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Autore: afterhour    16/03/2014    8 recensioni
Sakura Haruno aveva una meta precisa nella vita, diventare ricca, e per questo non intendeva perdere tempo frequentando poveracci e perdenti.
Non che avesse niente di personale contro di loro, o contro Sasuke Uchiha (a parte il fatto che assieme a tutti i ragazzi del quartiere era sospettato di avere messo incinta sua sorella, un crimine orrendo che non avrebbe perdonato mai), era solo che aveva tutto pianificato.
Ma il destino ha uno strano modo di prendersi gioco di noi, dei nostri piani e delle nostre certezze.
AU OOC, triangolo: SasuSakuSaso
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akasuna no Sasori, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Eccomi qua con il penultimo capitolo, che posto in tutta fretta (spero non ci siano errori)...siamo quasi in dirittura d’arrivo e mi fa sempre un certo che.

Avviso Sasukina369 che qui si parla di “lei sa chi”, spero non ne rimanga troppo delusa. :D
E infine un enorme grazie per le vostre recensioni!




20.




Mi svegliai prima di lui, per una volta, e rimasi a guardarlo incantata, assurdamente felice di poterlo osservare mentre dormiva, il volto rilassato che lo faceva sembrare più giovane, così giovane.
Quando aprì gli occhi continuai a contemplare il suo sguardo assonnato, ancora puro e innocente come quello di un bambino.

D’impulso lo strinsi a me, e la sua erezione mi premeva addosso non molto innocentemente, ora.

 - Pensavo ne avessi avuto abbastanza questa notte – sussurrai.

 - Non sono abituato a svegliarmi appiccicato ad una donna nuda –

Il mio amore, nemmeno io ero abituata a sentirmi così vicina a qualcuno.
 
Ero stanca, doveva essere tardi e mi sentivo uno schifo, con il trucco colato e l’aria sfinita, per cui avrei fatto meglio ad andarmene subito e sgattaiolare dentro casa in qualche modo, ma invece di alzarmi rimasi ancora stretta a lui, a godere dei suoi baci sul collo, del calore del suo corpo e delle sue dita che mi accarezzavano.

Era dura staccarsi, non ero abbastanza forte, ecco.

Nel frattempo aveva iniziato a baciarmi i seni, non sapevo come potesse avere ancora tutta questa energia, io ero cotta, ma lo strinsi a me con forza, il mio amore, con braccia e gambe, una mano sulla sua spalla ed una sui suoi capelli, per costringerlo a girarsi e farlo scendere di schiena sul letto.
Poi mi sistemai a cavalcioni sopra di lui e lo guardai, così bello, lì, sdraiato sotto di me.
Non potevo credere che non l’avrei più rivisto, non volevo crederlo, mi pareva così ingiusto.
 
Non riuscivo neppure a pensarci.

“Basta che stia bene” bisbigliai tra me e me con una punta di tristezza, che fosse felice almeno lui, se lo meritava, e pazienza per me, tanto ero abituata.

Mentre lui mi afferrava i seni avevo iniziato ad accarezzargli il petto, e dopo aver incrociato il suo sguardo bruciante ero scesa a baciargli lo stomaco.
Lentamente ero scivolata giù, giù, fino alla sua erezione.

 - Dopo mi racconti di tuo fratello? – mormorai mentre gliel’accarezzavo, in un ultimo tentativo di estorcergli informazioni, giusto per non smentirmi.

 - Sei…impossibile – fece uscire a fatica.

 - E’ un sì o un no? –

 - Cazzo, Sakura –

Avevo chinato il capo e gli avevo sfiorato l’erezione con le labbra.

 - Allora? – sussurrai, e pian piano avevo aperto la bocca.

Dal momento che non aveva risposto niente di intellegibile continuai a torturarlo lentamente.

Devo dire che non aveva resistito molto, sotto nessun punto di vista, e più tardi, mentre mi abbracciava ancora, avevo ripreso spudoratamente l’argomento: estorto o meno, l’aveva promesso.

