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Autore: hikachu    03/04/2014    3 recensioni
Rio non è ingenua e Rio non è sciocca.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ryoga/Shark, Thomas Arclight/ Four
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shark lo trova in piedi di fronte alla porta come un codardo, con la mano destra piegata appena in un pugno tremante che non sa decidere se scivolarsene di nuovo in tasca o bussare contro il pannello di plastica lucida. È un'indecisione infusa di senso di colpa e, inoltre, rimpianto, e dovrebbe, forse, rendere Shark un po' felice, se non grato, perché questo qui, questo bastardo, questo stronzo, sta soffrendo a sua volta, ma tutto ciò che ne viene è un disgusto che gli si raccoglie sul fondo della gola, pesante sulla lingua. Come osi, è tutto ciò che Shark riesce a pensare.

“Che ci fai qui?” sbraita.

La schiena di IV si irrigidisce visibilmente, si raddrizza, facendolo sembrare leggermente più alto. Quando si volta, la luce della tarda mattinata dipinge ombre aspre sul suo viso.

“Ryoga,” biascica in un tentativo di suonare normale, se stesso.

“Sparisci, lei non ha bisogno di vederti. E cosa sarebbero quei fiori di pessimo gusto?” ringhia Shark, mentre fissa il grosso bouquet di rose rosso-arancio che penzola lungo il fianco di IV come se si aspettasse che prenda fuoco, se fissato con disprezzo sufficiente. “Farebbero star peggio chiunque dopo un solo sguardo.”

IV non precisa che Rio non è in grado di vedere né lui né Ryoga né tanto meno i dannati fiori, nella condizione in cui è adesso, e perché dovrebbe farlo, quando entrambi sono ovviamente coscienti della verità, ed entrambi preferiscono dimenticarla per un momento o due. Potrebbe far presente, almeno, che questa volta non è colpa sua, se Rio è costretta a letto tra vita e morte, ma si sente come se lo fosse: IV non ha mai nemmeno avuto la possibilità di scusarsi come si deve e questo è di per sé un limbo senza vie di fuga. 

Spinge il bouquet contro il volto di Shark, con la fievole speranza di farlo innervosire ancora di più: una precauzione contro il fantasma incombente della malinconia. Shark indietreggia per riguadagnare spazio sufficiente a respirare aria anziché il profumo soffocante delle rose. L'espressione vagamente inorridita davanti ad un mazzo di fiori si sposa perfettamente con la sua messinscena quotidiana di duro senza cuore, pensa IV.

“Questi 'fiori di pessimo gusto', come li chiami tu, sono stati importati direttamente dalla Francia giusto stamattina. Inoltre,” con il mento, fa cenno alle gemme verdi sulla giacca di Shark, “è ironico da parte tua fare la predica su cosa sia 'di pessimo gusto'.”

Shark schiocca la lingua ma non si arrende. “Non ti avevo preso per il tipo che nel tempo libero si dà al giardinaggio,” dice, e nella frecciatina c'è un fondo di verità.

Il fatto è, però, che ci sono cose – cose senza importanza, cose frivole – che hanno messo le radici nel cervello di IV durante pigri pomeriggi in cui non aveva nulla di meglio da fare che ascoltare, mezzo distratto, i suoi fratelli e suo padre parlare di questo o quel libro o di miscele di tè, e tante altre cose di cui, da solo, non si sarebbe mai interessato. Tra queste, le rose. Certo, resta vero che non è qualcosa che gli si addice, ma IV non ha mai nemmeno avuto la possibilità di scusarsi come si deve e questo è tutto quello che può fare; e sente, per qualche ragione, che dopo tutto questo tempo un Ryoga che lo prende in giro è meglio di un Ryoga che lo odia. Forse, IV sospira, c'è davvero qualcosa che non va in lui.

“Sai, una volta III era un tale piagnucolone,” rammenta ad alta voce. Sta ripensando a quei pomeriggi a casa; ricorda i libri di Michael, i loro dorsi luccicanti ben allineati uno dopo l'altro sugli scaffali della sua stanza. Uno per ogni volta che loro padre trascorreva settimane e settimane lontano da casa e per ogni compleanno e per ogni volta che IV desiderava scusarsi ma non riusciva a trovare le parole giuste. “C'era questa storia e lui continuava ad assillare V perché gliela leggesse—diamine se ricordo per quante notti di seguito, anche se poi ogni volta finiva in singhiozzi: una principessa viene chiamata da suo padre al porto dove lui si appresta a partire per la guerra in un altro paese, con la promessa di sposarla ad un eroe di sangue nobile. Peccato che suo padre la stia ingannando, e la piccola principessa finisce sacrificata alla dea che stava impedendo alle flotte di salpare con forti venti. Non ho mai capito cosa ci fosse di bello in una vecchia storia noiosa, ma credo che lui...”

In un primo momento, IV vede il cambiamento nella postura di Shark; vede i muscoli della sua mascella stringersi e si rende conto di ciò che ha appena detto—forse, anche del perché. Si aspetta poi che Shark lo prenda a pugni, o che lo spinga, ed in effetti lo spinge contro il muro, ma, sorprendentemente, non con abbastanza forza da fargli male. È un gesto vuoto, null'altro che un modo di sfogare la propria frustrazione perché Rio non è ingenua e Rio non è sciocca, le cose stupide come il matrimonio non le interessano e—non c'è dubbio—non si lascerebbe mai uccidere in quel modo, non senza difendersi, non per pacificare qualche divinità arrogante—

Sta' zitto, dice Shark, sta' zitto, sibila, e ha la maglia che gli si appiccica alle scapole perché sta sudando freddo. Non è certo di sapere a chi si stia rivolgendo.

“Ryoga...”

Gli occhi di IV sono spalancati. La sua espressione è vulnerabile e carica di interrogativi; non gli si addice affatto. Shark ha l'impressione di star impazzendo – è già un po' di tempo che si sente così – e pensa che, adesso, anche IV sa che sta perdendo la ragione.

Ma IV non dice altro che, me ne vado, e lascia cadere le rose tra le braccia di Shark.


 
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Nell'ascensore, IV è solo con il proprio riflesso, che lo saluta dall'enorme specchio che prende tutta la parete opposta alle porte scorrevoli. Lo saluta con un viso che gli ricorda un foglio accartocciato. “Hai proprio una faccia patetica, amico,” ride di se stesso perché non può fare altro. Interagire con persone che non sono parte della propria famiglia è una cosa molto, molto difficile. Considerare qualcuno un amico non basta a rendere quell'amicizia vera, dopotutto.

 
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Shark soppesa l'idea di buttare via le rose, ma decide di non farlo quando immagina Rio ridere di quei ridicoli colori appariscenti con lui. Decide di permettere a se stesso di credere che si sveglierà prima che appassiscano e muoiano, che tutto tornerà come prima e lui smetterà di sentirsi come se non fosse più lui, e lascia che le rose scivolino nel vaso sul comodino. Lascia che le rose diventino un conto alla rovescia di speranza.
   
 
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