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Autore: Theonlywayout    22/03/2014    0 recensioni
"Non c'era. Come aveva fatto a non accorgersene prima era qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Avrebbe dovuto sentirlo dentro di sé che qualcosa di sbagliato c'era. Eppure, solo in quel momento si rese conto della sua solitudine."
Haruka passerà un'intera giornata di fine giugno alla ricerca di ciò che più ama.
Genere: Comico, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a tutte coloro che mi hanno incoraggiata a pubblicarla.

 

Quando Haruka si alzò quella mattina di fine giugno, tutto sembrava normale: il sole era leggermente pallido, e l'aria che entrava dalla finestra aperta era fresca. In cielo, solo qualche nuvola e gli uccellini mattinieri che salutavano cantando la nuova giornata iniziata da poco.
Ma qualcosa era destinato a rompere l'idillio del ragazzo.

Vittima dell'abitudine, Haruka si diresse in cucina, per fare colazione. Si era già addirittura infilato il suo grembiule preferito e si stava avvicinando indifferente verso i fornelli, quando un'espressione di disappunto gli attraversò rapidamente il viso artisticamente affilato e dai lineamenti quasi femminili, oscurando i suoi occhi blu mare. Non c'era. Come aveva fatto a non accorgersene prima era qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Avrebbe dovuto sentirlo dentro di sé che qualcosa di sbagliato c'era. Eppure, solo in quel momento si rese conto della sua solitudine.
Si avvicinò al tavolo e si lasciò cadere a terra, con fare avvilito. Rimase qualche istante a fissare il vuoto, inerme, poi, con uno sbuffo quasi scocciato, si sfilò il grembiule e si diresse in bagno. Il bagno. La vasca. L'acqua. La sua vera casa, l'unica che lo capisse e lo accogliesse veramente. Riempì velocemente la vasca con acqua tiepida e vi ci si tuffò dentro con indosso un costume nero e viola, simile ai tanti altri che possedeva. Sperava che il contatto con l'elemento a cui sentiva di appartenere lo aiutasse a trovare una soluzione. Logica o meno, non gli importava, non era come Rei che faceva di tutto un calcolo matematico. Si sdraiò sul fondo della vasca e trattenne il respiro per qualche secondo, chiudendo gli occhi e assaporando la pace che quello stato gli procurava. Essere circondato dall'acqua, che lo accarezzava in ogni parte del suo corpo come un'amante, ma anche come una madre affettuosa, lo faceva sentire vivo, ma al contempo al sicuro. Ma persino la sua amata acqua -Acqua-san, come amava chiamarla lui- non poté alleviare quella sensazione di perdita. Sentiva la sua presenza ovunque, in quella vasca, in quell'acqua a cui entrambi appartenevano; poteva quasi distinguere la sua sagoma muoversi agilmente all'interno di essa. Chiuse gli occhi per scacciare quella visione, ma ne risultò solamente che la sua fantasia gli portò il ricordo del suo sapore che gli rimaneva sulle labbra, della sua delicatezza sotto il proprio tocco.
Ormai stanco di provare a riflettere, inutilmente, sulla situazione, uscì dalla vasca e si rivestì, dopo aver compiuto l'ardua scelta di decidere quale costume indossare sotto i suoi vestiti estivi.
Infilati velocemente un paio di jeans lunghi e una maglietta bianca, che risaltava benissimo il contrasto tra gli occhi chiari e i capelli scuri, aspettò che i suoi amici e compagni di nuoto lo venissero a prendere. Avevano deciso che si sarebbero allenati anche durante l'estate, per mantenersi e in forma. E per Haruka, non era di certo un peso, anzi. Dopo una decina di minuti, sentì degli schiamazzi provenire dal fondo della lunga scalinata di pietra che portava a casa sua. La voce che sentiva era inconfondibile: Nagisa. Erano arrivati. Si mise le scarpe e li raggiunse, cercando di nascondere al meglio -cosa che in realtà, gli riusciva davvero bene- le sue preoccupazioni.
Lo scenario che gli si presentò davanti quando si unì al gruppo sarebbe stato esilarante per chiunque: Nagisa, intento come al solito a mantenersi di buon umore, stava punzecchiando -come sempre- il povero Rei, che cercava di sopportarlo come meglio poteva, sebbene fosse quasi intuibile quanto in realtà lo lusingassero le pressanti attenzioni del piccoletto. E poi c'era Makoto, in disparte, che sorrideva guardandoli con fare paterno dall'alto della sua imponente stazza. Quando quest'ultimo vide Haruka, gli rivolse un sorriso dolce e i suoi occhi verdi brillarono più del sole.
