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Autore: Larathia    02/04/2014    0 recensioni
Una versione più cupa di FF8, abbastanza vicina al canon, anche se non esattamente canon. Raccolta di oneshot leggibili comunque in ordine cronologico. Tensione sessuale irrisolta tra Squall e Zell.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Squall Leonheart, Un po' tutti, Zell Dincht
Note: Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

BETWEEN ONE AND PERDITION
scritta da Larathia, tradotta da Alessia Heartilly
I. Sani e salvi

Alcune matricole dicevano che si era più vivi quando si scappava o si lottava per salvare la propria vita. Di certo i sensi schizzavano ai loro livelli più intensi. Colori e suoni e odori e sensazioni erano incise nella mente in modi che sarebbero emersi negli incubi che sarebbero durati per il resto della vita.

Ovviamente, probabilmente non era difficile se il resto della propria vita poteva essere misurato in secondi, fu l'opinione acida di Squall persino mentre usava il gunblade come appoggio per lanciarsi in un salto in corsa oltre una qualche idea idiota di merlatura decorativa di un nobile di Dollet. Magre linee ad uncino la artigliarono proprio dopo che lui l'aveva superata e si era schiacciato contro il muro opposto, guadagnandosi uno sguardo ad occhi spalancati di Zell e Selphie.

"Era - quello era - quello che sembrava?" fu la domanda ansimante e incredula di Zell. Era difficile dire se pensava che fosse la cosa più terrificante o la più semplicemente stupefacentemente figa che avesse mai visto.

"Ragno... gigante..." annuì Selphie riprendendo fiato. "Ma. Che. Diavolo."

Per l'amor di Hyne, quella cosa era enorme. Enorme, armata meglio di tutto l'esercito di Dollet e probabilmente più grande di tutti i loro cadaveri messi insieme. E si riparava da sola. E "si sta avvicinando," ansimò Squall. "Dobbiamo continuare a muoverci."

"Carichiamo," offrì Zell, tirandosi su. "Ci guadagneremo un po' di tempo per scappare."

Squall diede solo un'occhiata a Selphie - solo quanto bastava per capire che avrebbe seguito qualsiasi piano veniva offerto a quel punto, e si sarebbe riservata tutto il giudizio sulla sua relativa sanità mentale. "Tienici vivi," le consigliò, e annuì appena a Zell. Lui sorrise, con gli occhi spalancati e selvaggi. Ma d'altra parte, era uno di quelli che pensavano che l'apice della battaglia fosse il punto in cui si viveva meglio. Per Squall non c'era eccitazione. Non lo avrebbe mai ammesso da alta voce, lo ammetteva a malapena a se stesso, ma quando Zell saltò dalla merlatura al guscio superiore di quella specie di ragno meccanico e iniziò a dare pugni...

Quello che sentiva era terrore.

Terrore che lo spinse oltre quell'apice dopo Zell, che bloccò il suo viso in una maschera di pietra e senza espressione. Terrore che gli bruciò nella memoria l'odore di cavi caldi e olio e grasso. Terrore che accentuò ogni linea e minuscolo crepaccio della costruzione come se fosse illuminato da centinaia di soli a pochi metri di stanza. Terrore che avvolgeva i muscoli più stretti di quanto avrebbe mai potuto fare una qualsiasi vite o giuntura, terrore che portò la sua spada a fendere acciaio e cavi insieme. Che assimilava forte dalla Junction con Quetzal per rendere i suoi movimenti veloci al punto da non avere bordi definiti, il fuoco che debilitava le fonti di elettricità nella creatura, creando corto circuiti e fondendo cavi.

Terrore che questa volta quell'idiota avrebbe potuto davvero farsi uccidere.

Squall non era affatto un novellino in battaglia, non a quel punto, e nemmeno Zell lo era. Il terrore - soprattutto questo terrore - era un vecchio compagno, capito e usato come usava qualsiasi altra risorsa a sua disposizione. Zell rise una risata libera e felice mentre i suoi pugni bloccavano giunture e accartocciavano arti di metallo, limitando i movimenti del ragno. Una scarica di proiettili da una delle torrette li bersagliò entrambi, ma ebbe poco tempo per fare altro che gettarli a una qualche distanza prima che il brivido freddo delle magie di Selphie chiudesse e curasse le ferite. Il dolore servì solo ad aumentare il flusso di adrenalina, la macchia di sangue sulla maglia di Zell lo guidava più dei buchi che non notava sulla sua stessa maglia e giacca.

I loro movimenti erano così in armonia che sembravano quasi coreografati. Nel momento in cui spada e pugno fecero un danno sufficiente a far cadere la bestia a forma di ragno, anche temporaneamente, Squall e Zell si voltarono sui tacchi e scapparono verso la spiaggia, con Selphie che li raggiungeva nemmeno mezzo secondo dopo.

