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Autore: Preussen Gloria    19/03/2014    5 recensioni
"Cresce. Assomiglia a te."
C'è ancora una storia che Odino non ha raccontato.
"A chi? Al principe delle illusioni o al re dei mostri?"
Riguarda il suo primogenito. Riguarda il figlio che ha adottato.
"Al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo"
Riguarda i due principi che sono venuti prima di loro.
"Non è mai esistita quella persona, Odino."
Riguarda leggende che non sono mai state scritte.
"Non puoi dirmi questo! Non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio"
E verità che sono sempre state taciute.
"Non è tuo figlio! Non lo è mai stato. È nato nell'inganno, vive nell'inganno, le bugie sono l'unica cosa che possiede..."
Thor e Loki hanno sempre saputo di essere nati sul finire di una guerra.
"... E un giorno, forse, ne diverrà il principe."
Ma nessuno ha mia raccontato loro l'inizio di quella storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Mpreg
Capitoli:
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XXII
 
Cancellato 
 
[Vananheim, oggi.]



"Per quanto tempo hai intenzione di rimanere in questo mondo?" Domandò Sleipnir
"Per tutto il tempo necessario," fu la risposta lapidaria del suo compagno di viaggio.
"Non per essere insistente, amico mio ma..."
"Non sono tuo amico," Loki non si era degnato di alzare gli occhi dal suo libro nemmeno un istante, "non è sicuro viaggiare, ora. Ci staranno cercando ovunque."
"Con tutto il rispetto, Loki, non credo che smetteranno a breve..."
"Allora resteremo qui ancora per molto tempo," il giovane Jotun voltò pagina e, in quella frazione di secondo, alzò gli occhi per mettere tacitamente in guardia il suo compagno di fuga dal toccare ancora l'argomento.
Sleipnir sospirò, "mi avevi promesso la libertà."
"Nessuno ti obbliga a rimanere in questa stanza."
"Confesso di aver paura di lasciarti da solo."
Loki si decise a porre un freno alla sua lettura: richiuse il libro sulle sue gambe e fissò il mutaforma in attesa di una spiegazione. 
"Se vogliamo viaggiare insieme, dovremmo cominciare a parlare sul serio, io e te," propose Sleipnir amichevolmente.
"Tu sai più cose di me di quante non ne sappia io," gli fece notare Loki, "e tutto quello che avevo bisogno di sapere su di te era scritto nelle memorie del tuo re."
"Non è più il mio re."
Il principe sorrise soddisfatto, "facciamo progressi."
"Devo..." Sleipnir abbassò lo sguardo, "o dovrei cominciare a guardarmi allo specchio e a darmi dell'ingrato."
Loki sbuffò e si alzò in piedi, "non devi nulla ad Odino."
"Entrambi gli dobbiamo qualcosa e lo sai."
"Cosa?" Domandò Loki con un sorriso sarcastico. "Dovrei essergli grato per aver montato il suo nemico giurato in una notte d'inverno? Dovrei essergli grato per avermi permesso di avere una vita da miserabile le cui fondamenta erano menzogne?"
"Non venire a dire a me cosa vuol dire avere una vita da miserabile."
"Allora non venirmi a dire che devo qualcosa all'uomo che mi ha messo in questo mondo e, per tutta la vita, mia ha fatto scontare questo suo peccato."
Qualcuno bussò alla porta e Sleipnir diede il permesso di entrare con tono automatico.
A fatica, la giovane donna dai capelli biondi che Freya aveva messo al loro servizio fece capolino nella stanza con un pesante vassoio in mano. Il mutaforma le si avvicinò velocemente, "lascia che ti aiuti, Sygin."
La ragazza sorrise cortesemente, "ce la faccio, mio signore."
"Insisto..."
Lei gli permise di prenderle il vassoio di mano e Sleipnir lo appoggiò sul lungo tavolo al centro della stanza: un sala comune che lui e Loki dividevano e da cui potevano accedere alle rispettive camere.
"La cena, miei signori," disse Sygin ma i suoi occhi erano puntati solo su Loki.
"Grazie..." Sleipnir lanciò un'occhiata al suo compagno silenzioso, "da parte di entrambi."
Loki fissava la giovane senza una reale espressione, lei non gli toglieva gli occhi di dosso, come se dovesse dirle qualcosa.
"Un messaggio da parte della regina, mio signore," si decise a dire, infine.
Il principe le concesse tutta la sua attenzione, "che cosa vuole la tua regina da me?"
"Vorrebbe che domani sera cenaste con lei entrambi, nelle sue stanze."
Loki sorrise sarcastico, "la regina ha ancora un marito vivo, capace di farle compagnia!"
Sleipnir gli lanciò un'occhiata storta a quella battuta di cattivo gusto.
Sygin sgranò gli occhi chiari, poi assotigliò le labbra, "è doveroso, da parte mia, insistere per una risposta, mio signore."
"Informa la regina che se ci tiene a cenare con noi, può scendere personalmente nelle nostre stanze domani a quest'ora."
"Loki!" Esclamò Sleipnir con un'espressione di rimprovero.
Il giovane gli sorrise divertito.
Sygin non si mosse.
"Hai bisogno d'altro?" Indagò Loki."
"No, mio signore," Sygin fece un breve inchino e prese la via della porta.

"Loki..." Mormorò sedendosi accanto alla sua signora.
Freya sorrise, "hai svelato il mistero del suo nome, dunque."
"Si prende gioco di voi, mia regina," l'avvisò Sygin con particolare premura.
La sovrana rise fissando il fuoco acceso nel camino, "da ragazzino era come te, sai? Timido ma per nulla indifeso."
"Non è un lusso che una fanciulla può permettersi," disse Sygin fissando l'orlo della sua veste.
"Mi trovi d'accordo, mia cara," Freya si sporse nella sua direzione, "che messaggio sarcastico devi riferirmi?"
La giovane arrossì appena, "Loki dice che se tenete a cenare con loro dovrete presentarvi nelle loro stanze."
Freya fece una smorfia, "mi aspettavo di peggio."
"Vi ha mancato di rispetto!" Sottolineò Sygin, sorpresa dalla tranquillità con cui la regina accettava le sue parole.
"Se dovessi condannare Loki per una frase simile, avrei dovuto far arrestare i miei figli tempo fa," la sovrana di Vananheim sorrise quasi con fare nostalgico, "il nostro ospite non usa il suo sarcasmo a caso. Imparerai che le sue parole ed il tono in cui le pronuncia sono parte di una talento che nemmeno io sono mai stata in grado di comprendere."
"Che cosa intendete dire, mia regina?" 
"Oh, mia cara, tu l'hai avvertito nel momento stesso in cui lui ha aperto bocca... L'ho visto nei tuoi occhi."
Sygin strinse la stoffa della gonna con forza e si morse il labbro inferiore, "temo di non sapere che cosa..."
"Avanti, tesoro, non hai ragione di nasconderti!" Freya allungò una mano e le prese il mento tra le dita costringendola ad alzare lo sguardo, "non sei una creatura sciocca e comune... Era più che logico che non sarebbero stati quegli uomini sciocchi e comuni ad attirare la tua attenzione!"
"Se credete che Loki abbai attirato la mia attenzione..."
"Loki potrebbe attirare l'attenzione di chiunque, mia cara," la interruppe Freya, "ho sempre pensato che il modo in cui parlava potesse far cadere le donne ai suoi piedi," i suoi occhi si persero in qualcosa di misterioso e lontano che Sygin non poteva indovinare.
"Vi siete sbagliata?" Domandò.
"No," Freya scosse la testa sospirando tristemente, "non troverai un uomo in tutti i Nove Regni che sia capace di fare quello che lui può solo parlando. Semplicemente, era qualcun altro che Loki voleva ai suoi piedi ma le sue parole non sono state sufficienti."
"Per quale ragione?"
"Perchè il suo talento avesse potuto funzionare, la persona che desiderava avrebbe dovuto ascoltarlo."
 
[Asgard, oggi.]


