17. Thinking
About the Future
“Sei
stato
un incosciente! Hai idea di quanto mi sia preoccupato?” la
voce di William
risuonava alta, chiara e furiosa dalla sala da pranzo del casale.
“Ma che cosa ho fatto di male?” si
lamentò Desmond.
“Che cosa hai fatto di male? Hai solo attirato
l’attenzione e hanno solo
cercato di catturarti di nuovo! E se avessero riconosciuto la ragazza?
Eh?”
Shaun era seduto nella stanza accanto, sul divano, a gambe
accavallate
mentre cercava di leggere un libro, operazione assai complicata con
quelle
grida. Sospirò sonoramente e quando sentì dei
passi avvicinarsi chiuse il libro
e volse il capo verso l’arco della porta.
Demetrio e Rebecca entrarono nella stanza, erano appena tornati dal
fare
provviste.
“Ma che sta succedendo?” domandò
Demetrio.
“William è furibondo. Una curiosità:
dove hai lasciato Desmond questa mattina?”
chiese con la sua solita supponenza, ignorando completamente la mora
che – al contrario
suo – lo osservava.
“Che vuoi dire? In centro… gli ho fatto vedere la
ragazza e ho raggiunto
Rebecca. Perché?”
“Beh è tornato da poco, avrebbe dovuto fare
ritorno quasi un paio d’ore fa,
sono sicuro che William non vede l’ora di parlarti”
ghignò l’inglese.
Le voci del padre e del figlio si erano fatte più vicine,
fin quando Desmond
non varcò la soglia opposta della stanza in cui si trovava
Shaun assieme a
Rebecca e Demetrio.
“Ma che cosa vuoi da me, si può sapere?”
domandò esasperato al padre prima di
fermarsi e voltarsi verso di lui, ormai entrambi nella stanza.
“Voglio solo che tu diventi un pochino più
responsabile e smetta di comportarti
come un bambino di cinque anni! Hai delle responsabilità
maledizione!”
“Questo non sarebbe successo se non fossi sempre
l’ultimo a sapere le cose qui
dentro!”
"Qui pensiamo solo al tuo bene!"
“Smettila!” Desmond alzò ancor di
più la voce. “Da quand’è che
pensi al mio
bene, eh? Da quando mi hai buttato in tutto questo casino? Da quando mi
hai
abbandonato al mio destino? O da quando mi hai lasciato solo dentro a
quel tempio
a morire?!”
Quelle parole colpirono William come una pugnalata in pieno petto.
Ancora non
si era perdonato per ciò che aveva fatto, figurarsi
sentirselo rinfacciato dal
proprio figlio. Tacque.
“Per lo meno l’Abstergo ha avuto la creanza di
portarmi da loro e non lasciarmi
morire! Forse dovrei tornare da loro a dirgli almeno grazie!”
aggiunse il
giovane, sarcastico. Non avrebbe voluto dire quelle parole, solo che in
quel
momento era troppo nervoso ed arrabbiato per soppesarle, non capiva
perché dovesse
essere tenuto sempre all’oscuro di tutto, perché
dovesse essere sempre l’ultimo
a sapere le cose.
William non riuscì a trattenersi oltre, tanto che a quel
punto alzò la mano e
gli diede un sonoro schiaffo.
Rebecca e Demetrio si sentirono piuttosto in imbarazzo a stare ad
assistere a
quella scena, mentre l’inglese aveva riaperto il libro ed
aveva abbassato lo
sguardo su di esso, seppur non leggendolo, ed estraniandosi dalla
conversazione.
La stanza venne inghiottita dal più completo silenzio, un
silenzio denso e
carico di tensione, di sguardi, di rabbia.
L’aria era pesante, tanto da voler far scappare a gambe
levate i tre ragazzi
non coinvolti nella discussione.
Il respiro di William era lievemente accelerato per via della collera e
delle
ultime parole del figlio che avevano fatto traboccare il vaso,
portandolo a
quel gesto.
“Rispetto ragazzo. Rispetto” sibilò il
mentore, guardandolo dritto negli occhi.
“Non hai idea di quello che stai dicendo, sei un
ingrato.”
Desmond si portò una mano sulla guancia, la sentiva
pizzicare per via dell’intensità
dello schiaffo, era stato piuttosto violento.
Inizialmente l’istinto gli aveva suggerito di saltargli alla
gola, ma poi la
razionalità lo aveva riportato con i piedi per terra,
facendogli capire che non
era suo padre il nemico. Tuttavia quel gesto lo aveva irritato come non
mai,
avrebbe mandato tutto al diavolo se fosse stato per lui.
