Anime & Manga > Capitan Harlock
Ricorda la storia  |      
Autore: Targaryen    13/04/2014    9 recensioni
Spesso il più grande nemico di un uomo è sé stesso.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Miime, Yama, Yuki
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Canto delle Stelle'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dedico queste mie righe ad Aphrodia7, perché dietro ad un nome c’è sempre qualcuno che dà voce a quel nome.
 
La notte dell’anima

Intorno alla nave ammantata di tenebra la pressione sale, lenta ed inarrestabile, e l’oscuro metallo in cui essa è stata forgiata geme e si piega. Le sue infernali vestigia non incutono più terrore. Tutti la vedono, attraverso lo spazio e attraverso il tempo e in ogni più remoto angolo dell’universo, prigioniera e domata e come il suo capitano in catene. Ovunque, su miriadi di colonie in lenta decadenza e su mondi artificiali alla deriva, ogni essere umano si ferma e solleva lo sguardo, si lascia rapire dalle immagini e dalla litania ed osserva in reverenziale silenzio l’agonia di quella sua antica nemica. Uno spettro divenuto ora sostanza, un vascello che traghetta anime sole e perdute attraverso uno Stige fatto di nulla e di cui è peccato persino pronunciare il nome. Di fronte all’umanità intera, istante dopo istante, l’Arcadia muore e dimentica.

Harlock

Dove sei?
Questa domanda non mi dà pace. Non conoscerne la risposta mi sta uccidendo più di quanto facciano queste catene che soffocano la mia libertà, e non mi permette di pensare ad altro. Dovrei farlo, so che dovrei.
Dove ti hanno portata?
Le forze mi stanno abbandonando e sento le tenebre sempre più vicine. Sento le loro mani su di me, eppure non mi importa. Ho paura, di nuovo dopo oltre un secolo ho paura, e di nuovo ho paura per te.
Ho quasi perso la nozione del tempo. Da quando sono qui? Quanti minuti, quante ore, quanti giorni sono trascorsi? Mesi? Anni? Non lo so più. Forse sono solo istanti che smettono di scorrere ogni volta che ripenso a noi.
Cosa ti hanno fatto, Meeme?
Non ho reagito quando mi hanno allontanato … come potevo? C’erano uomini dal volto coperto e armi pronte ad uccidere intorno a noi. Un gesto sbagliato e non sarei stato né il primo né l’unico a cadere quel giorno. Ti ho rivolto un ultimo sguardo e ho letto il timore nei tuoi occhi, ma quel timore non era per te. E non era neppure per i nostri compagni che forse moriranno con noi. La disillusione di Kei, la rabbia di Yattaran … potranno mai perdonarci per ciò che abbiamo fatto loro? Per ciò che abbiamo nascosto loro?
E tu potrai mai perdonare me per averti trascinata in questo inferno fatto di oscurità e di disperazione? Potrò mai io perdonare me stesso per averti tradita?
Non lo so, Meeme. Ora sento solo la paura che si trasforma in terrore ad ogni suono che mi raggiunge attraverso quest’aria calda e densa. Il terrore che quel suono giunga per avvertirmi che hanno spento la tua luce e che hanno fermato il mio cuore.
Loro conoscono questo legame pur ignorandone la natura, e non avranno pietà di te come non ne avranno di me.
E’ venuto un uomo, poco fa … Ezra, il fratello di Yama. Mi ha domandato perché non mi fossi ucciso e mi ha raccontato di come rimedierà lui al posto mio.
Avrei avuto voglia di ridere, ma non ne avevo la forza. Cosa ne sa lui di me? Cosa ne sa lui della dannazione? Lui che non ha mai sentito sulla sua pelle il fuoco freddo del rimorso che ti uccide ogni giorno senza mai farlo davvero. Lui che non ha mai sentito la sua gelida mano strapparti il cuore dal petto. Cosa ne sa lui del mio tormento? Cosa ne sa lui di noi?
Gli ho parlato di umanità e di illusioni, ma non credo abbia capito.
Non credo sappia che a volte non si può semplicemente morire e liberarsi di tutto. Non credo sappia che nessun uomo può continuare a dirsi tale se non si assume la responsabilità di ciò che ha fatto, e se non cerca di porvi rimedio. Non si tratta di coraggio, ma di semplice dignità. E’ questo ciò che ci rende umani, e io voglio ancora esserlo. Voglio ancora esserlo nonostante le mie colpe, voglio ancora poter credere che anche per me ci sia speranza. Nonostante tutto voglio ancora credere in questo, per poter essere un giorno ancora degno di sostenere il tuo sguardo, anche se non sarà in questa vita.
Eppure ora, solo in questa cella, mi domando se è questa la via giusta per farlo.
Di nuovo vedo dinanzi a me il volto di Kei … ingannata, offesa, ferita … ferita da me, ferita da noi. Mi ha guardato con gli occhi dell’umanità intera che non perdona.
Sto sbagliando ancora? Quante volte ancora dovrò domandarmi questo? Quante volte ancora dovrò fare la stessa scelta?
Sento le tue parole, le ultime parole che mi hai rivolto prima che mi portassero via … “Non sarai mai libero se non accetti ciò che hai fatto, Harlock.”
Non riuscirò mai ad accettarlo, Meeme, e non sarò mai più libero, ma forse non è per l’umanità che desideravo ripartire da zero. Forse era per me. Quanta forza ci vuole per sopportare tutto ciò? Credevo ne servisse di più per premere quel pulsante, ma ora so che mi sbagliavo. Ce ne vuole di più per non farlo e per continuare.
Quasi non ti sento … sono io che mi sto spegnendo o sei tu? Voglio essere io, devo essere io.
Dove sei? Dove ti hanno portata? Cosa ti hanno fatto?
Sarei riuscito a premerlo davvero quel pulsante sapendo che tu mi avresti seguito?
Mi sembra di udire la tua voce in questo silenzio, quella voce con cui mi raccontavi di Yura e dei suoi colori, e del tuo desiderio di dare anche al tuo mondo ormai dimenticato una seconda possibilità, ma ora mi domando se è per amore di Yura che mi hai assecondato o se, ancora una volta, lo hai fatto solo per me.
Meeme … ormai non sento più nulla.

