveva farcela, lui era andato lì per lottare, per farsi vedere più forte, perché se si faceva vedere debole aveva paura che Harry ne avrebbe approfittato e avrebbe portato avanti ancora questa sua stupida idea, perciò era compito suo adesso prendere in mano la situazione, anche se il modo in cui, quasi lo implorò di entrare in camera sua, non sembrava il tono di un uomo autoritario. 

“Ti prego, fammi entrare” 

Gli occhi di Harry di nuovo sussultarono, di nuovo gli sembrò insicuro su come reagire. 

“Non credo sia-” 

“Harry, ti prego” lo implorò ancora, provando ad addolcire il tono di voce senza piangere.

Lui semplicemente lo guardò, sembrava quasi in pena, indietreggiò un po’, e lasciandogli lo spazio necessario per passare, lo fece entrare. I due si trovarono entrambi nella stanza buia, con quella poca luce calda che dava la bajour sul comodino affianco a letto matrimoniale. 

Harry si strinse le spalle, si massaggio le braccia, come quando si fa per il freddo, come per scaldarsi, Louis invece rabbrividì, perché ancora sentiva il forte bisogno di stringerlo a sé. Rimase immobile, indeciso se poggiare o meno lo zainetto per terra, e lo osservava, mentre l’altro posò ancora gli occhi su di lui, ma che subito spostò altrove, come se aver fatto incontrare il loro occhi fosse stato un gravissimo errore. 

“Allora…cosa devi dirmi?” la sua voce sembrava quasi impaziente. 

“In realtà sei tu che devi dire una cosa a me” un piccolo passo verso di lui, e uno indietro da parte sua come risposta.

“Ti ho già detto che io non ho niente da dirti” ribadì, più severo di prima.

“Sono venuto fino qua per te, cazzo, non puoi dire che non hai niente da dirmi” 

Risposta sbagliata. Reazione dell’altro ancora peggio. 

“Tu sei venuto qui soltanto dopo averla incontrata! Le foto le ho viste! Hai preferito uscire con lei che venire subito da me!!” la rabbia lo fece gesticolare, e il tono di voce impercettibilmente si alzò. 

Era furioso, e aveva l’estremo bisogno di tirare fuori la rabbia che lo aveva assalito per tutto il giorno, se non per anni. Non era facile sopportare quelle foto, quei video, quelle notizie, gli articoli, ogni cosa su di loro, ogni cosa che riguardasse Louis insieme ad Eleanor lo mandava fuori di testa. C’era stato un periodo in cui era stato sicuro di aver toccato il fondo, in cui sapeva che la speranza, l’ultima che sarebbe dovuta morire, l’aveva abbandonato, così come gli sembrava stesse facendo Louis. Ricordava quanto fosse stato doloroso, quanto quella sensazione di sentirsi inutile, solo, e completamente senza aspirazioni, desideri, voglia di migliorare, lo facessero sentire un anima persa, in chissà quale lato oscuro del mondo. 

Era stata dura, ancora si chiedeva come fosse riuscito a superarla, e l’unica cosa a cui poteva dire “grazie” era il tempo. Il tempo aggiusta tutto, ripara i danni, e annega i ricordi. I flashback che lo colpivano in piena notte era quasi ormai del tutto spariti, erano sempre più rare le volte in cui si svegliata sudato, in panico totale, lanciando un urlo strozzato di cui lui neanche si rendeva conto. Quei periodi erano passati, il peggio l’aveva superato, e non era pronto per ricaderci, adesso doveva salvarsi, prima che poteva, prima che sarebbe di nuovo caduto in quella trappola mortale. 

“Io…” provò a dire Louis, allentando il tono “ora sono qui”.

“A me non basta!!” un altro urlo di rabbia, e il volto di Harry, contratto dal dolore e dal nervoso fece scendere la prima lacrima di Louis.

“Non ne posso più di nascondermi, sono stufo che mi devono dire ogni volta cosa posso o non posso fare! Non capisci che a me così mi fanno sentire solo fottutamente sbagliato, e io  non voglio” le urla diventarono un sussurro“…non voglio sentirmi così”

Louis fece altri passi verso di lui, e tendendo le mani in avanti, provando ad afferrare quel viso che sembrava avesse soltanto bisogno di attenzioni e cure, venne scansato debolmente da Harry, che ancora indietreggiò, poggiandosi all’angolo del letto. 

