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Autore: AClaudia    16/03/2014    2 recensioni
“Ho detto che non voglio essere disturbato!” rispose Ralf con rabbia, “da nessuno! Chiaro?”
non ce la faceva più a sopportare il chiacchiericcio inutile delle persone.
Solo una contava davvero per lui.
Amava da tempo quel ragazzo superbo e presuntuoso.
Era un sentimento così forte, così deciso, da non essere più in grado di trattenerlo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Andrew McGregor, Ralph Jurges
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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THE CROW AND THE OWL

 

Una serie di sorpassi veloci e frenetici, e la potente auto di produzione tedesca si ritrovò in testa alla coda di vetture che si snodava come un serpente per le vie della grande e fiera città.
Uno sguardo fulmineo allo specchietto retrovisore, prima di scartare a sinistra per superare un’innocente utilitaria, liberando la potenza dei cavalli-vapore imprigionati nel motore rombante di quel gioiello dell’automobilismo. 
La strada libera di fronte a sé, ed ecco che il rettilineo di cemento si distese libero di fronte a lui, come una pista di decollo, pronta ad accompagnare il giovane autista alla sua tanto desiderata dimora.
Una giornata lunga ed estenuante di lavoro, così come quelle precedenti, spinsero Ralf a non risparmiarsi sull'acceleratore, percorrendo nel meno tempo possibile la distanza tra sé e il tanto agognato riposo.
Mentre le gomme mordevano l’asfalto, la mente volava oltre le interminabili riunioni e le inutili discussioni con quei colleghi maledettamente cocciuti, oltre l’orizzonte visibile. Tutto era vero, tutto era falso, tutto si mescolava in un unico pensiero dolce e terribile allo stesso tempo.
Quel pensiero che poteva essere sottile e leggero come polvere di fata oppure una vera tortura, capace di fargli perdere ore ed ore di sonno.  
La mano sicura sul volante allentò la presa; quando si perdeva nei meandri dei suoi pensieri, Ralf si sentiva debole, vulnerabile, una sensazione che detestava da sempre, e che combatteva esercitando il più possibile la ragione. Così aveva il pieno controllo della situazione, ma soprattutto delle sue emozioni: " non posso mostrarle a tutti", si diceva, vanno dominate.

Un rumore improvviso lo distolse da quei pensieri: sul sedile accanto, il suo cellulare squillò.
Lo schermo lampeggiante mostrava il nome della ragazza che voleva parlare con lui, ma lui no, era dalla mattina che evitava accuratamente di risponderle. I suoi occhi scuri tornarono a fissare la strada, ignorando per l’ennesima volta la chiamata, facendosi tristi. Quand’era in macchina da solo si concedeva il lusso di liberare la sua anima, e lasciava che le sue emozioni fluissero lente ed inesorabili fuori dal suo corpo, spandendo nell’aria un’atmosfera fiabesca. Sapeva perfettamente cosa avrebbe voluto chiedergli quella ragazza: entrambi appartenevano all’alta società, dove i giovani sposano ragazzi del loro stesso rango per mantenere la ricchezza tra quelle famiglie che avevano avuto la fortuna di ereditarla o se l’erano costruita col duro lavoro, e lei non faceva eccezione.
Gioielli, vestiti, regali, feste, fino al momento del matrimonio, in cui avrebbe potuto accedere direttamente alle ricchezze della famiglia Jurgens a proprio piacimento. A Ralf il solo pensiero dava la nausea.
La famiglia Jurgens, alla quale apparteneva e dalla quale aveva ereditato oltre alle ricchezze anche il senso dell’onore e della giustizia, era una nobile casata risalente al Medioevo, in cui i suoi predecessori si conquistarono il titolo nobiliare in punta di spada.

Oneri e onori.

