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Autore: Inathia Len    17/03/2014    1 recensioni
Celia Stebbins è una ragazza qualsiasi, ma nasconde un segreto.
Celia sogna.
Celia ricorda.
Di un tempo in cui un uomo che viaggia in una cabina blu più grande all'interni rispetto all'esterno l'ha salvata dalla morte, quando era solo una bambina. Ma Celia non sa la verità, non sa che la donna che chiama madre non lo è davvero, non sa chi lei sia.
Quando i sogni si colorano di rosso e Celia ricorda di un pianeta andato distrutto, sa che deve scoprire la verità. E sa anche che c'è un solo uomo che la può aiutare: Sherlock Holmes.
Primo cross-over tra Doctor Who e Sherlock, ambientato tra la seconda e la terza stagione del primo e dopo la terza del secondo. Fatemi sapere che ne pensate :-)
Genere: Angst, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO1
 

What’s wrong with your sleeping?

 



-John, la porta!-

L'uomo in vestaglia urlò al coinquilino. Come al solito, nessuna risposta. Nonostante fosse ormai passato un anno, doveva ancora abituarsi al fatto che il dottor Watson non vivesse più lì. Per quanto stesse divorziando, non era tornato a Baker Street.

Spazio cerebrale.

Ma che stesse divorziando… oh, quello lo ricordava bene.

-Signora Hudson!- provò quindi.

-Solo per questa volta, Sherlock. Sono la tua padrona di casa, non la tua domestica- sentì la voce della donna replicare stizzita, mentre dei passi al piano di sotto si dirigevano verso la porta.

Apertura della porta.

Domande di rito

Voci, voci di donne.

La signora Hudson, banale.

E una giovane, sui ventuno, ventidue massimo.

Fine delle chiacchiere.

Passi su per le scale.

Tempo di alzarsi dal divano.

Sherlock abbandonò il teschio sul pavimento e si chiuse la vestaglia, passandosi una mano tra i capelli in disordine. Due giorni senza uno straccio di caso e già respirare stava tornando ad essere noioso. E poi, con John impegnato con la nascita della bambina...

-Permesso? Cercavo Sherlock Holmes.-

Il detective consultivo scannerizzò la figura sulla soglia del suo salotto.

Ventuno anni e mezzo.

Studentessa universitaria.

Materie umanistiche, Lettere?

Cappotto logoro, probabilmente unico esemplare del suo armadio. Un ricordo?

Capelli lilla, evidentemente tinti, forse... castani in origine, sì, castani. Lunghi e poco curati.

Tinta fatta in casa, cappotto vecchio, non particolarmente ricca.

Mani quasi perfette, dita lunghe, ma unghie poco curate.

Spesso sotto stress, qualcosa la preoccupa da parecchio tempo.

Un famigliare scomparso, un delitto, un fidanzato che non si è fatto più vedere... No, banale!, nulla che giustifichi la sua presenza qui in un sabato pomeriggio di fine maggio.

Occhiaie sotto gli occhi, dorme male, forse non dorme affatto.

-Problemi a dormire, signorina Stebbins?-

Gli occhi sgranati della ragazza mandarono in visibilio il detective.

-Non mi sono presentata, come...?-

Sherlock le indicò il bigliettino che le era caduto dalla tasca, prima di congiungere le mani sotto il mento e socchiudere gli occhi.

-La ricevuta della lavanderia, certo. Della sua vista a raggi X non mi aveva parlato nessuno, signor Holmes- commentò la ragazza, raccogliendolo. -Comunque mi chiamo Celia. Signorina mi fa sentire una donnina del novecento.-

-Come preferisce. Ora, mi vuole dire cosa turba i suoi sogni?- chiese di nuovo Sherlock, facendole cenno di sedersi sulla sedia di fronte al divano.

