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Autore: Friends Forever    17/04/2014    3 recensioni
Cosa sarebbe successo se i fratelli Pevensie capitassero a Panem, precisamente nel Distretto 12? E se uno dei quattro fratelli fu stato chiamato per andare agli Hunger Games?
DAL CAPITOLO 1:
"E se capitasse a noi stavolta? A uno di noi?" Lucy teneva la mano della sorella e del fratello Edmund con forza.
"Il nostro nome c'è poche volte Lu, nessuno di noi verrà chiamato" disse Susan, molto preoccupata.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edmund Pevensie, Lucy Pevensie, Peter Pevensie, Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Goodbye-
 


“Non… non è possibile.” Disse Lucy in un bisbiglio, sporgendosi tra la folla. Susan la prese subito per il braccio e la tirò indietro, sussurrandogli all’orecchio “Ormai è fatta”.
Edmund camminò traballante verso il palco, dove Effie Trinket allungava la mano invitandolo a salire quei tre miseri scalini.
Primo scalino, la realtà si fa più vera.
Secondo scalino, andò agli Hunger Games.
Terzo scalino, non ho speranze.
“Caro, caro, carissimo Edmund! Come stai? Tutto bene?” gli chiese Effie, dandogli un buffetto sulla guancia.
Giuro che adesso ti arriva un pugno dritto in faccia, asina giuliva. Secondo te io sto bene in questo momento? Solo perché tu sei una di Capitol City, certo., pensò Edmund, stringendo i pugni dentro le tasche dei pantaloni. Comunque annuì, facendo capire che stava benissimo.
In realtà piccole lacrime gli scivolarono sul viso. Peter era trattenuto a stento da Caspian ed Eustace. Invece le due sorelle e Jill piangevano già a dirotto, pensando alla brutta sorte che, probabilmente, sarebbe toccata al povero Edmund.
“Adesso tutti e due subito dentro al Palazzo di Giustizia! Dopo la vostra famiglia o i vostri amici potranno venire a salutarvi!” Effie spinse i due tributi dentro il grande Palazzo, ognuno in una stanza separata.
Edmund, appena dentro nella sua, prese a dare calci al piccolo mobiletto di legno, che conteneva foto di tributi vincitori maschi. Non so fare niente, niente di niente. Perderò, lo so. Contro quei maledetti Favoriti non vincerò mai. Quella voce petulante e fastidiosa si ripeteva continuamente nel suo cervello, e scene orribili di ragazzi decapitati o feriti gli trapassavano gli occhi. Non sapeva proprio cosa pensare, se non… aspettare.
Aspettare che i suoi fratelli si decidessero ad aprire quella maledetta porta per dirgli addio;
aspettare di entrare in Arena;
aspettare di vivere due ore per poi essere catturato in una semplice trappola;
aspettare che qualche Favorito venga ad ucciderlo con qualsiasi arma.
Così sarebbe stata la sua fine. Non avrebbe più rivisto la faccia di Peter. Il suo fratello maggiore, che gli aveva sempre insegnato di tutto. Le loro litigate erano sempre servite a qualcosa. Quei suoi capelli biondi, quegli occhi azzurri che ricordavano il mondo infinito.
E Susan. La sua sorella Susan. Cos’avrebbe fatto senza di lei? Non avrebbe più sentito la sua dolce voce, il suo carattere preciso e generoso. I suoi capelli castani lunghi, dove ci affondava sempre il viso per piangere. Le sue mani calde, che quando te le stringeva ti sentivi veramente protetto.
E quella piccola, coraggiosa e gioiosa Lucy. La sua unica sorella minore. Avrebbe voluto essere lui il grande. Invece gli era capitata una via di mezzo, per via delle età. Ma sentire la risata di quella bambina, anche solo vedere il suo sorriso… Edmund era felice.
E poi c’era Caspian. Era come un fratello per lui. Ricordava il loro primo incontro. Subito non si fidava molto di Caspian, subito quasi lo ignorava. Non voleva nemmeno che stesse con Susan. Ma poi si rese conto che senza di lui non sarebbero stati niente.