Aveva sentito parlare di quel luogo nei volgari discorsi di taverna.
”Cerchi un lavoro, ragazzino?"
Ma nessuno che conosceva aveva mai ammesso di averci messo piede: sarebbe stata una vergogna troppo grande.
"Ti ho chiesto se cerchi un lavoro."
Scosse la testa.
Il giovane uomo sgranò gli occhi, "sei un cliente?"
Arrossì, si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo: non era un comportamento tipico di lui ma, dopotutto, quello non era nemmeno il suo ambiente. Si sentiva come un bambino smarrito, come un intruso gettato sotto gli occhi di tutti... Eppure, nessuno lo conosceva. Le sfumature dorate di Asgard erano troppo distanti. 
Probabilmente, gli uomini ubriachi intorno a lui nemmeno conoscevano il suo nome... 
"Come ti chiami?" Il giovane uomo sulla porta non poteva avere molti più anni di lui ma non rispose. Non era certo nemmeno di conoscere il motivo per cui si era spinto in un luogo squallido come quello. 
"Non temere," il giovane sorrise ma non sembrava stesse cercando di sedurlo. 
Era solo gentile.
"Se sei un nobile, nessuno conosce il tuo viso qui," lo rassicurò, "e se qualcuno lo conosce, è strisciato fino a questo buco per nascondere vergogne peggiori delle tue. Quello che decidi di fare in questo posto, non arriverà mai alle porte dorate della città."
Qualcuno alle sue spalle venne gettato a terra. Non si voltò a vedere cosa stava succedendo: i versi animaleschi, seguiti dalle risate fragorose di altri uomini erano più che sufficienti alla sua immaginazione.
Il giovane si allontanò dall'architrave della porta per venirgli vicino, "vuoi dirmi il tuo nome?"
Lo guardò: aveva i capelli neri.
"Donar..." Rispose col tono più naturale che riuscì a simulare.
"Donar," il giovane annuì, "non entrare dentro, vieni con me."
"Perchè?"
"Non sei la persona adatta per un luogo così."
"Non mi conosci," protestò offeso.
"È vero," ammise l'altro voltandosi, "ma ho visto molti uomini qui... Tutti erano uguali ma nessuno era come te. Quel che succede all'interno della porta che hai davanti è per quel genere di uomini, non per te."
Si morse il labbro inferiore, "potrei essere peggiore di tutti loro..." Mormorò.
L'altro lo guardò e sorrise, "ti chiederei di seguirmi comunque. Gli uomini intorno a te sono tutti ubriachi e violenti... Tu, perlomeno, sei sobrio. È un buon inizio."
Donar non replicò.
Si aggiustò il cappuccio sopra la testa e si affiancò allo sconosciuto, "non ho molto denaro con me."
Non aveva pensato ad una direzione, quando se ne era andato.
Semplicemente, era fuggito, senza volatrsi.
Quel che aveva portato con sè lo aveva afferrato per istinto e basta.
Il giovane dai capelli scuri rise, "non preoccuparti per quello, ne parleremo."
"Non voglio guai."
"Da me avrai solo piacere."
Donar abbassò lo sguardo a terra, "dove mi porti?"
"La mia stanza e sull'altro lato, possiamo accedere da una scala esterna, senza che ci veda nessuno."
Camminava come se si stesse avvicinando al patibolo.
"Quanti anni hai?" Domandò il giovane.
"Non ha importanza."
"Ne ha per me."
"Non sono un ragazzino, non mi stai costringendo e non stai andando contro la legge... Che altro ti serve sapere?" Chiese irritato.
"Oh, amico, qui la legge non esiste... Non ha importanza che a deciderla sia stato il re di Asgard o di qualche altro mondo. I vizi non temono alcun tribunale, vanno soddisfati e basta."
Avrebbe voluto dire che aveva torto, Donar.
Avrebbe voluto dire che solo il più corrotto degli uomini avrebbe fatto dei vizi la sua natura, poi pensò a se stesso, a quello che era e a quello che lo aveva spinto fino a lì... Fino al lato buio del regno dorato.
"Come ti chiami?"
Il giovane uomo gli sorrise amichevolmente, "Lodur."


Il sogno non era mai uguale ma era sempre lo stesso.
Odino fissava il proprio riflesso sulla superficie ghiacciata della parete alla sua destra: l'occhio bendato era l'unico dettaglio che potesse aiutarlo a riconoscere se stesso nel viso di quel giovane uomo. Quante ere erano passate dall'ultima volta che, prima di essere re, era riuscito ad essere qualcos'altro?
"Mi hai chiamato?"
Non aveva bisogno di voltarsi per capire a chi apparteneva quella voce.
"Loki se ne è andato," disse con voce atona.
Laufey era alle sue spalle. Poteva sentire quegli occhi verdi trafiggergli la schiena, "spiegati..."
Odino fissò i fiori neri ai suoi piedi, "ci ha fatto del male ancora una volta ed è scappato."
"E con questo?" Chiese il sovrano di Jotunheim con indifferenza.
"Sa tutto..." Confessò il re di Asgard in un sussurro.
Laufey non rispose, gli arrivò davanti e lo fissò con quell'espressione che tante volte aveva visto sul viso del figlio che aveva perduto: gli stava dando una possibilità per ritrattare, prima che la sua rabbia facesse da padrone.
"Hai capito bene, Laufey."
"Che cosa sa esattamente?" Sibilò il sovrano di Jotunheim.
"Ha letto le mie memorie," spiegò Odino.
"Quel diario s'interrompe al giorno del massacro di Asgard."
"E pensi che non abbia intuito il resto?"
Laufey assotigliò le labbra e si guardò intorno, "perchè continui a portarmi in questo posto?"
"Non cambiare discorso, ora..."
"Perchè continui a sognare di noi in questo posto?!" Tuonò Laufey con rabbia, "lo detesto, detesto i ricordi che vi sono legati almeno quanto detesto te."
"Eppure, i tuoi occhi hanno brillato, quando ti ho messo Loki tra le braccia."
Laufey fece una smorfia e si voltò, "continui a parlare di un bambino morto, re di Asgard."
"Per quanto continuersi a fingere?"
"Tu hai finto per tutta la sua vita."
"Entrambi lo abbiamo fatto, entrambi abbiamo pagato..." Odino si cacciò una mano in tasca, "io sto ancora pagando."
Laufey si voltò appena in tempo per vedere il fazzoletto sporco di sangue che stringeva tra le dita, prima che lo nascondesse di nuovo tra le pieghe del suo mantello.
"Che cosa significa?" Chiese allarmato.
"Che tuo figlio ha accettato quella parte di sè che tanto odiava," rispose Odino con sarcasmo.
"Non è mio figlio."
"Anche da questo dovremmo smettere di fuggire," propose Odino con tono grave, "quando ha appreso la verità, Loki ha fatto il possibile per cancellarla... Per provare che era quella la vera bugia. Ora, penso che si sia stufato d'ignorarla, penso che voglia la versione integrale di una storia che io non ho mai avuto il coraggio di raccontargli."
"Mi crede morto," gli ricordò Laufey, "non verrà da me."
Odino lo fissò, "se lo facesse, confido che tu me lo dica."
"Non devi pretendere nulla da me, re dorato."
"Non lo ucciderai, siamo entrambi consapevoli che non ne sei capace."
"Sfidami!" Esclamò lo Jotun, "pensi che stessi esitando, quella notte? Lo volevo morto, era l'unico modo..."
"Per cosa? Per punirmi?"
"Per espiare..." Concluse Laufey lapidario.
"È stata una parentesi di follia, Laufey, lo sappiamo entrambi..."
"No," il sovrano di Jotunheim scosse la testa, "se avessi guidato un massacro contro Asgard, se lo avessi fatto dopo averti strappato al tuo popolo con la scusa di un figlio... Avresti fatto lo stesso..."
"Io non ti ho..."
"Non ha importanza cosa hai fatto tu!" La rabbia fece luccicare gli occhi di Laufey, "so quello che ho fatto io, so per cosa l'ho fatto e non sarei riuscito a vivere, senza punirmi per i miei errori."
"Amarmi?" Domandò Odino indignato, "amare tuo figlio? Questi sarebbero i peccati che volevi espiare con un infanticidio?"
"Se volessi distruggere te stesso, da quale parte di te partiresti, Odino?"
Il sovrano di Asgard non rispose.
"Da quella che fa più male, da quella che annulerebbe il dolore di qualsiasi altra ferita riusciresti ad infliggerti, prima del trapasso."
"Loki è vivo..."
Laufey annuì, "per questo, tutte le altre ferite continuano a fare male," sospirò profondamente, "chi è?"
"Chi?"
"Il propritario di quel fazzoletto," chiarì lo Jotun, "glielo ha dato per un motivo... Glielo ha dato perchè ne conosceva il significato."
Odino non rispose immeditamente: confidarlo a lui, al suo nemico storico, lo avrebbe costretto a guardare in faccia la realtà ed accettarla. In fondo, però, quello era solo un sogno... Forse, poteva permettersi il lusso di smettere di fingere davanti a chi conosceva la parte peggiore di lui. Forse, chi gli era stato complice nel peggiore dei suoi crimini, poteva ancora esserlo.
Nulla avrebbe cambiato la reltà delle cose, una volta che avrebbe aperto gli occhi.
Ad Asgard Thor stava bene, Loki era in fuga ma tutto era sotto controllo.
In quel mondo che non era nè reale nè pura illusione, poteva anche permettere alla verità di schiacciarlo per un poco, così che non fosse costretto ancora a combatterla.
"È Thor..." Con quelle due parole ammise più cose di quelle che voleva.
Laufey non cambiò espressione, non disse una parola.
Scoppiò a ridere, invece.
Una risata orribile, come quella che aveva riecheggiato tra le mura del tempio di Utgard molti secoli prima.
"Allora è proprio destino, mio re," disse con sarcasmo, "un principe maledetto per un principe dorato."
"Ho ragione di credere che Thor non sapesse quello che stava facendo."
"Oh, certo..." Laufey annuì, "dici di smettere di fingere. Io, almeno, lo faccio con un solo figlio su tre... Ti sconsiglierei di farlo con due su due."