“Harry, tu non sei sbagliato” cercava i suoi smeraldi, che si sforzavano di scappare dal suo oceano, dalla sua  vera casa. 

“Allora spiegami” gli rispose tremante, a testa bassa “spiegami perché ti amo così tanto nonostante non sia possibile stare insieme, spiegami perché voglio qualcosa di irraggiungibile, spiegamelo perché almeno proverò a farmene una ragione, e smetterò di dannarmi”. 

Louis sentiva il caldo delle lacrime cadergli per le guance, sentiva i forti brividi lungo tutta la schiena, sentiva ogni cosa, solo adesso che Harry finalmente si stava aprendo, e tutto riniziava a prendere vita. 

“Lo sai qual è l’unica risposta che posso darti” sollevò un braccio, per quanto lo sentisse in quel momento, e con estrema cura e delicatezza, chiudendo la mano in un pugno morbido, sfiorò con le proprie dita quella pelle candida che apparteneva alle guance del suo compagno. Solo quando riuscì ad avere un vero tatto con il suo viso, allora sentì quelle goccioline tanto pesanti da mandare via. Harry non disse niente, lasciò che Louis potesse accarezzargli il viso bagnato dal pianto continuo, e lasciò che il suo cuore facesse un ennesimo salto nel vuoto, sicuro che questa volta non ci sarebbe stato più ritorno. 

“Ti amo, Harry” l’attimo dopo realizzò quel desiderio che non riusciva più a controllare.

Non mollò la presa al suo volto, anzi, spostò le mani dietro la sua nuca e senza rifletterci troppo a lungo la posò sulla sua spalla, così da poterlo avvicinare a sé in un abbraccio. I loro corpi, quasi imbarazzati di toccarsi, erano premuti l’uno all’altro, e Harry, dopo pochi secondi titubanti, posò entrambe le mani ai lati dei fianchi di Louis, più piccoli che mai. 

“Va via” bisbigliò piano Harry, ancora incastrato con il corpo di Louis.

Quelle parole, per quanto fossero dette in modo per niente convincente, a Louis avevano fatto male da morire. 

Dove vado io senza di te? 

“Non voglio” strinse i suoi capelli in modo possessivo, e voltando la testa, immerse il naso tra i suoi ricci per aspirarne il profumo. 

“Sto bene qui” disse ancora, quasi estasiato da quell’odore “è l’unico posto in cui voglio essere”.

“No, non va più bene” strinse le dita attorno alla sua giacca “torna a casa”.

Le labbra del più grande sfiorarono la sua guancia, per poi schiudersi in un sussurro all’orecchio dell’altro.

“Io sono già a casa” 

“Louis…” allentò di poco la presa, con l’intento di allontanarsi, ma le mani di Louis strette al suo volto non glielo permisero. 

“Harry, non scappare, non da me” 

Harry , fermo, con il viso distante a pochi centimetri da quello del suo compagno, stava cedendo. Rifiutare qualcuno di cui sei follemente innamorato era una pazzia, e lui lo sapeva bene. Non era riuscito a scegliere se stesso in tutti questi anni, come poteva scegliersi in una sola notte? Come poteva buttare tutto all’aria?

Le paure, la solitudine. 

“Io non scappo da te, ma non voglio più averti in questo modo” ribadì stanco, lasciando in definitiva il suo giubbotto.

Le parole di Anne rimbombarono nella testa di Louis, no, non stava succedendo davvero, non poteva essere reale. Doveva tenerselo stretto a sé. 

“Cambierò, te lo giuro” sfregò piano i pollici contro la sua pelle “non lasciarmi”.

Dal lottare come sperava, si era trovato a pregarlo di rimanere insieme a lui.

“Tu dici sempre così” abbassò lo sguardo, sulla sua giacca che indossava l’altro “e io ti credo ogni volta”.

Un sorriso spontaneo alla vista di quell’indumento, un sorriso leggero, che fece fare una capriola al cuore di Louis. 

“Tu infatti devi credermi, fai bene a farlo. Perché ti prometto che sarà diverso, non sarà più così, fidati di me” quelle parole per quanto voleva che fossero reali, lo spaventavano, e il desiderio di scappare da quella situazione era forte, quasi incontrollabile, ma c’era qualcosa a trattenerlo, lo stesso ragazzo che adesso, afferrando la cerniera della sua giacca, la tirava con forza verso il basso, prima di fiondarsi sulle sue labbra con prepotenza. 

