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Autore: artemix_    05/04/2014    1 recensioni
Clara Oswin Oswald era la ragazza impossibile, il corpo che non si incastrava completamente con quello del Dottore perché non vi era amore in quello che facevano, non vi era amore nei loro sguardi e non vi era confidenza. Non vi era niente. Solo il desiderio sconfinato ed estenuante di qualcosa che non riusciva ad essere portato a termine. Eppure trovavano sempre il modo di trovarsi, loro due.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 11, TARDIS
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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chapter 6
there's too much broke to feel this 

 

Clara mise un piede fuori dal TARDIS, l’aria le sfiorò la pelle. Rabbrividì sentendo sotto la suola degli stivaletti la morbidezza del prato fuori casa, davanti il quartiere in cui abitava. Stringeva tra le dita la borsa, la stringeva forte che cominciarono a pulsarle le nocche delle mani. Tenne la testa alzata a fissare davanti a sé il suo pianeta, ma non il suo mondo. Non più il suo mondo.
Rimase immobile, neanche si sentiva di star respirando. La porta della TARDIS di aprì di nuovo, il cigolio la fece voltare. Il Dottore ora era vestito, il gilet viola e le sopracciglia corrugate.
Clara Oswald chinò la testa di lato e lui si appoggiò con una spalla alla porta della cabina.
Clara rimase a fissarlo negli occhi, cercando di ricordare ogni singolo tratto del suo viso. Come faceva sempre. La sua mente era come un diario pieno di foto.
Gli vide le labbra incurvarsi in un sorriso senza denti da mostrare. Non c’era troppa gioia in quell’addio, perché non vi erano certezze. Non  vi era un ‘A mercoledì’ o un ‘due secondi, Clara, e sono lì’.
Lo guardò come si guarda il cielo cambiare per la stagione, lo guardò come si guardano i giorni passare senza poter fare nulla.
Il Dottore le lasciò quel sorriso da guardare quando chiuse la porta e avviò la macchina del tempo. Clara Oswald, da fuori, lo vide sparire accompagnato dal suo rumorino. Lo vide sparire dalla sua vita come aveva chiesto. Lo vide andare via.

***

Quei giorni furono come quelli al seguire di una rottura. Come quando sai che c’è qualcosa che ti sei lasciato dietro ma non puoi andare a riprendertela, come cose non dette, come le ultime parole rimaste.
Clara si svegliava senza nessuno accanto. Restava per qualche minuto a fissare il soffitto come faceva sempre. Immobile come chi ancora in dormiveglia si ostina ad afferrare di nuovo il sogno che stava facendo, come chi si ostina a darsi le colpe, come si ostina a non lasciar perdere.
Era come un conto in sospeso, la vita di Clara Oswald. Adesso lei viveva quei giorni come se le mancasse una casella da spuntare nei promemoria, un allarme che le trillava nelle orecchie e che non riusciva a spegnere.
Sentiva l’assurdo bisogno di tornare a parlargli, di sentire la sua voce strana, di guardarlo negli occhi di nuovo.
Ma quello che le rimaneva era la conseguenza della sua decisione.
Tirò fuori la mano da sotto il lenzuolo e la guardò e tirò fuori anche l’altra e se le strinse. Con un dito percorse la curva del suo seno, carezzandosi come faceva lui.
Il volto con un’espressione indecifrabile, non si faceva tradire dalle emozioni, Clara Oswald.  
Capì di essere arrivata al limite della sopportazione quando cominciò a fissare il suo cellulare poggiato sul comodino, quando ricominciò ad aspettare i segretari della scuola che venivano a chiamarla, in attesa di una buona notizia. Con la moto girava per Londra con la netta speranza di rivederlo per le strade. Una cabina blu che attirava l’attenzione.

***

Tutta quell'attesa nell'attesa di nulla. Tutti quei sogni e quelle paure pronte a farla fuori, Clara Oswald, che non sarebbe più stata salvata dalla madre quando si perdeva. La frase che le girava in testa: "Non importa dove sarai, nella giungla o nel deserto o sulla luna. In qualunque modo tu ti sentirai persa, non lo sarai mai realmente, non sarai mai davvero perduta. Non davvero. Perché io sarò qui sempre, ed arriverò e ti troverò sempre. Ogni singola volta”, era come un piccolo proverbio che col tempo perdeva significato ma non importanza e lo teneva stretto come una traccia per non cadere.
Che non c'erano estranei o rapitori che le facevano del male. Era solo la speranza che qualcosa potesse cambiare. Che potesse tornare.
Ma era come se dovesse cambiare se stessa. 
Doveva farci i conti, con quella sé che desiderava troppo, come tasti impossibili da premere erano i suoi pensieri.

***

Sembrava strano a Clara Oswald, che dovesse finire così, senza spiegazioni. Che dovesse cominciare ancora tutto.
E che lei fosse nel mezzo.
Era come apatica e stranamente condizionata dal tempo, guardava le vetrate della sua scuola ancora una volta e si domandava dove fosse. Si domandava se non avesse sbagliato a schiacciare tutto prima che potesse crescere storto, come una pianta rampicante che saliva lungo il palazzo e non riusciva a raggiungere la cima per colpa di un balcone.
Le mancava, ed era tutto così strettamente vuoto che Clara Oswald, abituata a vedere sempre il lato positivo delle cose, non poteva credere che il suo lato positivo dopo la verità potesse essere diventato il Dottore. E voleva ritornasse ad essere il suo lato. Il suo fianco. Al suo fianco.
a/n:
olèèèèè gente, i'm back! non vi sono mancata di certo, però ho trovato qualche messaggio nella casella e ne sono stata felicissima, grazie di seguirmi!
anyway, capitolo riempitivo per riavviare!
vorrei tanto che questa fanfic a cui tengo molto avesse più '''''successo''''' però qui in italia ci sono pochissimi che shippano whoufflé perciò devo farci l'abitudine. Credo che comunque la tradurrò e la posterò sul .net :))
un baciotto grandeeee, il prossimo capitolo arriverà prima!
ps ho montato un fanvideo, nel frattempo, eccolo qua!  è il primo, perciò sono feliceee ahahah >>>> x
  
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