Lui lo sapeva bene; suo padre mostrava sempre con orgoglio l’ottimo lavoro fatto nel crescere il suo unico erede, elogiando la sua capacità di equilibrare al meglio questi due aspetti. Ma Ralf non ne era più altrettanto sicuro.
Tutto ciò che sentiva ora era soltanto il peso dei doveri.
Socchiuse un attimo gli occhi e si passò una mano tra i capelli, cercando di scacciare quei pensieri e di ricomporre la sua sobrietà. Era ormai giunto in vista del castello che da secoli è la residenza della sua famiglia.
La sua immagine imponente e fiera poteva intimidire la maggior parte delle persone, che rimanevano a bocca aperta nel vedere tanta magnificenza, ma non Ralf.
Per lui era la manifestazione di ciò che erano stati nel corso della storia, la cornice perfetta per una stirpe tanto onorata, insomma: casa. Un sorriso increspò le sue labbra sottili.
Quasi alla stregua di un rituale, condusse la sua auto lungo il sontuoso viale fino alla cima della collina, varcò il prezioso cancello e proseguì sulla ghiaia fino alle porte del suo garage, pronto a riporre la sua costosissima auto nel box, insieme ad una decina di altri esemplari di marche e fatture diverse.
Aveva costruito il suo piccolo tempio, un luogo dedicato interamente ad una delle sue più grandi passioni, in cui tutto doveva essere esattamente come lui lo voleva: tutto pulito, in ordine, ogni auto parcheggiata perfettamente, e dove tutto doveva richiamare un senso di estatica reverenza.

Poche manovre, calcolate al millimetro, ed ecco un parcheggio da maestro. Spense il motore, ed il silenzio calò intorno a lui.
Solo i suoi pensieri risuonavano come eco nella sua testa. Quel dolce tormento, che da tempo ormai l’aveva imprigionato gli aveva provocato un bel mal di testa, aggravato dalla stanchezza dirompente.
Prese il suo cellulare, lo infilò nella tasca della giacca, recuperò la borsa porta PC e a passo svelto si allontanò dal garage:  “finalmente a casa”, pensò tra sé e sé con una nota di sollievo.
Ad accoglierlo sulla porta, il fedele maggiordomo, da anni al loro servizio. 

“Buonasera, signorino Ralf, bentornato” ,lo salutò affettuosamente Johann. Lo aveva visto crescere, e per lui era come un figlio.
“Buonasera Johann”, rispose stancamente Ralf.
Lo sguardo spento e il tono sostenuto a fatica tradivano il suo stato psicofisico provato, e a Johann non passarono inosservati.
“Ha fatto molto tardi stasera, signore. Non dovrebbe lavorare così tanto.”
Prese la giacca di Ralf con un gesto collaudato e se la mise sul braccio, pronto a riporla nel sontuoso guardaroba.
“Non ti preoccupare. Non sono stanco” rispose seccamente, eliminando ogni possibilità di replica da parte del maggiordomo, mentendo palesemente. La sua corazza doveva reggere sempre e comunque. “non voglio essere disturbato da nessuno. E, per favore, avverti mio padre che sono arrivato.”
“Ma, signore, la sta aspettando…” Johann tentò di avvertirlo.
“Ho detto che non voglio essere disturbato!” rispose Ralf con rabbia, “da nessuno! Chiaro?” non ce la faceva più a sopportare il chiacchiericcio inutile delle persone; solo una contava davvero per lui.
“Ma certo, signore, chiarissimo. Buonanotte.” Johann conosceva fin troppo bene il suo carattere; Ralf era certamente irascibile, ma non cattivo.
 
Congedato il maggiordomo,  Ralf decise di andare nella bellissima stanza del camino prima di farsi una doccia e di andare a dormire. Facile immaginare che quella stanza, ricca di quadri e di bellissimi ornamenti, aveva come vanto principale un enorme camino in pietra pregiata, intagliata e lavorata da antichi artigiani per conferirgli un aspetto imponente ma anche molto accogliente.
Con sguardo assorto, attraversò la grande stanza, fino a raggiungere la poltrona posta davanti al focolare.
La sua poltrona.
Quella stanza ormai era considerata di sua proprietà privata, una sorta di reame in cui lui era il Re e tutti gli altri i suoi sudditi. Un posto in cui amava ritirarsi quando aveva bisogno di staccare la spina dal mondo esterno per dedicarsi ai suoi pensieri, alle sue riflessioni, ai suoi dubbi, ai suoi sentimenti.
Già, proprio quelli…
La luce fioca delle lampade in stile antico creavano un’atmosfera surreale, una dimensione sospesa tra realtà e delirio, tra verità e immaginazione, e la calda luce del fuoco diventava una stella polare, una sorta di punto di riferimento per giovani anime in pena.
Ralf si sedette pesantemente e si mise a guardare le lingue di fuoco danzare nel camino con una grazia naturale al ritmo di una musica inesistente ma bellissima. Il calore sprigionato aveva un effetto quasi curativo e lui lo amava molto per questo.
Si sentiva in simbiosi con quel fuoco, rappresentava la sua essenza: calmo e razionale fuori, caldo e passionale dentro.
Era proprio questa passione nascosta a tormentarlo. Assecondarla o sopprimerla? Un dilemma atroce, sempre ricondotto al dualismo: sentimento o ragione? Troppo difficile trovare una risposta.
 
