Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: saitou catcher    29/03/2014    5 recensioni
"Tutto quello che tocco, lo rovino. Perché insisti? Perché continui a volermi bene, malgrado tutti i miei sforzi per allontanarti? Io sono il pericolo, io sono il male. Non voglio contaminarti, tengo troppo a te per farlo."
" Il mondo normale non era alla sua portata.
Il mondo rimaneva oltre.
Oltre la porta."
Una mia piccola rivisitazione della storia di Frozen.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                                                             Oltre la porta

La porta. Era sempre stata lì, da che ricordava. Era una barriera immobile che teneva lontano il mondo, il simbolo vivente della segregazione che era la sua condanna, e come tante altre volte in quegli anni, portava i segni della sua disperazione e della sua ira:uno spesso strato di brina che si era addensato lungo lo stipite, in perfetta armonia con i cristalli di ghiaccio che ricoprivano ogni superficie della stanza.

Era in posizione seduta, la schiena appoggiata contro la porta, sentendo il calore della sua schiena sciogliere lentamente la neve, che impregnava a tratti la stoffa, e penetrava le ossa, ma il freddo non rappresentava un fastidio: ciò che era fastidioso, davvero fastidioso, era quella sensazione d'impotenza che sentiva crescere dentro a ogni istante, mentre con gli occhi fissi nel vuoto, sentiva un unico, martellante pensiero rimbombare nella testa.

Perché sono morti? Come hanno potuto farmi una cosa del genere? Perché? Perché?

Provava rabbia, come sempre quando pensava ai suoi genitori. Per la maggior parte delle persone, la rabbia era assocciata al fuoco, ma la sua rabbia era fredda, fredda come tutto nella stanza, fredda come l'aria che penetrava a fiotti dalla finestra spalancata, fredda come la neve che aveva ricoperto, in un complicato ricamo, il vetro intarsiato della finestra e fredda come la neve che si era raccolta in mucchietti negli angoli.

Attraverso lo spesso strato di ovatta che copriva il cervello, tese l'orecchio, sforzandosi di cogliere rumore che gli annunciassero la presenza di qualcun altro nel mondo, che non fossero i suoi pensieri. Dopo qualche istante i suoi sforzi vennero premiati; avvertì distintamente il rumore di passi sulla moquette, passi incerti che si fermarono davanti alla sua porta. Rimase lì, con il cuore in gole e le orecchie tese, attendendo l'inizio del rituale che da più di dieci anni aveva inizato a temere-e a sperare- e dopo qualche istante, l'udì distinto, il suono di nocche sul legno della porta.

-Eliah?

Il principe di Arendelle strinse gli occhi, al suono di quella voce che conosceva fin troppo bene-sebbene non sapesse con certezza che faccia avesse il proprietario- e si rannichiò su se stesso, quasi sperasse di sparire nel ghiaccio che ricopriva ogni cosa, che ricopriva lui.

Vattene, Hans.

-Eliah? Per favore, puoi lasciarmi entrare?

La voce di suo fratello faceva male, come una mano tenuta troppo a lungo vicino al fuoco, ed Eliah riusciva a figurarsi perfettamente ogni dettaglio al di là della porta che li divideva: Hans, vestito a lutto, con i capelli rossi scompigliati e gli occhi arrossati di pianto, in attesa di entrare. Ma non poteva farlo entrare, non l'avrebbe mai fatto entrare.

-Eliah, ti prego. Mi stanno chiedendo tutti dove sei finito, e io non so cosa rispondegli. Puoi uscire almeno stavolta?- Si morse le labbra e prese dondolarsi, mentre qualcosa in lui iniziava a pulsare dolorosamente.- Ti prego, non puoi sempre nasconderti. Almeno questa volta, devi darmi ascolto. Eliah?