 - Non so cosa ti importi di mio fratello – replicò, ma pareva piuttosto bendisposto.

Gli uomini, basta prenderli al momento giusto, che sappiamo tutte qual è.

 - E’ parte della tua vita, no? – replicai, mi pareva ovvio.

 - Non più da tanto tempo –

Purtroppo nel frattempo si era staccato da me e lo lasciai andare a malincuore.
Almeno il letto non era così largo ed eravamo a contatto lo stesso.

 - Lo sento raramente, ed è un’eternità che non lo vedo – specificò, ed io ero tutta orecchi, come ogni volta.

 - Dov’è? –

 - Chi lo sa…è sempre stato un po’ uno sbandato, cambiava sempre lavoro, era sempre in giri strani… ma mi ha chiamato proprio ieri – raccontò – …me l’aspettavo perché giorni fa aveva chiamato mia madre e si era fatto dare il mio numero – fece una pausa, lo sguardo al soffitto – voleva solo salutarmi e farmi gli auguri, ha detto, e mi ha assicurato che sta bene, è in una specie di comunità, non ho capito di che tipo ma…non so, non mi sembrava a posto –

Gli accarezzai i capelli, trattenendo la voglia di stringerlo con tutte le mie forze, vergognosamente eccitata dal fatto che mi avesse raccontato una cosa che capivo importante per lui, non proprio di sua spontanea volontà ma questo era un particolare irrilevante.

 - Gli vuoi bene? – sussurrai.

 - E’ mio fratello, sono cresciuto con lui, ero attaccatissimo a lui…una volta era diverso, era sempre calmo, controllato, ero io quello che combinava guai…ma poi ha cominciato con le droghe, era sempre fuori casa, era diventato scostante, freddo con me…allora non riuscivo a capire il perché –

 - Era per lui che eri triste l’altro giorno? –

 Subito non disse niente, ma poi mi guardò serio e mi baciò il naso.

 - Mia madre mi aveva appena detto di aspettarmi una sua chiamata e… sentirlo mi scombussola sempre…è che… – fece una pausa – è che vorrei fare qualcosa per lui, qualsiasi cosa, ma non c’è niente che possa fare, proprio niente –

Il mio amore, credeva sempre di dover fare qualcosa per tutti.

- E’ per quello che i tuoi si sono separati? –

 - Credo di sì, curiosona…è stato un brutto periodo quello, i miei litigavano sempre –

Rimasi in silenzio, cosa potevo dirgli, non ero stupida e immaginavo perfettamente la situazione: le preoccupazioni dei suoi, i vari tentativi inutili, le liti, e anche le recriminazioni reciproche, le accuse e lo sbandamento, immaginavo benissimo la famiglia che andava a catafascio, ed in mezzo un ragazzino quasi dimenticato, magari più vivace proprio per far capire che esiste.
Riuscivo anche a capire di più certe reazioni di sua madre e le paure immotivate del suo patrigno, e quanto quelle stesse cose dovessero fare male a lui, quasi dovesse portare ancora lui il peso delle scelte di suo fratello.

 Peccato non fossi capace di consolare, o di rassicurare, e non avessi altro che le mie emozioni ed il mio cuore da offrirgli, ed anche questi solo fino ad un certo punto, per quello che ero in grado di mostrare senza rischiare di scoprirmi troppo, o di spezzarmi.
Decisa a fare comunque del mio meglio lo abbracciai e me lo coccolai in silenzio, felice che me lo permettesse.

 - Sono contenta che tu me ne abbia parlato – ammisi.

Intanto pensavo alla sua famiglia, alla mia.
Ci sarà stato un tempo in cui i nostri genitori si erano amati, in cui erano stati felici.
Possibile che fosse…fosse così difficile amarsi per tutta la vita?