«Haru!» disse solamente, per colpa di Nagisa, che, come un ciclone, lo interruppe senza pietà appena si rese conto della presenza di Haruka.
«Haru-chan!- disse ignorando quest'ultimo che ribadiva seccato di non usare il suffisso "-chan" -Che ne dici? Stavo dicendo a Rei-chan che sembra proprio rigido e noioso come uno di quei pali laggiù! È così buffo!» e indicò un palo elettrico, ridendo, prima di rubare gli occhiali a Rei, che gli urlò qualcosa di rimando cercando di riprendersi quel che era suo. Ma Haruka non ci fece molto caso. Un po' perché era una scena abbastanza comune, quella di Rei e Nagisa che bisticciavano come due maritini sposati da lungo tempo; ma principalmente, perché l'unica cosa a cui pensava, ora, era nuotare. Nutriva un certa speranza che l'adrenalina dell'allenamento, la distrazione dei suoi compagni e la rinnovata presenza dell'acqua lo aiutassero a cancellare dalla mente i suoi cupi pensieri. E quel senso di mancanza che gli attanagliava il petto.
Il gruppetto iniziò a muoversi fino alla scuola, dove potevano nuotare liberamente nella piscina grazie ad un permesso speciale: il "successo" che avevano ottenuto con le regionali li aveva resi molto popolari ed erano state concesse loro parecchie deroghe. Haruka, osservando l'oceano dalla strada, rimase in fondo al gruppo. Non che fosse un comportamento insolito, per lui, ma la solitudine e l'estraniamento, in quel momento, gli risultarono congeniali, più del normale. Senza accorgersene, rallentò il passo, tanto da attirare le attenzioni di Makoto, che, preoccupato, si girava in continuazione verso di lui, per -ogni tanto di nascosto, ogni tanto palesemente- sondare l'espressione dell'amico. Vedere Haruka così distante di sicuro doveva farlo stare male. Ma per il bene comune, decise di non immischiarsi nelle faccende dell'amico, pur mantenendo un occhio vigile sempre su di lui. Solo a metà strada, quando Haruka ormai sembrava sul punto di fermarsi rapito dalla visione dell'oceano, e Nagisa e Rei, schiamazzando all'impazzata l'uno contro l'altro, li avevano distanziati, Makoto azzardò un: «Tutto a posto, Haru?» e un altro dolce sorriso, a cui seguì solo un rapido cenno indifferente dell'altro, che aumentò il passo per recuperare la distanza, pur rimanendo silenzioso.
Arrivati in piscina, Haruka si spogliò velocemente senza nemmeno entrare negli spogliatoi, buttando pantaloni e maglietta a terra alla rinfusa e dirigendosi immediatamente al primo blocco disponibile. S'infilò cuffia e occhialini e, senza pensare a niente, si tuffò, il suo corpo snello distendendosi in un arco fluido a cercare il contatto con l'acqua. O forse, cercava la calma.
Appena tutto il suo essere fu completamente circondato dall'acqua, Haruka iniziò a nuotare nell'unico modo che egli concepisse: lo stile libero. Una bracciata dopo l'altra, respirare, muovere le gambe, assaporare l'aria nei polmoni, ma anche l'acqua sulla pelle. I suoi sensi si persero e sentì come una presenza prenderlo per mano, cullarlo, tranquillizzarlo. L'acqua lo aveva riconosciuto e ora lo stava rendendo parte di sé. Un braccio, l'altro. Respirare. Come aveva previsto -o per lo meno sperato-, tutti i pensieri si annullarono grazie all'adrenalina. L'acqua clorata lo calmò più di quella salata dell'oceano o quella dolce della sua vasca.
Sul punto di toccare il muretto della seconda vasca, sentì un tonfo affianco a sé, e un movimento odulatorio lo investì, costringendolo a fermarsi. Sentì qualcuno aggrapparsi alla sua spalla e, quando si voltò, si trovò faccia a faccia con Nagisa che rideva irrefrenabilmente.
