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Autore: MJJ4Ever    07/04/2014    3 recensioni
Un viaggio attraverso i ricordi di Paul, che racconta la sua storia d'amore con Michelle durante la sua infanzia, il suo periodo con i Beatles e anche dopo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina non ci mise praticamente niente ad arrivare. Credo che mi fossi concesso in tutto una mezz’ora di sonno, non di più, ma me la facevo bastare. Avevo davvero dei bei piani in mente per quel giorno. Mi alzai presto nonostante mi sentissi alquanto intontito e, dopo aver fatto colazione, io, John e George decidemmo di “andare a caccia”, come dicevamo noi. Alla fine non si trattava altro che di fare la spesa ma, dato che molte cose non ce le potevamo permettere, finivamo sempre per rubacchiare qualcosa e il fatto che dovessimo fare attenzione a non farci vedere, ci faceva immaginare di essere ad una battuta di caccia. La parte migliore era, a misfatto compiuto, uscire dal negozio in questione come se nulla fosse e poi correre a gambe levate per allontanarsi il più possibile senza farsi beccare. Era davvero divertente perché ci facevamo un sacco di risate e ogni volta tentavamo di renderlo più difficile creando imprevisti o facendoci scherzi a vicenda. Certo, magari era un po’ infantile, ma era l’unico modo che avevamo per divertirci e a noi andava bene. Poi era bello vedere quanta roba fossimo riusciti a prendere. Alcune volte era un po’ una delusione perché spesso, nella fretta di prendere le cose e nascondercele addosso, non ci rendevamo conto di quello che avevamo effettivamente rubato finché non lo ricacciavamo a casa e ci ritrovavamo con roba disgustosa o che non sapessimo assolutamente come cucinare. Il fatto poi che fosse scritto tutto in tedesco, con cui ancora non ci dimesticavamo per niente bene, rendeva le cose ancora più difficili.

Neanche quella volta la caccia era andata nel migliore dei modi ed eravamo un po’ delusi sapendo che tutto quello che avevamo preso sarebbe finito nel frigorifero abbandonato fino alla scadenza.
“Che ne dite se facessimo un altro giro?” propose quella volta John, che evidentemente si sentiva più in forma che mai. Io, dal canto mio, ero completamente senza forze. Avevo passato una nottata in bianco e non sapevo se ce l’avrei fatta ad affrontare un altro turno di caccia e poi un’altra corsa fino a casa ma, di fronte alle insistenze di John, mi vidi costretto ad accettare. Questa volta vennero con noi anche Pete e Stu e fu un bene perché, essendo in cinque, avemmo modo di dividerci meglio e fare le cose con più calma. O almeno era così per loro. Io fui preoccupatissimo per tutto il tempo. In fondo eri rimasta tu sola in casa, cosa avresti fatto se ti fossi svegliata senza trovarmi? Sperai con tutto il cuore che il tuo buonsenso ti consigliasse di non muoverti da lì e di non andartene a spasso per Amburgo da sola. Altrimenti non so proprio che avrei fatto.

Finito il secondo giro di caccia, decidemmo di confrontare la roba presa sulla via del ritorno (prendemmo un autobus perché nessuno ce la faceva più a correre!). Erano per lo più schifezze come patatine e dolci vari (opera di George), ma almeno non avremmo dovuto cucinarli e per noi era una vera benedizione.
Però, con mia grande sorpresa, c’era dell’altro ad attenderci in casa.

“Ehi! Ma cos’è quest’odore?!” esclamò John aprendo la porta. A lui seguì Stu che, altrettanto stupito, replicò il commento, “ma è delizioso, fa venire l’acquolina in bocca!”
Quando fummo entrati anche io, George e Pete, ancora non ci era ben chiaro cosa stesse succedendo … o almeno finché tu non sbucasti tutta sorridente dalla cucina, “Buongiorno a tutti! Ho trovato in frigo un sacco di cose che sarebbero scadute tra poco tempo, quindi ho pensato di prepararvi qualcosina.”
Nessuno ti conosceva ancora, a parte George, ma credo che quella fosse la presentazione più bella che potessi fare perché, all’istante, ti eri guadagnata la simpatia di tutti quanti. Infatti, ci precipitammo tutti verso la tavola imbandita come non l’avevamo mai vista e ricordo che John mi disse “Paul, ma questa è la tua vicina di casa?! Ma perché diamine non l’hai fatta venire con noi subito?! Questo è un sogno!” e lo era davvero. Non mangiavamo così tanta roba da quando avevamo lasciato Liverpool. Ci eravamo letteralmente fiondati sul tavolo senza aspettare neanche che fosse effettivamente ora di pranzo e, per un attimo, ebbi paura che qualcuno potesse distruggere qualcosa dalla foga!            
A fine scorpacciata, George alzò in alto il suo bicchiere ed esclamò tutto contento: “un brindisi alla nostra nuova coinquilina, che si è aggiudicata ufficialmente il ruolo di cuoca della casa!” era talmente allegro che quasi si stava affogando con il cibo mentre parlava.
Anche io quella mattina mi sentivo molto di buon umore (dopo una mangiata del genere, chi non lo era?) così mi lasciai andare anche io, “idiota, ingoia prima di parlare che ti ammazzi!”
“Tutto questo tempo senza del cibo vero ti ha fatto dimenticare come si mangia, George?” Si aggiunse Pete.
Tutti scoppiammo in una grande risata, di come non ce ne facevamo da tempo e di colpo ci sembrò che stare lì non era poi così male … se avevamo a disposizione porzioni di cibo abbondanti.