"Facciamo a gara!" fu il grido ridente di Zell, come se potessero andare più veloci di quanto già facevano - saltando sopra muretti bassi, correndo su cofani e tettucci di macchine come se fossero un gruppo di maratoneti che si allenava. Non c'era tempo da perdere nel girarsi, e lo stomaco di Squall si chiuse quando sentì il tum, tum, tum, tum del ragno dietro di loro, già riparato e all'inseguimento. Correre. Correre e basta. Quando Selphie inciampò su una pietra smossa a barcollò, sia Squall che Zell la presero automaticamente per un braccio quando lei si dimenò convulsamente davanti a loro, e la trascinarono fino a quando lei riuscì a rimettersi in piedi. Non c'era tempo di fermarsi. Per niente al mondo. La città passava loro accanto confusa, avanti, avanti...

La vista del mezzo di trasporto non era niente paragonata alla vista di Quistis sulla torretta da sparo, a risolvere il problema irrisolvibile con un approccio classico: più proiettili e una pistola più grande. I tre barcollarono nella navetta, quasi andando a sbattere contro il lato opposto perché rallentare era uno sforzo troppo grande. Atterrarono come una pila ingarbugliata di corpi quando le porte si chiusero dietro di loro, e ascoltarono il grattare della sabbia svanire dallo scafo quando i motori ruggirono. Al sicuro... lontani e al sicuro.

Anche quel sollievo non rese Squall cieco alla realtà di Zell che gli cadeva addosso, rilassato e che rideva con il flusso di adrenalina e di sollievo della fuga. Forse era per questo che Zell - sorridendo, ridendo, rosso per lo sforzo - lo avvolse in un enorme abbraccio prima di rotolare via. "Oh, mamma. Quella è stata una corsa. Non rifacciamolo presto, eh?"

Per quanto Squall fosse eccitato dall'adrenalina e dalla paura che svaniva, sapeva che quel ricordo sarebbe rimasto con lui molto a lungo. Probabilmente era destinato a tornare in superficie nel cuore della notte, a intervalli casuali, per un futuro imprecisato; avrebbe dichiarato guerra al suo inconscio molto prima, se avesse potuto. Selphie si accontentò di dargli una pacca sulla spalla, trovando una panchina più comoda su cui lasciarsi cadere, lasciando che Squall fosse l'ultimo a rimettersi in piedi. Il suono dei tacchi di Quistis lo spronò a muoversi - l'ultima cosa che voleva in quel momento, con la voce e il corpo che tremavano dello smacco, era un esteso debriefing sul perché il suo capitano non era con loro. Salì invece sul ponte, dove il vento e gli spruzzi del mare erano calmanti, rinfrescanti. Purificanti.

Era tranquillo lì sopra, relativamente parlando. Il mare, il vento, i motori - solo suoni di sottofondo, suoni stabili. Avevano superato la missione persino con Seifer che scappava e robot giganti che li inseguivano. Era abbastanza? Avrebbero finalmente ottenuto i punti necessari a diplomarsi? I SeeD avevano stanze singole. Non ci sarebbe più stato alcun tipo degli scherzi personali di Zell. Mai più tempo di studiare Zell quando non stava parlando, lottando, allenandosi.

Forse... forse era la cosa migliore, davvero. In tutti gli anni in cui avevano condiviso la stanza, non c'era mai stato il minimo segnale che Zell provasse qualcosa per lui a parte amicizia. Una forte amicizia, una classe di lealtà e fiducia tutta sua... ma nulla più che amicizia, quando si arrivava al nocciolo. I SeeD non avevano il tempo di indugiare su cosa non c'era, Squall ne era sicuro. Solo il tempo di indugiare su ciò che c'era.

"Pensavi che fossi qui," arrivò la voce di Zell da dietro di lui; non si voltò. "Mi sono chiesto, 'qual è il posto più solitario e miserabile con una bella vista su questa barca'? E la risposta, sai, è arrivata e basta."

Adesso non era davvero il momento. Ma Zell non sembrava mai preoccuparsi di questo. Squall scrollò le spalle, declinando il commento. Non c'era molto da dire.

Zell mise in un braccio intorno alle spalle di Squall, avvolgendolo in un breve abbraccio da compagni. "Che cos'è che ti ha fatto diventare lunatico?" chiese. "Stai pensando che non ce l'abbiamo fatta, o che ce l'abbiamo fatta?"

"Ha importanza?" rispose Squall evasivo, mantenendo il viso e la voce senza espressione.

"Ce l'abbiamo fatta," annuì fermamente Zell. "Tipo, non esiste proprio che non ci siamo riusciti. Abbiamo completato il lavoro anche con Seifer che se l'è svignata. Ma sai, non mi interessa? Posso riprovarci l'anno prossimo. Sono solo tutto pieno di calda felicità nel sapere che Seifer non ce l'ha fatta. Che non importa cosa abbiamo o non abbiamo mandato a farsi fottere, non dovrò mai più avere a che fare con quel bastardo. Lui non può rifare l'esame, decisamente non può averlo superato. Questo significa che è fuori. Proprio fuori dal Garden. Voglio dire, la vita può solo migliorare quando succedono cose come queste. Che io ce l'abbia fatta o no è solo una specie di bonus, giusto?"

