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Autore: Fiamma Erin Gaunt    05/04/2014    2 recensioni
Si suole dire che l’uomo coraggioso non ha paura. È falso. Essere coraggioso significa dominare la paura, e dove non c’è paura non c’è coraggio.
[La storia partecipa al contest: "Il Contest dei libri non letti" indetto da M4rt1 sul forum]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Eric, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Break the Ice - Genesi, vita e morte di una storia d'amore'
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Nick dell’autore: Kyra Nott (Forum)/ Fiamma Erin Gaunt (EFP)

Pacchetto: Il Gioco di Ender

Fandom: Divergent

Titolo: Never back down

Rating: Verde

Personaggi: Reaper (OC); Eric; Fiamma (OC)

Genere: Generale/Introspettivo

Avvertimenti: Missing Moment (Iniziazione di Eric e Quattro)

Intro: Si suole dire che l’uomo coraggioso non ha paura. È falso. Essere coraggioso significa dominare la paura, e dove non c’è paura non c’è coraggio.

Nda: Allora, ho voluto riproporre questa parte dell’iniziazione di Eric perché ho sempre immaginato che, essendo secondo in classifica nel suo anno, dovesse pur avere qualcosa in meno di Quattro. Bene, io credo che la sua inferiorità fosse dovuta solo a un lasso di tempo maggiore nel superare lo scenario della paura; non so perché, ma ho sempre immaginato che dal punto di vista dello scontro fisico Eric fosse più forte (forse perché lo vedo così spietato e aggressivo). Gli OC che compaiono sono entrambi presenti nella mia long “Be Dauntless is a tough job, but someone has to do it”; Reaper è l’istruttore che si occupa dei trasfazione e Fiamma è una Candida trasfazione che svolge l’iniziazione in contemporanea con Quattro ed Eric e per la quale quest ultimo ha una cotta. Spero di essere riuscita a rendere Eric in modo IC, poiché è un personaggio che adoro (sempre avuto la passione per i cattivoni u.u) e di essere riuscita a sfruttare per bene il contenuto del pacchetto. Buona lettura :)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Never back down

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Though I've never been through hell like that

My head is on fire

But my legs are fine

Cause after all they are mine

 

 

 

 

 

 

 

 

Eric spalancò gli occhi, alzandosi di scatto dalla poltroncina su cui era stato fatto sdraiare per la simulazione nel suo scenario della paura. Si passò una mano sulla fronte, scompigliando le ciocche corvine che erano madide di sudore freddo. Chiuse gli occhi, sforzandosi di regolarizzare il respiro e i battiti del suo cuore che sembrava impazzito. Era tutto finto, solo una dannatissima illusione. Strinse rabbiosamente i pugni, battendoli contro il bracciolo.

- Quanto è durata? – domandò, rivolgendosi a Reaper che lo osservava con una strana espressione dipinta sul volto. Era vicina alla compassione e la detestava; lui non voleva la commiserazione di nessuno.

- Quanto credi sia durata? –

Aggrottò la fronte, provando ad abbozzare un rapido calcolo mentale. Sentiva la testa che gli pulsava per la fatica e lo stress del cercare di uscire dallo scenario.

- Un quarto d’ora? – tentò.

- Venti minuti. – lo corresse.

Sgranò gli occhi grigi, incredulo. Era persino riuscito a peggiorare il suo tempo standard. Che accidenti aveva che non andava, perché non riusciva nemmeno ad avvicinarsi ai tempi che faceva Quattro?

- Fammi riprovare. –

Reaper scosse la testa, cominciando a risistemare l’attrezzatura e scollando i ricettori dalle sue tempie.

- Scordatelo, lo sai che non puoi ripetere la simulazione dopo così poco. E poi, guardati, peggioreresti solo la situazione. –

Ingoiò la rispostaccia che gli era salita alla bocca. Quello che stava dicendo era sensato; se al pieno delle forze non riusciva a sconfiggere le sue paure come poteva farcela dopo una sessione estenuante come quella?

- D’accordo, però riprendiamo domani. – replicò, con un tono che suonava più come un ordine che una richiesta.

L’Intrepido assunse un’aria corrucciata, indice che non aveva affatto gradito il suo atteggiamento, ma si limitò ad annuire in silenzio.