«Nagisa-kun, ridammi i miei occhialini! Non vedrò nulla, altrimenti!» implorò Rei, disperato, sul bordo della piscina, mentre il mostricciattolo biondo si limitava a fargli una linguaccia e a ridersela di nuovo. Nagisa non indossava né la cuffia, né gli occhialini, cosicché i suoi capelli biondi si scuotevano velocemente ad ogni attacco di risa, e i suoi occhi brillavano di vivacità. Con uno scatto rapidissimo, Nagisa si attaccò al collo di Haruka senza che questo ebbe nemmeno il tempo di realizzarlo.
«Haru-chan, Haru-chan! Che cosa facciamo ora? Giochiamo a spruzzarci l'acqua addosso?»
«Makoto è il capitano. Chiedi a lui.» rispose lapidario Haruka, senza ormai nemmeno più ricordargli di non accostare il suo nome ambiguo con quel suffisso.
«Allora, Mako-chan? Eh?»
«Nagisa, credo che dovremmo allenarci... Per tenerci in forma. Quest'anno dobbiamo vincerle davvero, le regionali, e non solo in staffetta.»
«Uffa! -e mise il broncio- Quindi, diamoci sotto con le vasche!» finì poi. L'energia di quel ragazzino biondo sembrava non avere mai fine. «Ohi, Nagisa-kun! Ridammi gli occhialini!» ribadì Rei.
«Vieni a prenderli, Rei-chan!» Nagisa ridacchiava al vedere Rei tuffarsi con gli occhi chiusi e nello stesso modo inseguirlo senza nemmeno vedere dove andava.
Mentre Haruka li osservava con una punta di divertimento, sentì Makoto al suo fianco.
«Sicuro di stare bene?»
«Mmmh.»
«Ah, guardali, quei due! Se nuotassero così anche nelle competizioni, vinceremmo in tutte le categorie!» Disse ridacchiando Makoto.
«Probabile.»
Makoto era visibilmente impacciato in quella situazione. Sebbene fosse stato vicino ad Haruka per lunghi anni, certe volte ancora non riusciva a comprenderlo. Makoto era solito rivolgergli questo tipo di attenzioni, curarlo e proteggerlo, sempre mettendo l'amico prima di se stesso. Era una cosa che Haruka non aveva ancora imparato a decifrare e catalogare nel suo cervello, ma era consapevole, almeno, di quanto la presenza dell'altro fosse importante. Forse spesso non lo dava a vedere, ma ringraziava il destino di avere uno come lui al fianco, in qualsiasi momento, ed era contento che almeno una volta fosse riuscito ad esprimergli la sua gratitudine.
Lo strano silenzio che si stava creando tra i due, alla fine, fu interrotto dal ritorno degli altri. Finalmente Rei indossava i suoi occhialini, ma Nagisa ancora non voleva saperne di smettere di ridere.
«Allora, Mako-chan, che si fa? Che programmi abbiamo per oggi?»
«Ma dov'è Gou? -chiese Rei a sorpresa- ancora non è arrivata!»
«È partita. Ma ci ha lasciato il programma degli allenamenti...» disse il capitano rapidamente alla vista delle facce scioccate di tutti e tre.
«Gou... È partita?» chiese Haruka palesemente confuso anche sotto la finta indifferenza.
«Sì, qualche giorno fa. Mi ha detto che lei e tutta la sua famiglia sarebbero andati in campagna per qualche giorno. Si è anche scusata per non avervi avvisati, ma ha detto che non era necessario farlo, perché ci aveva lasciato tutto.»
«Anche Rin-chan è partito, quindi?» chiese Nagisa.
«Già.» Sorrise mestamente Makoto guardando verso Haruka, che era rimasto imbambolato. Si creò un silenzio strano.
«Va bene, incominciamo, ora!» riprese poi, cercando di animare la situazione. Uscì dalla piscina con un movimento rapido che mise in mostra tutti i suoi prominenti muscoli dorsali, si asciugò le mani e lesse ad alta voce il programma lasciato da Gou.
«Ok, ora possiamo iniziare. Prima di tutto, riscaldamento. Poi penseremo a come migliorare la nostra velocità.»