Per parlare di Eustace, poi. Il suo rompi scatole, antipatico, noioso, pauroso e scontroso cugino. Non avrebbe più sentito la sua voce lamentarsi, i suoi occhi lampeggiare di invidia, ma anche i loro abbracci pieni d’affetto che si scambiavano dopo una litigata. Non si sarebbero mai più presi in giro.
Jill. Jill Pole. La carissima amica di suo cugino, che poi diventò pure lei una persona molto importante. I suoi discorsi spesso insensati, la sua curiosità che non finiva mai… gli sarebbe mancata pure lei, che all’inizio non aveva molta confidenza.
All’improvviso si rese conto che senza di loro la sua vita non sarebbe mai stata una vita felice. Erano la sua famiglia e lui non voleva perderla, come ovviamente loro non volevano perdere Edmund. Come avrebbe potuto dirgli che sarebbe morto dopo un paio d’ore? O magari anche all’inizio dei Giochi, proprio nel bagno di sangue?
In quel momento, pieno di interrogativi e calci al mobiletto di legno, la porta si spalancò. Il ragazzo seppe subito chi erano, ma non riuscì a vedere i loro volti, perché venne travolto da una miriade di abbracci tutti attaccati, che lo fece perfino rotolare sul pavimento.
“Oh, calma, calma” gli venne da dire, mentre una sagoma sfocata lo stringeva. “Calma un corno, cugino”  rispose quello.
Ah, ecco chi era. Eustace.
“Fratellino, non puoi andare, ma perché proprio tu?” chiese Lucy, abbracciandolo di nuovo.
“Io non lo so” disse Edmund.
“Abbiamo poco tempo per dirti le cose essenziali, Ed” prese parola Peter. “Ne ho parlato con Caspian due secondi fa”
Edmund vide che tutti avevano gli occhi rossi e gonfi, pieni di lacrime. Come lui, del resto.
“Allora quali…” deglutì “…quali sono le cose essenziali?”
“Sai pescare” cominciò il fratello maggiore. “E qualche volta ti ho anche insegnato a catturare gli animali e… anche colpirli con l’arco e le frecce. E poi tutti quei combattimenti con le spade… eri un portento. Edmund, devi nasconderti dai Favoriti, allenati bene quando andate al Centro d’Addestramento prima che inizino i Giochi. Tu puoi farcela, sei forte.”
“Peter, lo dici solo per tranquillizzarmi.” Disse Edmund.
“Non è vero, Peter ha ragione.” S’intromise Susan.
“E se lo dice Susan…” bisbiglio Caspian “Vuol dire che è giusto”
“Dai Edmund, non preoccuparti. Vedrai che andrà tutto bene. Tu credi che i vincitori degli altri Hunger Games non abbiano avuto paura?” domandò Jill.
“Basta, lo sanno tutti che io non ho possibilità.”
“Non è vero!” urlò Eustace.
“Tempo scaduto, fuori” il Pacificatore entrò, cercando di spingere fuori tutti tranne Edmund. Ma non ascoltarono, perché si catapultarono di nuovo ad abbracciarlo.
Tra gli abbracci Edmund si sentì dire più volte “vincerai”, oppure “te la caverai”, ma lui pensava ancora il contrario.
“Addio!” urlò, quando la porta si chiuse, lasciandolo solo in quella piccola stanza. Avrebbe voluto urlare e sfogare tutta la sua rabbia, ma dalla bocca non gli uscì neanche un verso.
Tutto quello che riusciva a fare in quel momento era piangere.



 

Ciao a tutti! Ecco qui il secondo capitolo! Che ne pensate? Soddisfa le vostre aspettative?
In questo capitolo ho lasciato che Edmund sfogasse la propria rabbia su tutto pensando alla sua famiglia, a quello che sarebbe successo una volta in Arena. Insomma, vi è piaciuto? Ho chiamato questo capitolo proprio "Goodbye", perché Edmund pensa proprio di lasciare i suoi fratelli e i suoi amici... ma succederà? Edmund tornerà, come dicono Peter, Susan, Lucy, Caspian, Eustace e Jill? Avranno ragione? Io spero di sì, ma non anticipo nulla! E adesso... via ai commenti!!!!!!!

P.s. Naturalmente ringrazio da morire chi recensisce, vi voglio beneee!!!!!!!
Friends Forever

  
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