Lasciò la stanza, trovandosi di fronte Fiamma.

- Stai bene? – domandò la ragazza, fissandolo preoccupata.

Magnifico, ci mancava solo che proprio lei lo vedesse in quelle condizioni. Come se non fosse già abbastanza umiliante il fatto di aver fatto la figura del debole davanti al suo istruttore e rivale amoroso.  

- Certo che sto bene, non si vede? – replicò, con secca ironia.

Si pentì immediatamente della sua rispostaccia, che gli valse un’occhiataccia fulminante da quegli occhi color ghiaccio.

- Sempre il solito simpaticone, mi domando come mai nessuno ti abbia ancora soffocato nel sonno. – mormorò, oltrepassandolo ed entrando nella stanza.

Reaper puntò gli occhi verde smeraldo su di lei e le rivolse un sorriso smagliante. La raggiunse, cingendole i fianchi e attirandola a sé per scoccarle un casto bacio a fior di labbra. Con un’espressione schifata, Eric riprese a camminare in direzione della camerata. Quello era sicuramente uno spettacolo che si sarebbe risparmiato più che volentieri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Si può sapere che gli prende? – domandò Fiamma, separandosi leggermente e accennando con la testa al corridoio lungo cui era sparito il compagno d’iniziazione.

- La solita storia, il suo tempo nello scenario della paura continua a fare schifo. –

Corrugò la fronte, fissandolo con aria carica d’aspettativa.

- E tu perché non fai nulla per aiutarlo? –

Reaper la guardò come se avesse appena fatto una domanda tremendamente stupida.

- Deve avere la certezza che qualunque cosa accada nessun adulto interverrà mai ad aiutarlo. Deve sentirlo nel cuore e nelle viscere. Se in lui non si formerà quest’istinto, non raggiungerà mai il vertice delle sue possibilità. –

Annuì, per nulla convinta, ma lasciò cadere il discorso. Stare a discutere con Reaper non l’avrebbe portata da nessuna parte e la sua mente stava già partorendo l’idea perfetta. Lei non era un’adulta, quindi avrebbe tranquillamente potuto aiutarlo, no?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era circa l’una quando Eric venne scosso con decisione da un paio di mani gelide e delicate. Aprì gli occhi, controvoglia, per poi assottigliarli e sforzarsi di mettere a fuoco la sagoma che si trovava seduta sul bordo del suo letto.

- Fiamma? – borbottò, assonnato.

- Ho avuto un’idea geniale. –

Inarcò un sopracciglio, sarcastico: - Hai avuto un’idea? Wow, vuoi che avverta i media? –

La replica della ragazza fu un sonoro pugno che si abbatté contro la sua spalla, nello stesso punto in cui era solita colpirlo quando diceva o faceva qualcosa che non le stava bene. Quindi, praticamente almeno un paio di volte al giorno. Di questo passo avrebbe perso la sensibilità, ne era certo.

- Piantala di fare l’insopportabile o potrei anche decidere di non aiutarti con il tuo problema. –

Si mise a sedere con un rapido colpo di reni e puntò gli occhi grigi nei suoi.

- Esattamente, cosa credi di sapere sul mio problema? – sibilò.

- Oh, andiamo, non bisogna essere un’ Erudita per capire che hai problemi a superare il tuo scenario di paura. Senza offesa, ma i tuoi tempi fanno schifo. – replicò, imperturbabile.

In momenti come quelli, in cui usciva tutta la sua impertinenza da Candida, pensava davvero che prima o poi l’avrebbe strangolata. L’idea che si fosse preoccupata per lui, però, non poteva negare che gli facesse piacere.

- Svegliarmi in piena notte faceva parte del piano o l’hai fatto solo per darmi fastidio? – chiese, piegandosi a recuperare gli scarponi da allenamento e allacciandoseli rapidamente.

Gli rivolse un sorriso malandrino: - Oh, ma è ovvio che l’ho fatto per darti fastidio. –

Trattenne una risata, scuotendo la testa e seguendola fuori dalla camerata e lungo il corridoio che portava alla stanza di simulazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cause we are
invincible
We are who we are
On our darkest day
When we're miles away
So we'll come
We will find our way home

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Come pensi di riuscire ad aiutarmi? – le chiese, osservandola mentre armeggiava prima con il computer e poi con la fialetta e una siringa.