Quelle parole che Harry aveva già sentito e risentito, non era riuscito a fare a meno di assorbirle come ossigeno. Perché quelle parole, quelle promesse, gli davano speranza, gli lasciavano credere che forse in un futuro, magari non troppo lontano, loro due avrebbero potuto vivere la storia d’amore che tanto desiderava. Finalmente sarebbe stato suo, finalmente il suo sogno si sarebbe realizzato. 

Ma le condizioni, doveva chiarirle, e anche subito, perché sapeva che una volta che le mani di Louis avrebbero sfilato i suoi boxer, non avrebbe capito più niente, e si sarebbe fatto fare qualsiasi cosa. 

“Promettimi una cosa” riuscì a fiatare durante quel bacio con tale trasporto, da avergli già risucchiato tutto il respiro, sentendosi quasi in apnea. 

Louis non rispose, non fece nessuno cenno per fargli capire che lo stesse realmente ascoltando, anzi, afferrandolo dai fianchi, lo fece roteare e con forza lo sdraiò sul materasso per poi salire sopra il suo corpo.

Non aveva intenzione di stargli lontano neanche per un attimo.

“Lou, promettimi che quello che hai detto lo farai davvero”  un ansimo sconnesso, nel bel mentre di un succhiotto in crescita sulla parte destra del collo. 

I suoi ricci, tirati in modo feroce dal suo compagno, erano scomposti sopra il lenzuolo, le sue mani scorrevano veloci sotto la maglia di Louis, ormai svestito dal suo giubbotto finito sul pavimento, e i loro corpi, in continuo movimento, non smettevano di contrarsi e sfregarsi tra di loro.

“Te lo prometto” rispose Louis, di nuovo sulle sue labbra “ti prometto ogni cosa”.

Qualsiasi cosa, pur di averti con me. 

Si baciarono ancora, e ancora, fino a perdere il fiato, fino a bagnarsi mento, labbra, e anche le loro parti intime. Si baciavano come se finalmente dopo giorni passati in un infinito deserto , stessero bevendo dell’acqua freschissima. Si stava baciando e il resto del mondo in quel momento non faceva più rumore, quella stanza ormai era l’unica cosa che contava per loro, il resto poteva anche sparire.

I loro sapori, le loro lingue intrecciate, erano tutto ciò che realmente entrambi volevano. Nient’altro, non avevano mai desiderato nient’altro così ardentemente in vita loro. 

Non passarono troppi minuti prima che Harry sfilasse la maglia di Louis e viceversa. I loro petti nudi si incontrarono, e i loro cuori, che battevano all’impazzata al di sotto di essi, si toccarono in un unico e lunghissimo bacio. 

“Se non fosse così lo sai che-” provò a dire sulle sue labbra, che però lo interruppero. 

“Shh, non dirlo” sussurrò , perché anche il solo pensiero lo uccideva, figuariamoci dirlo ad alta voce. 

“Ti amo, Harry” proseguì, accarezzando i suoi fianchi, bianchi come la schiuma del mare “ti amo da morire”. 

Il più piccolo deglutì, e senza che l’altro potesse dirgli niente, afferrò da solo il proprio elastico dei boxer e con fatica provò ad abbassarli. Voleva essere suo, all’istante. 

“Sapessi quanto ti amo io” rispose dopo essere nudo, e solleticare la pelle dell’altro al di sopra dei suoi boxer. 

Louis non perse tempo nell’aiutarlo, spogliandosi anche lui, prima di afferrare le gambe dell’altro e intrecciarsele dietro la schiena. Rimani stretto a me. Questa era completezza, era essere del tutto soddisfatti e sazi dalla vita. Questo era amore, il calore del proprio corpo che senza quello del proprio amato era come nullo. Questa era vita, la stessa che volevano passare entrambi l’uno nelle braccia dell’altro. 

“Tua mamma aveva torto” bisbigliò, mentre il riccio massaggiava la sua erezione. 

Entrambi osservarono quell’atto intimo, e entrambi dopo averlo fatto cercarono gli occhi dell’altro. Consapevolezza. Era questo quello che provavano e volevano provare ogni volta. Consapevolezza di sapere che quello che stava accadendo era reale, che non era tutto un sogno, che dopo mille ostacoli loro erano ancora lì. Consapevolezza che, quegli attimi così pieni e vivi, li stavano vivendo con la persona che davvero amavano, più della loro stessa vita. 

