Alone together.
But do you got room for one more troubled soul
I don't know where I'm going,
But I don't think I'm coming home
And I said, I'll check in tomorrow if I don't wake up dead
This is the road to ruin and we're starting at the end"
{"Alone together" Fall Out Boy.
Mark non lo capiva e –
ad essere sinceri – nemmeno lui
capiva sé stesso.
Tom DeLonge era vicino alla mezza età e si sentiva
più un
adolescente alle prese con gli ormoni a ruota libera che un uomo maturo.
“Tom.”
Mark lo richiamò dai suoi pensieri.
“Sì, Mark?”
“Sei sicuro che ne valga la pena?
Ami ancora Jen?”
“Sì, che domanda stupida.”
“Non mi pare affatto stupida visto che le stai mettendo le
corna e se lei lo
verrà a sapere puoi scordarti di vedere Ava e Jonas per un
bel po’!”
Sputò acido l’altro.
Mark aveva ragione, se sua moglie avesse scoperto quella
piccola tresca l’avrebbe probabilmente ucciso
o lasciato in mutande con il divorzio.
“Lo so, Mark, lo so!
Se lo scoprisse sarei nei guai, ma non posso farne a
meno.
Credi che io non abbia già pensato a tutte queste
cose?”
“Dal modo in cui ti comporti sembra che tu pensi sempre
solo e comunque a una certa cosa…”
Tom alzò gli occhi al cielo e sospirò.
“Ho già passato quella fase, Mark.”
“Non si direbbe da come ti comporti ultimamente.”
Tom smise di ascoltarlo perché il suo cellulare aveva
vibrato per l’arrivo di un messaggio e lui si era precipitato
ad aprirlo
facendo sbuffare il suo amico.
Il messaggio – neanche a dirlo – era di Avril e lei
lo
invitava nel suo albergo quella notte, Tom sorrise e digitò
rapido una risposta
positiva.
Quando si girò di nuovo verso l’Hoppus, lui lo
guardava
con occhi torvi.
“Pensi ai bambini, eh?”
“Sì, ci penso, che tu ci creda o no.”
Ed era la verità, le notti in cui non era
da lei le passava sveglio, roso dai sensi di colpa verso
Jen e i bambini
e ogni mattina – dopo quelle notti insonni – si
riprometteva di non darle più
retta.
Si sentiva un filino ipocrita. Cantava canzoni
sull’amore, sulla famiglia e poi tradiva spudoratamente sua
moglie.
Era come se il Tom con il piercing al labbro, i capelli
blu e il sorriso sarcastico perennemente sul viso, che lui credeva di
aver
sepolto con gli AvA, tornasse a prendere possesso di lui.
Forse doveva sistemare quella sorta di guerra interna e
poi il problema Avril Lavigne si sarebbe risolto da sé.
In ogni caso ora dovevano registrare e doveva cercare di
non pensare a lei almeno per qualche ora.
Poco dopo Travis entrò nella stanza con la sua solita
espressione indecifrabile e si sedette dietro alla batteria.
“Pronti, ragazzi?”
“Non so, chiedilo a Tom.
È lui che ha la testa tra le nuvole per via di una poser
di mezza tacca come Avril Lavigne.”
Travis non fece commenti.
Travis non faceva mai commenti da quando erano tornati a
suonare insieme e Tom non sapeva se era perché non voleva
far peggiorare i
litigi tra lui e Mark schierandosi o per puro menefreghismo.
Mark in qualche modo l’aveva perdonato, Travis invece era
sempre rimasto zitto sull’argomento, il che significava che
probabilmente
dentro di lui ribolliva una collera silenziosa.
Per non far arrabbiare ulteriormente Travis imbracciò la
sua chitarra e a Mark non restò che fare lo stesso con il
basso, nonostante
fosse chiaramente ancora arrabbiato con lui.
Provarono fino alle nove di sera, facendo sentire l’uno
agli altri le idee che avevano avuto e cercando qualcosa che potesse
funzionare
bene insieme. Alla fine cavarono solo una canzone, il che era piuttosto
deprimente, negli anni d’oro avrebbero probabilmente
registrato un intero cd
con quel materiale.