Finalmente solo, dopo ore di lavoro, si lasciò andare alla piacevole sensazione dei muscoli che si distendono, i nervi che si sciolgono e la tensione che scivola sulla pelle, fino a sparire sul pavimento, lasciando il giovane disteso e rilassato.
Occhi chiusi, la testa reclinata all'indietro, le mani delicatamente appoggiate sui morbidi braccioli… Il sonno si stava velocemente impossessando di lui quando una voce lo fece sobbalzare, tornando velocemente alla realtà:

“Sei arrivato, finalmente!” …maledizione, Andrew!

La sua voce sottile e tagliente veniva da un’altra poltrona alla destra di Ralf, completamente immersa nella semioscurità, tanto che il giovane padrone di casa non aveva minimamente notato la presenza, nel suo “reame”, del suo migliore amico.
“se avessi saputo che avresti fatto così tardi, non sarei rimasto certo qui ad spettarti! Potevi avvertirmi almeno!  Ah, ma cosa pretendo? Non potevo certo aspettarmi qualcosa di diverso da uno che passa tutta la giornata tra scartoffie inutili e riunioni noiose!”
Andrew riversò tutto d’un fiato il suo disappunto, marcando il tutto con l’acredine, suo marchio di fabbrica. Si sporse in avanti per dare più effetto al suo rimprovero, dando modo alla luce del fuoco di illuminare i suoi lineamenti fini e di infiammare la sua folta chioma di capelli rosso scuro, tanto affascinante per le ragazze. I suoi occhi chiari, con qualche vaga sfumatura di viola, erano puntati sul tedesco nel tentativo di scrutare le profondità del suo essere, oltre le apparenze.

“Ma sei impazzito, Andrew, mi hai fatto prendere un colpo!” Ralf si sistemò sulla poltrona, cercando di riprendersi in fretta da quella presenza improvvisa. Si passò una mano sugli occhi, richiamando a se tutte le sue facoltà mentali, ingabbiando nuovamente i suoi pensieri dispersi nell'aria.
Certo, che stupido. Si maledisse mentalmente.
Quella giornata frenetica gli aveva fatto completamente dimenticare che nel tardo pomeriggio sarebbe arrivato Andrew a fargli visita.
Era il suo migliore amico da sempre, una delle pochissime persone a cui voleva bene davvero, e questa svista lo fece innervosire. Trattava con cura e affetto i suoi amici.
“Hai ragione, scusami, avrei dovuto avvertirti. Il fatto è che in ufficio mi stanno massacrando e sono completamente assorbito dal lavoro, ho la testa altrove…” il suo tono era pacato. Era sinceramente dispiaciuto, e di fronte ad Andrew non aveva problemi a lasciarlo trasparire.  
Andrew si prese qualche secondo prima di rispondergli: solitamente agiva d’impulso, tuttavia la situazione gli suggeriva di andarci cauto con le parole. Un sorriso gli solcò il volto:  Ralf aveva abbassato le sue difese. Sentì uno strano moto di compassione nei suoi confronti.

“Non dovresti lavorare così tanto. Non ne hai bisogno, e in più ti sfinisce. Guardati, sei uno straccio”.

“Lo so, ma sono io che voglio farlo; non voglio vivere di rendita ed essere considerato un viziato figlio di papà. Voglio guadagnarmi il mio posto. Ne va del mio onore”.

