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Autore: telesette    14/04/2014    2 recensioni
Nel frattempo, proprio come aveva detto Harlock, Tadashi si stava battendo come un vero leone.
Pure se ferito, e con le forze che venivano a mancargli sempre più, era deciso a non mollare per nessuna ragione al mondo.
Troppe vite a lui care erano in pericolo: Harlock, Maji, Meet, Yattaran, l'anziana ed irascibile signora Masu, il dottor Zero e soprattutto lei...
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dottor Zero, Harlock, Tadashi Daiwa, Un po' tutti, Yuki
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Avendo preso coscienza del suo arto destro mancante e chiaramente sconvolto, soprattutto a causa del riflesso cerebrale che continuava a trasmettergli impulsi in una zona fisica ormai inesistente, Tadashi fece non poca fatica a rendersi conto che era tutto terribilmente reale. La sua mano sinistra passò più volte lungo il moncherino della propria spalla, convincendolo della menomazione, e subito lo assalì una forte ondàta di panico e smarrimento.
L'attimo successivo però smise di fargli impressione, poiché prese atto di un altro brutto momento.
Privo del braccio, e dunque della capacità di impugnare sia i comandi di una scialuppa che di sparare con le armi di bordo, improvvisamente si rese conto di essere del tutto inutile sull'Arcadia.
Come poteva, in quelle condizioni, continuare a seguire Harlock e ad essergli d'aiuto?

- No - gemette. - Non può essere, no... Non è vero!

Purtroppo il dottor Zero non poteva fare o dire nulla per calmarlo, non in quel momento almeno, e dunque Tadashi si fiondò fuori dell'infermeria con la voglia di prendere a testate il muro.

- Sono uno stòrpio - si disse, correndo lungo i corridoi dell'astronave come un indemoniàto.

Passandovi sopra come una furia, Tadashi fece cadere la scacchiera di Maji, ignorando le imprecazioni di quest'ultimo. Lo stesso dicasi per la signora Masu la quale, dopo essere stata travolta e scaraventata a terra, prese a scagliargli addosso invano tutti i coltelli da cucina che teneva sempre con sé nel grembiule.
Solo più tardi, quando realizzò che non poteva scappare dalla sua triste realtà, si mise a sferrare una serie di pugni disperati con l'unico braccio che gli era rimasto. Malgrado la mano livida e scorticata, Tadashi seguitò a colpire le spesse lamiere dell'astronave, in preda ad un violentissimo bisogno di sfogarsi.
Probabilmente sarebbe andato avanti così per chissà quanto, se una mano caritatevole non lo avesse sfiorato per la spalla riscuotendolo così dal suo dolore.

- Yuki - esclamò il ragazzo sgomento, nell'incontrare il volto triste della bionda fanciulla.

Costei non disse nulla.
E del resto, qualunque cosa avesse potuto dirgli in quel momento, Tadashi non l'avrebbe di certo ascoltata.
Era troppo sconvolto, per accettare parole e consigli, troppo disperato per mettersi a guardare le cose sotto un'altra prospettìva.

- Ti prego, Yuki, va via - supplicò il ragazzo.
- Non fare così, Tadashi - mormorò lei appena. - E' un momento assai difficile per te, me ne rendo conto, ma non risolverai nulla con...
- Che cosa vuoi da me, insomma - scattò Tadashi rabbiosamente. - Ti faccio pena, vero? Se prima ero solo un ragazzino, adesso sono solo un ragazzino stòrpio... Sei venuta a dirmi che ti faccio pietà, non è così ?!?

Yuki non reagì.
Anche lei, in passato aveva sofferto ferite che non si sarebbero mai più rimarginate. Il suo cuore era mèmore del dolore e della tristezza di una vita distrutta e di un'anima lacerata, per quanto si sforzasse di celarlo dietro ai suoi occhi tristi e malinconici, dunque poteva capire fin troppo bene la rabbia e la frustrazione di Tadashi.
Sapeva che non era lui a rivolgerle quelle parole così aspre, bensì il suo ego giovanile che non accettava di essere visto dagli altri come un "povero invalido"...
Improvvisamente Tadashi si rese conto di quanto profondamente ingiusto fosse stato, nel dirle quelle cose, e si vergognava persino di chiederle scusa.

- Non guardarmi così - gemette lui, nascondendo il volto contro la parete. - Non voglio che tu mi guardi, specie ora che sono ridotto così...
- Come pensi che ti stia guardando? - fece lei àtona. - Non ho motivo per guardarti diversamente, pure se tu ora guardi diversamente te stesso!
- BASTA, SMETTILA, DANNAZIONE !!!

Di nuovo Tadashi prese a sbattere il pugno contro la parete, una, due, tre volte, serrando i denti nel tentativo di ricacciare tutte le cose orribili che altrimenti gli sarebbero senza dubbio sfuggite di bocca.

- Tu ci hai salvati, Tadashi - osservò allora Yuki. - Hai salvato tutti noi dell'Arcadia, al prezzo del tuo braccio... Nessuno qui rinnegherà mai il proprio debito di gratitudine nei tuoi confronti, perché è stato proprio il tuo coraggio a salvarci, non te lo dimenticare!
- Forse - esalò Tadashi. - Ma adesso, in queste condizioni, non posso più essere utile a nessuno... Non ho più motivo di rimanere a bordo, sono diventato solamente un peso!
- No, questo non è affatto vero, non puoi dirlo!
- Cristo, Yuki, possibile che tu non lo capisca - sbottò ancora Tadashi. - Non posso sparare, non posso pilotare, non posso fare niente di niente... In che modo posso ancora rendermi utile, se non riesco neanche tenere in mano una pistola? Avanti, spiegamelo!