Tutti e quattro incominciarono con i compiti che gli erano stati assegnati e andarono avanti a nuotare per circa un'ora e mezza, fino a quando non fu ora di pranzo. Si fecero una doccia veloce e si rivestirono. Poco lontano dalla scuola c'era un negozietto di genere vario, dove chiunque andava per cercare ogni genere di elemento, e Nagisa chiese di entrare perché doveva comprare delle cose per la cena della sera. Così tutti lo seguirono. Haruka entrò per ultimo e subito si adombrò: l'inquietudine della mattina tornava a pulsargli addosso come fosse stata un animale vivo, ora che non c'era più l'acqua a farlo sentire al sicuro. In quel negozio l'aveva trovato parecchie volte e altrettante volte l'aveva guardato con aria sognante. Ora avrebbe voluto cercarlo -probabilmente invano- di nuovo, ma il tempo era poco e Haruka dovette desistere e accompagnare Nagisa alla cassa. Uscirono dal negozietto e si diressero verso la spiaggia, dove Makoto aveva deciso che avrebbero mangiato.
Arrivati alla spiaggia, si diressero verso la battigia, dove sistemarono salviette e tovaglie per mangiare. Haruka si sedette di fronte al mare, di fianco a lui Makoto e Nagisa e davanti Rei. Iniziarono a mangiare il cibo preparato dalla mamma di Makoto, in silenzio. Haruka ascoltava il lento e rilassante andi-rivieni delle onde, chiudendo gli occhi al minimo soffio di brezza salmastra.
«Ho studiato un intero libro di teoria per migliorare il mio stile e la mia velocità, nell'ultima settimana, ma ancora non capisco dove io sbagli!»
«Forse, Rei-chan, dovresti semplicemente smettere di studiare!» lo prese in giro Nagisa.
«Nagisa-kun, non è divertente! Anche tu dovresti studiare... E non solo teoria di nuoto!»
«Su, ragazzi, non litigate! Ognuno deve trovare la propria via, il proprio stile, nel modo che gli è più congeniale! Sono sicuro che riusciremo a farcela per tempo!» intervenne Makoto, tranquillamente. Haruka non aveva preso parte alla conversazione, troppo preso dai suoi pensieri. E Rei se ne accorse.
«Haruka-senpai! Cosa ne pensi?»
Haruka tornò alla realtà in un istante.
«Fate come volete... Credo andrò a fare un tuffo nell'oceano!» disse alzandosi e dirigendosi verso l'acqua.
«Ma Haru, hai appena mangia-» ma Makoto non fece in tempo a finire la frase che l'altro era già immerso nell'acqua salata.
«Credete che sia arrabbiato per... Quello?» chiese Rei un po' abbattuto.
«Eddai, Rei-chan! Se fai così, finiremo nei guai! Non credi, Mako-chan?»
«Io mi preoccupo solo per Haruka-senpai!» si schernì Rei.
«Nagisa ha ragione. Non c'è motivo di preoccuparsi troppo. Andrà tutto bene.» e un sorriso flebile ma rassicurante invase il suo viso docile e gentile.
Dopo qualche tempo, anche gli altri tre si tuffarono in acqua, raggiungendo Haruka, che si lasciava trasportare dalla corrente tranne quando compiva rapide immersioni per osservare la bellezza dell'oceano Pacifico. Rei lo osservava stupito.
«Wa, sembra una sirena!» disse impulsivamente mentre Haruka compiva rapide virate sinuose sott'acqua.
«Haru-chan ha uno stile e un corpo armonioso!» concordò Nagisa sorridendo. «Vorrei essere come lui!»
«Già.»
«Credo che ora si senta meglio.» aggiunse Makoto, raggiungendoli alle spalle. «Stare da solo lo aiuta parecchio. Dobbiamo solo resistere ancora un po'!»
«Sembra nel suo elemento naturale... Non mi abituerò mai a questa vista.» riprese Rei in adorazione, mentre mentalmente si appuntava i movimenti di Haruka.
Quando la luce del giorno iniziò a diminuire, uscirono dall'acqua. Haruka fu l'ultimo. Si rivestirono in fretta e sistemarono tutto nei loro borsoni, poi ognuno si diresse verso casa sua.
Al momento di separarsi, Haruka e Makoto da una parte e Nagisa e Rei dall'altra, il ragazzino biondo li salutò per poi aggiungere un esagerato occhiolino a Makoto, che sorrise, leggermente a disagio.
«Ci vediamo!» si dissero quasi all'unisono.
Poi, le due coppie si ritrovarono ognuna sulla via di casa, anche se per qualche minuto ancora Makoto e Haruka poterono sentire la voce alta e divertita di Nagisa.