Gli occhi scuri ed intensi del ragazzo rimasero immersi in quelli del
padre. Lo
fulminò con lo sguardo, senza aggiungere altro,
quell’occhiata sarebbe valsa
più di mille parole. Si voltò e si diresse verso
l’uscita, notando solo a quel
punto i compagni che si erano eclissati e rendendosi conto solamente in
quel momento
di aver dato grande spettacolo.
“Dove stai andando?!” tuonò la voce del
padre.
“Lontano da te!” rispose il ragazzo.
“Torna subito qui! Non abbiamo ancora finito! Desmond!
Desmond?!” lo vide
lasciare la stanza, tant’è che fece per lanciarsi
al suo inseguimento ma
Rebecca, che era di fronte l’arco della porta, lo
fermò.
“Non credo sia il caso William. Credo che dobbiate sbollire
entrambi” le parole
le uscirono dalla bocca con una tale facilità e
semplicità che se ne stupì: in
realtà non avrebbe voluto mettersi in mezzo e anzi, quando
gli occhi del
mentore si posarono su di lei, tremò.
William tuttavia non aggiunse nulla, forse aveva ragione la mora. A
quel punto
però volse il capo verso Demetrio.
“Come ti è saltato in mente di lasciarlo
lì da solo? Ti saresti dovuto
assicurare che sarebbe tornato indietro!” lo
rimproverò.
Shaun chiuse nuovamente il libro ed incrociò le
braccia su di
esso. Volse il capo verso i nuovi due litiganti, molleggiando appena
sul divano
per trovare una posizione più comoda, intento a godersi lo
spettacolo. Dov’erano
i pop-corn?
“Io sinceramente non pensavo che…”
tentò di giustificarsi l’italiano.
“Tu non devi pensare! Devi fare quello che ti si dice! E se
Desmond fosse stato
catturato di nuovo?”
“Io… mi dispiace William. Per qualsiasi cosa sia
accaduta” disse sincero il
giovane, abbassando il capo.
“Aspettami di sopra.”
Demetrio annuì. Lo aspettava una bella lavata di capo. Ma
che diavolo era
successo? Silenziosamente sgattaiolò via dalla stanza per
dirigersi in cima
alle scale.
William guardò Shaun, poi volse il capo verso Rebecca. Li
scrutò entrambi per
lunghi ed interminabili secondi.
‘E dai… ma io che cosa ho
fatto? Sono
stato tutta la mattinata a leggere qui da bravo!’ pensò
il rosso,
sostenendo lo sguardo del mentore.
Rebecca si sentì osservata e anche piuttosto colpevole,
seppur non ne avesse
motivo: lei non c’entrava nulla con quella storia!
William a quel punto si voltò e si diresse fuori dalla
stanza, lasciando i due
Assassini da soli.
Il silenzio non accennava a farsi meno denso, anzi, era ancora carico
di
elettricità. Solo il sospiro di sollievo di Rebecca
scandì quella calma,
assieme al ticchettio dell’orologio alla parete.
“Bel modo per iniziare l’anno”
commentò la mora, spostando finalmente lo
sguardo su Shaun. Dopo la ‘festa’ di fine anno e la
dichiarazione di Shaun,
sempre che così si potesse chiamare, avevano passato il
primo momento del nuovo
anno insieme, poi con gli altri, ed entrambi si erano addormentati sul divano,
l’uno tra le braccia dell’altra. Quella mattina non
si erano incontrati:
Rebecca si era dovuta alzare presto per andare a sbrigare delle cose in
centro.
Sapeva che molto di ciò che era accaduto il giorno prima era
stato per via dell’alcool,
tuttavia ricordava tutto e ne era felice, ma voleva avere un punto di
vista
anche dell’inglese, il quale non tardò ad arrivare.
Shaun volse il capo verso la ragazza ed incrociò il suo
sguardo. Si ritrovò
piuttosto in difficoltà ma decise di dissimulare quel
disagio e comportarsi
normalmente, con non-chalance.
“Rebecca…” cominciò.
“Sì?” la voce di lei si fece quasi
più melodiosa. Sorrise.
“Riguardo a ieri sera…”
continuò. Lo sguardo della mora era puntato su di lui,
curiosa.
“Avevamo bevuto, no? Ricordi?” domandò
lui.