Lodur chiuse la porta e Donar quasi sobbalzò.
"Togliti il mantello," gli disse.
Non lo fece.
"Rilassati," Lodur si portò davanti al piccolo camino per rianimare il fuoco, "possiamo parlare, prima. L'obbiettivo è la compagnia, il sesso ne è solo una parte."
"Non mi piace parlare."
Donar aveva parlato troppo per tutta la vita e non era sua intenzione continuare.
"Come vuoi," gli concesse il giovane dai capelli scuri, "ma permettimi, almeno, di vedere chiaramente il tuo viso."
L'altro esitò ancora un poco, poi, sentendosi incredibilmente ridicolo, abbassò il cappuccio scuro con un gesto secco ma stando ben attento a non incontrare gli occhi dell'altro.
Lodur si concesse un istante per rimanere senza parole, "in che mondo siamo se un ragazzino come te deve pagare per un po' di calore umano?"
"Non sono un ragazzino..."
"Perdonami, ma sbarbato, con quegli occhioni blu e quei fili d'oro, non hai proprio l'aria dell'uomo navigato."
"Ho avuto la mia dose di esperienze," Donar strinse i pugni.
"Non ne dubito," Lodur annuì, "qualche donna devi averla avuta o, con la mercanzia di cui disponi, avresti insospettito chiunque."
"Ne ho avute molte!"
"Bravo!" Rispose Lodur con sarcasmo, "ma qui non troverai nessuna gattina pronta a soddisfare le tue voglie... Quelle esperienze non ti servono."
Era vero.
Altrimenti, non si sarebbe sentito così nervoso, come se non avesse mai condiviso il letto con un amante occasionale.
Mai con un uomo.
Già, era questo il suo problema... Mai con un uomo.
Tranne uno...Ma quello era stato tutto, meno che occasionale.
Allontanò quel pensiero scuotendo la testa, poi si sfilò il mantello dalle spalle lasciandolo cadere sul pavimento.
"Sei alto," commentò Lodur avvicinandosi, "sei alto e molto bello... È la mia notte fortunata."
A dispetto di quello che aveva appena detto, non dissero altro, mentre i vestiti di entrambi finivano sul pavimento.
Lodur fu il primo a raggiungere il letto, "vieni qui."
Donar ubbidì e si stese accanto a lui, in attesa.
L'altro rise, "non sei un tipo che prende l'iniziativa?"
Donar era stato maestro di quell'arte, in altri contesti. Eppure, su quel letto non era sicuro nemmeno di ricordare le basi.
Lodur sbuffò ma gli sorrise paziente alzandosi sui gomiti, "che cosa ti piace fare?"
Era una domanda un po' vaga.
"Vuoi guardarmi in faccia?" Propose, "vuoi che ti dia la schiena o stia sopra?"
"Voglio essere preso..." Mormorò Donar senza pensarci.
Di amanti ne aveva avute tante e sapeva di aver compiuto egregiamente il suo dovere con tutte loro. 
Poi, c'era stato lui ed era stato come fare l'amore per la prima volta... Ma c'era qualcosa che aveva condiviso solo ed unicamente con lui, qualcosa che lo aveva fatto suo più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Qualcosa che doveva cancellare e non aveva importanza se avesse dovuto usare il corpo di un altro, di uno sconosciuto, per riuscirci. 
Lodur era rimasto a fissarlo con gli occhi sgranati.
"Non dici sul serio."
"Invece, sì."
Il giovane dai capelli scuri si umettò le labbra, poi scosse la testa e rise.
"Che cosa c'è?" Domandò Donar irritato.
"Dimmi solo che non sono il primo uomo con cui condividi un letto."
"Non lo sei."
Lodur fissò il suo cliente a lungo, poi si spostò sopra di lui.
Lo mangiò con gli occhi e rise per il nervosismo, "è una notte molto più che fortunata."
Donar non replicò.
"Sei bellissimo," si chinò per dargli un bacio ma l'altro voltò il viso, "qualcosa non va?"
Donar ingoiò a vuoto, poi lo guardò dirtto negli occhi, "non baciarmi," ordinò, "fa con me quello che faresti con un amante che hai potuto sceglierti ma non mi baciare."
Gli occhi di Lodur sembrarono tingersi di una tristezza completamente fuori luogo, "come desideri, mio principe."
Donar sgranò gli occhi a quella parola ma non ebbe il tempo di obbiettare in alcun modo che le dita dell'altro erano scese a violarlo come aveva permesso di fare solo ad uno. Ebbe paura, quando realizzò che era arrivato al punto di non ritorno, quando comprese che stava, infine, dissacrando qualcosa che, pur nel peccato, era la cosa più giusta del mondo.
Forse, avrebbe dovuto dire che aveva avuto solo un uomo in tutta la sua vita.
Forse, avrebbe anche dovuto confessare che quel solo ed unico non era stato proprio un amante passeggero.
Forse, non aveva realizzato che fare sesso con un uomo e fare l'amore con lui erano due cose completamente diverse. 
Donar non era abituato a quelle carezze voraci, violente, animalesche.
Non era abituato ad essere spinto sul materasso come se avesse avuto una buona ragione per scappare da un momento all'altro. Non era abituato a sentire tra le lenzuola di un letto la stessa aria che respirava nell'arena.
Non era abituato a quel tipo di scontro.
Per lui, non era mai stata una prova di forza.
Lodur s'infilò tra le sue gambe con urgenza e Donar dovette mordersi l'interno guancia per non gemere di dolore a quello che seguì: non aveva mai fatto così male, eppure ricordava notti in cui la dolcezza era stata accantonata per fare spazio al più puro desiderio.
Desiderio.
Già...
Quando il fastidio sparì, non sentì più nulla. Fissò il soffitto per tutto il tempo, mentre Lodur ansimava contro il suo orecchio, le mani strette sulle sue coscie, come se da questo potesse dipendere la sua stessa vita. Si mosse contro di lui con più violenza facendogli sbattere la testa contro la tastiera del letto ma Donar non protestò, era troppo occupato a ricacciare in gola il conato di vomito che si arrampicò lungo il suo esofago, quando Lodur si bloccò ed il calore lo riempì.
Gli crollò addosso, il suo respiro gli ustionava la pelle del collo.
"Scusami..."
Donar non replicò, forse, nemmeno lo udì.
"Non hai idea di quanto tempo è passato dall'ultima volta che ho... Devo ringraziarti," Lodur si alzò sui gomiti e il suo sguardo si riempì di delusione nel notare che l'amante non era stato affatto soddisfatto da quell'amplesso.
Donar girò il viso da un lato per non guardarlo.
"Perdonami..." Mormorò Lodur, "sono stato troppo impulsivo, avrei dovuto avere più cura di te..."
Donar scosse la testa, "non importa..." Fece per alzarsi ma Lodur lo invitò a rimanere steso.
"Aspetta, mi voglio prendere cura anche di te."
"Non è necessario..."
"Non è per il lavoro," puntualizzò il giovane dai capelli scuri, "è questione di virilità... Mi sentirei umiliato, se non riuscissi a dare piacere all'unico ragazzo che lo ha dato a me."
Donar non riscì a parlare che lo vide chinarsi tra le sue gambe. Si tirò indietro, "no... No..."
"Shhh..." Lodur gli baciò l'interno coscia, "avrei dovuto farlo prima per metterti a tuo agio, ti chiedo scusa."
Donar avrebbe potuto spintonarlo via, si sarebbe potuto alzare e sarebbe potuto uscire da quella stanza, senza temere che qualcuno riuscisse a trattenerlo ma... Sentì il calore di quelle labbra sulla pelle sensibile, sentì la lingua umida ed esperta accarezzarlo. Abbassò lo sguardo e passò una mano tra quei capelli corvini.
Lodur lo guardò e sorrise ma non era più il suo viso quello che vedeva.
Donar rilassò la nuca contro i cuscini e lasciò andare un sospiro di piacere, poi chiuse gli occhi e lasciò che le illusioni facessero il resto.
"Lo..."
 
