Chained Heart
[ShikaIno day 2008-“The
night is white”]
Un cuore incatenato…
…aspetta solo…
…la chiave del lucchetto.
Prima sotto e poi sotto, un
giro intorno e poi si ricomincia tutto da capo.
Un leggero vento scompiglia
le fronde rigogliose degli alberi e l’erba si piega leggermente mentre
assapora quella ventata di aria fresca proveniente da nord.
I petali dei fiori tenuti
in mano da una giovane dai lunghi capelli dorati si staccano e danzano con
grazia e leggiadria prima di posarsi delicatamente sulla superficie del
laghetto lungo la cui sfonda lei sta seduta.
Chiunque potrebbe intuire,
a prima vista, che si stia riposando facendo una piccola corona di fiori,
eppure non è così.
Il suo sguardo è
perso verso orizzonte di fronte a sé e, silenziosamente, intreccia quei
fiori quasi meccanicamente non percependo la brezza leggera che gli scompiglia
i capelli color del grano.
E’ sola il
quell’immenso prato rigoglioso di alberi appena fioriti e di fiori con i
loro colorati petali rivolti verso l’alto.
Lei non percepisce niente
di tutto ciò, lei non avverte niente e se ne sta in silenzio ad
intrecciare quella piccola corona quasi come se di li a poi secondi il suo
corpo avrebbe ceduto e la sua anima sarebbe volata via.
Non parla, non avverte il
freddo leggero del vento o il picchiettare insistente del sole sulla sua pelle,
eppure riesce a percepire ogni minuscolo rumore e ogni piccolo cambiamento
della fauna che la circonda, immagazzinandoli nel suo cuore e rinchiudendoli
con una catena di cui non tutti possedevano la chiave per scioglierla.
E pensare che aveva agito
per il bene del suo villaggio, accettando di finire la sua esistenza in quello
stato.
***
-“Ti prego figliola ripensaci!”- Gridò un
uomo dai lunghi capelli biondi.
La ragazza, in piedi in mezzo a un cerchio di strane e antiche
formule impresse nel suolo, si voltò lievemente quel poco che bastava
per incrociare gli occhi lucidi del genitore. Sapeva che quello che stava per
fare era una pazzia, ma era stufa di essere sempre messa in un angolo e,
soprattutto, era stufa di aspettare senza riuscire a fare niente di utile per i
suoi compagni.
Così abbozzò un lieve sorriso all’uomo che
la guardò interdetto mentre con le mani completava quella tecnica che le
avrebbe privata per sempre delle sue emozioni, facendola diventare una vera e
propria “scatola nera”, in grado solo di immagazzinare quello che
le accadeva intorno, ma incapace di provare la benché minima emozione,
incapace perfino di parlare.
-“Scusa, papà…”- Mormorò lievemente
la giovane mentre una luce abbagliante la circondò completamente.
Dal suolo apparve minacciosa una lunga catena argentea che
penetrò all’interno del corpo della ragazza facendole mancare il
fiato per diversi secondi.
L’avvertiva chiaramente mentre le stringeva il cuore e le
incatenava l’anima, si sentiva come sprofondare in un baratro senza fine
e poi, senza quasi che se ne accorgesse, perse i sensi.
Quando la luce cessò, il suo corpo aprì gli occhi
e si mosse in direzione dell’uscita di quella piccola stanza, senza
proferir parola, lasciando quell’uomo inginocchiarsi al suolo e portarsi
una mano sul viso per nascondere le lacrime di disperazione che avevano
iniziato a rigare il suo viso.
***
Era stata una sua scelta,
aveva rinunciato alle sue emozioni e alla sua capacità di parlare per
riuscire a diventare una macchina da spionaggio in grado di captare qualunque
informazioni con una memoria, visiva e non, fuori dal comune in grado di
ricordare ogni minimo particolare.