- Entrerò nel tuo scenario della paura insieme a te, ti aiuterò a superarlo. –

Il modo in cui lo disse, come se non ci fosse nulla di strano, lo lasciò di stucco. Era un’idea sensata, dopotutto, ma entrare nello scenario di qualcun altro era una cosa personale, significava esporsi totalmente agli occhi di una persona.

- D’accordo. – sussurrò, prendendo posto e stringendosi per permetterle di sdraiarsi accanto a lui. Le cinse le spalle con un braccio e sorrise quando la vide accoccolarsi istintivamente contro il suo petto muscoloso.

Lentamente, un senso di torpore iniziò a pervaderlo e la familiare sensazione di vuoto l’assalì. Chiuse  gli occhi, riaprendoli solo quando un calore insopportabile gli colpì il volto.

Accanto a lui, talmente vicina che poteva sentire le loro braccia nude sfiorarsi, c’era Fiamma.

- Inizia sempre con il fuoco. – annunciò.

Era una precisazione inutile dal momento che le fiamme divampavano intorno a loro e si avvicinavano sempre più velocemente.

- Eric, dobbiamo andarcene da qui. – gli disse, ma non ottenne risposta.

Gli occhi grigi fissavano ipnotizzati il movimento ondeggiante delle fiamme. Doveva essere questo ciò che provavano gli animali che venivano investiti dalle macchine, un senso totale d’impotenza.

- Eric. –

Lo scosse gentilmente per il braccio, riportandolo non si sa come alla realtà.

 Doveva affrontare la paura, combatterla e vincerla.

Annuì, afferrando la mano che gli veniva porta e seguendola mentre prendeva la rincorsa e, dopo aver notato un punto in cui le fiamme erano più basse, saltava.

Atterrarono sul pavimento di una sala buia, la paura che affrontava più facilmente delle altre.

- Questa è facile, dobbiamo solo arrivare a quella porta. – le disse, cominciando a camminare con aria risoluta in quella direzione. Posò la mano sulla maniglia e spinse con forza.

La successiva era una stanza di un metro per uno, talmente stretta che erano costretti a stare appiccicati l’uno all’altra.

- Fammi indovinare. – mormorò, flebilmente, - Claustrofobia? –

Qualcosa nel modo in cui l’aveva detto gli fece capire che evidentemente non era l’unico a soffrirne.

- C’è anche nel tuo scenario? –

Annuì.

- Il mio è più brutto, però: sono intrappolata in una bara sottoterra. –

Veniva sepolta viva eppure riusciva a uscire dallo scenario prima di lui. Quella ragazza doveva essere proprio più forte di quanto appariva, considerò.

- Idee su come uscire? –

- Magari basta che mi tranquillizzi. Di solito esco dalla stanza non appena penso a qualcos’ altro. –

- Sì, mi sembra un’idea sensata. Pensi di riuscirci? – domandò, scrutandolo dubbiosa.

Stranamente la cosa non gli sembrava poi così difficile. Ora che c’era lei e sentiva il suo corpo e le sue morbide forme femminili schiacciate contro di lui quasi non faceva caso a dove si trovavano. Dopotutto era un ragazzo, un adolescente di sedici anni che non frequentava una ragazza da quando aveva messo piede per la prima volta nel quartier generale degli Intrepidi, e le reazioni del suo corpo scacciavano violentemente ogni tipo di paura.

- Veramente penso di stare già pensando ad altro. –

Aveva appena finito di parlare che si ritrovarono in uno nuovo scenario.

- Tanto per curiosità, a che hai pensato? – domandò.

Scrollò le spalle: - Non è necessario che tu lo sappia. –

- Che tradotto significa che mi arrabbierei se me lo dicessi. –

Il sorriso malizioso che le rivolse fu la muta conferma della veridicità delle sue parole.

- Sei un porco, Eric, persino mentre stai per morire soffocato?! – esclamò, indignata.

- Ehy, sono un uomo. – ribattè, come se quella fosse una spiegazione più che logica.

Uno sparo interruppe il loro scambio di battute.