[Asgard, secoli fa.]


"Ehi..."
Loki soleva essere un ragazzo razionale, riflessivo, poco incline alle assurdità di qualsiasi natura.
"Ehi, non aver paura."
Se fosse stato diverso, forse a quest'ora sarebbe stato tre metri sotto terra, un cadavere senza testa condannato per aver osato sedurre il principe a cui era legato da un rituale di sangue. 
"Devo portarti via di qui o mio fratello ti troverà..."
Non era mai stato impulsivo, Loki e questo lo aveva salvato molte volte, anche se aveva gioito con un sorriso amaro nel vedere che l'uomo che amava fuggiva inevitabilmente dalla sua portata per gettarsi tra le braccia di un altro Jotun. Aveva pregato Laufey di farlo, anni addietro, quando il desiderio era divenuto troppo forte da poterlo reprimere.
Non si era buttato.
Non aveva confessato nulla ad Odino.
Quel che era per loro lo avevano consumato da bambini recitando la formula di un antico rito, il resto era una storia che apparteneva solo a Loki.
"Lo so che sei qui."
Loki era un ragazzo razionale, certo... Eppure, quel cavallo gli aveva fatto perdere il controllo come era accaduto anni addietro, quando aveva rischiato di rivelare a Odino il suo segreto. Non sapeva spiegarselo, una ragione non l'aveva neanche cercata... Si era limitato a tornare nella foresta nella speranza di vedere di nuovo quella splendida creatura, prima che qualche mal intenzionato decidesse di domarla, di rovinarla.
Una freccia colpì il tronco dell'albero alla sua destra e Loki sobbalzò.
"Guarda... Guarda..." Il principe Vili mosse il cavallo nella sua direzione, seguito dal principe Vè.
"Il fratello di nostro fratello che, però, non è nostro fratello!" Esclamò quest'ultimo ridendo del suo stesso stupido giro di parole. 
Loki assotigliò le labbra omaggiando i due nobili con un inchino veloce, "altezze..."
"Com'è ben educato il cagnolino di nostro fratello!" Vè scese da cavallo con un movimento veloce e Loki si ritrasse di un paio di passi.
"La foresta è pericolosa nella stagione di caccia, Loki," lo informò Vili.
"Grazie dell'avvertimento," rispose lo Jotun, "ma so cavarmela da solo."
"Arrogante..." Vè alzò lo sguardo verso il fratello, "eppure, è migliorato molto in questi anni, vero, Vili?"
"Lascialo in pace," era un ammonimento debole quello del secondo principe di Asgard e Vè non gli diede peso.
"Ti sei mai chiesto come deve essere fare l'amore con uno di questi cosi, fratello?" Domandò, come se Loki fosse un oggetto su cui esprimere opinioni liberamente.
"Della cerchia di nostro fratello ho sempre preferito Lady Frigga," rispose Vili.
"Quella è mia, fratello!" Ribattè Vè facendogli l'occhiolino.
Loki non vedeva l'ora di poterlo raccontare a Frigga solo per darle una buona ragione di tirare loro qualche tiro mancino dei suoi: educato, raffinato e letale. In questo, in un certo senso, lei e Laufey si assomigliavano molto.
"Dicci, piccolo Loki, è vero quello che si dice in giro?" Vè passò lo sguardo su tutta la sua figura, "che voi Jotun siete piuttosto ingombrati in mezzo alle gambe?"
"Vè...."
"E stai zitto che sei curioso anche tu!" 
Loki arrossì ma tentò di rimanere impassibile, "dovrei lasciarvi alla vostra caccia, miei signori... Perdonate la distrazione..." Fece per andarsene ma Vè lo afferrò per un braccio, "non ho sentito la tua risposta."
"Mi spiace, mio principe ma non intendo assecodarvi mentre vi prendete gioco di me," replicò lo Jotun con calma glaciale.
Vè divenne rosso in viso.
Non era bello, nessuno dei due lo era.
Entrambi avevano ereditato i lineamenti duri e austeri di Borr... Non vi era nulla di Bestla in loro, nè del sangue di Jotunheim.
"Vorrà dire che mi risponderò da solo."
Loki, da principio, non comprese, poi il principe lo spinse contro il tronco dell'albero precedentemente colpito dalla freccia e sgranò gli occhi per il terrore, "no! No!"
Tentò di dimenarsi ma l'altro era il doppio di lui ed era stato allenato per il combattimento corpo a corpo tutta la vita.
"Vè!" Esclamò Vili.
"Voglio solo vedere, non lo sto mica violentando!"
"Odino non si curerà di certi dettagli, quando lo verrà a sapere!"
"Chi dice che lo verrà..."
"Lasciatemi!" Loki alzò un ginocchio riuscendo a colpire il suo aggressore in un punto che avrebbe messo al tappeto qualsiasi uomo. Prese a correre ma non arrivò lontano.
"Piccolo Jotun bastardo!" Esclamò Vè afferrandolo e facendolo cadere a terra, "t'insegno io a ribellarti ad un ordine del tuo principe!"
"Vè, smettila!" Vili doveva essere sceso da cavallo perchè lo sentì da più vicino ma a nulla valsero le sue parole.
Il pugno del terzo principe di Asgard si abbattè sul suo viso con una forza che tale che, per un momento, rischiò di perdere i sensi. Il nitrito di un cavallo fu ciò che lo costrinse ad aggrapparsi con tutte le sue forze alla realtà.
"Attento Vè!" Urlò Vili, mentre il fratello prendeva a sbraitare frasi che Loki non comprese.
Approfittò della confusione per tirarsi in piedi e fu allora che lo vide, lo stesso stallone che lo aveva incontrato appena il giorno prima. Sollevava le zampe anteriori pericolosamente, minacciando i due principi che si ritrovarono costretti a tornare ai loro destrieri.
Loki prese a correre quanto più velocemente poteva e, dopo alcuni secondi, il cavallo lo superò.
Fu questione di un istante.
Qualcosa vibrò vicino all'orecchio sinistro di Loki, poi colpì quel meraviglioso animale, bloccando la sua corsa.
Si voltò: Vè gli rivolse un sorriso soddisfatto, l'arco ancora stretto nel pugno, mentre Vili lo spingeva con forza per convincerlo a rimontare in sella.
"No..." Gli occhi gli si riempirono di lacrime.
Davanti a lui, il cavallo continuava a camminare tra gli alberi.
Gli andò dietro ed una morsa gli strinse il petto nel rendersi conto che l'animale rallentava minuto, dopo minuto.
Loki cominciò a piangere in silenzio, fino a che non vide comparire tra gli alberi il piccolo lago che lui, Odino e gli altri conoscevano molto bene. Quella non era zona di caccia, sarebbero stati al sicuro.
Vide il cavallo entrare a fatica nell'acqua ma lui rimase immobile dietro una fila di alberi, poi si passò le mani sulle guance per asciugarsi le lacrime.
A quello che accadde dopo nulla avrebbe potuto prepararlo.
Alzò gli occhi appena in tempo per scorgere una luce dorata e, d'improvviso, quel meraviglioso cavallo che era corso in suo soccorso non c'era più. Loki rimase a bocca aperta nel ricoscere il ragazzo dai capelli color mogano al centro del piccolo lago. La linea dell'acqua ondeggiava in modo particolarmente sensale su suoi fianchi: non indossava alcun vestito, ovviamente.