Nessuno nemico poteva cavarle
alcuna informazione dalla bocca, poiché lei reagiva solo al chakra di
determinate persone, alle quale donava un piccolo fiore di loto che le usciva
dal petto e dove al suo interno vi erano tutte le informazioni che aveva
appreso.
Ma in cambio era morta come
essere umano, ora era solo un involucro vuoto alla stregua di un registratore o
di una microspia.
Continuava senza sosta a
intrecciare quella corona quando vide l’acqua del laghetto muoversi di
fronte a lei.
La ragazza, impassibile,
vide qualcuno uscire fuori dall’acqua e afferrarla per il collo facendole
cadere la corona, ancora incompleta, al suolo.
L’aggressore ghignava
divertito, con la sua fila di denti acuminati e dei ciuffi di capelli
biancastri che gli ricadevano sul viso, mentre stringeva la mano intorno il
collo esile e bianco della giovane che però non accennava alla
benché minima reazione, né di dolore o di paura, facendo
innervosire il ninja.
-“Che ti prende? Sei
congelata dalla paura?”- Sibilò mentre la sua presa si faceva
più salda.
Lei si limitava a fissarlo
con quei grandi occhi blu, un tempo vivaci e brillanti ma ora cupi e spenti,
senza emettere nemmeno un gridolino di aiuto o un rantolo di dolore, sembrava quasi
non avvertisse l’aria che gli veniva a mancarle e le ossa del collo
incrinarsi pericolosamente.
Ma una figura avvolta in un
mantello nero arrivò alle spalle della giovane e con un cenno del capo
ordinò al compagno di lasciarla andare.
La ragazza si voltò
e incrociò due occhi rossi che la fissavano con odio e rancore, lei
continuava a fissarlo notando che vi era qualcosa di diverso in quei occhi che
aveva già visto in passato.
I capelli erano neri come
la pece e gli ricadevano ai lati del viso stancamente mentre una parte dietro
erano dritti e sparati verso l’alto.
Il ragazzo le prese il viso
con una mano, senza alcuna minima
delicatezza, e la obbligò a guardarla in quei occhi così strani e
inquietanti.
Lei non oppose resistenza,
d’altronde niente di quello che stava passando ora nella sua mente aveva
il benché minimo riscontro nel cuore della ragazza messo, per
sempre,sottochiave.
-“Lascia perdere
Sasuke, non serve a niente contro quella tecnica…”- Disse
improvvisamente una voce alle spalle del ragazzo, che si voltò
lentamente.
Un uomo da una strana
maschera arancione si avvicinò ai tre accompagnato da una ragazza dai
capelli rossi e gli occhiali sul naso che fissava la giovane dai capelli biondi
con fare infastidito e iracondo, e un uomo alto dai capelli arancione e
dall’espressione persa quasi quanto quella della loro vittima.
Sasuke lasciò andare
il viso della ragazza e si avvicinò all’uomo per domandargli
spiegazioni a riguardo, era la prima volta che il mangekyou sharingan non
funzionava e ciò non poteva che metterlo in uno stato di strana inquietudine.
-“Kokoro no kusari…”- Disse
semplicemente l’uomo facendo infastidire ancora di più il giovane
che non riusciva a comprendere il significato di quelle parole.
-“La sua anima
è incatenata e il suo corpo funge da registratore per ogni tipo di
conversazione possibile, è inutile che cerchi da farla parlare lei non
è in grado, non più…”- Riprese l’uomo volgendo
il suo sguardo sulla figura della ragazza che per tutto il tempo era rimasta
immobile seduta sull’erba.
-“Inoltre le
informazioni che sono presenti nel suo corpo le condivide solo con persone di
cui ne riconosce un determinato chakra, non c’è modo di farci dire
i turni di guardia e le strategie del villaggio…”-
-“Quindi
l’attacco a sorpresa è andato a puttane!”- sbottò
improvvisamente il ninja dai capelli bianchi mentre usciva dall’acqua,
sorpassando la giovane ninja senza anima.