-Le occhiaie, vero? Questa era facile persino per lei. Ma verrò al punto, signor Holmes, sarò breve. Faccio dei sogni strani. Sogno di viaggiatori nel tempo e nello spazio e cabine telefoniche blu più grandi all'interno che all'esterno. So che tutto questo le potrà sembrare assurdo, e io stessa non ci ho dato molto credito per anni, ma dopo gli avvenimenti degli scorsi anni, dei Natali... Io sento che le cose sono collegate.-

-E io cosa centrerei in tutto questo?-

-Mi crede?-

-Mettiamo di sì. Cosa dovrei fare, esattamente? Come le sarei utile io?-

-Bè, lei è il detective... O detective consultativo, qualsiasi cosa significhi, deve scoprire se quello che ho sognato era vero o no.-

Sherlock si prese un attimo per riflettere. Poteva farlo? Poteva davvero, per una volta, percorrere la strada dell'impossibile?

-Prima dovrei sapere perché lo sogna, Celia. Lo so che ha una teoria, glielo leggo negli occhi e nelle unghie rosicchiate delle sue mani.-

-Io credo che non siano solo sogni, ma ricordi, forse di quando ero molto piccola. Come se quell'uomo mi avesse salvato la vita. È questa la sensazione. So che è assurdo, che sembro pazza a raccontarlo...-

-Chiunque durante l'infanzia crea storie e amici immaginari- comincio Sherlock, interrotto dalla foga di Celia.

-Ma non me lo sono inventato!-

-Mi lasci finire!- ringhiò a bassa voce Sherlock, puntando improvvisamente i suoi occhi in quelli di lei. -Come dicevo, è tipico dei bambini. Ma questi, una volta cresciuti, sanno che erano solo storie, che non era reale. E, soprattutto, non continuano a sognarlo per più di dieci anni, notte dopo notte. Per cui sì, Celia, le credo. E sì, credo di poterla aiutare.-

Celia si alzò improvvisamente dalla sedia e stritolò uno spaesato Sherlock in un abbraccio.

-Sapevo di poter contare su di lei! Allora quando cominciamo?-

Sherlock sollevò un sopracciglio e la guardò di sbieco.

-"Cominciamo"? Io non lavoro in coppia.-

-Oh, certo. E John Watson è il suo amico immaginario, allora.-

-Dove vuole arrivare?-

-Bè, il signor Watson si è sposato, me lo ha detto la mia amica Sheila, che segue sempre il suo blog. E quindi lei è solo... Se la fa sentire più a suo agio potrei scriverci su anche io.-

-Non ho bisogno del suo aiuto, Celia.-

-Ma a lei serve un assistente!-

Sherlock le lanciò uno sguardo assassino.

-Solo se John... ehm... il dottore Watson non darà la sua disponibilità. Solo in quel caso!- le urlò dietro Sherlock, ma Celia stava già volando giù e lo salutava dalla strada, sillabandogli che sarebbe tornata il giorno dopo di buon ora.

Sherlock si buttò di nuovo su divano, arrotolandosi nella vestaglia, dopo aver dato un calcio al teschio.

-Signora Hudson, un the!- gridò, imbronciato con un bambino di due anni. -Con tre cucchiai di zucchero.-

-Non sono la tua domestica!-

 

Angolo della brava personcina che si fa troppi viaggi mentali:

ecco il primo capitolo, il POV, ovviamente, è quello di Sherlock. Le parti in corsivo sono i suoi pensieri, il suo “scannerizzare” la gente.
Mi sono presa un paio di libertà rispetto alla storia originale: questa è la Londra anche del Dottore, in cui a Natale capitano sempre dei disastri e gli alieni capitano a Downing Street e John sta divorziando. Non sparatemi, voglio bene a Mary, e anche tanto, ma Jawn è di Sherlawk, punto e basta. Vedrete anche l’evolversi della loro “relazione” durante la storia.
Bene, questo è quanto.
Ora, credo che aggiornerò tra sabato e domenica, mantenendo questo ritmo settimanale.
Un bacio.

  
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