Squall sbatté le palpebre. Era un ragionamento valido. Con fare assente, alzò una mano a toccarsi la cicatrice in via di guarigione che gli aveva lasciato Seifer. "Giusto," concordò a bassa voce, gli occhi fissi sull'acqua davanti a lui.

Zell si mosse per mettersi vicino a lui. Proprio accanto a lui, il braccio contro quello di Squall, che quasi gli toccava il fianco. Ma la prua è stretta, ricordò Squall a se stesso. E lui non ha il senso del limite. "Senti... Squall..." chiese esitante. "Voglio dire... non voglio essere maleducato o cose così. So di non essere stato il tipo più facile con cui vivere. Non che tu sia una passeggiata, sappilo, ma... beh. Sai."

No, non è vero. Squall gli lanciò un'occhiata a occhi stretti. "Di cosa stai parlando?"

Zell sorrise, ma era semmai più che imbarazzato. "Beh. I SeeD hanno una stanza loro, no? E io so che tu probabilmente non vedi l'ora. Spazio per te, e non dover avere a che fare con la mia roba."

Squall sbatté semplicemente le palpebre, in attesa. Era abbastanza sicuro che non avrebbe potuto dire niente, nemmeno se avesse avuto qualcosa da dire. Aveva capito male? Volevano entrambi la stessa cosa, dopo tutto? Irrigidita, la mente di Squall corse alle ultime svariate settimane. Alla veloce ricerca di segnali, qualsiasi segnale, che poteva aver frainteso. Sarebbe stato così... drammatico, così stupido, essere proprio accanto all'oggetto del suo affetto per così tanto tempo e non sapere che era ricambiato...

"Solo che... saremo ancora amici, vero?" chiese esitante Zell. "Non era tutto solo perché così non ci saremmo uccisi nel condividere la stanza, vero?"

Lentamente, Squall allungò le mani guantate e strinse la ringhiera. Il tessuto nascondeva il fatto che lo stava facendo così forte da farsi sbiancare le nocche. Una lunga pratica a rinchiudersi in se stesso evitava che qualsiasi traccia di emozione si mostrasse sul suo viso, nella sua voce. Tutto normale. Tutto comune. Era tutta dannata colpa sua. Conosceva Zell da tantissimo tempo. Speranze selvagge si erano alzate e distrutte - non era colpa di nessuno tranne che sua, il dolore non era colpa di nessuno tranne che sua. Zell era Zell. Amava il ragazzo per quello che era. E se 'quello che era' a volte era il più cieco essere umano sulla faccia della terra, beh, quella era semplicemente una parte del pacchetto e qualsiasi incapacità di gestire la cosa era colpa di Squall.

"...Squall?" chiese Zell preoccupato. "Uhm. Forse farei meglio -"

Squall allungò la mano ad afferrare il braccio di Zell e tenerlo; Zell inarcò le sopracciglia bionde fino all'attaccatura dei capelli. Squall riuscì a malapena a trattenersi dall'attirare Zell in un abbraccio che avrebbe richiesto spiegazioni e sarebbe probabilmente finito in svariati giorni di scherzi da parte di un uomo che non poteva capire il loro significato reale. Quindi mosse velocemente le mani, prendendo fermamente il viso di Zell. Costringendolo a guardare Squall negli occhi.

"Io. Sono. Sempre. Tuo. Amico," disse Squall con fermezza, guardando Zell dritto negli occhi azzurri. Sono molto di più, se solo tu aprissi gli occhi. Ma non poteva forzarlo. Non poteva costringere Zell a essere qualcun altro. Anche mentre Zell arrossiva, imbarazzato per averlo a quanto pareva offeso, lo lasciò andare e tornò a guardare il mare. C'era così tanto di più da dire, ma anche l'autocontrollo di Squall aveva i suoi limiti. E in quel preciso istante troppa parte di lui voleva gridare. O baciare Zell così forte, così completamente, che persino lui non poteva restare nel dubbio sulla natura dei sentimenti di Squall. Il rischio era troppo alto; preferiva avere l'amicizia di Zell, per quanto cieca e a volte dolorosa, rispetto al niente.

"Scusa," borbottò Zell. "Lo sapevo. Onestamente."

No. No, non è così. "Vai a riposare un po'," disse piano Squall. "Dobbiamo ancora fare il debriefing."

*****
Nota della traduttrice: questa in realtà è considerabile come una raccolta di oneshot, postate comunque in ordine cronologico, secondo gli eventi del gioco. Per questo, volendo, è anche possibile leggerla come una storia "a capitoli".
Come sempre ogni commento sarà tradotto e inviato all'autrice, così come saranno tradotte eventuali sue risposte. Alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
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