-“Tecnicamente si,
inoltre lei ora sa che cosa abbiamo in mente e potrebbe andarlo a
riferire…”- Proseguì l’uomo, ma venne improvvisamente
interrotto da una strana e potente anomalia di chakra provenire dal giovane
ninja dai capelli neri.
-“Non credo sia un
problema…”- Disse l’Uchiha mentre estraeva la sua spada e si
avvicinava con passo deciso alla ragazza.
Lei fissò la figura del
giovane avvicinarsi minacciosa non sentendo il desiderio di muoversi, lo vide
fermarsi vicino a lei e alzare verso l’alto la katana che stringeva fra
le mani.
Lei non disse nulla ma,
quasi inconsapevolmente, chiuse gli occhi.
***
Un giovane dai capelli neri
raccolti in una coda alta era rimasto immobile sulla porta di casa con gli
occhi aperti e senza riuscire a proferir parola.
Davanti a lui vi era un
giovane dai capelli biondi che lo fissava con sguardo rammaricato e triste,
incapace di dire una sola parole per alleviare il dolore che stava provando.
Shikamaru, così si
chiamava il ninja dai capelli neri, non riusciva ancora a credere a ciò
che aveva detto il suo amico, era come se le parole gli fossero scivolate via
dalle orecchie, o che peggio fossero suonate come vuote e prive di significato.
Abbassò lo sguardo
al suolo per poi incontrare quello di Naruto, il ragazzo dai capelli biondi,
con gli occhi azzurri [come quelli di
lei] arrossati lievemente.
Allora le parole appena
detto ebbero un senso per lui, colpendolo al cuore facendolo inginocchiare alla
porta con le lacrime e le urla di disperazione che riecheggiavano per il
piccolo vialetto.
Naruto, non sapendo cosa
fare, si limitò ad appoggiare una mano sulle spalle di lui, scosse
ripetutamente dai singhiozzi.
***
-“INO!”- Urlò un giovane dai capelli biondi
come la fanciulla che giaceva al suolo in una pozza di sangue.
Aveva un lungo e profondo squarcio all’addome e qualche
piccolo graffio sul viso, stringeva inconsapevolmente una corona di fiori
disfatta e macchiata dal sangue scarlatto di lei che colava copiosamente dalla
ferita.
Il giovane le si avvicinò velocemente e la
sollevò da terra circondandole le spalle con le braccia e scuotendola
nel tentativo di farla riprendere.
Sulla spalla del ragazzo vi era appoggiato un piccolo rospo che
indossava un leggero mantello nero e guardava il volto oramai cadaverico della
ragazza.
Alzò gli occhi al cielo e vide le nuvole grigie coprire
il sole che prima splendeva senza sosta su quella landa, avvertì le
gocce di pioggia bagnare il suo volto rugoso e inaspettatamente la sua mente lo
riportò alla perdita del suo allievo qualche settimana prima.
Ora era lì, con il suo nuovo allievo di ritorno
dall’allenamento alla montagna Myobokuzan, che stringeva tra le sue
braccia quell’esile corpo quasi senza vita.
Naruto continuava a
chiamarla senza sosta ma senza ottenere alcun risultato, sennonché a un
certo punto una forte luce brillò da sotto il piccolo top viola, oramai
ridotto a brandelli, della ragazza e ne fuoriuscì un piccolo fiore di
loto luminoso, anche più delle stelle stesse, che si posò
delicatamente tra le mani del ragazzo che lo guardò sorpreso.
Poi il suo sguardo si posò nuovamente su quello di lei,
che sembrò avere ancora in corpo un po’ di linfa vitale, e gli
sorrise, lasciandolo senza fiato e con sguardo meravigliato mentre le lacrime
iniziarono a mischiarsi con la pioggia.