Eliah strinse la mani, e sentì montare dentro di sè la rabbia, quella furia fredda omicida, che talvolta lo prendeva alla gola, e che si liberava in schizzi di ghiaccio e neve, quella furia che una volta, dieci anni prima, l'aveva spinto a colpire il fratello, lasciandolo freddo e inerte nella neve.Era solo un gioco, ma ricordava ancora con terrificante precisione ogni dettaglio: Hans, immobile, le mani gelide, le labbra blu, Hans che non rispondeva ai suoi richiami, e il panico che l'aveva assalito, mentre lo scuoteva sempre pù furiosamente. Poi l'ingresso dei loro genitori, i loro volti tra l'atterito e il disgusto, e le parole che aveva ripetuto freneticamente, e che ancora gli risuonavano in testa: mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace tanto. Non volevo.

-Eliah! Apri questa porta!

Eliah si guardò le mani e avvertì distintamente uno strato di brina formarsi sulle dita guantate.

Vattene, Hans. Vattene, prima che ti faccia del male.

-Eliah! Dannazione!

La porta a cui era appoggiato venne scossa brutalmente, ma era chiusa a chiave, e resistette agli sforzi del giovane principe. Eliah si concesse un sorriso amaro. Quella porta era stata tra loro da quel giorno, e non si sarebbe aperta tanto facilmente.

-Dannazione!-Urlò di nuovo Hans, e scagliò un pugno contro la porta. Poi la sensazione di un corpo che si accasciava contro il legno, e infine singhiozzi. Singhiozzi acuti e ritmici, per quanto soffocati. Hans stava piangendo. Suo fratello stava piangendo, e la colpa era sua.

Tutto quello che tocco, lo rovino. Hans, perché insisti? Perché continui a volermi bene, malgrado tutti i miei sforzi per allontanarti? Io sono il pericolo, io sono il male. Non voglio contaminarti, tengo troppo a te per farlo.

Si portò le mani alle orecchie per non sentirlo, ma il suono del suo pianto oltrepassava la stoffa spessa dei guanti e gli entrava nell'anima, frantumandosi in mille piccole schegge, più dolorose del ghiaccio che sapeva evocare.

Vattene, Hans.

Sembrò che questa volta il pensiero avesse raggiunto suo fratello, perché lo sentì alzarsi. Dopo qualche secondo, gli arrivò il suono della sua voce impastata:-Il primo ministro mi ha detto di dirti che il funerale è previsto per domani mattina. Poi...poi ci sarà l'inconorazione.-Qualche istante di esitazione, e poi- Buona giornata, Eliah.

Passi che si allontanavano, finalmente. Eliah abbandonò la testa contro la porta, e chiuse gli occhi. La furia era del tutto scomparsa, per lasciare posto soltanto al dolore. Due lacrime traboccarono,rigandogli le guance, e subito si gelarono. Un sorriso amaro gli increspò le labbra. Non gli era concesso nemmeno il conforto di piangere.

I fiocchi iniziarono lentamente a vorticare nella stanza, mentre lui rimaneva seduto, e pensava a tutto quello che avrebbe dovuto fare l'indomani, a tutto quello che avrebbe dovuto fare per gli anni a venire, adesso che era re. Ma non 'illudeva. Il mondo normale non era alla sua portata. Il mondo

(suo fratello)

rimaneva oltre.

Oltre quella porta.

Allora, buongiorno a tutti, amici e vicini!
Innanzitutto, vorrei specificare una cosa: non ho ancora avuto occasione di vedere Frozen per intero, ma so la trama, e quel poco che ho visto mi fa pensare che sia, come minimo, molto interessante. L'idea di questa shot mi è venuta sentendo una cover maschile di Let It Go, che mi ha fatto pensare a come sarebbe stata la storia se Elsa ad Anna fossero state uomini. Ovviamente, i personaggi che ho descritto non sono uguali agli originali( o almeno così mi è sembrato), ma ho cercato di mantenermi nei limiti dell'IC. Mi farebbe molto piacere un vostro commento, giusto per sapere cosa ne pensate dell'idea di partenza e di come l'ho resa.
Buona lettura a tutti, e che la Forza sia con voi!
Catcher

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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