L'espressione era contrita, dolorante.
Fu allora che Loki si ricordò della freccia e la trovò conficcata nella spalla destra: una linea di sangue attraversava il petto scolpito del ragazzo sporcando l'acqua cristallina. 
"Aspetta..." Lo Jotun fece per avvicinarsi, ma l'altro afferrò l'estremità della freccia esposta all'aria e, con un movimento violento, la estasse di proprio pugno liberando un urlo di dolore che atterrì il giovane dai capelli corvini.
Il petto nudo si alzava e abbassava velocemente e, per un attimo, Loki temette che fosse sul pumto di svenire a causa del dolore, così si liberò velocemente degli stivali, del mantello e degli indumenti per andargli incontro.
"Ehi..." Loki gli afferrò la spalla sana, "stai bene? Vuoi stenderti? Vuoi che...?"
Si fermò, quando gli occhi nocciola del giovane incontrarono i suoi.
Lo conosceva.
"Svadilfari..." Mormorò esterrefatto.
L'altro non disse nulla ma i suoi occhi erano stanchi ed il viso sudato stava perdendo velocemente colore.
Loki agì d'istinto, senza chiedere il permesso: appoggiò il palmo contro la ferita sanguinante si concentrò. L'aveva fatto centinaia di volte con Laufey e Frigga, mentre Freya li istruiva pazientemente. L'aveva ripetuto un paio di volte su Odino, quando Il principe di Jotunheim era stufo di vederlo tornare nelle loro stanza sporco di polvere e pieno di lividi e tagli, regali dell'arena.
Era bravo, gli avevano detto.
Per sua fortuna, doveva essere vero, perchè Svadilfari sospirò e, quando allontanò la mano da lui, la ferita era sparita.
Loki accennò un sorriso soddisfatto, mentre l'altro si fissava la spalla sbalordito.
"Come ci sei riuscito?" Domandò.
"Studio l'arte della guarigione ormai da tempo, da quando Vananheim è divenuto territorio di Asgard," poi l'adrenalina scemò, quel che era accaduto gli tornò tutto alla mente, "tu, invece, come hai fatto?"
Svadilfari non rispose subito, poi scrollò le spalle, "sono nato così..."
"Così come? Come cavallo?"
"Con la capacità di divertarlo."
Loki sgranò gli occhi, "sei un mutaforma?"
"Una specie... Non posso assumere altri aspetti, oltre a quelli che hai visto," Svadilfari passò lo sguardo su tutto il suo corpo. Loki non comprese, poi si ricordò di essere completamente nudo a sua volta.
Si voltò, le guance rosse.
Svadilfari sorrise, "anche se non mi guardi negli occhi, non sei invisibile."
Loki si strinse le braccia intorno al corpo, come se questo potesse servire a qualcosa, "ti volteresti, per favore?"
"Che motivo hai di vergognarti?"
"Non mi piace essere visto così, va bene?"
"Deve essere davvero dura per i tuoi amanti, allora."
Loki non rispose.
Il sorriso svanì dal viso di Svadilfari, mentre il barlume della comprensione si accendeva nella sua testa. "Oh..." 
Lo Jotun prese un respiro profondo, poi rilassò le braccia lungo i fianchi e guardò l'altro con nuova determinazione, "cosa c'è? Sei sorpreso?"
"Un poco..."
"Cosa credevi? Il fatto che io sia uno Jotun fuori dal mio mondo ma con un tenore di vita alto premette per forza che io conceda a qualcuno dei favori sessuali?"
"Nelle altre corti, generalmente, è così," spiegò Svadilfari, "non solo per gli Jotun, per chiunque sia diverso e rischi umiliazioni peggiori di quella di prostituirsi per garantirsi un posto in alta società."
"Pensavo che sapessi che sono legato al principe da un rituale..."
"Tutti lo sanno."
"E cos'altro sanno tutti?" Domandò curioso.
Svadilfari esitò, "in pochi vedono di buon occhio che il principe di Asgard, futuro re, si circondi di creature dell'Eterno Inverno, sia pure solo per piacere."
"Mio fratello non mi ha mai toccato, sarebbe un crimine, dopo il patto di sangue che abbiamo stipulato."
"Alle lingue velenose non servono fatti concreti," gli ricordò il mutaforma con un sorriso amaro, "il pettegolezzo più diffuso è che il principe dorato abbia il suo piccolo harem di Jotun, che il tuo Nàl è solo quello più talentuoso a letto, per questo si è guadagnato una posizione così in alto e per così tanto tempo."
Loki sgranò gli occhi scaldalizzato, "Nàl cammina al fianco di mio fratello perchè lo ama e da lui è amato."
Svadilfari abbassò lo sguardo, "l'amore e gli Jotun sono due cose che non possono essere collegate, credono."
L'espressione del giovane Jotun s'indurì notevolmente, "e tu, Svadilfari?" Domandò, "tu che cosa credi?"
Il mutaforma si chinò al punto che i loro nasi quasi si toccarono, "penso che vorrei provare il contrario, piccolo Jotun."
 
[Asgard,oggi.]



"Che cosa sei?"
Donar non capì.
"Che cosa fai per vivere?" Specificò Lodur alzandosi su di un gomito per poter giocare con i corti capelli biondi di quell'amante mai sperato.
"Sono un soldato..." Mormorò Donar.
"Lo sospettavo... Con questo corpo perfetto e quel dardo infuocato che hai tra le gambe," Lodur gli baciò una spalla, "sembra impossibile che tu mi abbia chiesto di prenderti."
"Perchè dici questo?" 
"Gli uomini che si spingono fino a qui o sono degli animali o sono ragazzini che non l'hanno mai affondato da nessuna parte ma l'hanno ricevuto in modi umilianti."
Donar rabbrividì, "non è il mio caso."
"L'ho notato," Lodur sorrise, "mi spiace di non aver dato il meglio di me, ma a stento ricordavo come funzionasse... Per te, invece, non ero il primo, vero?"
"No..."
"Perchè non sei con lui, questa notte?"
Donar continuò a fissare il muro, "non mi vuole più..." Non voleva esortare la pietà di nessuno ma quella era l'unica verità che conosceva. Lodur non parlò per un po', poi si mosse nervosamente alle sue spalle, "chi è il folle che rinuncerebbe ad amare una meraviglia come te?"
"Evidentemente, non valgo così tanto..."
"Oh, no..." Lodur prese a baciargli il collo sensualmente, "se fossi mio, morirei prima di lasciarti andare."
Donar si tirò a sedere, "non ho abbastanza denaro..."
"Lascia perdere il denaro. Resta qui," propose Lodur, "permettimi di averti nel mio letto ancora un poco... Non voglio essere pagato per questo."
Lo fece scivolare sul materasso, sotto di sè.
Donar lo lasciò fare: aveva ormai imboccato la strada dell'umiliazione e tornare indietro non avrebbe cancellato nulla. Lodur fu gentile con lui, la seconda volta e lui accetto qualsiasi carezza come se la desiderasse davvero: aveva bisogno di quel calore. aveva bisogno di sentire che il suo corpo era vivo anche se la sua anima non ne voleva proprio sapere.
Qualunque vincolo sacro lo avesse legato al suo amore, veniva cancellato dai movimenti del bacino di Lodur tra le sue gambe. Non era più suo in nessun modo possibile, nè come uomo, nè come amante, nè come fratello...
Allora perchè continuava a fare così male?
 