“Certo. E non mi sembra l’unica cosa che abbiamo
fatto” si sforzò lei di tirare
in ballo il discorso del loro bacio, comprendendo che se avesse dovuto
aspettare lui probabilmente avrebbero fatto l’anno dopo
ancora.
“Ecco, appunto… volevo parlare di
quello.”
“Dimmi, sono tutta orecchi” rispose la ragazza
avvicinandosi e sedendosi
accanto a lui, sul bracciolo del divano. Sorrise ancora: che forse avesse
finalmente
il coraggio di farle una dichiarazione con i fiocchi?
“No è che… volevo dire per
l’appunto che avevamo bevuto e che… quando si beve
succedono cose di cui poi potresti pentirti, no?”
L’espressione sul volto di Rebecca cominciò a
mutare. Incrociò le braccia al
petto.
“Continua” gli disse, senza batter ciglio.
“E che quindi concorderai con me sul passarci sopra e far
finta che non sia
successo nulla, senza alcun rancore no?”
Rebecca rimase in silenzio per alcuni secondi ad osservarlo. Non
poté mentire a
sé stessa sul fatto che quelle parole la ferirono. Era da
tanto, troppo tempo
che aveva desiderato quel bacio ed ora che finalmente era
accaduto… Shaun
sembrava non volerlo davvero. Ma perché?
“Certo” si limitò a dire con tono piatto.
“Dopotutto lo sai, non sei proprio il mio tipo…
insomma, vorrei una ragazza
colta, intelligente, avvenente, che abbia le forme di una
donna… sì, nel senso,
una donna.”
Rebecca si sentì sempre più sconcertata.
“Prego?” alzò le sopracciglia.
“Perché io non sarei una donna secondo
te?”
“Beh diciamo che insomma, lasci un po’ a
desiderare.”
“Ah sì?” a quel punto il tono della mora
lasciò trasparire il suo disappunto. “Eppure
ieri non mi sembravi disdegnare tanto il mio essere donna!”
ora era davvero
indispettita.
“Ero ubriaco, te l’ho detto! Un uomo ubriaco si
accontenterebbe di tutto! Non
vede le cose come sono realmente!”
“Sei un idiota!” disse alzandosi, prendendo il
libro che poco prima Shaun aveva
lasciato sul divano e lanciandoglielo contro, colpendolo alla bocca
dello
stomaco. Si voltò e si diresse velocemente
all’uscita.
L’inglese annaspò in cerca d’aria.
“E dai! Rebecca! Sei permalosa!” le
gridò dietro, vedendola sparire oltre l’arco
della porta.
Shaun sospirò, portandosi una mano sullo sterno e
massaggiandosi piano. Non
voleva essere cattivo ma… non se la sentiva proprio di
esporsi così tanto, non
in quel momento, non in quel modo. Probabilmente dispiaceva anche a lui
aver
troncato quella cosa sul nascere, ma il suo orgoglio gli impediva di
vederlo.
La mora
raggiunse l’esterno del casale: era furente di rabbia e
– inutile negarlo –
anche piuttosto triste.
Si fermò
sotto al portico ed inspirò a pieni polmoni l’aria
fresca, solo
qualche istante più tardi notò Desmond
più lontano, seduto ai piedi di un
albero di mimosa, ancora spoglio dai suoi bellissimi fiori gialli e
profumati.
La mora si
avviò e superò la staccionata, raggiungendo
lentamente il giovane.
Desmond era lì, all’ombra, mentre
guardava un punto indefinito di fronte a sé, lontano. Se ne
stava seduto con le
gambe ritirate al petto e le braccia appoggiate sulle ginocchia.
Sentì dei
passi avvicinarsi, ma non se ne curò.
Una volta che Rebecca
fu accanto a lui, gli appoggiò una mano sulla spalla.
“Ehi Des,
posso?”
L’americano
si strinse nelle spalle e le fece cenno con il capo di mettersi
seduta, e così lei fece.
“Che
cos’è successo?” domandò
allora la mora, incrociando le gambe e guardando
il compagno. Lui sospirò.
“Niente.
Stamattina Demetrio mi ha portato in centro per farmi vedere la
ragazza… Siria, no? Quella che credete possa avere uno dei
frutti dell’Eden.”
“Ahhh,
sì! E…?”
“E quando
Demetrio ti ha raggiunta, io sono rimasto lì e
l’ho seguita. Nessuno
mi aveva detto niente, né di che cosa si trattasse. Ero
curioso… e due agenti
Abstergo ci hanno seguiti. Sono riuscito a seminarli e a portare in
salvo la
ragazza, e mio padre se l’è presa.
