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Autore: telesette    30/03/2014    5 recensioni
Quando la voce sconvolta del vecchio sagrestano Matuggia prese a riecheggiare in piena notte, e molti si affacciarono alle finestre per capire il motivo delle sue grida, le enormi lingue rossastre che ardevano dalla canonica in fiamme parevano illuminare a giorno tutto il paese.
La gente si levò a riempire la piazza senza neppure il tempo di rivestirsi, gli uomini in canottiera e le donne con indosso appena la vestaglia sopra la camicia da notte e i capelli disfatti, per rendersi conto che non si trattava di un'allucinazione bensì di una drammatica realtà.
La chiesa stava andando a fuoco...
Genere: Azione, Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'In memoria di un'amica'
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In memoria di un'amica:

Nata a Chieti, il 4 marzo del 1977, Gina Ciriegi era una persona di animo semplice e molto creativa.          
Oltre a scrivere, sapeva creare delle bellissime riproduzioni e decorazioni angeliche. Molto brava anche col photoshop, con il quale sapeva creare delle immagini molto tenere coi personaggi di varie serie animate. Inguaribile e dolcissima romanticona, amante delle storie d'amore e dei finali lieti. Fedelissima conoscitrice dei vari capolavori di animazione DISNEY ( "Gli Aristogatti", "La Carica dei 101", "La Sirenetta", "Il Re Leone", e molti altri ancora ). Sognatrice e sensibile, nonostante le tante difficoltà della vita, sempre volta a rincorrere le tante piccole gioie che ogni persona desidera per sé: la serenità, la pace, gli affetti, l'amore...          
Gina si spegne il 7 marzo 2013 all'età di 36 anni, lasciando un grande vuoto nei cuori di molte persone ( me compreso ), e un dolore immenso in tutti coloro che la conoscevano per la persona meravigliosa che era.          
Di tutte le cose che ho ancora di lei, e della nostra bellissima amicizia nata su Facebook, senza dubbio rimane il ricordo delle nostre interminabili chiacchierate. C'erano così tante idee in lei, così tante storie da creare, perciò vorrei tentare di riportarle su queste pagine a nome suo. Nelle mani uno strumento, nella mente un pensiero, ma il cuore è quello che lega entrambi alla fantasia che abbiamo condiviso assieme.          
Ciao Gina!

 

***

Don Camillo è un personaggio letterario creato dallo scrittore e giornalista italiano Giovannino Guareschi, come protagonista ( opposto all'antagonista amico-nemico Peppone ) in una serie di racconti nei quali è il parroco di un piccolo paese in riva al Po ( nelle riduzioni cinematografiche identificato poi con Brescello, e il vicino comune di Boretto, nel quale son girate diverse scene, sebbene Don Camillo sia presentato dall'autore nella prima storia come "l'arciprete di Ponteratto" ), un ambiente che Guareschi definisce Mondo Piccolo, idealmente paradigmatico della realtà rurale italiana del dopoguerra.

 

Foto

 

Occasione bruciata

Quando la voce sconvolta del vecchio sagrestano Matuggia prese a riecheggiare in piena notte, e molti si affacciarono alle finestre per capire il motivo delle sue grida, le enormi lingue rossastre che ardevano dalla canonica in fiamme parevano illuminare a giorno tutto il paese.
La gente si levò a riempire la piazza senza neppure il tempo di rivestirsi, gli uomini in canottiera e le donne con indosso appena la vestaglia sopra la camicia da notte e i capelli disfatti, per rendersi conto che non si trattava di un'allucinazione bensì di una drammatica realtà.
La chiesa stava andando a fuoco.
Che lo sciagurato parroco avesse accidentalmente incendiato il tappeto, nell'accendersi un sigaro di troppo?
La domanda sorse spontanea, anche se nessuno riteneva Don Camillo capace di una fesserìa simile.
In men che non si dica, la gente prese a correre e ad imprecare di qua e di là, cercando secchi e recipienti per domare quanto possibile le fiamme. Le donne del paese, soprattutto quelle più anziane, levarono al cielo un tale prodigio di tonsille da richiamare in terra gli angeli e i santi del paradiso... ma in pratica ebbero solo il merito di risvegliare l'altra metà del paese, che ancora dormiva beatamente, ignara di quanto stava accadendo.
Dalla Casa del Popolo, in attesa di far giungere ulteriori soccorsi, il Brusco e lo Smilzo aspettavano che il capo dicesse loro come dovevano comportarsi.
Peppone arrivò in fretta e furia a bordo del suo furgone, senza nemmeno chiudersi dietro la porta della sua officina, imprecando come un dannato contro i compagni fermi ed impalati ad attenderlo.

- Fate le belle statuine? - urlò. - Andate a dare una mano, forza!
- Ma capo - esalò appena il Brusco. - E se poi quelli ci accusano di aver appiccato noi l'incendio...
- Ho detto muovetevi - ruggì Peppone furibondo, battendo sul cofano una manata talmente violenta da rischiare di mandare in pezzi il furgone.

Senza farselo ripetere, i membri della giunta comunale al completo scattarono agli ordini del loro sindaco e montarono dietro a cassetta, per unirsi al resto del paese che cercava disperatamente di estinguere quel rosso inferno dalla canonica. Il vecchio Matuggia era semiparalizzato dall'orrore, così come buona parte delle vecchiette raccolte in preghiera coi rosari stretti tra le dita. Nella piazza antistante il sagrato c'erano tutti ma, quando Peppone scese a rendersi conto della situazione, di Don Camillo non c'era nemmeno l'ombra.