Meeme

Non mi faccio domande circa il mio futuro, incatenata in questa fredda oscurità e in attesa della fine. Non cerco risposte, sconfitta e ormai incapace di vedere la luce. Io che sono luce e che di luce mi nutro.
Ricordo, ricordo soltanto, e rivivo la mia vita insieme a te.
Davanti ai miei occhi rivedo il tuo viso come lo vidi per la prima volta su Yura, così giovane e ancora così straniero. Quanto tempo è trascorso da allora? Un nulla nella mia eternità, eppure quando mi volgo indietro non riesco quasi più a distinguere la vita che prima fu mia. Avevo una vita, prima? Prima della morte del mio mondo, prima della solitudine da cui tu mi hai salvata … avevo una vita, io? Non lo so, e non mi importa.
Rivedo gli anni scorrere sul tuo volto, rivedo i segni del tempo prendere forma e imprimersi per sempre su di esso … la freschezza perduta, i lineamenti più duri, i solchi leggeri che non svaniscono più. 
Ricordo la nostra caduta nel baratro che ci ha così profondamente cambiati, nel corpo e nell’anima, ricordo la disperazione di questi anni e le tenebre che da allora saranno sempre parte di te. Ricordo il tuo dolore e ricordo il mio, ricordo le lacrime che hai smesso di versare e le tue parole divenute sempre più rare. Ricordo la prima volta in cui sei fuggito, da te e da me, e in cui hai deciso di ricominciare per cancellare la tua colpa.
Ma ci sono colpe, Harlock, che non si possono cancellare.
Eppure ricordo anche altro … il tuo sguardo che è sempre stato per me, i sorrisi che riuscivo a rubarti quando le mie mani lasciavano le corde dell’arpa, le nostre serate colorate di vino e silenzio e le notti che sono sempre state soltanto per noi. Qualcuno sa questo, Harlock? Anche tu te lo sei domandato, talvolta? Hanno mai saputo di noi i nostri compagni? Si sono mai interrogati sul perché varcassimo sempre insieme quella soglia?
Un tempo, forse, sarei stata curiosa di scoprirlo, ma ora neppure questo mi importa.
Ho freddo e ho paura. Sto fallendo di nuovo. Non ho potere in questo luogo. Non posso allungare le mie mani su di te, non posso allontanare il buio che ti minaccia, non posso guarire le tue ferite. Sento che mi stai cercando e avverto la tua angoscia. Non riesci ad afferrarmi ed io non riesco a raggiungere te. Siamo troppo distanti e le forze ti stanno abbandonando.
Vorrei gridare il tuo nome con tutto il fiato che ho in corpo, per farti sapere che io sono qui e che sono ancora con te. Che sarò sempre con te.
Percepisco il dolore che lacera il tuo corpo, il ticchettio del sangue che sgorga dalla tua ferita e di cui non ti accorgi neppure.
Cosa ti hanno fatto, Harlock? Perché non avverto alcuna rabbia in te? Perché il tuo cuore non freme di fronte alle catene che ti tengono avvinto?
Non sento più l’Arcadia, non sento più Tochiro …
Ti stai arrendendo, Harlock?
Chiudo gli occhi. Il tempo continua a scorrere, lento ed infinito. Smetto di seguirne il ritmo e mi limito ad ammirarlo mentre prende forma da frammenti di nulla.
Poi, al’improvviso, qualcosa cambia nella trama del mondo in cui vago senza meta perduta in me stessa. Una vibrazione lontana e le mie palpebre si sollevano adagio.
I miei sensi tornano vigili ancor prima che ne sia consapevole e il mio capo scatta in direzione della pesante porta che credevo non si aprisse mai più. Un rumore di passi che si avvicinano rapidi e che si fermano … i passi inconfondibili di Kei e di … un colpo e il battente slitta veloce di lato … di Yama. La luce che invade la cella quasi mi abbaglia, ma i miei occhi restano fermi e fissano quello squarcio apertosi nella mia disperazione.
Sto venendo da te, Harlock.
Kei e Yama puntano le armi e colpiscono precisi. Gli anelli vanno in frantumi e le catene rovinano al suolo. Faccio loro un cenno di assenso e li guardo svanire. Con gesti svelti, quasi rabbiosi, mi libero di ciò che resta del metallo che mi ha tenuta prigioniera.
Riesco a pensare solo a te.
Sono stanca e anche il mio corpo risente di questa lunga immobilità, ma non sarà questo che mi fermerà ora. Con tutta la velocità di cui sono capace mi precipito verso la porta e la attraverso.
Non mi serve sapere dove sei. Lo sento. E sento che le spire che avvolgevano l’Arcadia si stanno lentamente dileguando. Sento la coscienza di colui che vive in essa risorgere lentamente e tornare a noi.
E, di nuovo, ora sento te.