«Fiù. È andata anche oggi.»
«Mmmh.»
«Haru, mi dispiace non averti detto di Rin, comunque.»
Haruka non rispose. Non sapeva come rispondere a ciò che Makoto aveva detto. Per tagliare corto, si limitò a voltarsi verso l'oceano e a fare spallucce.
«Ehm, che ne dici se stasera passo da te? Dobbiamo... Discutere del regime di allenamento da seguire.»
«Fai come vuoi. Io sono a casa.»
«Certo» disse a mezza voce Makoto. Poi gli sorrise e lo salutò. Erano arrivati a casa Nanase.
Arrivato davanti alla porta, Haruka emise un breve sospiro, poi entrò in casa. Per prima cosa, si spogliò, lasciando i vestiti nel cesto della biancheria; poi si immerse nella vasca, che nel frattempo aveva riempito. Rimase nell'acqua per un po' di tempo, lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi blu tradendo malinconia. Quando la sua pelle iniziò a raggrinzirsi esageratamente, uscì fuori con un rapido scatto, si asciugò velocemente e s'infilò una tuta comoda, gettandosi un asciugamano bianco sui capelli rimasti fradici.
Non fece nemmeno in tempo a raggiungere la porta della cucina che suonò il campanello. Haruka si guardò attorno seccato per l’orario, pur sapendo che probabilmente era Makoto. Dall'ingresso lo raggiunse un: «Sono io, Haru!», che lo tranquillizzò. Si sedette al tavolo con le gambe incrociate e attese che l'amico, dopo essersi tolto scarpe e borsa, lo raggiungesse. Finalmente, il ragazzone fece capolino nella sala. Aveva una strana espressione sul viso, che incuriosì Haruka.
«Scusami, Haru...»
Haruka alzò la testa, confuso, e lo guardò con aria interrogativa. «Cosa-» ma non finì la frase, perché dietro le larghe spalle di Makoto erano apparsi Nagisa e Rei, sorridenti.
«Auguri Haru-chaaan!» urlò Nagisa fiondandosi nella stanza senza nemmeno aspettare di essere salutato.
«Ehm... Buon compleanno, Haruka-senpai!» aggiunse Rei, che entrò circospetto, probabilmente chiedendosi se gli fosse permesso piombarsi involuto in casa di qualcuno, specialmente del suo senpai.
Makoto li guardò ridendo, poi anche lui si avvicinò al tavolo per sedersi.
«Tanti auguri, Haru!» disse guardandolo con affetto.
Mentre Makoto gli faceva gli auguri, il cellulare di Haruka vibrò. Lui lo guardò e, appena tutti si furono sistemati, lo aprì per controllare cosa fosse. Un messaggio di Rin. "Auguri", era il solo testo che vi si leggeva. Haruka lo fissò con una punta di delusione, sottolineata anche dal modo noncurante con cui si tolse l’asciugamano dai capelli, che cadde immancabilmente per terra. Poi alzò gli occhi e li puntò sui suoi compagni di nuoto.
«M'ero dimenticato fosse il mio compleanno.»
«Cooosa?!» esclamarono in coro i tre.
Haruka si limitò ad alzare le spalle. Poi qualcosa attirò la sua attenzione: sentì dei rumorini provenire dalla porta. Curiosamente, in quel momento Nagisa iniziò con lui una conversazione improbabile sulle previsioni del tempo del giorno seguente, tenendolo impegnato non solo auditivamente, ma anche visivamente, dato che, per dare prove alle sue tesi di bel tempo, indicava energicamente il cielo sereno e crepuscolare. Makoto e Rei, invece, si scambiavano occhiate preoccupate, sebbene il secondo appoggiasse l'apparente pazzia del biondino, portando nuovi argomenti al discorso quando Nagisa sembrava non aver più niente da dire.
Quando Haruka si fu definitivamente  stufato di sentirli blaterare -alla fine, i due avevano terminato per discutere tra di loro- si rigirò verso la porta della sala. Ma qualcosa era cambiato.
«Rin» disse stupito.
Davanti al tavolo, in piedi, c'era un ragazzo dai capelli rosso violaceo e gli occhi di colore simile, che lo osservava di rimando con un sorriso quasi beffardo. Haruka lo squadrò da cima a fondo, chiedendosi come fosse possibile che fosse lì.