Gli anni passavano davvero per tutti e cambiavano le
persone.
Finito di registrare Mark e Travis andarono a mangiare
qualcosa insieme, lui invece venne lasciato da solo. Decise di mangiare
qualcosa al Mac e poi raggiungere lei.
Sospirando raggiunse a piedi il Mac davanti allo studio.
Non gli piaceva litigare con gli altri e mal sopportava le ingerenze di
Mark
nella sua vita, perché sapeva che aveva ragione.
Lui aveva sempre detestato la gente che gli diceva cosa
fare, anche se spesso avevano avuto ragione, in questo non era molto
cambiato
dal ragazzino con il cappellino portato all’indietro, lo
skate sottobraccio e
una chitarra a spalla.
Entrò nel locale e ordinò un happy meal, avrebbe
portato
le sorpresine per i suoi figli, sperando ovviamente che Jen non
scoprisse
quell’avventura losangelina.
Una volta finito di mangiare il piccolo hamburger e le
patatine, andò ad ordinare delle crocchette di pollo e
finì anche quelle.
Adesso doveva andare da lei.
Pagò e uscì dal locale, poi si infilò
in macchina e mise
ad alto volume un cd dei Jimmy Eat World, avevano suonato al suo
matrimonio da
tanto lì adorava.
Il senso di colpa diede un’altra zampata, era sposato con
Jen e non con Avril.
Sì, ma in quel momento – fra mille sensi di colpa
–
desiderava con tutto sé stesso la canadese e non sua moglie.
Parcheggiò davanti al hotel ed entrò, il ragazzo
alla
reception gli rivolse un sorriso complice che lui ricambiò.
Si era già comprato
il suo silenzio con un autografo e una foto.
Benedetti fans dei blink che erano ovunque!
Salì fino alla camera della ragazza ed aprì la
porta
della stanza, lei stava guardando fuori dalla finestra, indossava un
vestitino
corto e nero con un teschio stampato sopra: le stava benissimo.
“Ehi!”
Lei si voltò e gli sorrise, gli occhi contornati da uno
spesso strato di matita.
“Ehi.”
Non si dissero molto altro perché non appena lei si
avvicinò il suo cervello si scollegò e
cominciò a baciarla con passione,
lasciando vagare le sue mani sul corpo della donna. Lei non glielo
impedì, al
contrario si strinse di più contro il suo corpo.
Era sempre così tra di loro, c’erano miliardi di
cose
sospese tra di loro, ma l’attrazione era troppo forte e le
annullava tutte.
Quando si staccarono lei sorrise.
“Mi sei mancato!”
Mormorò contro il suo petto.
“Anche tu, piccolina.”
E non mentiva, lei gli era mancata davvero e questo era un segnale
strano.
Si guardarono di nuovo negli occhi e lui si perse di
nuovo in quegli occhi azzurri.
Questa volta fu lei a baciarlo con violenza e a spingerlo
contro il letto.
Tom le lasciò tranquillamente il comando della
situazione, la sua camicia a quadri era già volata via e tra
poco probabilmente
anche la sua magli avrebbe fatto la stessa fine.
Il suo amico nei pantaloni richiamava a gran voce
attenzioni e lui era sicuro che Avril gliene avrebbe date a sufficienza.
Avril guardava dalla finestra
pensierosa.
Tom DeLonge era sempre stato il suo amore segreto, quello
che l’aveva accompagnata per tutta l’adolescenza,
ma non pensava che se lo
sarebbe mai portato a letto.
Prima c’era stato Deryck, poi Brody ed infine Chad.
Era sposata da pochi mesi con lui, eppure se ne era già
pentita, l’attrazione iniziale aveva lasciato posto a una
sorta di indifferenza
verso di lui. Non era decisamente il suo tipo, Deryck lo era.
Al nome del suo ex marito sentì la consueta stretta al
cuore, non era stato facile divorziare da lui e anche ora pensava fin
troppo spesso a
lui e alle sue ragazze.
Avril si era sposata con lui credendo che fosse l’amore
della sua vita, quello che dura per sempre, ma aveva scoperto che non
era così
o forse no.