***
Le pareti
dell’ospedale sembravano come comprimere l’anima e il cuore in una
morsa letale e soffocante di quel giovane chuunin che si
avvicinò al letto dove giaceva, con i capelli sciolti che le ricadevano
dolcemente sulle spalle, colei che era stesa sul quel lettino d’ospedale.
Quando le fu vicino le
strinse la mano, fredda e senza vita, della sua giovane compagna di squadra e
cominciò a domandarsi dove fosse stato per tutto quel tempo.
Dov’era quando lei
aveva paura?
Dov’era quando lei
stava chiedendo aiuto?
Dov’era per la
ragazza che amava?
Non era in nessun luogo
dove vi era lei, era ovunque ma non con lei.
Sembrava come in quei
vecchi film che guardavano i suoi genitori dove il protagonista si rendeva
conto di amare una donna quando la perdeva per sempre, solo che quella era la
realtà e non poteva essere riavvolta come il nastro di una videocassetta.
Accanto i fiori che
giacevano sul comò vicino al letto c’era un blocchetto di carta e
una penna,lasciati li da qualche infermiera.
Lui prese un foglio e
scrisse una piccola frase che mise tra i fiori colorati e gioiosi [ come il suo sorriso] prima di uscire
da quella porta con il cuore che non smetteva di fargli male.
“Finalmente puoi librarti in cielo.”
***
La brezza estiva
scompigliava i capelli color della notte a quel ragazzo ritto sulle sponde di un
piccolo laghetto avvolto nel verde della natura.
Era insolito vederlo con i
capelli sciolti e un’espressione felice stampata sul volto, ma
d’altronde non poteva farci niente poiché oggi era un giorno
speciale.
-“SHIKAMARU!”-
Si sentì chiamare il giovane che si voltò lentamente.
Sorrise quando
incrociò il volto solare e vivace della sua compagna di squadra dai
capelli biondi che, con il fiatone gli si avvicinava correndo.
-“Potevi anche
venirmi a prendere in ospedale e non darmi appuntamento qui!”- Disse lei
con il tono di voce leggermente alternato e seccato.
Lui sorrise sotto i baffi,
non potendo fare a meno di gioire internamente alla vista della solita Ino
così esagitata e alla volte un po’ irritante.
Si mise le mani in tasca,
per la prima volta nell’arco di quella giornata, e si voltò dando
le spalle alla ragazza che lo guardò incuriosita.
-“Non credere che ti
abbia perdonato per quello che è successo, ho creduto di averti perso
per sempre…anche tu…”- Rispose il giovane con un misto di
voce tra il finto offeso e il triste.
Lei piegò
leggermente le labbra in un piccolo musino e prese sottobraccio il giovane con
delicatezza, quasi senza volerlo disturbare, e gli sussurrò con voce da
cuccioletta indifesa:
-“Mi perdoni?”-
Lui la guardò un
po’ imbarazzato, ma subito sorrise e le indicò con un dito le
labbra con fare sornione.
Lei scoppiò in una
risata e non se lo fece ripetere due volte, cinse le braccia intorno le spalle
di lui e lo baciò, con tutto l’amore che aveva in corpo, e lui
ricambiò, assaporando quel bacio che sapeva di miracolo.
L’amore è…
…la chiave…
…che apre qualsiasi porta.
END.
Angolino dell’autrice:
BUON SHIKAINO DAY A TUTTE VOI, MOSCHE BIANCHE!!!
Non so come sia venuta questa shot,
effettivamente avevo cominciato con un’altra ShikaIno ma stava diventando
chilometrica e temevo di non fare in tempo così ho scritto questa
che è più corta!
E’ una “Secondo me…” che
contiene un sacco si spoiler dal capitolo
Che dire,lo spirito delle mosche bianche è
eterno e faccia un saluto a tutte le mie sorelle e ricordate: qualunque cosa
accada la speranza è l’ultima a morire basta non arrendersi e
continuare a lottare per ciò in cui si crede veramente!
Long life to
ShikaIno ‘cause it’s life!
Inochan