Ecco, adesso cominciavano quelle davvero brutte. Strinse i denti, deglutendo dolorosamente, e preparandosi allo spettacolo che di lì a poco si sarebbe presentato davanti ai suoi occhi.

C’era lui, sdraiato a terra sul pavimento freddo, e una figura senza volto gli stava di fronte. Lo sconosciuto gli puntava contro una pistola, prendeva la mira e sparava. Ancora, ancora e ancora. Si vide portare le mani alle ferite, sussultare per il dolore, e sputare un fiotto di sangue. Vide gli occhi grigi che fissavano il soffitto, privi di vita.

“Era un fallimento completo, un disonore per la sua famiglia e la sua fazione, è molto meglio che si sia finalmente tolto dai piedi.”

“Già, era solo un codardo, un debole. Staremo tutti molto meglio senza di lui.”

Conosceva quelle voci, l’avevano accompagnato fin dal momento in cui era venuto al mondo.

“Troppo stupido per rimanere tra gli Eruditi, troppo codardo e incapace per superare l’iniziazione degli Intrepidi. Sarà un Escluso, non ci si poteva certo aspettare altro da lui.”

- Basta! Basta! – esclamò, coprendosi le orecchie con forza e cadendo in ginocchio.

“Incapace.”

“Debole.”

“Indegno.”

“Un disonore.”

- Basta, state zitti! –

Fiamma gli fu accanto, inginocchiandosi e costringendolo a togliersi le mani dalle orecchie.

- Eric, ascolta me, solo me. La senti la mia voce? –

Annuì, troppo scosso per riuscire a parlare.

- Concentrati solo sulla mia voce, okay? –

- Hanno ragione, sono un codardo, ho troppe paure per diventare un Intrepido. – mormorò.

- Il coraggio è il complemento della paura. Un uomo che è senza paura non può essere coraggioso, ed è anche uno sciocco. Tu sei coraggioso, Eric, perché sei disposto ad affrontare le tue paure e cerchi di superarle. Non so di chi siano queste voci, ma non devi ascoltarle. Io so che tu sei un vero Intrepido, non dubitarne mai. –

Qualcosa nelle sue parole, forse la decisione con cui l’aveva pronunciate, o magari solo il fatto che al mondo esistesse qualcuno che aveva fiducia in lui, lo spinse a reagire.

- Io sono un Intrepido, non sono un codardo né un debole. – decretò ad alta voce.

Fiamma sorrise, soddisfatta dalla sua reazione, ma all’improvviso la sua espressione cambiò e si fece immediatamente spaventata.

- Eric, che stai facendo? Eric, lasciami, mi stai facendo male. – mormorò, con voce strozzata, cercando di liberarsi dalla stretta che le avvolgeva il collo.

La stretta delle sue mani. La stava strangolando. Inorridì, ma nulla di ciò che gli passò per la mente riuscì a convincere il suo corpo a obbedirgli.

- Eric. – gorgogliò, ormai senza fiato, il volto paonazzo e le labbra che cominciavano a farsi bluastre.

- Non riesco a fermarmi. – esclamò.

– Eric, guardami. Lo so che non mi faresti mai del male, tu puoi fermarti e so che lo vuoi. –

Puntò gli occhi nei suoi, osservando la sfumatura chiarissima d’azzurro che diventava più scura lungo il bordo della pupilla.

Qualcosa scattò dentro di sé. Sentì distintamente le mani che si aprivano e le braccia che ricadevano inerti ai lati del suo corpo.

Si ritrovarono sulla poltroncina, abbracciati l’uno all’altra.

Lanciò un’occhiata all’orologio che portava al polso. Nove minuti, era riuscito anche a fare meno della metà del suo solito tempo.

- Il responso? – domandò Fiamma.

- Nove minuti. –

Il volto della Candida si aprì in un sorriso soddisfatto e orgoglioso. Lo abbracciò di slancio, gettandogli le braccia al collo e stringendolo a sé.

Eric chiuse gli occhi, assaporando il profumo di cannella che si irradiava dalla sua chioma scura.

- Non ce l’avrei mai fatta senza di te. – ammise.

- Bè, siamo una bella squadra, no? –

Già, lo erano eccome. Insieme erano invincibili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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