 – …non ricordo litigi tra i miei – ripresi poco dopo – mio padre se n’è andato così, chissà perché, probabilmente non voleva cacciare i soldi per il mantenimento… ma a volte – continuai con la voce un po’ rotta, ormai mi commuovevo per tutto – a volte penso che sia morto, perché mi sembra impossibile che non sia mai tornato a trovarci, neppure una volta –

Non aveva detto niente, non c’era niente da dire, ma mi aveva stretta forte e mi aveva baciato la fronte, e i capelli, prima di farmi appoggiare il capo sul suo petto.
Ed era così importante poter sentire il suo respiro tra miei capelli, la sua pelle contro la mia.

  - Ti voglio bene, Sasuke Uchiha – lo informai mentre ascoltavo il battito del suo cuore, forte come era lui – Lo so che presto te ne andrai e sono precaria nella tua vita – faceva così male dirlo – però ti voglio tanto bene, tanto, e…lo so che sono solo un’egoista e un’impicciona…ma se mi permetti di abbracciarti è abbastanza per me –

 - Stupida. Non sei così tanto egoista come credi –

Non aggiunse che non ero un’impicciona, come dargli torto, ma che importava, pensai tra le sue braccia.
Era lì, il corpo stretto al mio, pelle contro pelle, ed era davvero abbastanza per me, forse avrebbe potuto essere abbastanza per tutta la vita, averlo accanto, poterlo abbracciare quando stavo male, coccolarlo quando stava male lui, e sentirlo vicino, così vicino che tutto il resto sembrava troppo lontano per dovermene preoccupare: io e lui, e chi se ne fregava del mondo.
Come se noi due fossimo abbastanza e potessimo fare tutto, passare attraverso tutto e rimanere indenni.

  - Mi hai fatto cambiare tu, lo sai questo? – sussurrai.

Si scostò per farmi sollevare la testa ed incrociare i suoi occhi, lo sguardo caldo, così intenso, e come ogni volta mi sciolsi un poco quando mi accarezzò la guancia.

 - Non cambiare troppo però – mormorò.

E chi ne aveva intenzione.

Mi baciò il naso e si staccò del tutto, per quanto provassi a trattenerlo.

- Mia madre mi ha raccontato che vi siete conosciute – cambiò argomento – non me l’hai mai detto –

Ne dedussi che pensava ci fossimo incontrate per caso, per fortuna quella donna non era completamente scema.
Nel frattempo ignorando le mie proteste si era tirato su e si era alzato dal letto.

 - Non ne ho avuto l’occasione – risposi sollevandomi controvoglia, anche se avevo controllato l’ora ed era davvero tardi, facevo meglio ad andarmene – quando mi hai detto che partivi il resto mi è come volato fuori dalla testa – ed era proprio così, purtroppo – …mi ha raccontato che ti avevano trovato un rarissimo lavoro serio – aggiunsi incrociando il suo sguardo, si stava vestendo e nel cogliere l’espressione infastidita che aveva assunto avevo una voglia matta di baciargli l’angolo della bocca.

 - Quel cazzo di lavoro di merda – mormorò seccato.

- Pare che tu abbia osato rifiutarlo –

- Già era un lavoro di merda, in più il mio patrigno sarebbe stato il mio capo… piuttosto faccio il barista per tutta la vita –

Lo capivo benissimo.

 - E cosa mi dici delle cartine sospette a casa tua? – lo presi in giro.

 - Ti ha raccontato anche quello? –

- Pare che siano un chiaro segno di perdizione –

 - Pffh…non erano neanche mie, erano di Shika…le aveva dimenticate –

Devo dire che mi era andata vergognosamente bene, pensavo si incazzasse da matti per quella storia di sua madre, per fortuna aveva altro per la testa.

 - Be’…magari a tua madre puoi spiegare un po’ come stanno le cose – aggiunsi guardandomi intorno alla ricerca dei vestiti sparpagliati.