Toccava a Louis scegliere adesso. Harry era nelle sue mani, come lo era sempre stato. Harry non aveva paura, Harry voleva concedersi a lui, sempre, e per sempre. Louis per questo ne era grato, Louis lo sapeva bene quanto Harry fosse innamorato, su quante cose avrebbe fatto ancora per lui, e sapeva che ora toccava a lui tirare fuori soltanto una cosa: il coraggio

Ce l’avrebbe fatta? 

“Mia mamma?” chiese corrugando di poco la fronte, frizionando poco la mano sopra la lunghezza dell’altro. 

“Sì, dice che forse questo non è il nostro momento” gli rispose ad occhi chiusi, con la fronte poggiata sulla sua. 

Lasciarsi trasportare dai suoi tocchi era ogni volta così naturale… 

“Ma il momento è adesso” riprese, lasciandosi sfuggire un piccolo gemito, appena Harry sfregò con poca delicatezza il suo nervo “e noi siamo qui” altra reazione di piacere “insieme”. 

Harry lo ascoltava, lo guardava, e soprattutto lo sentiva. Louis non se ne sarebbe mai andato, qualsiasi sarebbe stato il loro destino. Louis era in lui, in ogni piccola parte del suo corpo. Poteva sentirlo negli occhi stanchi alla mattina, quando si stirava nel letto assonnato. Poteva sentirlo nei muscoli che tiravano nelle gambe quando si dedicava alla corsa. Poteva sentirlo nelle mani, quando le sfregava sotto il getto d’acqua fresco del lavandino e con cui sciacquava poi la faccia. Poteva sentirlo dentro la testa, quando ascoltava la musica alla radio. Poteva sentirlo nello stomaco, quando aveva fame, e quando divorava ogni piccola cosa che trovava davanti. Poteva sentirlo sulle labbra, quando secche, le spalmava di burrocacao. Poteva sentirlo al di sotto del petto, quando un film gli entrava dritto nel cuore. Poteva sentirlo nella propria voce, quando cantava, e poteva sentirlo sotto la pelle, direttamente dentro le vene, quando semplicemente, lui viveva. Per questo, il pensiero di una loro rottura non lo spaventava forse quanto avrebbe dovuto, perché per quanto questa piccola parte potesse ritenerla felice, davanti ad una tragedia simile, era la parte che gli ricordava che Louis era sempre in lui, e mai l’avrebbe abbandonato. Louis era per sempre, su questo ne era certo. 

“Sì, siamo qui” ribadì Harry, scaldando le labbra dell’altro con il suo respiro “ora entra, ti prego”. 

Louis non riuscì a non farsi scappare un sorrisetto per niente serio, quasi simile ad un ghigno. Ma non poteva farci niente se con Harry controllarsi era uno dei suoi ultimi pensieri, o almeno, non quando erano insieme da soli e nessuno poteva vederli. 

Quando i loro corpi finalmente si unirono del tutto, Harry strinse le gambe attorno ai fianchi di Louis e intrecciando le braccia al suo collo, si fece baciare ancora, come se altro non riuscissero a fare. Erano in sintonia, i loro momenti quasi armonizzati tra di loro, erano in sincroni l’uno con l’altro. Le loro labbra, che quasi non volevano staccarsi tra di loro neanche per prendere fiato, si stavano consumando, fino a gonfiarsi, fino a stancarsi. Le mani di Louis, loro, erano le uniche lente, calme e rilassate. Accarezzavano con una strana lentezza i riccioli sudaticci di Harry che cadevano scomposti ai lati del suo volto. Cercava contatto, lo cercava di continuo, perché per quanto i due in quel momento stessero vivendo una delle loro migliori notti d’amore, sapeva che se lui il giorno dopo lui non sarebbe cambiato, quello, potevano definirlo come un addio. Sapeva che quella poteva essere la prima di una lista infinita, come l’ultima di un momento prezioso della loro vita. Sapeva che Harry ora aveva ceduto perché gli aveva creduto, si era di nuovo affidato a lui, alle sue parole, ai suoi occhi, e al suo cuore. Harry era nelle sue mani, toccava a Louis decidere cosa farne. 

Tenerlo con sé, o ridurlo in frantumi. 