[Asgard, secoli fa.]


"Sei distratto..."
Loki impiegò una manciata di secondi, prima di comprendere che suo fratello gli aveva rivolto la parola.
"Eh?"
"Sei distratto!" Esclamò Odino sospettoso. Nàl aveva evitato di proposito i festeggiamenti per la fine della caccia e il principe dorato era pronto ad attaccarsi a qualsiasi cosa per dar sfogo al suo nervosismo.
"Sono stanco," replicò Loki, poi si guardò intorno per trovare qualcosa su cui sviare il discorso, "dove sono i due principi?"
Odino bofonchiò qualcosa.
"Fratello?"
"Hanno detto che ti hanno salvato dalla furia di un cavallo selvatico," Odino prese un sorso d'idromele e sbattè il calice sul tavolo con nervosismo, "mi credono un idiota, gli stolti!"
Loki abbassò lo sguardo arrossendo vistosamente, "non avresti dovuto... Non per me."
"Oh!" Odino fece un gesto annoiato con la mano, "tu non avresti dovuto rimanere in silenzio! Se qualcuno ti manca di rispetto, tu me lo dici ed io gliela faccio pagare."
"E che cosa ne penserà la gente?"
"Che marciscano! Nessuno tocca mio fratello..."
"Posso difendermi da solo, sai?" Gli fece notare Loki scontroso e Odino lo guardò sbalordito, "non ho bisogno che tu mi protegga, ho smesso di essere un povero bambino indifeso!"
Si alzò dalla tavolata con un movimemto indignato. Il principe dorato era talmente a corto di parole che non riuscì a fermarlo in alcun modo. Tuttavia, a Loki bastò voltarsi per trovare una buona ragione per restare.
"Vostra altezza!" Il Costruttore si precipitò da Odino lasciando indietro il proprio apprendista, "è un piacere incontrarvi di nuovo!"
Svadilfari rimase in silenzio fissando il giovane Jotun dritto negli occhi, mentre il suo padrone si sedeva accanto all'erede al trono senza attendere un invito esplicito. Non che Loki avesse il tempo di sentirsi offeso per essere stato privato del suo posto, "c-ciao..." Balbettò timidamente.
"Ciao..." Rispose Svadilfari accennando un sorriso.
"Come va la spalla?"
"Come nuova, grazie a te."
Gli occhi scuri di Loki brillavano più delle fiaccole appese alle alte colonne dorate. Erano tornati a palazzo insieme ma nemmeno una parola era stata pronunciata durante l'intero tragitto e nemmeno nel momento della separazione. Il giovane Jotun non aveva avuto il coraggio di fermarlo, di chiedergli più di sè, del suo potere... Aveva avuto troppa paura d'intuire che non si sarebbero rivisti mai più, se non in occasioni formali.
"Te ne stavi andando?" Domandò Svadilfari.
"Si..." Loki scosse la testa, "no... Insomma, non mi piacciono molto queste feste."
L'altro rise, "mi trovi d'accordo."
Odino, dal canto suo, non la smetteva di sporgere la testa oltre la spalla del Costruttore nel tentativo di capire che cosa stesse accadendo tra suo fratello e quell'apprendista... Se solo quell'uomo avesse smesso di dire sciocchezze ed occupare il suo campo visivo con continui movimenti del capo!
"Hai visitato i giardini reali?" Domandò Loki.
"Non ne ho ancora avuto l'occasione."
Non c'era bisogno di fare ad alta voce quell'invito: il desiderio di fuga era talmente forte che bastò un cenno d'assenso dell'appredista per infondere a Loki la sicurezza necessaria per prendergli la mano.
"Seguimi..."
Si allontanarono senza che nessuno se ne accorgesse, con l'eccezione del principe dorato. Odino tentò di alzarsi ma il Costruttore lo afferrò per un polso e lo rimise al suo posto con totale nonchalance. Se non fosse stato che suo padre continuava a lanciargli occhiate, il giovane Aesir avrebbe replicato a quel gesto non troppo cortesemente e sarebbe corso dietro al fratello.
Peccato che Loki sparì dal suo campo visivo troppo presto perchè potesse prendere seriamente in considerazione l'idea.