Nel profondo del suo cuore amava quel ribelle con la
stessa intensità di quando si erano sposati, se non di
più.
Scopare con Tom DeLonge era essenzialmente un modo per
non pensare al fallimento del suo matrimonio e al fatto che amasse
ancora il
suo ex. Non avrebbe mai avuto il coraggio di dire tutto a Deryck, aveva
sentito
l’ultimo album dei Sum e grondava sofferenza come sange e lei
sapeva di esserne
la causa.
Qualcuno aprì la porta e poi sussurrò un
“Ehi!” con la
voce profonda che amava.
Si voltò, Tom era davanti alla porta e indossava una
delle sue solite camicie a quadri, un paio di jeans scuri e un paio di
Macbeth.
Come era cambiato dal ragazzo che indossava solo maglie della Hurley e
pantaloni larghi!
Era cambiata anche lei però, non indossava più
cose da
skater da un sacco di tempo perché le ricordavano troppo
Deryck.
“Ehi!”
Mormorò a sua volta e si lasciò baciare con
passione, in
fondo tutto quello che voleva era non pensare.
Finito il bacio, lei rimase attaccata a lui.
“Mi sei mancato.”
Una piccola bugia che non avrebbe fatto male a nessuno.
“Anche tu, piccolina.”
Rispose lui, forse mentiva o forse no, ma non le importava.
Quella avventura era destinata a finire in poco tempo,
perciò questa volta fu lei a baciarlo con violenza e a
trascinarlo verso il
letto, togliendogli la camicia nel frattempo.
Atterrati sul letto, lei gli tolse la maglia e
poi ribaltò abilmente le posizioni:
cominciò
a baciarlo sul mento, scendendo poi sulla mandibola e poi sul petto.
Tom aveva già iniziato ad ansimare e a gemere piano sotto
i suoi tocchi e i suoi baci, Avril sorrise maliziosa e si
fermò poco prima dei
pantaloni.
“Cosa ne dici?
Li togliamo?”
Lui la guardò malizioso.
“Non lo so.”
Tom ribaltò di nuovo le posizioni e le tolse il
vestitino, costatando con piacere che sotto non ave il reggiseno, con
un
sorriso furbetto si lanciò sui suoi seni, ne prese in mano
uno e cominciò a
succhiare il capezzolo dell’altro.
Sapeva che quella era una mossa che l’avrebbe fatta
impazzire, infatti la canadese si ritrovò a gemere ed
ansimare forte.
Urlò quando un dito si insinuò sotto le sue
mutandine e
poi nella sua femminilità.
“Di … più.”
Ansimò.
Lui le tolse le mutande e aggiunse un altro dito, lei
ansimò per il piacere.
Tom abbandonò i seni e la sua bocca si unì alle
sue mani
sapienti, le mani di Avril intanto erano finite nei capelli
dell’uomo per
impedire che smettesse di fare quello che stava facendo.
Tom non si spostò, nemmeno quando lei raggiunse il primo
orgasmo della serata, al contrario continuò a leccare.
Si tirò su quando lei era piacevolmente scossa dagli
spasmi e guardava il soffitto.
“Adesso penso che potremo togliere questi
pantaloni.”
Lei li sentì scivolare a terra con leggero rumore di
ferraglia per via della cintura e sentì Tom sdraiarsi
accanto a lei, che non
perse tempo ed iniziò a massaggiare da sopra i boxer.
Tom sorrise, gli occhi liquidi di piacere.
Dopo un po’ tolse i boxer e prese in mano il suo membro,
Tom gemeva più forte ora.
Solo all’ultimo aggiunse la bocca, poi si issò su
di lui
e lasciò che il suo pene entrasse in lei.
Tom le appoggiò immediatamente le mani sui fianchi e
cominciò a dettare il ritmo, giocando ogni tanto con suoi
seni.
Dopo parecchie spinte arrivarono insieme all’orgasmo e
lei ricadde su di lui, ansimando.
“Sei stata grande, oggi.”
Le disse lui tra i sospiri.
“Io sono sempre grande.”
Gli sorrise lei.
Rimasero un attimo in silenzio, poi Avril accese una
sigaretta e si stese accanto all’uomo.