***

Il teschio di prua emerge come un oscuro presagio dalla gabbia che imprigiona la grande nave. Nel cuore di quella morsa che sembra non lasciarle speranza il buio è illuminato a tratti da scariche quasi frenetiche che si contorcono come serpenti rabbiosi, in rapida formazione e dissoluzione e sempre più vicini alla loro preda. Le onde sonore si avvolgono su sé stesse, prive del mezzo in cui propagarsi, e solo all’interno chi è stato condannato a morire con essa ode il lamento dell’Arcadia in agonia. La corazza che si piega e che si polverizza.
Poi, silenziosa ed improvvisa, una potente esplosione scuote le certezze degli uomini e delle donne che osservano. L’involucro si squarcia e quel perfetto meccanismo di distruzione si spegne per sempre. L’aria sfugge ed enormi fiammate circondano la nave, ma questa volta non è sua la linfa che le alimenta. Come ridestato dall’oblio il computer centrale espande la propria coscienza nel suo corpo di metallo, ripara i danni e accende i motori. Un sibilo dapprima appena udibile, che cresce d’intensità mentre i propulsori cominciano a colorarsi di luce.
L’Arcadia si è risvegliata e attende il suo capitano.
Coloro che credevano di averla domata vengono attraversati da un brivido di paura. Soldati armati e addestrati ad uccidere ne invadono il ventre, mentre gli ordini di colui che li comanda giungono a loro da lontane distanze. L’uomo di nome Ezra attende con il fiato in gola, forzatamente seduto all’interno della sua personale prigione, e sussulta quando il viso di chi ha visto crescere lo guarda attraverso il monitor, non più ragazzo ormai, e spara. E’ buio, ora, anche per lui.