 

**

 

Un raggio caldo attraversava la finestra della camera dell’hotel, e delicatamente accarezzava il viso di Harry. Il ragazzo mugugnò un verso infastidito dalla troppa luce mattutina in camera, e coricato ancora a pancia in giù, completamente nudo, si decise ad aprire gli occhi. Il resto del letto era vuoto. Non c’erano tracce di biglietti però, per cui allontanò l’idea che Louis fosse potuto scappare da lì. Stirò le braccia e circondò il cuscino su cui durante la notte aveva dormito sereno il suo compagno, fino a portarselo al proprio fianco. Lo strinse forte, come se al posto suo ci fosse davvero il proprietario di quella fragranza che sempre lo faceva rinascere, e infine chiuse ancora gli occhi. 

Ripensare alla notte prima lo fece rabbrividire, fino a quasi sentire freddo. Louis non se n’era andato vero? Gliel’aveva promesso, non poteva ferirlo, non ancora. Rivedeva il suo corpo sopra al suo, quei movimenti così morbidi e leggeri, così semplici da incastrarsi insieme. Sentiva ancora le sue mani accarezzargli il corpo nudo, come aveva fatto per tutta la notte. Entrambi pensavano che il tatto avesse un ricordo, e il pensiero che Louis l’avesse toccato di continuo solo perché poi l’avrebbe lasciato lo fece andare in panico di colpo. Si sollevò di scatto dal materasso, e tenendo ancora stretto il cuscino, si guardò attorno. La camera era completamente vuota, non un suo solo vestito in giro, neanche il suo stupidissimo zainetto. 

“Tua mamma aveva torto”

“Mia mamma?”

“Sì, dice che forse questo non è il nostro momento” 

Ennesimo flashback della notte passata insieme a lui, ma queste parole rimbombarono nella sua testa più forti che mai. Perché era andato via se sua madre aveva torto? E se avesse…cambiato idea? Il solo pensiero gli fece storcere lo stomaco. 

Si alzò dal letto e arrivando al bagno si sciacquò la faccia , che se appena sveglio era rilassata, ora era sull’orlo di un pianto frustrante. Si guardò allo specchio provando a pensare, a riflettere su quello che era accaduto, ma l’unica che riuscì a vedere furono i morsi e succhiotti di Louis, perché il suo collo aveva ben due segni violacei in bella vista. Li graffiò quasi con rabbia prima di fiondarsi sotto la doccia. Completamente fredda. 

Aveva pensato a lungo sotto il getto d’acqua gelida, ogni suo pensiero era uscito fuori e lui era riuscito a farsi una teoria. La rabbia iniziale, la delusione che lo avrebbe accompagnato per sempre, per un attimo le aveva dimenticate , perché si era concentrato su quello che lo avrebbe fatto stare meglio. Louis se n’era andato, e questo voleva dire che, nonostante la notte passata insieme, nonostante le promesse, aveva capito che ancora non era pronto ,che forse quello davvero non era il loro momento. 

Lo avrebbe accettato, sì, lo avrebbe fatto davvero. 

I motivi erano semplici, lo amava più di se stesso. 

Alla fine Louis era semplicemente stato ai patti con Harry: o cambiavano le cose tra di loro, oppure sarebbe finita. Non poteva dannarsi, non più, perché quella decisione, in un certo senso, l’avevano presa insieme. 

 

Quando arrivò alla spiaggia la prima cosa che lo colpì fu l’odore rinfrescante e quasi rigenerante dell’oceano. Il rumore delle onde quasi lo cullava, e la grande folla, insieme ai presentatori della gara di surf, che urlavano ai megafoni, erano una grande scusante per non pensare. Non era forte il vento di quella mattina, ma tirava abbastanza da rendere meno insopportabile quel caldo afoso, che fu la seconda cosa a colpirlo in pieno viso, seguito da un altro flashback della notte prima. 

“L-Louis” la voce di Harry era un tremolio continuo, come se non riuscisse a rilassarsi.

Il più grande stava lasciando sul suo petto un immensa costellazione di baci morbidi e umidi, non solo perché amava ogni parte del suo corpo, e quindi adorava dedicarci tempo e attenzioni, ma anche perché sperava di rilassarlo e rendere meno affannoso il suo respiro. 

“Ehi, amore, sono qui” un ultimo bacio sulla clavicola destra prima di tornare di fronte alle sue labbra, rosse, rossissime di baci. 

Il riccio annuì debolmente, e la presa ai capelli del suo compagno la fece più stretta, quasi più rude.

“Ti faccio male?”

“No, non fermarti” chiese quasi con un filo di implorazione nella voce. 

“Ok, non mi fermo” gli sorrise appena, prima di riprendere a far scivolare l’erezione calda e pulsante dentro la sua apertura, ormai perfettamente dilatata. 

