Posizionata su un’altura,riusciva a vedere bene l’uscita del laboratorio sotterraneo. Mancavano pochi minuti prima che saltasse in aria. Dove sei idiota? pensava mentre dentro di lei nasceva un’ansia crescente, che cercava di controllare. Si mise a sedere su una roccia ed iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore, abitudine che aveva sin da piccola quando era inquieta. Ma perché le doveva importare di una vita che non era la sua? Chiuse gli occhi e la sua mente tornò a quindici anni prima, nella città maledetta. Lui le aveva salvato la vita prendendosi un proiettile per lei, le aveva insegnato ad ascoltare le sue emozioni riuscendo a riempire il vuoto. Era riuscito a risvegliare una parte di lei che credeva morta da tempo. E questo non lo poteva dimenticare. Fissò il cronometro. Mancavano solo cinque minuti e di Leon non c’era traccia. Voleva liberare un urlo che però le morì in gola. Abbassò lo sguardo sul suo abito rosso, osservando le delicate decorazioni che vi erano ricamate. Non riusciva a stare ferma, così si alzò ed iniziò a camminare avanti e indietro cercando di far svanire la tensione. Poi, lo vide. Era lontano, quasi un minuscolo puntino. L’emozione era così forte da costringerla a volgere lo sguardo altrove. Abbozzò un sorriso e disse: ”Peccato Leon, sei sempre un passo indietro.”