“So che per te l’onore è una cosa fondamentale, ma non dovresti permettere che il tuo capo ti sfrutti come un qualsiasi plebeo che deve sgobbare per guadagnarsi da vivere! Dello stipendio non hai bisogno, e per l’onore non sono necessarie 12 ore di lavoro ininterrotto!” Andrew già sentiva il fervore della discussione: l’argomento non sarebbe stato esaurito tanto in fretta.

Nonostante il mal di testa che tornava ad essere fastidiosamente pulsante, Ralf decise di non darla vinta facilmente all'amico:
“Non è una questione di orari di lavoro! Il mio capo è un amico di mio padre ed anche azionista in molte delle sue società, non è una persona qualsiasi! Devo guadagnarmi la sua fiducia, il suo rispetto, e li posso ottenere solo facendo il lavoro che mi chiede! 
Devo dimostrare di essere affidabile, un valido collaboratore su cui contare, e se questo vuol dire lavorare fino a tardi, riunioni noiose e scartoffie inutili, come dici tu, allora ben vengano!"

Eccolo, un sorriso beffardo. Andrew era il re dei sorrisi beffardi.
Il discorso di Ralf poteva avere un senso finché non avesse tirato in ballo suo padre.
“Devo, devo, devo: non fai altro che usare questa parola! Ma in realtà chi è che ti costringe? Nessuno!
L’hai detto tu stesso: lo fai solo per tuo padre. Tu lo adori, ma non puoi torturarti solo per compiacerlo! Non parlo solo del tuo lavoro, ma di tutto il resto! Qualsiasi cosa fai, è condizionata dalla volontà di tuo padre! Tu fai tutto perché lui sia orgoglioso di te!”  
Si alzò dalla poltrona con rabbia, camminandovi intorno per cercare di calmare i nervi, che però non accennavano a sbollire. Non poteva accettare che il suo migliore amico condizionasse la propria vita, solo per compiacere i genitori.
Era una cosa che da tempo avrebbe dovuto dirgli, ma non ne aveva mai trovato il tempo, o forse il coraggio. Com'è possibile che l’impavido Andrew McGregor non trovasse il coraggio di dire ciò che pensava? Forse perché ora non si trattava di una persona qualsiasi. Questa cosa andava a toccare delle corde molto sensibili, e Andrew l’aveva capito.

“Non è affatto come dici tu! Sono le mie scelte, il mio lavoro, la mia vita! E trovo davvero incredibile che proprio il mio migliore amico venga a dirmi una cosa simile! Non lo posso accettare!” Ora anche Ralf era in piedi, le spalle rivolte al fuoco, che fissava con sguardo duro ma ferito il suo ex migliore amico. Era esterrefatto, sentiva che ogni parola di Andrew altro non era che un fendente micidiale al suo cuore vulnerabile. Mille domande nella sua testa, eppure solo una davvero importante: ragione o sentimento?
“Mi sembra impossibile che proprio tu critichi la mia vita, dopo che sei sempre stato al mio fianco, condividendo praticamente tutto! O forse per te non ha contato niente, tutto questo? Tu dovresti essere dalla mia parte!”
Molto di più avrebbe voluto dire, ma certe cose non si possono confidare così facilmente.

Andrew si avvicinò a lui con rabbia, agitando i pugni, in un pericoloso testa a testa tra titani: ora basta. Non ne poteva più di questa situazione, trascinatasi per troppo tempo.
“Certo che conta per me, ma proprio perché sono tuo amico ho il compito di dirti cosa è giusto e cosa è sbagliato! Io sono dalla tua parte quando scegli con la tua testa, secondo la tua volontà, non quando ti fai guidare dai desideri di tuo padre! Sarò dalla tua parte quando smetterai di essere il suo burattino!”

“Io non sono il suo burattino! Un burattino non ha onore!”

“Allora dimmi: quando hai seguito i tuoi desideri? Quando hai fatto qualcosa che andasse contro la volontà di tuo padre? Quando hai seguito i tuoi sentimenti?” Gli occhi di Andrew scintillarono al riflesso delle fiamme.