Risalire in superficie per poi riaffondare dentro il corpo accogliente del più piccolo, per Louis era un orgasmo continuo, un brivido unico, un piacere che nessun’altro o nient’altro avrebbe potuto competere. Le gambe strette al suo bacino quasi lo incitavano ad andare più veloce dentro di lui, le mani tra i suoi capelli gli facevano perdere i sensi. Era sempre così con Harry, sempre troppo, sempre più del dovuto. Controllarsi, darsi un limite nei loro momenti di intimità era impossibile. Si sentivano come nessun’altro al mondo. Una sola carezza in un determinato posto a loro faceva la differenza. 

Il problema è che si desideravano così tanto … 

“Dimmi che non mi lascerai” questa volta fu Harry a pregarlo, Harry ad aver paura che potesse essere lui quello lasciato. 

“Dimmi che resterai con me per sempre” 

La sua voce roca suonava melodiosa alle orecchie di Louis, che, afferrando le sue mani, le intrecciò alle proprie, ben strette sopra la testa del più piccolo. Riusciva a sentire solo lo schioccare delle loro intimità toccarsi, lo sbattere dei testicoli sulla pelle dell’altro, e respiri caldi e irregolari di entrambi. Poteva ritenerlo il paradiso. Immerse gli occhi nei suoi, lesse ogni paura e insicurezza del suo amante, e di riflesso vide anche le proprie. Era sicuro che fosse arrivato il momento di salvarsi entrambi. 

“Te lo prometto, piccolo. Ti terrò con me per tutta la vita” un respiro affannato e un bacio incasinato, che diventò presto più intenso, dovuto all’orgasmo finale del più grande. 

Riempì il riccio del suo seme caldo, e senza scostarsi da lui, rimase a pochi millimetri dal suo viso, per poterlo ammirare in tutta la sua bellezza. Sembrava così indifeso. Le guance chiazzate di rosso ,i ricci incasinati, quel poco sudore che rendeva lucida la sua pelle…era uno splendore e Louis non se lo sarebbe fatto scappare. 

Harry riemerse dal ricordo solo dopo che un ragazzo, pronto a tuffarsi in mare con la tavola da surf insieme ad un suo amico, lo spintonò dalla spalla senza volerlo.

“Idiota, che cazzo fai?!” rise rivolgendosi all’amico.

Lo sorpassò, e girandosi velocemente verso di lui, gli chiese scusa, prima di correre verso le onde. Harry non si era accorto che stava piangendo, non finché provando a dire un “non fa nulla” gli uscì un tono straziante che si bloccò in gola per lasciare spazio al fiume di lacrime. 

Non riusciva a crederci che dopo tutte quelle parole Louis ora non lì insieme a lui. Per quanto si sforzasse di pensare che era meglio così, che non poteva obbligare Louis a fare una vita che non voleva, non riusciva a non sentire la sua terribile, terrificante, mancanza. Gli sembrava di non riuscire a respirare, ogni cosa che aveva attorno a lui aveva smesso di avere significato. Voleva conforto, voleva smettere di singhiozzare in silenzio, in pubblico, davanti a chissà quante persone. Doveva calmarsi, ma le immagini vivide del suo amante erano ben impresse nella sua testa e nel suo cuore. La sua voce angelica ancora risuonava nei suoi pensieri, i suoi baci morbidi e delicati ancora lo facevano sentire amato, e quelle promesse, quei sentimenti dettati dal cuore, gli fecero riflettere infine che, per risentirseli dire, avrebbe aspettato anche tutta la vit-

“Certo che avresti potuto aspettarmi!” 

No, non poteva essere vero. 

Si voltò a fatica, il terreno sotto i piedi non riusciva a sentirlo, ed era sicuro di essere sul punto di svenire. Sollevò lo guardò dalla punta ai piedi della persona che aveva davanti e sì, era davvero Louis. Indossava un costume a pantaloncino a tema floreale, una canottiera bianca , delle infradito, una delle sue fasce tra i capelli tirati all'indietro, e aveva appena poggiato a terra una borsa enorme rettangolare. 

“Ma tu…stai piangendo” non ebbe il tempo di completare la frase che il più piccolo si coprì il viso con le mani e forte riprese a piangere.

Lacrime di sollievo, lacrime di gioia. Tutto il male stava svanendo, le onde rumorose questa volta gli sembravano più calme, il sole afoso questa volta gli parve meno fastidioso ma più caloroso e accogliente. In quel momento tutto quello che aveva attorno sembrava lo stesse cullando, e finalmente riusciva a sentire di nuovo la sabbia al di sotto delle proprie infradito. 