“Lo sai che non può continuare, vero?”
Era la prima volta che parlavano della loro relazione e
Tom sobbalzò leggermente.
“Lo so, dopo che io me ne sarò tornato a San Diego
finirà.”
“No, Tom.”
Lo corresse con dolcezza.
“Questa è stata l’ultima
volta.”
“Perché?”
Avril prese fiato, doveva aprire il suo cuore a quello
che in fondo era un estraneo e sperare di non venire delusa.
“Tu ami tua moglie, vero?”
“Sì, la amo, ma non per questo voglio che questo
finisca…così presto.”
Avril rise.
“Non hai mai avuto un briciolo di rimorso? Nemmeno verso
i tuoi figli?”
“Sì, ma questo cosa c’entra?”
Tom la guardava disorientato.
“Io non amo mio marito.
L’aveva detto, la bomba era esplosa.
“Come? Ma vi siete sposati da poco!”
“Lo so, ma mi sono accorta che, finita la passione iniziale,
non c’era molto a tenerci insieme ed è
principalmente colpa mia.”
“Cioè?”
“Amo un altro uomo.”
“Non sono io, vero?”
Lei scosse energicamente la testa, facendosi finire metà
dei capelli sul volto.
“No, non sei tu.”
“E chi è?”
“Deryck Whibley.”
Tom la guardò sorpreso.
“Il tuo ex marito? Ma come mai?”
“Mi chiedi davvero come posso amare una persona?
Lo sai che non c’è risposta a questo.”
Tom scosse la testa.
“No, voglio dire: come fai ad amarlo dopo averci
divorziato, aver avuto un’altra storia importante e sposato
un altro uomo?”
Avril sospirò.
“Non lo so, so
solo che lo amo, adesso più di prima.
Prima di incontrarti mi sentivo prigioniera della mia
vita, avevo appena sposato un uomo affascinante, avevo la mia carriera
e
l’amore dei miei fans, ma mi sentivo vuota.
Tante volte sono andata nell’angolo più remoto del
mio
guardaroba e ho guardato i vestiti che indossavo a inizio carriera:
tutta roba da
skater.
Lo sai, no?
Pantaloni larghi, magliette con scritte a mano, all star,
calzini a righe.
Più le guardavo e più sentivo di aver tradito
quella
ragazzina che voleva solo cantare il suo vaffanculo al mondo e voleva
farlo con
Deryck.
È stato piuttosto brutto, mi sono detta che ero solo
cresciuta, ma la spiegazione non mi convinceva molto.
Scusa, questa è una divagazione.
Ti dicevo che mi sentivo prigioniera e più tentavo di
evadere e fare cose che tutte le popstar fanno, più lui mi
mancava.
Era lui la mia anima gemella e infondo l’ho sempre
saputo, fin dalla prima volta che ci siamo incontrati e l’ho
guardato negli
occhi.
Il mio ribelle canadese…”
“Posso chiedervi perché vi siete
lasciati?”
Avril spense la sigaretta – ormai finita – nel
posacenere
della stanza.
“Beh, ecco.. Lui mi ha… tradita.”
Avril rimase un attimo in silenzio, lasciando correre
liberi i pensieri a quel momento orribile della sua vita, dove si era
sentita
come se una parte di lei le fosse stata dolorosamente tolta.
Faceva ancora male perché il colpo che le aveva inferto
era profondo e senza anestesia, ricordava perfettamente come lui fosse
incapace
di stare fermo e vomitasse scuse, mentre lei sedeva tramortita con la
testa tra
le mani sul divano del soggiorno.
“Non ho mai saputo con chi ed è stato un bene,
perché se
l’avessi saputo avrei spaccato la faccia a quella puttanella
che aveva osato
prendersi quello che avevo di più caro.
La odiavo forse anche più di Deryck.
In ogni caso ci abbiamo provato a far funzionare ancora
il nostro matrimonio, ma abbiamo fallito.
Io ero troppo arrabbiata, lui si sentiva troppo
colpevole, alla fine eravamo come due estranei che vivevano nella
stessa casa
senza molto da dirsi.”