Stavano urlando, ma fortunatamente in quella casa, la riservatezza era alla base di tutto.
Andrew non ci vedeva più dalla rabbia. Completamente offuscato dall'ira, aveva acquisito una tonalità di pelle in tinta con i suoi capelli, e le unghie quasi gli affondavano nella carne, da tanto stringeva i pugni.
Ralf invece si sentiva stremato. Lo scontro verbale aveva preso una strada senza uscita e quell'ultima domanda uccise in gola ogni sua parola.
Non sapeva cosa rispondere, forse perché l’unica risposta possibile non era fatta di parole.
Era giunto finalmente il momento di liberare se stesso dalla morsa in cui si era costretto: scelse il sentimento a scapito della ragione.


Afferrò con forza la camicia di Andrew e lo tirò a sé con decisione, cercando il contatto con le sue labbra.
Desiderava quel bacio con tutte le sue forze, lo bramava, e ora finalmente poteva sentire il profumo della sua pelle, poteva sentire le sue barriere spalancarsi per lui.  
La testa leggermente inclinata a destra, il dubbio e la paura lentamente si sciolsero, insieme allo stupore di Andrew. Lo scozzese, preso di sorpresa, non poté far altro che cedere a sua volta a quel contatto soffice e delicato, carico di quella passione nascosta per troppo tempo.
Sapeva di desiderarlo intensamente, ma aveva cercato di respingere quei sentimenti che ora, invece, dilagavano in lui.
Si abbandonò completamente al suo amore, passando le braccia intorno al collo di Ralf, accarezzandogli i capelli e facendo aderire maggiormente il suo corpo a quello del suo amante.
Il bacio divenne dolce e spontaneo, con i loro respiri sospesi nel tempo e i loro cuori che battevano all'impazzata.

Ralf sapeva da tempo che amava profondamente quel ragazzo superbo e presuntuoso. Era un sentimento così forte, così deciso, da non essere più in grado di trattenerlo. Ora voleva solo viverlo.
Andrew si lasciò trasportare dalla fragranza del profumo di Ralf e dalla delicatezza con cui le sue braccia gli cingevano la vita, come uno scrigno che racchiude una perla preziosa.
Un universo di parole non dette che ora condividevano insieme, nell'abbraccio che si scambiarono quando smisero di baciarsi.
In quella stanza, davanti all'immenso camino, siglarono un tacito accordo. Affidarono il proprio cuore all'altro, consapevoli che ciò che stavano facendo andava contro il loro mondo, contro le regole, contro quello che gli altri si aspettavano da entrambi.

Con la testa appoggiata sulla spalla di Andrew, Ralf si lasciò pervadere da una sensazione nuova quanto bellissima. Il calore del corpo di Andrew, del suo amato, riportarono alla mente le notti insonni in cui il desiderio di lui lo tormentava. Ma ora non ce ne sarebbe stato più bisogno.
La persona che amava si era affidata a lui, e tutto ciò che voleva era prendersene cura.
Una mano di Andrew prese ad accarezzargli i capelli, mentre il suo sguardo vagava nelle immensità di quel sentimento appena sbocciato. Sentiva dentro di sè un mix esplosivo di emozioni.
Il respiro caldo di Ralf gli solleticava il collo, mentre il silenzio intorno a loro cullava le loro sensazioni più profonde.

Dopo essersi inebriato della sua essenza, Ralf si staccò da Andrew quel poco che bastava per prendergli il viso tra le mani e guardarlo negli occhi.
Nella penombra non vide solo il grigio intenso dei suoi occhi. Quegli stessi occhi, spesso insidiosi e prepotenti, ora lasciavano trasparire liberamente ciò che lo scozzese provava per lui e che per molto tempo aveva imprigionato dentro di sè.
Ralf sorrise spontaneamente ed appoggiò la fronte contro la sua.
Con un sussurro, pronunciò quelle due parole che più di tutte custodiva nel suo cuore.





8/14: Superate le 100 visualizzazioni della storia, grazie a tutti!!
E se qualcuno volesse lasciare una recensione, mi farebbe davvero piacere! :D
  
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