In poco tempo, tutti i piatti furono svuotati e alla fine ci demmo da fare tutti per aiutarti a pulire i piatti e rimetterli a posto. Ricordo benissimo quanto fossi raggiante quella mattina: eri davvero felice di stare in mezzo a noi e si vedeva. Anzi, più che altro si sentiva, dato che eri stata capace di contagiarci tutti quanti. Giuro, non ero mai stato così contento di averti con me come in quel momento.
“Grazie Michelle, non mangiavamo così da mesi!” ti dissi alla fine, quando tutti gli altri erano già tornati a fare i loro interessi e l’agitazione pareva essersi calmata.
“Figurati. Non pensavo neanche che avrei suscitato queste reazioni, è stato divertente.”
Continuavi a sorridere. Ed era un sorriso così sincero. Mi faceva impazzire.
“Che ne dici se oggi, per ringraziarti, ti porto a fare un giro per Amburgo, eh?”
Rimasi sorpreso con quanta facilità ti proposi quella cosa. In realtà avevo già in mente di portarti in giro dalla sera prima, ma non avrei mai creduto che sarei stato capace di chiedertelo con tanta naturalezza. Era un buon segno, significava che mi stavo avviando per una buona strada. Tu eri sbalordita almeno quanto me dalla proposta e, in un attimo, il tuo viso si illuminò ancor più di quanto non lo fosse già, “Oh Paul, sarebbe stupendo! Si mi piacerebbe tantissimo, ti prego!”  
“Perfetto, allora è deciso! Ma più tardi, ora se non ti dispiace andrei a riposarmi … sta notte ho dormito pochissimo.”
Sbadigliando me ne andai mentre tu ancora mi fissavi con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

Chissà, magari quella sarebbe stata la volta buona per me e per te. In fondo, dopo un inizio un po’ sconvolgente, stavamo andando bene. Era strano come all’improvviso non mi fossi sentito più a disagio alla tua presenza o come tu mi sorridessi quasi come se non avessimo mai avuto problemi di alcun tipo. Poteva essere l’aria di Amburgo a farci quell’effetto? O forse era la presenza degli altri che ci metteva entrambi in allegria … sta di fatto che io mi sentivo leggero, spensierato. Era come se prima la mia mente fosse stata piena di pensieri e di preoccupazioni, mentre in quel momento, avendoti con me, non pensavo più a niente. Evidentemente, avevamo solo bisogno di cambiare un po’ aria e allontanarci da Liverpool, non credi?
Qualunque cosa fosse, mi aveva fatto solo bene e, quel pomeriggio, riuscii a concedermi addirittura tre ore di sonno. Che bella sensazione, avevo quasi dimenticato quanto fosse bello dormire.