Lei si fermò un attimo, la voce le stava diventando roca
e le lacrime minacciavano di sfuggire al suo controllo. Quella forse
era la
parte più dolorosa del racconto: averlo lasciato andare
senza nemmeno
combattere.
“Tutto bene?
Non sei obbligata a raccontarmi tutto se ti fa male.”
Lei scosse di nuovo la testa.
“No, tu hai diritto di sapere.
Mi odio per come mi sono comportata in quel periodo, non
sono stata capace di combattere per lui, solo di recriminare e leccarmi
le
ferite.
Non mi sono mai chiesta perché l’avesse fatto.
Niente.
Ho lasciato deliberatamente andare Deryck, anche se una
parte di me mi diceva che me ne sarei pentita per sempre.
Ed è stato così, sai?
Non è passato giorno in cui non mi sia pentita della mia
decisione e della mia apatia, la vera Avril non avrebbe mollato, ma lo
sapevo
perfettamente di averla tradita per diventare
qualcos’altro.”
Si fermò di nuovo.
“Sia in Brody che in Chad cercavo qualcosa di Deryck, ma
non l’ho trovato. Tu sei l’unico in cui io abbia
trovato qualcosa di lui e
questo mi ha fatto capire una cosa: non posso andare avanti
così.
Non posso continuare a mentire a me stessa e agli altri,
non posso continuare un matrimonio a cui io non credo più.
Ci sono decisioni dolorose che vanno prese, devo lasciare
Chad e provare almeno a tornare da Deryck.”
Tom annuì e si alzò, cercò pigramente
i suoi vestiti e se
li rimise.
“Bhe, io me ne vado.
Ti auguro buona fortuna, te ne servirà molta.”
“Grazie mille, Tom.
È stato bello finché è
durato.”
Lui sorrise.
“Sì, molto.”
Un paio di sacchetti uscirono dalle tasche dei suoi jeans
neri.
“Cosa sono?”
“Regali che ho trovato in un happy meal, pensavo di darli ad
Ava e Jonas.”
“Trovo che sia una buona idea.”
Rispose sorridendo lei, l’uomo lasciò la stanza.
Avril guardò per un attimo la porta chiusa
e si sentì quasi soffocare, per lei si
prospettava un sentiero in salita. Doveva lasciare Chad, sopportare il
caos e
l’interesse della stampa e convincere Deryck che il suo amore
per lui era
sincero.
Non sarebbe stato facile, ma ce l’avrebbe fatta.
Con un sospiro si avvolse nelle lenzuola e si addormentò.
E così era finita come
era iniziata, con un semplice
gioco di sguardi in un club.
Avril era uscita definitivamente dalla sua vita e lui
provava una sottile malinconia, le notti trascorse insieme erano state
davvero
belle, ma lei aveva ragione: dovevano finire.
Non era più il ragazzino con i capelli blu –
l’aveva
sempre saputo, anche se ammettere di essere cresciuto lo spaventava
– ma un
uomo con delle responsabilità verso la sua famiglia.
Certo, era stato bello dimenticarsene per un po’, ma non
poteva farlo per sempre e non lo voleva nemmeno.
In quel momento si accorse che Jen gli mancava, era la
prima volta che gli succedeva in settimane. Stava lentamente tornando
nei
comodi binari della sua vita e non provava alcun dispiacere, nonostante tutto amava sinceramente
Jen e i bambini.
Aveva scelto lei quando erano entrambi molto giovani e i blink non
erano altro
che una specie di hobby del weekend ed era stata lei a stargli accanto
per
tutto.
Non si era meritata quel tradimento, ma certe volte
bisogna essere sull’orlo del baratro per capire quanto siano
importanti le
cose.
Non l’avrebbe più tradita, non ne aveva
più bisogno perché
ora sapeva di amarla ancora come quando erano due ragazzini.
La brezza fresca di Los Angeles gli accarezzò il volto,
gentile.
Tom tornò al suo hotel, felice.
Era tutto finito, entrambi – anime perse nelle loro
rispettive confusioni – avevano trovato quello che cercavano.
Non c’era più bisogno di una camera
d’hotel e
di sesso ora.
Ora avevano trovato la pace.