"Grazie per non aver detto nulla," disse Svadilfari improvvisamente.
"Come lo sai?" Loki gli rivolse un sorriso birichino.
"Se avessi confidato il mio segreto a qualcuno, sarebbero scesi nelle scuderie a cercarmi, prima della festa."
Il giovane Jotun scosse la testa, "il tuo segreto è al sicuro con me."
"Ne ero certo," rispose Svadilfari, "e te ne sono grato."
L'aria di fine autunno era fredda, dopo il calar del sole ma Loki non si sarebbe accorto nemmeno del peggiore dei temporali in quel momento, "sei bellissimo..." Commentò di colpo.
Svadilfari lo guardò.
"Voglio dire," le guance pallide si colorarono immeditamente, "il tuo secondo aspetto... Sono rimasto incantato la prima volta che ti ho visto."
"Sì, lo dicono in molti," replicò Svadilfari con una nota di delusione.
"Ti sei mostrato ad altri?" Era il turno di Loki di essere deluso: aveva pensato di essere il primo, che fosse qualcosa di speciale da condividere. Svadilfari scrollò le spalle, "il mio padrone, naturalmente," rispose, "no, nessun altro... Ma ho sentito i commenti della gente che mi fissava in quella forma."
"Oh..." Loki annui tornando a sorridere, "uno dei tuoi genitori era un mutaforma?"
L'apprendista fissò l'erba ai loro piedi, "come ho detto all'altro piccolo Jotun, non ho reali ricordi della mia infanzia."
"Mi dispiace."
"Ho imparato a farne a meno."
Loki si sedette sul bordo di una fontana ed invitò l'altro a fare lo stesso, "posso chiederti una cosa?"
"Non ti ho seguito per rimanere in silenzio."
"Hai detto... Hai detto che vorresti provare che può esistere l'amore anche per gli Jotun o, comunque, per noi diversi."
Svadilfari annuì.
"Perchè?" Domandò Loki.
"Ti sembra un sentimento troppo alto per un umile apprendista?"
Lo Jotun scosse la testa, "non mi permetterei mai!" Esclamò, "penso, semplicemente, che sia qualcosa di molto dolce... Tutto qui."
Svadilfari gli passò il dorso della mano su di una guancia e Loki si ritrovò a trattenere il fiato per l'emozione: un tempo, anche Odino lo accarezzava così, poi, improvvisamente, aveva smesso di toccarlo. C'era qualcun altro a cui si dedicavano le sue mani, adesso.
"Sei mai stato baciato?" Domandò il mutaforma.
"No," rispose senza vergogna.
Svadilfari sgranò gli occhi.
"Nessuno qui mi bacerebbe per il semplice gusto di farlo," spiegò Loki, "mi bacerebbero come si bacia una puttana, probabilmente... Nessuno mi vede in modo diverso da una fantasia proibita."
"Il tuo principe sì."
"Il mio principe è innamorato del suo comoagno, te l'ho detto," replicò, "ama anche me, ma come si ama un fratello... Nulla di più."
"Lo dici come se ti dispiacesse."
Loki sorrise tristemente, poi fissò la superficie dell'acqua mossa dai continui fiotti della fontana, "un tempo, ho creduto di amarlo... Amarlo sul serio..."
Svadilfari s'irrigidì, "ti ha rifiutato?" Gli dava fastidio affrontare quell'argomento, si capiva.
Tuttavia, Loki era troppo distrattao per darci peso, "no, non gliel'ho mai detto. Solo Nàl lo sa... Una volta, prima che s'innamorassero, l'ho pregato di assecodare i desideri di mio fratello."
"Per quale ragione?"
"Odino aveva già avuto altre amanti ma Nàl era il primo che... Era come me e, esattamente come me, Odino non lo guardava come guardava tutti gli altri. Speravo che, se Nàl fosse riuscito a farmi capire che non era mio e non lo sarebbe mai stato, mi sarebbe passata."
"Ed è accaduto?"
Loki tornò a guardarlo negli occhi, "sì..." Disse con sicurezza, "con gli anni, ho imparato a vedere in Nàl e Odino qualcosa di giusto. Oggi, desidero vederli seduti sullo stesso trono almeno quanto lo vuole mio fratello."
"E che cosa ne sarà di te, dopo che questo accadrà?"
Loki sentì qualcosa fargli male all'altezza del petto e rise nervosamente per cercare di far passare il dolore, "spero che benediranno tutti noi con la nascita di un nuovo erede. Voglio vederlo il figlio di Nàl e di mio fratello! Sono certo che sarà bellissimo..."
Svadilfari abbassò lo sguardo torcendosi le mani con nervosismo, "e se avessi un figlio tuo?"
Loki s'irrigidì, sgranò gli occhi e, per un istante, non seppe cosa dire.
"Non ho mai visto un figlio nel mio futuro," ammise, "non mi sono mai visto accanto a nessuno."
Il mutaforma gli aggiustò una ciocca di capelli corvini dietro l'orecchio, poi lasciò la mano lì, sulla sua guancia, "anche io ho paura di farlo."
"Non è paura la mia."
"Invece, sì," insistette Svadilfari con gentilezza, "guardare la vita degli altri, gioire delle loro vittorie, piangere per le loro sconfitte... È tutto molto più semplice di mettere in gioco il proprio cuore."
Loki gli appoggiò una mano contro il petto stringendo appena la stoffa della tunica. Avrebbe voluto tirarlo a sè, avrebbe voluto stringerlo vicino al cuore per sempre ma non aveva mai provato un desiderio simile per qualcuno che non fosse suo fratello e non sapeva cosa fare. Si sentiva ridicolo, inadeguato, eppure non c'era alcuna derisione negli occhi nocciola di Svadilfari.
Solo tanta dolcezza e comprensione.
Dopo, fu impossibile dire chi due due avesse cominciato perchè il desiderio era talmente vivo in entrambi che, probabilmente, non avevano fatto altro che venirsi incontro, come due perfette metà.
Ma che importanza poteva avere? Le labbra di Svadilfari contro le sue erano quanto di più bello avesse mai provato, il resto del mondo poteva anche smettere di esistere.
"Loki!"
Il giovane Jotun sobbalzò.
"Loki!" Ruggì Odino da qualche parte nel buio dei giardini.
A Svadilfari venne da ridere, "non sembra molto felice..."
"Devo andare."
"Aspetta..."
Loki si sentì tirare in piedi, poi si ritrovò con la schiena contro il tronco di un albero e le labbra di Svadilfari di nuovo sulle sue. Sorrise in quel bacio e circondò il collo dell'apprendista con le proprie braccia per tenerlo più vicino.
Non avrebbe voluto lasciarlo andare mai.
"Loki!" 
Peccato che Odino fosse di tutt'altro avviso.
"Verrai da me, domani notte?" Domandò Svadilfari contro la sua bocca.
Loki rise, "io non credo di reistere fino a domani notte."
Era troppo bello poter, finalmente, provare l'amore sulla propria pelle dopo esserselo solo immaginato per tutta la vita.
"Al laghetto, nella foresta, quando il sole è più alto..."
"Sì," Loki annuì, "sì!"
Svadilfari lo baciò un'ultima volta, poi, dopo un ultimo sorriso complice, lo lasciò andare.
 
[Aasgard, oggi.]


Aveva i suoi capelli biondi, eppure una volta lo aveva sognato con quelli corvini di suo fratello.
Aveva i suoi occhi azzurri, quelli li aveva sempre avuti.
Era talmente piccolo che avrebbe potuto sorreggerlo tra le mani e gli sarebbe anche avanzato spazio.
"Non è affatto piccolo come neonato," aveva commentato sua madre.
Da principio, lui aveva avuto paura di toccarlo, proprio come era accaduto con Thrud.
Poi, Loki gli era venuto vicino con quel fagottino di pelliccia e glielo aveva messo accanto, sul letto. La testolina ancora umida e la pelle ancora ricoperta di sangue ed altri liquidi corporei.
"Gli faremo il bagno quando sarete pronti entrambi," gli aveva detto baciandogli la fronte.
Non aveva compreso, poi Magni aveva aperto gli occhi e, come era stato per Thrud, aveva creduto che sarebbe morto, se avessero allontnato il suo bambino dalla sua vista un minuto di troppo.
Ben conscio di questo, Loki aveva aspettato che si addormentasse per fare ciò che andava fatto.
Poi, al suo risveglio, non aveva esitato a restituirgli suo figlio placando il suo cuore galoppante ancor prima che quella breve distanza dalla sua creatura inducesse in lui una crisi di panico.
"Thrud?" Continuava a chiedere.
"È con nostra madre," rispondeva Loki pazientemente.
"Non voglio che lo lasci da solo per me."
"È solo nella stanza accanto, Thor."
Il principe dorato sospirò profondamente, poi abbassò gli occhi sul neonato addormentato tra le sue braccia, "cresceranno insieme," disse con un sorriso, "come me e te, nessuno dei due ricorderà un mondo in cui l'altro non è esistito."
Loki accarezzò la testolina del loro bambino, "speriamo che abbiano il buon senso di lasciare tuo padre spirare in pace, prima di fare la nostra fine, almeno."
Era una battuta di pessimo gusto ma Thor rise lo stesso.


Si svegliarono di colpo, come la porta della stanza si spalancò ed andò a sbattere contro il muro.
"Chi osa!" Sibilò Lodur alzandosi dal letto.
Il vecchio guercio lo guardò con sufficienza, poi lanciò un'occhiata a Donar ancora intontito dal sonno.
"Chi sei?" Urlò Lodur, "come ti permetti di entrare...?"
Il vecchio guercio nemmeno lo udì, arrivò ai piedi del letto e tirò la coperta.
Donar si destò di colpo stringendosela al petto.
I suoi occhi azzurri incontrarono l'unico del vecchio che aveva interrotto il loro sonno e mai come in quel momento desiderò la morte. "Alzati..." Ordinò l'uomo con voce tremante di rabbia, "rivestiti!"
Uscì dalla stanza tanto velocemente come vi era entrato.
"Chi è questo pazzo?" Domandò Lodur, mentre Donar scivolava fuori dal letto e recuperava i propri vestiti, "te ne vai?"
Il biondo lo guardò, poi abbassò lo sguardo, "non posso più restare..."
Lodur annuì: per un breve, fatale secondo si era quasi dimenticato che quel bellissimo giovane dagli occhi di cielo altri non era che un cliente qualunque. No, qualunque no... Gli ci sarebbero volute molte notti, prima di riuscire ad allontanarlo completamente dalla sua mente. Recuperò da terra il mantello rosso finito in un angolo e lo porse al legittimo proprietario.
"Non ti ho chiesto nulla ma penso di aver intuito il tuo dolore."
Donar non disse nulla, lo guardò e basta.
"Non so chi ti abbia spezzato il cuore... So che pensavi di trovare la pace tra le braccia di un altro e mi spiace di non essere stato all'altezza di un simile compito," era il turno di Lodur di essere imbarazzato, "sappi solo che o ti stai distruggendo per un perfetto idiota o lui non sta soffrendo meno di te."
Donar si morse il labbro inferiore e strinse i pugni, "come puoi dire una cosa del genere?"
"Hai detto di aver avuto molte amanti ma non credo che tu abbia mai provato un simile dolore, prima del tuo lui... Per convincerti a concedergli il tuo cuore, doveva essere molto speciale o molto bravo a mentire."
Donar si tirò il cappuccio sopra la testa, "entrambe le cose."
Come mise piede fuori dalla camera di quel bordello, tornò ad essere Thor.