Louis si guardò attorno, indeciso e impaurito sul come reagire. La decisione l’aveva presa, ora doveva solo tirare fuori le palle. 

“Perfavore, smettila, perché stai piangendo?” sembrava quasi un lamento. 

“Questa mattina io…” iniziò con un tono di voce imbarazzante per colpa del pianto “…pensavo te ne fossi andato”.

“Mannò scemo, ero andato a comprare due tavole da surf” gli indicò il grosso borsone nero sospirando di sollievo, e Harry scoprì appena gli occhi per guardarlo “pensavo fosse arrivato il momento di insegnarti qualcosa”.

Si lasciò sfuggire un colpetto di risata, ma Harry invece si innervosì, perché si sentì preso in giro.

“E la tua roba, allora? In giro non c’era niente, neanche un fottuto biglietto!” brontolò scazzato, iniziando a gesticolare come la sera prima. 

Fortunatamente le lacrime stavano diminuendo. L’altro corrugò la fronte e si grattò i capelli, già bollenti per il sole caldo. 

“Ho lasciato tutto nell’armadio, sai, di solito e lì che si posa la roba” 

Harry lo squadrò come si squadra una zanzara che ti ha appena succhiato il sangue e devi decidere come meglio colpirla per ucciderla. 

“Non potevi svegliarmi quando uscivi, o che ne so, mandarmi un semplice messaggio?” continuò sempre meno convinto con la sua teoria di avere ragione, perché adesso un altro allarme si era acceso nella sua testa.

Se Louis adesso si trovava lì, se Louis quella mattina non era scappato, voleva dire soltanto una cosa: voleva mantenere le promesse della notte passata insieme. 

“Pensavo che ti avrei trovato ancora a letto quando sarei tornato, tutto qui” fece delle semplici spallucce e poi un sorriso smagliante come scusante. 

Harry ora doveva arrivare al dunque o sarebbe impazzito. 

“Cosa ti ha fatto cambiare idea?” chiese sicuro, asciugandosi con i palmi delle mani le ultime lacrime che gli avevano bagnato le guance. 

Louis scrutò per un attimo la sua espressione, che era sicura e diffidente. Aveva capito a cosa Harry si riferisse, e aveva capito che prima di avere di nuovo una vera relazione con lui , voleva delle conferme. Voleva sapere che le promesse che gli aveva fatto la notte prima le aveva mantenute, e quindi, voleva dimostrazioni. Il suo cuore improvvisamente, prese a battere più forte del normale. 

Tu” rispose semplicemente, a tono morbido “questa mattina ti ho guardato a lungo prima di alzarmi dal letto, e…” sorrise imbarazzandosi, spostando lo sguardo altrove per alcuni istanti “…avevi un espressione così rilassata, sembravi così sereno…abbracciavi ancora la mia parte del letto, nonostante io non ci fossi più, e allora ho riflettuto a lungo prima di uscire” deglutì, perché vide che Harry non dava ancora cenni di cedimenti, ancora non aveva soddisfatto le sue aspettative così proseguì “ho pensato che se ero io a renderti così, se davvero fosse per la mia presenza quel tuo sorriso tanto bello e felice, allora valeva la pena restare, allora avrei lottato contro tutti pur di vederti sorridere ancora in quel modo.” Altre spallucce “per cui adesso, eccomi qui”. 

Le guance di Harry, impercettibilmente di gonfiarono quel poco per far capire a Louis che un piccolo sorriso stava nascendo sul suo volto. Quelle piccole fossette, che mai si sarebbe stancato di ammirare, erano spuntate fuori, rendendo il suo compagno più adorabile che mai. Aveva davanti la sua meraviglia personale, il resto l’aveva dimenticato. La band, la fama, i soldi, i fans, i giornalisti, stava dimenticando tutto, stava mettendo al primo posto lui e Harry, stava pensando soltanto con il cuore, mandando la ragione a puttane. Tutto il resto era così superficiale, e quella mattina ci aveva pensato a lungo sul perché lo fosse. Quelle cose, quelle materiali alla fine, chi era a stabilire che fossero realmente importanti? Chi era a decidere che un concerto, un intervista, definissero davvero una persona? Nel mondo, cos’era che contava davvero? Chi era a stabilirlo? Si rese conto che nessuno poteva decidere una cosa del genere, nessuno poteva fare una reale scaletta su cosa potesse contare di più per il resto dell’umanità, così decise di farsene una propria, di valutare meglio i suoi desideri, le sue aspettative, i suoi sogni, e in ogni cosa, in tutte le cose più belle, e soprattutto ai primi posti, c’era sempre lui, Harry Styles. 