‘Avresti potuto compromettere la
missione!’”
gli fece il verso.
Rebecca sorrise.
“Si preoccupa per te Desmond.”
Lui scosse il capo.
“No…”
“Smettila,
lo sai che è così” disse allora
più seria la ragazza.
L’americano
si strinse nelle spalle. “E’ che a volte sono
stanco di tutto
questo. Oggi mentre ero in città e vedevo le persone vivere
tranquillamente le
loro vite, senza il bisogno di nascondersi o di temere ogni singolo
istante
della loro vita… mi sono sentito un estraneo. Sono stanco di
tutto questo. Sono
le cose che vedi al cinema, sui libri o nei videogiochi: eroi che danno
tutta
la loro vita per la salvezza dell’umanità, per un
bene comune… è bello
impersonarsi in un eroe il tempo di un film o di un videogioco, ma poi
torni
alla vita reale… e noi? Quando torneremo alla vita reale?
Quando saremo liberi
di costruirci un futuro nostro?”
Rebecca
ascoltò le sue parole in religioso silenzio, rimanendo ad
osservare il
ragazzo con lo sguardo immerso in un luogo lontano, forse in un futuro
lontano,
nel quale la sua vita sarebbe stata quella di un ragazzo normale.
“Spero
presto Desmond” rispose lei cingendogli le spalle con un
braccio. “Te lo
meriti più di chiunque altro” aggiunse poi piano,
in un sussurro, appoggiandogli
il capo contro la spalla e vagando a sua volta lontano con lo sguardo,
in un
futuro perfetto creato da loro.
Angolo Autrice:
Ma guardate un po' chi si rivedeeehhhh!
Eccomi con un nuovo capitolo! :D
Dai, non vi ho fatto aspettare troppo questa volta, meno di un mese u.ù
*Si fa le congratulazioni da sola*
Ahahahaha, no ok, scherzi a parte!
Per il prossimo dovrete aspettare ancor di meno visto che il capitolo è già in lavorazione, nonché quasi finito! :3
Non credo ci siano chiarimenti da fare riguardo al capitolo, ovviamente si svolge sempre il primo di Gennaio, dopo che Desmond ha incontrato Siria e che ha 'rischiato' di metterla in pericolo!
E... Shaun, che cretino! *facepalm* ma dovevo farlo!! Qualcuno dovrà pur mettere un po' di sale in questa storia, no? *Prende un sacco di sale e lo svuota sul computer*
Direi di passare subito ai ringraaaziamenti!
Ringrazio Hamber of the Elves, KeynBlack e SlytherinSoul (la quale voglio rassicurare che oggi filerò a leggere la sua fan fiction *yeeee, oggi ozio! :3*) per essere come al solito i miei assidui recensori! <3
Ringrazio anche Lightning00 per essere una mia assidua recensitrice e per avermi risparmiato la posta invasa dai suoi insulti, sei davvero caVVa! <3
Ringrazio - e son felicissima - di rivedere ladyjessy e Morgause___ (che cambia nick ogni 3x2 e mi fa rinstupidire più di quanto io non lo sia già!) per essere sbucate di nuovo fuori! :*
Quindi vi ringrazio tutti quanti per le recensioni all'ultimo capitolo!
Ringrazio i lettori e coloro che hanno inserito la storia tra le ricordate, seguite e preferite!
Grazie, grazie, grazie e grazie!
Ormai è più di un anno che questo delirio va avanti, tra momenti morti e momenti di intensa ispirazione... e per lo più è grazie a voi che va avanti, alla fin fine, perché con le vostre belle parole mi spronate sempre a continuare e a far di meglio! <3
Non nasconderò il fatto che spesso, visto come prosegue ACBF, ho pensato di accantonare la storia perché alla fine non si intona affato con ciò che succede nel quarto capitolo. Di tanto in tanto mi capita ancora di pensarci ma alla fine beh, le fan fiction sono fatte per questo no? Per esplorare tanti piccoli universi paralleli che si sarebbero potuti andare a creare!
(Tra le altre cose mi sa che tra poco tra le note dovrò metterci la 'What if?', visto come prosegue la storia principale x°D ma di Shaun barista, ne vogliamo parlare? *muore*)
Ok dai, mi sto dilungando troppo!
Grazie ancora a tutti voi, davvero! Siete magnifici! :)
Un abbraccione forte a tutti quanti e - come al solito - al prossimo capitolo!
♥