«Auguri, Haru!» rispose Rin, alzando il braccio sinistro in cui reggeva una borsa di plastica bianca e puntando i suoi occhi misteriosi su di lui. Haruka restò a fissarlo, incredulo, per qualche minuto. Non riusciva a capacitarsi del fatto che lui fosse lì nonostante sarebbe dovuto essere con la sua famiglia in vacanza. Era lì nonostante tutte le loro precedenti divergenze. Forse era qualcosa di diverso, rispetto alla sua amicizia con Makoto, ma Haruka non smetteva di pensare che anche senza di lui sarebbe stato perso.
«Meno male che sei entrato, non sapevo più come distrarlo, Rin-chan! Potevi fare più in fretta, rischiavi di mandare tutto all'aria!» Disse Nagisa dispiaciuto.
«Tsk. È colpa tua, avresti dovuto scegliere una scusa migliore.» ribatté scocciato l'altro.
«Comunque, Haru-chan, ti piace la nostra festa a sorpresa?» disse Nagisa per niente toccato dalle accuse di Rin.
«Anche se per colpa nostra, Haruka-senpai era triste!» intervenne Rei.
«È stata tutta un'idea di questo rompiscatole io no-» stava dicendo Rin, ma Haruka non li stava ascoltando. Makoto e Rin furono i primi a seguire, increduli, i movimenti del ragazzo, che, quasi come fosse in preda ad un'ipnosi, si dirigeva ad occhi sbarrati verso la borsa che Rin aveva depositato vicino alla porta d'ingresso.
«Ah, certo, quello è il tuo regalo, Haru.» Disse Rin, convinto che l'altro stesse solo indagando sull'oggetto. Ma Haruka ancora non lo ascoltava, gli occhi fissi sul bianco contenitore. Aveva una strana sensazione in corpo, come se sentisse che qualcosa stesse per ribaltare il senso di quella giornata al limite della tristezza. Allungò le mani e sollevò la borsa, poi ne tirò fuori il pacchetto quadrato avvolto in una carta blu e gialla. Con delicatezza lo prese con entrambe le mani e stracciò la carta senza nemmeno un attimo d'esistazione, ma anzi con una strana foga che lo pervadeva dalla testa fino ai piedi. Poi, finalmente, quello che aveva cercato per tutto il giorno, l'unica cosa che avesse tanta importanza nella sua esistenza, era lì: sgombro. Avvicinò la scatola al viso e sussurrò: «Finalmente a casa. Non ce la facevo più.» e sorrise amabilmente.
Intanto, tutti lo guardavano scioccati.
«T-tu sei stato depresso fino ad adesso per un cavolo di pesce?!» urlò Rin arrabbiato.
«Non ci posso credere...» mormorò invece Makoto, più a se stesso che ad altri.
Rei e Nagisa, dal canto loro, rimasero a bocca aperta.
«Allora il regalo ti è piaciuto, Haru-chan!» disse alla fine Nagisa, divertito.
«E noi che ci preoccupavamo...» sorrise Rei, un po' confuso.
Ma Haruka, anche stavolta, li stava solo vagamente ascoltando. Si stava dirigendo in cucina e teneva stretto tra le mani il suo regalo.
S'infilò il grembiule come aveva fatto la mattina, poi accese il fornello e ci piazzò sopra il pesce, sotto lo sguardo attonito dei suoi amici.
«Io faccio lo sgombro.» fu tutto quello che disse. E nessuno rispose, troppo sbalorditi per anche solo pensare di farlo. Finalmente Haruka sembrava felice.
Dopo dieci minuti circa, il ragazzo portò al tavolo cinque piatti con dentro uno sgombro ciascuno e una scatoletta di ananas sciroppato.
«Buon appetito.» biascicò Haruka, mentre si portava alle labbra la delicata carne dello sgombro.
Gli altri lo fissarono, poi scoppiarono a ridere, Rin compreso, mettendo in mostra i suoi denti appuntiti e bianchi.
«Buon compleanno!» Gli urlarono in coro, di nuovo.
 


Nota dell'autrice (nel caso qualcuno arrivasse fino a qui): 

è la prima fic che pubblico, siate clementi. Ho inserito come genere della coppia "Crack Pairing", ma in realtà non è poi così "crack". LOL
Spero piaccia, pubblicarla è stato un trauma per me!
   
 
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