Harlock

Perché lasciano accesa questa luce che mi strazia lo sguardo? Lo fanno affinché neppure per un attimo possa dimenticare il peso di queste catene che mortificano la libertà nel cui nome ho sempre vissuto?
Mi stanno forse dicendo che non posso più nascondermi nelle tenebre che mi sono state da quel giorno compagne?
Da cosa mi sono nascosto in questi anni, Meeme? Dal giudizio degli altri o da me stesso?
Nel silenzio che mi circonda, all’improvviso, una rapida successione di suoni si sovrappone al monotono mormorio di motori ed ingranaggi … la mia Arcadia che trema, colpi d’arma da fuoco, grida in lontananza, corpi che urtano il metallo e qualcuno che si avvicina correndo.
Sta accadendo qualcosa e tutti i miei sensi dovrebbero tornare vigili all’istante come sempre hanno fatto, eppure questa volta non è così. Questa volta non mi importa. Sono stanco e non vedo alcun futuro per me.
Uno sparo deciso e il cigolio di una manopola che viene ruotata con forza. La porta slitta di lato e un’altra luce, meno violenta, invade questo spazio.
Sento le voci di Kei e di Yama, ma non alzo il capo. Non ne ho la forza e non voglio farlo. Non sono loro coloro che desidero vedere, Meeme, non adesso.
Il dolore e la delusione negli occhi di Kei ancora mi feriscono … un’altra colpa da aggiungere a quelle che non riuscirò mai a perdonarmi. Non voglio guardare in quegli occhi, non ora. Mi ricordano l’azzurro della Terra che le ho sottratto e che tormenterà per sempre il mio sonno.
E Yama … cosa ho visto in lui quando l’ho incontrato quella prima volta? Forse il desiderio di essere libero che ancora non sa riconoscere? Forse l’eco di ciò che io provo in ogni momento? Non lo so e di nuovo non mi importa.
Le catene cedono protestando, insieme, e io sento il metallo sotto ai miei piedi. Le gambe vacillano e perdo l’equilibrio, accasciandomi contro la vicina parete, il volto che mai ho sollevato nascosto dietro ai capelli scomposti e un braccio proteso in avanti quasi a proteggermi e a tenerli lontani.
Perché non sei con loro, Meeme? Dove sei?
Ora ho più paura di prima e l’unica domanda che vorrei fare la tengo per me.
Yama mi chiede di riprendere il timone e Kei si inginocchia accanto a me e mi parla della Terra che ho ucciso e della casa che avrei dato loro, la sua mano sulla mia spalla e tutta la passione della giovinezza nei suoi gesti e nelle sue parole.
Volgo il capo di lato per sottrarmi al suo sguardo e per allontanarmi da lei.
Provo vergogna. Ho preso la sua innocenza e l’ho usata, come ho usato la fiducia di tutti loro. Senza il tradimento di Yama avrei distrutto quella casa che ho dato loro in un istante, cancellando l’universo intero e Yuki Kei con esso.
E cancellando anche te. Quest’ultimo pensiero adesso mi toglie il fiato. Perché solo ora mi rendo conto di come non fosse la disperazione a guidarmi ma solo la mia codardia?
Avverto un nuovo rumore che si fa strada, sempre più vicino, tra le voci in sottofondo, e il mio cuore sussulta. Ovunque riconoscerei i tuoi passi.
Resto immobile, come congelato in questo frammento d'eternità, ma dentro di me il mare in tempesta mi investe con una forza tale che quasi vacillo.
La tua figura attraversa veloce, quasi fosse una visione, la porta che anche io dovrò varcare, e si ferma dinanzi a me.
Quasi non respiro mentre mi volgo e sollevo lentamente il capo. Cerco i tuoi occhi e ti chiedo in silenzio ciò che non posso domandarti a parole. Non ora, non qui, e non con loro intorno a noi. Con lo stesso silenzio tu mi rispondi e i miei polmoni riprendono a funzionare, per la prima volta da quando mi hanno portato in questa prigione.
Ti sento sussurrare il mio nome … quante cose riesci a dire attraverso un semplice nome! Lo faccio anch’io quando pronuncio il tuo, Meeme?