Odino si era vestito degli abiti più umili che suo figlio gli avesse mai visto indossare.
Non disse nulla, mentre conduceva Thor dai cavalli che gli avrebbero riportati alla città dorata: stava appena sorgendo il sole ed il viaggio era lungo, sebbene il principe dorato non se ne fosse reso conto nella foga della sua disperata fuga.
Lodur aveva intuito perfettamente: non era stato in grado di lenire quel dolore.
Era stato gentile con lui ma, mentre cavalcava alle spalle di suo padre in completo silenzio, Thor si sentì come se fosse stato lui quello che si era venduto per pochi spiccioli. Loki era divenuto da solo ed unico ad uno tra i tanti che avrebbe potuto avere e questo non lo faceva sentire libero affatto!
Odino fermò il proprio destriero nei pressi di un lago, "lasciamo riposare i cavalli," disse.
Era una scusa, Thor lo sapeva bene.
Suo padre restò a guardarlo in silenzio, mentre si avvicinava alla riva e si sedeva sull'erba fissando lo specchio dell'acqua senza realmente vederlo. Gli concesse pochi minuti, forse per dargli la possibilità di ritrattare, di trovare una scusa degna di tale nome.
Ma Thor non era Loki, il suo cuore era troppo provato dal peso di quelle bugie che, se ne rendeva conto, il suo comportamento non poteva reggere. Odino si mosse lentamente, in silenzio.
Gli arrivò alle spalle e non ebbe bisogno di porre alcuna domanda.
"Era bello fare l'amore con Loki," confessò Thor con voce incolore, "era bello ancor prima che si fidasse di me abbastanza da concedermi di amarlo solo come si può amare uno Jotun. Mi piaceva essere dominato da lui... Non era motivo di umiliazione, nè una questione di forza... Mi concedevo a lui e basta, perchè era meraviglioso sentirsi conquistati in un modo così intimo da qualcuno che avevo inseguito, fino a non avere più fiato per respirare. Era bello fare l'amore con Loki perchè era lì, era mio, mentre lui mi faceva suo... E non avevamo bisogno di farci del male per continuare ad esserlo."
Odino non parlava, eppure Thor sentiva la lama invisibile di quell'unico occhio tra le scapole, pronta ad affondare, a consumare la sua condanna a morte. 
"Alla fine, hai ottenuto ciò che volevi: vedo il mostro dentro mio fratello e lo odio... Lo odio al punto che vorrei distruggerlo ma è giusto che tu sappia che questa rabbia cieca è il cadavere in decomposizione di un amore che, almeno per me, è stato reale, intenso, totale... Bellissimo..."
Una lacrima galeotta sfuggì al suo controllo e se ne liberò con un gesto rabbioso della mano.
"Fai di me ciò che vuoi," concluse, "imprigionami, esiliami... Condannami a morte, se lo ritiene necessario. Non sento più nulla, padre, per quel che mi riguarda, sono già morto."
E Odino come avrebbe dovuto rispondere ad una simile confessione?
Aveva sempre avuto un giudizio pronto per chiunque fosse giunto in catene al suo cospetto.
Ma Thor... Thor era un'altra cosa.
Allungò la mano quel tanto che bastava per sfiorargli la nuca.
Thor alzò lo sguardo su di lui: era confuso da quel gesto.
Solo allora, Odino si rese conto di quanto era giovane. Quanto era stato giovane a sua volta, quando aveva combattuto una guerra che lo aveva consegnato alla storia dei grandi re. Oh, se solo tutti avessero conosciuto la vera storia della vittoria di Asgard su Jotunheim...
Se solo tutti avessero saputo che il re glorioso che cantavano nelle loro canzoni non era stato altro che un marito, un amante, un padre in lotta contro quell'umanità che lo allontanava giorno, dopo giorno dall'essere degno del trono su cui sedeva. Ci aveva pensato Laufey a spezzare quel che c'era rimasto in lui della pura natura di uomo, con i suoi sentimenti, i suoi conflitti, le sue follie.
Dopo Jotunheim, dopo quella notte al palazzo di ghiaccio di Utgard, Odino era stato solo un re e null'altro.
Eppure, quando ancora gli chiedevano di narrare loro gli epici eventi di quella guerra insensata e disastrosa, di tutti le battaglie, i duelli e gli assedi, la mente di Odino correva automaticamente a due soli eventi: la nascita di Thor e quella di Loki.
In quel momento, mentre suo figlio, sebbene uomo, lo guardava come un ragazzino smarrito dal profondo dolore che si può generare da un cuore spezzato, Odino non riuscì ad essere un re. Forse per codardia, perchè se avesse deciso di punire Thor per aver amato suo fratello, lui avrebbe dovuto punire se stesso per averlo messo al mondo.
Forse, semplicemente, ricordò che era stato suo dovere garantire ad Asgard degli eredi forti, degni del più potente dei regni.
Ma Thor non era stato un dovere.
Thor era stato il desiderio più grande e più temuto tramutato in sangue e carne.
Sangue del suo sangue. Carne della sua carne.
Aveva temuto di fargli male, quando Eir glielo aveva messo tra le braccia con poca grazia e lo aveva spinto via, mentre Frigga lottava tra la vita e la morte per avergli concesso un dono che non aveva mai osato chiedere a nessuno, dopo Laufey. Non poteva più prendere Thor tra le braccia e sperare che questo bastasse a far sparire il dolore.
Quell'impotenza, realizzò, era la sua più grande sconfitta.
Recuperò un fazzoletto dalla tasca della tunica, "questo appartiene a te."
C'era il giuramento di Loki su quel pezzo di stoffa, un giuramento di cui Thor non conosceva il significato e, mentre suo figlio prendeva tra le mani quell'oggetto e lo fissava sull'orlo del pianto, Odino concluse che non aveva alcun senso rivelarglielo ora.
"Ti ho già fatto questa domanda," disse con tono grave, "in questo momento di verità te la pongo di nuovo: ti ha mai fatto del male?"
Forse, in fin dei conti, quella era l'unica cosa che non sarebbe mai riuscito a perdonare.
"No..." Mormorò Thor accarezzando la stoffa bianca macchiata di scarlatto.
"Torniamo a casa," disse il vecchio re con espressione stanca, "torniamo a casa, asciuga le lacrime di tua madre, poi sarai libero di fare qualunque cosa credi possa renderti felice."
Lo disse solo per un ragione: perchè suo figlio fosse felice, Loki sarebbe dovuto diventare della stessa sostanza di un brutto incubo fuggito via.
Thor era stato perduto ma, ora, era salvo.
Questo gli dava abbastanza forza per poter continuare a vivere reggendo il peso di quelle colpe a cui non avrebbe mai dato un nome. 



***
Varie ed eventuali note:
Ho un annuncio da fare, gente!
Dal prossimo capitolo gli aggiornamenti diveranno ufficialmente settimanali (al massimo, ad intervalli di dieci giorni), così che io possa abbattere in definitiva il mio ritmo sconclusionato per portarvi alla parte finale di questa storia.
Dunque, avverto subito che Thor non tornerà nel prossimo aggiornamento e non lo rivedremo per un po'... Crudele autrice, molto crudele. Dalla prossima volta ci dedicheremo alle grandi (dis) avventure del nostro caro Loki in fuga (da Asgard? Dal suo sentimento per Thor? Dalla nonna matta con la fanciulla cadaverica? Ancora non è chiaro...).
Ringrazio ancora una volta i recensori e tutti i lettori che ancora passano di qui, nonostante tutto!
Alla prossima!




  
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