- Ma dove diavolo s'è cacciato, accidenti a lui...
- Non sarà mica rimasto dentro? - azzardò il Brusco con un filo di voce.

Peppone prese da parte il vecchio Matuggia, quasi rischiando di soffocarlo in preda all'agitazione.

- Dov'è quello stramaledetto prete della malora?
- Non lo so - gemette il povero sagrestano. - Ero uscito a controllare se la porta del cortile era chiusa bene e, quando sono rientrato dal retro della sagrestìa... ovunque era un rogo... Ho provato a gridare, ma Don Camillo non mi ha risposto!

Peppone sbarrò gli occhi.
Neanche se l'avesse visto, avrebbe creduto che il prete più reazionario del mondo potesse perire così in mezzo ad un incendio.
Se fosse stato più cinico, al pari del Nero e di altri due o tre dei suoi compagni più ottusi, probabilmente se lo sarebbe augurato...
Ma Giuseppe Bottazzi aveva comunque un'anima ed una coscienza, le quali già lo tormentavano fin dentro le budella contorte, e subito sentì il bisogno di obbedire ad un impulso istintivo che lo indirizzò irresistibilmente verso le fiamme all'ingresso dove venivano versate quante più secchiate d'acqua possibili.
Era impossibile distinguere qualcosa, attraverso le vampe e le scintille che schizzavano dolorosamente negli occhi.
Peppone rimase un attimo incerto, fremendo d'ansia come se ne andasse della vita di un suo congiunto, e poi si decise.
Strappando un catino dalle mani di uno dei soccorritori
, si infradiciò completamente da capo a piedi, sotto lo sguardo stupito dei suoi compagni.

- Capo, ma che vuoi fare - domandò lo Smilzo incredulo. - Sei impazzito ?!?
- Date una mano coi secchi, voialtri - rispose l'altro, riparandosi il volto col braccio. - Sennò, quando torno, vi svito il cranio a sprangàte!

Ciò detto, si gettò oltre il muro di fiamme e scomparve alla vista, inghiottito da quell'inferno.
Dentro era tutto un indescrivibile rogo, con grossi pezzi di trave semicarbonizzati che crollavano ad ingombrare la navata.
L'intera struttura stava per cedere su sé stessa, come una specie di castello di carte, e ogni cosa fatta di legno sarebbe stata immancabilmente divorata dall'incendio. Peppone avanzò a fatica, coprendosi la bocca con la mano e tossendo ripetutamente per via del fumo, cercando un qualunque segno che gli rivelasse la presenza del parroco ancora in vita.

- Don Camillo - gridò.

Attraverso le travi in fiamme che ingombravano il passaggio, Peppone intravide una grossa sagoma familiare accovacciata ai piedi dell'Altar Maggiore. La tonaca parzialmente rotta e strappata in più punti, Don Camillo stava faticosamente trascinandosi verso l'uscita, cercando di salvare con sé il suo pesante crocifisso.

- Ma siete pazzo, reverendo - sbraitò rauco Peppone, correndogli incontro e sorreggendolo per il braccio. - Mollate questo coso... Sta per crollare tutto!
- Lui viene con me... o resta con me - rispose Don Camillo, stringendo ostinatamente l'immagine del Cristo sofferente con tutta la forza sovrumana che aveva in corpo.

Malgrado il fumo che aveva respirato, quelle due specie di mantici di cuoio che il Buon Dio gli aveva messo al posto dei polmoni gli avevano permesso di rimanere cosciente. Tuttavia, per staccare la croce dal suo basamento in quelle condizioni, gli ci era voluto più tempo di quanto ne avesse a disposizione. Di nuovo Peppone lo esortò a lasciar cadere la croce, minacciando di buttargliela via lui stesso, allorché l'altro lo respinse in malo modo.

- Levati di mezzo, sei d'intralcio!
- Alla malora - ringhiò Peppone, sentendo già scricchiolare il soffitto sopra la testa. - Dia qua, l'aiuto io!
- Ma non dire sciocchezze, fila via!
- Lasciati aiutare, Don Camillo - lo esortò dunque la voce del Cristo.

Mettendo subito da parte il suo orgoglio, Don Camillo cambiò la presa per consentire a Peppone di sorreggere parte del crocifisso. Unendo le forze, entrambi sollevarono il pesante fardello,  invece di trascinarlo sul pavimento, e affrettarono il passo, incuranti della pioggia di braci incandescenti che minacciava di seppellirli vivi.
Urlando per lo sforzo disumano, le vene del collo e delle braccia quasi in procinto di scoppiare, i due guadagnarono faticosamente la salvezza giusto un attimo prima che l'architrave principale cadesse dietro le loro spalle a sbarrare ogni possibile via di fuga.
Una volta fuori sul sagràto, aspirando avide boccate d'aria fresca, entrambi si lasciarono cadere sfiniti tra le grida concitate della folla riunita intorno a loro. Subito gli vennero buttate addosso delle coperte e, dopo essersi fatti allontanare in zona di sicurezza, Peppone si lasciò sfuggire di bocca un pesante commento.

- Neanche l'inferno vi vuole, accidenti a voi...

Don Camillo non reagì.

- Anche se mi volessero - sorrise, guardando il crocifisso annerito dal fumo. - Lui non lo farebbero entrare di sicuro!
- Hmf - grugnì Peppone con una smorfia. - Ho perso l'occasione giusta per incenerirvi... accidenti a me!
- Così pare - concluse Don Camillo sarcastico, fingendo di non sapere con quanta e quale abnegazione l'altro si fosse gettato in mezzo alle fiamme per aiutarlo a rischio della propria vita. - Che vuoi che ti dica: un'occasione bruciata!

FINE

   
 
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