Perché purtroppo alla fine tocca cedere a noi figli, semplicemente perché gli adulti non sono proprio in grado di farlo, sono come incancreniti nella loro posizione, quasi che una persona giunta ad una certa età non possa più imparare niente.
Dovevo ricordarmene, dovevo mantenere qualche dubbio, continuare a imparare, anche da vecchietta ottantenne, e speravo solo di esserne in grado senza Sasuke, che era la mia cartina di tornasole.
Come al solito mi rifiutai di pensare oltre, faceva troppo male.

Mentre parlavo mi ero alzata in piedi e d’impulso lo raggiunsi, gli baciai proprio l’angolo della bocca e lo abbracciai un’altra volta.
Non era che avessimo ancora tutta la vita davanti per stare vicini e ne avevo bisogno.

Avrei…avrei voluto stringerlo per sempre.

Avrei voluto dirgli che non era vero che gli volevo bene, perché lo amavo, era amore quello che provavo.
Ed avrei voluto dirgli mille cose che non avrei mai pensato di voler dire, che sapevo di non potergli dire…dirgli che volevo stare con lui per sempre, che non mi sarei stancata mai di lui perché ero così cosciente della fortuna di averlo incontrato, che avrei portato pazienza nelle crisi, ed avrei lottato assieme a lui per far passare i momenti brutti, che avrei…che avrei resistito lontano da lui fino a che non sarebbe tornato, e avrei sempre trovato il modo di ritrovarlo se mi fossi persa, se si fosse perso.

Ma erano parole così solenni, così pesanti, che mi premevano sul cuore e non volevano uscire, troppo, troppo difficili da dire.
 
Quando mi cinse anche lui tra le braccia chiusi gli occhi, di nuovo felice, provvisoriamente felice, purtroppo, ma sapevo che avrei ricordato per sempre i meravigliosi momenti vissuti insieme.
Per sempre.

Come suonava lungo e vuoto.

Ma non volevo pensarci ora, e mi sarei fatta bastare la possibilità di stringerlo così, di sentirlo qui adesso.

Sollevai la testa per baciarlo e finii per rimanere ancora un po’, pazienza se a casa si sarebbero accorti che ero rimasta via la notte, onestamente chi se ne fregava.

Era davvero tardi quando decisi a malincuore di salutarlo con l’intenzione di tornare a casa (ormai le lezioni erano perse ma c’erano cose più importanti nella vita), ed ero sul punto di girare la maniglia della porta ed andarmene quando mi mise in mano la busta.

 - Prendi i soldi – mi fece dopo avermi baciato le labbra – ormai sono qui –

Non avevo la forza di dirgli di no.
_

A casa mia madre era visibilmente scossa, ad un certo punto la pressione si era alzata tantissimo, voleva quasi chiamare l’ambulanza, spiegò esagitata, ed io non c’ero da nessuna parte.

Avrei potuto rifilarle una scusa, dirle che ero uscita di casa molto presto, invece le raccontai che c’era stato qualche imprevisto ed ero rimasta a dormire da un amico, che più o meno era la verità: non che fossero fatti di mia madre, ma vivevamo comunque sotto lo stesso tetto e capivo che si era preoccupata veramente.

 - Un amico maschio? – aveva chiesto allarmata.

Non so bene di cosa si preoccupasse così all’improvviso in quel suo piccolo mondo appartato.

 - Non proprio un amico, sono innamorata di lui, ma non preoccuparti, tra pochi giorni parte e non lo vedrò più – feci uscire così, perché era la verità ed ero stanca di nasconderla.

Ignorai le domande concitate, le esternazioni di dubbi ed i commenti gratuiti, e mi chiusi in camera.

Ficcai provvisoriamente il denaro sotto il materasso, perché sapevo che la vecchia strega non era in grado di sollevarlo.
Prima però li avevo contati, ed erano tantissimi per il mio misero standard, troppi, mi sentivo quasi ricca nel vederli tutti insieme, davvero, benché non fossero veramente miei, e forse era per quello ma pensavo già che mi sarebbe piaciuto spendermeli tutti per andare a trovarlo, ovunque fosse, perché perfino i soldi erano diventati secondari rispetto a lui.