Al mio risveglio, la prima cosa che sentii furono delle rumorose risate provenire da poco lontano. Ci misi un po’ per rendermi conto che quelle risate erano dei miei compagni di gruppo e mi chiesi cosa stesse succedendo di così divertente. L’allegria stava davvero immergendo quella casa!
Dopo essermi ripreso dal sonno e dopo che mi fui dato un contegno, andai a controllare la situazione. Il risultato era del tutto inaspettato. Eravate tutti e cinque, compresa tu, seduti sul divano e ve la ridevate di gusto. Solo tu riportasti il silenzio dopo qualche secondo, dicendo tra le risate: “e poi … volete sapere che combinò insieme a Michael a dieci anni?!”
“Ancora?! Ma quante ce ne sono?!” ti rispondevano gli altri.
All’improvviso, non so perché, ebbi il presentimento che stessi parlando di me. Immediatamente fui preso dall’ansia. Da bambino non ero stato esattamente un angioletto, ero molto perspicace e con Mike, poi, ne avevamo combinate davvero di tutti i colori. Mio padre ci avrà minacciati di chiuderci in collegio non so quante volte, e tu lo sapevi bene. Sapevi bene tutto per filo e per segno. Solo immaginare quello che avevi raccontato durante la mia assenza mi faceva sudare freddo.
“Ehi, ehi, che sta succedendo qui?” mi inserii il più in fretta possibile.
“Paul!” John quasi non riusciva a parlare dalle risate, “eccoti qui! Non mi avevi detto che avevi paura degli ospedali!”
Lo sapevo. Lo avevi detto. Avevi detto anche quello. Perché? Vergogna, vergogna! Volevo sprofondare!
Cosa avrebbero pensato gli altri di me?
“ Non… Non ho paura degli ospedali.” Cercai di sembrare il più convincente possibile, ma immagino che si fosse capito perfettamente che ero stato colto in flagrante, “… Semplicemente non mi piacciono.”
Non so perché, ma quella risposta non fece che far aumentare le risate. Stu cadde addirittura dal divano! Non era esattamente una bella sensazione.
“Michelle, ma tu non volevi vedere Amburgo?!” dissi velocemente prendendoti per il polso. Tu non mi rispondesti e ti limitasti a seguirmi senza smettere di ridere. Eri contenta, eh? Non dovevi preoccuparti, avevo in serbo una bella ramanzina da farti. E ne approfittai appena chiusa la porta alle nostre spalle, “Ma si può sapere che vai raccontando in giro?”
“Dai Paul, stavamo scherzando! Sono stati loro a chiedermi di raccontare qualcosa su di te e io non ho fatto che obbedire.”
Non sapevo perché, ma ancora una volta eri riuscita a placare la mia rabbia senza neanche che me ne rendessi conto. Perché in fin dei conti ero contento di vederti così sorridente, che facevi amicizia … si era una cosa che mi piaceva da matti e non ce la facevo proprio ad essere arrabbiato. In realtà era quasi come se mi rendessi debole. D’un tratto mi venne in mente quello che mi aveva detto John sul traghetto riguardo all’amore e alla vulnerabilità che comporta e collegai immediatamente il tutto. Ovviamente, scacciai subito il pensiero. Non dico che stessi cercando ancora di nascondere il mio amore per te, no, quello ormai lo avevo accettato; semplicemente non volevo pensarci. E non volevo pensarci perché sapevo che in un certo senso era quello che mi frenava e non mi permetteva di essere sincero con te. Se invece per un po’ mi fossi concentrato solo ed esclusivamente sul riallacciare i rapporti con te, senza pensare al fatto che fossi innamorato, sarebbe stato più facile.
“E va bene, dai … Sei perdonata. Ma ora andiamo, ci sono un sacco di cose che devi vedere.”

Così partimmo per la nostra gita di esplorazione. Finalmente io e te da soli, come non facevamo da tantissimo tempo. Era bello perché per una volta riuscimmo ad essere entrambi spensierati. Tu sorridevi, mi chiedevi di fermarci in qualunque negozio ti colpisse, mi prendevi la mano e mi tiravi accusandomi di essere troppo lento, ti guardavi intorno incuriosita da qualunque cosa e io … beh, io non saprei neanche descrivermi in quel momento. Più ti guardavo, più ti osservavo e più sentivo di perdermi. Mi piacevano i tuoi atteggiamenti, i tuoi movimenti, anche solo le tue parole e ogni gesto mi colpiva sempre di più, sempre più nel profondo, fino quasi a farmi scoppiare il cuore. Ogni tuo sorriso faceva sorridere anche me, ogni volta che mi guardavi l’aria mi mancava e più volte avevo avuto paura di cadere a terra stremato, perché quasi non riuscivo a sopportarlo per quanto era forte quel sentimento che provavo. Era bello, troppo. Quasi impossibile da spiegare. Probabilmente solo allora capii cosa significava essere innamorati davvero di qualcuno e solo allora riuscii a capire le parole di John. E le capivo semplicemente perché  provavo tutti quei sentimenti di cui aveva parlato. E non me ne vergognavo. Ero debole, ero vulnerabile? Non mi importava. Sentivo solo un grandissimo benessere che mi faceva venire quasi la pelle d’oca e, se l’amore era tutto quello, beh allora era la cosa più bella che avessi mai provato in tutta la mia vita.

SPAZIO AUTRICE: Ed eccomi qui! Prima parte del diciottesimo capitolo. Purtroppo non sono riuscita a scrivere altro perché sono stata a Londra fino all'altro ieri e quindi, come potete immaginare, ho avuto davvero pochissimo tempo per scrivere ç_ç Spero comunque che questo pezzo di capitolo vi piaccia :3
  
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