Yuki tacque.
Purtroppo non aveva modo di convincerlo, e forse neppure Harlock.
Per quanto affetto e comprensione nutrisse verso di lui, non era quello il momento per metterlo a parte dei suoi sentimenti. Tadashi era sfiduciàto, al punto da non credere più in niente e in nessuno... Se anche Yuki gli avesse detto ciò che sentiva di provare nei suoi confronti, Tadashi avrebbe pensato che si trattasse solo di una bugia pietosa.
A questo punto, poteva solo chinare lo sguardo e soffrire in silenzio, senza che lui lo sapesse.

- No, io non pretendo di capire, Tadashi - esalò costei in un soffio. - Pensala come vuoi, quello che dovevo dire te l'ho già detto...

Subito Yuki si voltò e corse via, lasciando lì il giovane immobile come una statua.
Tadashi rimase a dir poco interdètto.
Non riusciva assolutamente a capire questo suo comportamento. Sapeva che Yuki era una ragazza forte, non il tipo da lasciarsi andare facilmente, dunque non capiva il motivo né della sua espressione né tantomeno del perché mai tutt'a un tratto le fosse venuto quasi da piangere per lui.
D'istinto avrebbe voluto seguirla ma, dopo averla trattata così sgarbatamente, non sembrava affatto una buona idea.

- Yuki - mormorò appena. - Perché ti sei messa a piangere? Non capisco...
- E' proprio questo il motivo, Tadashi - intervenne dunque Harlock, sbucandogli di soppiatto dietro le spalle. - Piange perché, ostinandoti a soffrire da solo, non riesci a capire la sofferenza di chi ti sta intorno!

Tadashi si voltò a guardarlo perplesso.

- Ma io, io non...

Harlock lo mise a tacere, con il suo sguardo duro e penetrante, allorché Tadashi dimenticò persino la rabbia e la frustrazione che aveva sentito sino a quel momento.

- Tutti noi stiamo soffrendo con te, Tadashi - affermò Harlock sincero. - Non per pietà, bensì per amore... lo stesso con cui tu hai sacrificato il braccio, per fare ciò che il tuo cuore sentiva giusto!
- Capitano, io...
- Credevo che avessi capito, ormai: sull'Arcadia siamo, prima di tutto, una grande famiglia... e la famiglia non ci abbandona mai, specie quando abbiamo ancor più bisogno di lei, così tu non hai motivo di sentire addosso né pietà né tantomeno commiserazione!
- Mi dispiace - fece Tadashi mortificato. - Io... Io non lo so cosa mi è preso... ma non volevo dire quelle cose a Yuki, lo giuro!

Harlock scosse il capo.

- Vedi, Tadashi, Yuki ti vuole molto bene: soffre perché vorrebbe aiutarti, fossanche rinunciando ad una delle sue braccia per darla a te; ma sa anche che ciò è impossibile, per questo sente il tuo dolore in un modo che a te sembra solo semplice compassione!

Ora Tadashi sembrava comprendere più chiaramente, tanto che la vergogna e il rimorso si fecero sentire più della perdita del braccio, allorché Harlock proseguì nel suo discorso.

- Tadashi - cominciò. - Più importante di ciò che hai perso, è il "perché"... Pensi di aver fatto la cosa giusta, salvando la vita dei tuoi compagni, oppure ritieni di aver sacrificato il tuo braccio inutilmente?

Tadashi rispose senza esitare.

- No, capitano, hai ragione - disse. - Anzi, rinuncerei volentieri anche all'altro, se le circostanze lo rendessero necessario!

Harlock vide chiaramente la sincerità negli occhi dell'altro, cosicché annuì soddisfatto.

- Proteggere coloro che amiamo può comportare dei rischi, spesso anche delle rinunce, ma se il dolore ci sembra più forte dei nostri sentimenti... vuol dire che si è uomini solo a metà, che una metà di noi è più portata ad amare sé stessi piuttosto che gli altri, e ciò non rientra nello spirito di un vero pirata!
- Harlock, dimmi la verità - gemette Tadashi. - Potrò ancora viaggiare con te, ora che non possiedo più il braccio?

Harlock rifletté un momento, prima di rispondere.

- Ricordi quello che ti dissi, il giorno che hai deciso di imbarcarti assieme a me?
- Sì, me lo ricordo!
- Dissi che eri libero di restare o di andartene, in qualsiasi momento, e che nessuno ti avrebbe "costretto" contro la tua volontà... Ebbene, qual'è il tuo desiderio, adesso?

Tadashi serrò le labbra, maledicendo la sorte e il destino avverso, tuttavìa la risposta gli uscì fuori direttamente dal cuore.

- Voglio restare - disse con voce rotta dall'emozione. - Voglio combattere al tuo fianco, assieme a tutti voi, è questo ciò che desidero!

Harlock sorrise.

- Sapevo che avresti risposto così, non mi ero sbagliato - esclamò orgoglioso. - Andiamo, vieni con me adesso, dobbiamo fare in modo di esaudire il tuo desiderio!

 

continua )

   
 
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