Quel pomeriggio non tentai neppure di trattenermi, ogni volta che ne avevo l’occasione mi voltavo a cercarlo con gli occhi, e non avevo niente da rispondere alle frecciatine di Haku.
Niente.
Accidenti…questa…questa cosa mi aveva privata di tutto il mio cinismo, ed era grave, davvero molto grave, perché significava che non avevo più difese.

Era vicina l’ora di chiusura quando vidi entrare nel bar sua madre con sua sorella, ed era bello vedere come la bambina gli si abbarbicava in braccio e si stringeva a lui, ed anche da lontano potevo scorgere che si guardavano con amore quei due.
Ero proprio contenta che fossero riusciti a districare quella situazione, a trovare un modo, eppure ero quasi gelosa di quello sguardo.

Quando uscii erano ancora lì, e dal momento che mi avevano vista aspettai che uscissero a loro volta.
Sua madre mi salutò dopo che attraversai la strada, incredibilmente sembrava felice di vedermi e mi spiegò che aveva fatto proprio come avevo detto io: aveva insistito con suo marito fino ad imporre il suo punto di vista.
Almeno i miei consigli servivano a qualcosa.

La bambina nel frattempo si era nascosta dietro alla gamba di Sasuke e mi guardava per metà estasiata e per metà spaventata, se esisteva un’espressione del genere.
Era una bimbetta graziosa, ma evidentemente i geni non si erano combinati così bene con il nuovo marito, perché non era bella come suo fratello, e in ogni caso per me i bambini sono delle piccole pesti, per cui non avevo la più pallida idea di come comportarmi con lei: mi limitai a sorridere e salutarla, e ogni tanto mi giravo dalla sua parte per scoprire che mi stava sbirciando di nascosto, e la salutavo ancora.

Confesso che non mi sarei mai data così da fare se non fosse stato che sapevo quanto quella bambina fosse importante per Sasuke.

 - Allora avete trovato un compromesso – gli bisbigliai con nonchalance.

 - Diciamo di sì, potrò vederla regolarmente d’ora in poi –

 - E come farai adesso che vai via? –

 - Troverò il modo –

Già, per lei avrebbe trovato il modo, e improvvisamente mi sentii triste.

 - Quando partite? – chiesi subito dopo a voce alta, sorridendo alla bambina che non sembrava apprezzare il fatto che Sasuke si dedicasse a me e continuava a tirarlo a sé per la gamba, la piccola egoistella.
Come la capivo.

 - Tra un paio di settimane – aveva risposto intanto lui.

Così presto.

Poco dopo li salutai, Sasuke sarebbe andato via con loro, e li guardai allontanarsi, lui e la bambina che si tenevano per mano.
Lei sembrava così piccola con la manina su quella di lui, e così felice.

Distolsi lo sguardo sentendomi un groppo in gola, perfettamente consapevole del mio moto egoistico di invidia, della mia orribile gelosia per la gioia evidente che la presenza della sorella gli generava.

Mi avviai sola verso il metrò, persa nei miei pensieri, nel mio mondo, così sola.

Ma dovevo abituarmici no?!

Era questo che mi riservava il futuro, questo, e una serie di parole inespresse che un giorno avrei rimpianto, assieme ad un’immagine di me che non mi era chiara, perché avevo ripudiato la vecchia Sakura, ma quella nuova, quella che si sentiva felice e libera, era definita soltanto da Sasuke e senza di lui ancora non esisteva, era solo una serie di momenti sparsi e confusi, di possibilità aperte ancora in mille direzioni.
Chi era Sakura Haruno? Chi voleva essere?
Non lo sapevo più.

Senza Sasuke mi sentivo confusa, incerta e colma di dolore.
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