Meeme

Sono qui, Harlock, e sto bene.
Te lo dico senza parlare, in piedi a pochi passi da te. Vorrei inginocchiarmi e abbracciarti come tante volte ho fatto nelle nostre stanze, ma il mio gesto ti metterebbe a disagio anche ora che lo vorresti più di ogni altra cosa al mondo.
Non è il desiderio di nascondere ciò che condividiamo a frenarti, lo so, non temere. E’ solo la volontà di proteggere ciò che ritieni infinitamente prezioso.
Mi guardi e vedo quasi la sorpresa di Kei. Perché guardi me e non lei? Perché il mio arrivo ti ha ridestato mentre le sue parole sono scivolate su di te come semplice acqua? Tu neppure te ne accorgi. Continui a fissare me e a chiamarmi attraverso il silenzio.
Yama si avvicina e ti mostra un piccolo contenitore a cui dapprima non presti alcuna attenzione. Ma le sue parole, e ciò che estrae da esso, ti fanno spalancare l'occhio per lo stupore e il tuo viso si accende: meraviglia, incredulità, speranza, paura … emozioni che travolgono anche me.
E’ un fiore, solo un piccolo fiore dai petali bianchi. Lo guardo e i colori e i profumi di Yura emergono dallo scrigno dei ricordi … abbiamo entrambi perso così tanto, Harlock.
Il racconto di Yama ferma quasi il respiro ad entrambi. La Terra non è morta e la sua rinascita ci osserva attraverso quell’esile forma di vita che sfiori con dita tremanti. Una lacrima solca il tuo volto, fuggendo oltre lo sfregio che lo deturpa, e penetra nel mio cuore come una scheggia di vetro.
Odo la tua voce, bassa e stanca … sì, è quella di cui parli l’eternità e la tua libertà ora giace nel palmo della tua mano. E’ questa, Harlock, la nostra libertà. E’ questa la nostra redenzione.
Di nuovo Kei e Yama ti incitano ad alzarti, ma tu chini il capo e abbassi la palpebra. Hai bisogno di un istante, un breve istante che essi pare non vogliano concederti.
Avverto il suono della mia voce ancor prima di rendermi conto di aver parlato.
“Uscite e lasciateci”, intimo loro, le parole prive della consueta quiete che di solito mi appartiene.
Entrambi si volgono verso di me. Kei sembra sorpresa ed in parte contrariata, Yama solo confuso, ma nessuno di loro osa ribattere e in silenzio lasciano la cella, accompagnati dal mio sguardo che non ammette ripensamenti.
Lentamente mi abbasso e ti stringo con tutta la forza di cui sono capace. Con un tremito ti lasci sfuggire un sospiro e avvolgi le braccia intorno al mio corpo attirandomi a te, il volto nascosto tra i miei capelli e le lacrime finalmente libere di dare voce al tuo dolore.
Io immergo le mani nella tua chioma ed aspetto.

Harlock

Non abbiamo tempo, lo so, e so che ogni secondo rubato per noi mette in pericolo anche coloro che si sono affidati a me, eppure questi istanti che non possiamo concederci mi sono necessari più dell’aria. Ho bisogno di sentirti vicina e ho bisogno di respirare di nuovo. Ho bisogno di abbandonare per un attimo i panni del capitano e di essere con te soltanto un uomo.
Ti abbraccio con forza, incapace di trattenermi, ma tu non ti sottrai e ricambi il mio gesto con lo stesso impeto e con altrettanta disperazione. Avverto le tue dita scorrere tra i capelli e quasi sorrido di fronte alle sensazioni che anche ora, inginocchiati su questo freddo metallo, esse suscitano in me.
“Ricordi le estati di Yura?”, ti domando in un sussurro.
Ti sento sospirare. Sì, le ricordi, e ora io ricordo di nuovo i profumi della mia Terra. Li ricordo di nuovo, oltre la polvere rossa che piove dal suo cielo color sangue e che mi ha reso ciò che sono.
“E’ per rivederle ancora che mi hai seguito?”
Avverto il calore portato dalla tua mano scivolare sulla pelle del mio viso.
“No”, confermi.
No, non l’hai fatto per Yura. L’hai fatto per me, come sempre. Soffoco un moto di rabbia per non averlo capito, perduto nel mio personale inferno e dimentico di tutto in questa notte senza fine. Restiamo in silenzio, forse per un tempo più lungo di quello che possiamo permetterci.
“Cosa farai, ora?”, mi chiedi, la tua voce che mi risana e che mi disseta.
Alzo il capo, gli occhi ancora umidi, e percorro con le dita il contorno del tuo volto.
“Accetterò la mia colpa”, ti rispondo.
Pronuncio queste poche parole a voce bassa, e mentre lo faccio avverto la mano che da oltre un secolo stringe il mio cuore nella sua gelida morsa allentare la presa. E avverto il tuo sollievo nello sguardo che mi regali.
Senza volerlo sorrido. E tu sorridi con me.
Per la prima volta incurante della possibilità che qualcuno ci possa scorgere, mi concedo ciò che mai mi sono concesso al di fuori delle nostre stanze e ti bacio con tutto l’amore di cui sono capace. Dapprima tu spalanchi gli occhi, incredula, ma il tuo smarrimento dura solo il tempo di un istante e ancor prima che io possa perdermi in te rispondi con lo stesso trasporto di sempre. Quando le nostre labbra si separano non ti sussurro parole d’amore o promesse che forse non potranno essere mantenute. Le prime le riservo per quel domani che ora vedo e le seconde non fanno parte di noi. Accosto la fronte alla tua, invece, e mi abbandono a questa nuova speranza che io chiamo libertà.
Non parlo mentre mi appoggio a te e mi alzo. Le tue braccia mi sorreggono e, per un lungo momento, tu resti immobile in attesa che le mie forze ritornino.
Kei compare sulla soglia e ci guarda … confusione e qualcos’altro su cui non mi soffermo stampati sul suo volto.
Non mi ha mai visto così? Non mi crede forse un uomo fatto di carne e di sangue come tutti loro?
Percepisco il tuo tocco leggero sul fianco e il dolore che si affievolisce. Non puoi fare di più, lo so, ma non avere timore. Basterà.
Con delicatezza mi liberi dagli anelli che ancora aderiscono al metallo della divisa e mi accompagni alla porta d'ingresso. Continui a sostenermi e procedi lentamente, per dare il tempo alle mie gambe intorpidite di riabituarsi a questa postura.
Ti rivolgo un ultimo sguardo, raccontandoti in un battito di ciglia ciò che a parole richiederebbe una vita intera, e varco la soglia insieme a te.
Ora so cosa devo fare, Meeme, e non ho più paura di continuare a vivere.