Il mondo, senza la sua presenza, non sarebbe mai contato abbastanza. 

“Ti amo, Harry” un passo verso di lui, un battito perso dell’altro. 

Aveva paura, quello che stavano per fare era sempre stato il suo più grande sogno, e adesso davvero si stava avverando? 

I loro profumi si incontrarono, e si mischiarono insieme a quello del mare. Le mani di Louis arrivarono a sfiorare quelle di Harry, che fremevano dalla voglia di intrecciarsi alle sue. I loro occhi, che giocavano a chi si perdesse in quelli degli altri per primo, stavano già facendo l’amore. 

“Lou…” si guardò attorno per un attimo prima di tornare titubante a lui “sei sicuro? Sai che dopo non potremmo più tornare indietro, sai che ci saranno tantissime conseguenze, sai che verremo presi di mira di milioni di giornalisti, sai che-” 

“Shhh” il più grande gli posò un dito sulle labbra, con i loro corpi ormai a pochissimi millimetri di distanza.

“Siamo solo io e te” accarezzò la sua bocca, appena schiusa “dimentica il resto del mondo”. 

Era perfetto, era meglio di quello che si sarebbe mai immaginato. Non stavano dando davvero conto a nessuno, niente era di intralcio, finalmente davvero esistevano solo loro due, Harry e Louis, Louis e Harry. Gli altri del gruppo, i famigliari, sapeva che tutti li avrebbero capiti, sapeva che non c’erano motivi per tirarsi indietro adesso, sapeva che ora entrambi avrebbero davvero lottato l’uno per l’altro.

“Dimenticarlo?” soffiò un sorriso, avvicinandosi cauto alle sue labbra “il mio mondo sei tu” 

“Baciami, Harry” rispose l’altro, chiudendo gli occhi “baciami e sarà per sempre”. 

Il più piccolo si prese tutto il tempo del mondo, e fece sì che quell’attimo sembrò infinito. Strinse le sue mani, le intrecciò perfettamente alle sue ,e rimase contento nel costatare come i loro corpi si incastravano sempre alla perfezione. Sorrise sulle sue labbra, facendo scontrare più volte la punta dei loro nasi, sfregandoli dolcemente. 

I loro corpi erano in fibrillazione. 

Il più grande invece, non volle attendere un attimo di più, e incapace di resistere ancora posò le labbra sulle sue per schiuderle in un bacio lento, che entrambi assaporarono come fosse il primo. Era stato esattamente come se l’era immaginato: nessuno dei due stava pensando alle cose attorno, al mondo che non aveva smesso di girare, e alle conseguenze che dopo ci sarebbero state. Si strinsero a loro, in un abbraccio tanto intimo da renderli una persona unica. Le anime si toccarono, e questa volta avevano la certezza che sarebbe stato per sempre. Le sensazioni di immensa felicità e gioia li invasero come una tempesta forte e rinfrescante, travolti dalle onde si lasciarono coprire fino ai capelli dall’acqua, in quel posto privato, in cui soltanto loro avevano diritto d’entrata. 

Louis massaggiò ancora i suoi capelli, che aveva amato fin da subito, fin dal primo giorno in cui l’aveva incontrato, e sentendo il sussurro di Harry , nel bel mezzo del bacio migliore della loro vita, sentì di non aver paura, perché se al suo fianco ci sarebbe stato lui, avrebbe potuto combattere qualsiasi battaglia, sicuro che poi ne sarebbe uscito vittorioso.


Note d'autrice
In realtà non ho nulla da dire, sono felice se qualcuno di voi è arrivato fino alla fine, e spero tanto che mi lascerete una recensione per farmi sapere cosa ne pensate. Credo di essere abbastanza soddisfatta, e spero di aver colpito anche il vostro cuoricino per questi pochi minuti in cui avete letto qualcosa scritto da me.
L'unica cosa che posso dirvi, che magari può interessarvi, che il titolo è una frase della canzone "Chasing Cars" che la amo cantata da Ed Sheeran. 
Detto questo, alla prossima, tesori. Un bacione.

 

 

 

 

 

 

  
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