***

La luce dei propulsori diviene accecante, il loro nucleo affiora tra onde di calore e i grandi anelli sospesi alle volte della sala comandi si abbandonano ad una rotazione sempre più rapida.
Il capitano non ha ancora dato alcun ordine, ma la sua Arcadia sa già cosa lui si aspetta da lei.
Le batterie si orientano come guidate da una mano invisibile e sparano, aprendosi il varco tra fuoco e paura. Lentamente la sua struttura emerge dal metallo che la tiene nascosta … il teschio, l’ossatura centrale, le ali che non sono ali, la plancia, il castello di poppa ... I propulsori spingono e la nave avanza crudele, frantumando tutto ciò che la circonda e tutto ciò che la precede. La bandiera nera sventola nel vuoto, incurante delle leggi che la vorrebbero immobile, perché sono altre quelle che essa segue e non sono umane le menti che le hanno svelate. La velocità cresce, inesorabile, e la traiettoria si piega deviando dalla flotta nemica in attesa.
Con passo sicuro, come dimentico del baratro che lo stava per inghiottire di nuovo, Harlock avanza con la stessa forza della sua nave. Raggiunge la grande ruota del timone, si volge verso i suoi uomini, fermi in attesa e ancora fedeli, e con voce decisa rivela loro le sue nuove intenzioni. Battaglie da combattere, un mondo da proteggere e un inganno da svelare. E la speranza di un nuovo inizio per lui e per loro.
Il suo nero mantello si anima come mosso da un vento invisibile che solo lui può percepire. L’uomo rivolge un rapido sguardo alla figura vestita di luce che attende silente accanto al cuore della sua nave, e sul suo volto nasce quel sorriso nascosto che solo lei può vedere. Con decisione afferra il timone tra le mani e sente l’Arcadia vibrare al suo tocco. Tochiro lo saluta e lui stringe la ruota con forza ancora maggiore. Vuoto e buio lo circondano, ma ai suoi occhi quel buio non è mai parso così luminoso e quel vuoto mai così pieno di promesse. Due rapidi boati, fratelli di quella bandiera che sventola ribelle, attraversano il nulla e l’Arcadia svanisce.
“In-Skip?”, si domanda frastornato l’uomo che la sta guardando da lontano, “Dove stanno andando?”
La grande nave è stata inghiottita dal nulla, direbbe qualcuno, ma colei che governa il suo cuore di luce sa che in realtà è soltanto partita per un lungo viaggio e che il suo capitano è partito con lei. Un viaggio che non ha certezze, attraverso la notte di un’anima che aveva dimenticato cosa significasse sperare e che ora vuole farlo di nuovo.
  
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Capitan Harlock / Vai alla pagina dell'autore: Targaryen