Nella vita non esistono che gli
inizi.
Madame de
Staël
Inizi
“Barbarossa era
il nome di un imperatore”, dichiara Mycroft in tono di vago rimprovero, senza staccare
gli occhi dal paragrafo che sta leggendo.
Sua madre lo
redarguisce con un’occhiata carica di avvertimento.
Sherlock non
gli bada, continua a lisciare il pelo fulvo del cane. “Barbarossa è un pirata.”
Cocker
Spaniel Inglese. Una razza di cane da caccia e da
riporto, selezionata originariamente per la caccia della beccaccia. Ottimo
nuotatore, adatto al lavoro in palude.
Un cane dai
natali di tutto rispetto, di bell’aspetto, elegante e signorile. E suo
fratello, il suo stupido fratello minore, vuole farne…
“Un cane
pirata”, dice Mycroft. Un’espressione di incredulità gli si fa largo negli
occhi, lo porta a guardare i genitori in cerca di un sostegno che non arriva.
L’inventiva
di un bambino rimane capacità creativa in qualunque modo la si guardi, ha
cercato di spiegargli suo padre innumerevoli volte, senza profitto. Non è scarsa
intelligenza, ma precursore di una genialità che sta trovando strada, sta
scegliendo come manifestarsi, secondo i suoi tempi.
(“Sherlock
ha tutto il tempo per imparare, Myc. Tutto il tempo del mondo.”)
“Esistono i
cani poliziotto”, interviene suo padre mitemente. “Barbarossa sarà il primo
cane pirata nella storia della filibusteria.”
“L’unico”,
lo corregge Sherlock.
Mycroft li
osserva con rassegnazione. Torna al suo libro.
Sherlock ha sei
anni. Si pavoneggia di fronte allo specchio che è in camera dei suoi genitori.
Torce gli occhi, uno solo è visibile e l’altro torna a non esserlo dopo che raddrizza
la benda nera da pirata che si era spostata.
Fa progetti
di fortini da costruire sulla quercia che cresce nel cortile del cottage;
nasconde vecchi tesori sotto i cespugli di biancospino e gli arbusti di gelso.
È un pirata
e sa che pirata è un sostantivo che deriva dal latino, che a sua
volta ha
origini più antiche. Viene dal verbo greco
‘πειράομαι’ e
significa ‘fare un
tentativo, provare un assalto’.
Sherlock ha
deciso di assaltare il mondo, di partire all’arrembaggio.
Il tentativo
muore il giorno in cui il suo capitano in seconda, luogotenente e ammiraglio e unico
altro componente della ciurma (“Per il momento”, spiega con impazienza a sua
madre. “Presto avrò una vera ciurma. Servirà un medico di bordo e un navigatore
e un cecchino e-”
“Un cuoco”,
dice sua madre, brandendo il ramaiolo con cui sta per girare la zuppa che sobbolle
sul fuoco. “Non dimenticare un cuoco. Non vorrai rimanere a stomaco vuoto in
alto mare, durante un periodo di bonaccia. Non si arriva da nessuna parte a
stomaco vuoto.”) viene investito da una macchina.
“Adesso
capisci, vero, Sherlock?”
C’è stato un
servizio funebre. Suo padre lo ha celebrato e sua madre ha preparato un piccolo
rinfresco di tartine al salmone e provveduto a comprare una corona di fiori.
È suo padre
che gli racconta di come sia stato Mycroft a ideare e organizzare tutto. (“Tuo
fratello ti vuole bene, Sherlock. Veglia su di te anche quando ti sembra che
non lo faccia. Volere bene a qualcuno è un lavoro a tempo pieno. Non ci sono
ferie o pause.”)
“Tenere a qualcuno
è uno svantaggio.”
Sherlock si
strofina gli occhi. Evita il suo sguardo. C’è qualcosa di dignitoso e fiero nel
dolore di questo bambino alto dai ricci scuri che cerca di non piangere la
morte del suo migliore amico.
Ed era un
cane. Pensa a come sarebbe stato se –
Mycroft lo
lascia dedurre il seguito.
La prima
deduzione è anche la più dolorosa. Via via
farà meno male? Mycroft non può assicurarglielo. Può sembrare crudele, ma
da lui Sherlock non otterrà mai niente che non sia la realtà. E farà male, è
vero, ma sempre meno di quanto ne abbia fatto la bolla di sapone di questa
prima e unica illusione scoppiando. L’unica concessione della fantasia.
*
Sherlock ha
tredici anni. È indisciplinato, un contestatore. Ed è in castigo. La parola gli
fa storcere la bocca per il disgusto.
Il castigo
della punizione, già di per sé degradante, non è sufficiente. Ora c’è anche la mortificazione
di una ramanzina, ennesima della lunga trafila che l’ha preceduta e avanguardia
delle moltissime altre che, Sherlock ne ha la scoraggiante sicurezza,
seguiranno in futuro.
È una delle
poche non-incognite della sua vita: sapere che sempre, sempre, sarà ripreso perché non prova o sente o vede nel modo
giusto, banale, appropriato.
Sherlock
osserva, percepisce. Il resto non gli interessa. Dovrebbe fingere?
(“Non è
amalgamarsi, caro fratello, né appiattirsi. Mimetizzarsi è un’antica forma di
difesa. Nel nostro caso è di tipo emsleyano.”)
Suo padre è un
uomo tranquillo con l’aria da pensionato, occhi marroni benevoli che lo guardano con affetto palpabile dietro
un paio di pince-nez.
“Le persone
non si creano dal nulla. Neppure i sentimenti e i legami, sai. Puoi simularli,
certo”, sottolinea, con quell’inflessione da ‘e tu ne sai qualcosa a riguardo, signorino’.
“Nulla si
crea.”
“Come dici?”
“Nulla si
crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, espone Sherlock in tono
chiarificatore.
Suo padre si
sfrega il mento, paziente. “Immagino che possa venire applicato anche nelle
diverse sfere della vita quotidiana”, acconsente con bonaria indulgenza. “Ma ricorda
questa mia, Sherlock: proprio come in ogni reazione chimica non puoi creare dal
nulla gli elementi, così non puoi creare le persone, solo avere la fortuna di incontrare
quelle giuste.”
“Non mi
interessa incontrare le persone.” Perché dovrei?
Suo padre
gli dà una pacca sulla spalla, gli strizza l’occhio. “Quando incontrerai la
persona giusta, Sherly, quando succederà, cambierai opinione.”
*
Sherlock non
aveva intenzione di capirlo. Per molti anni si è sforzato di non farlo. Al
contrario, ha evitato accuratamente di avvicinarsi alla scoperta che avrebbe
sbloccato il mistero di quella massima.
Le persone
non sono un mistero, non lo sono mai state per lui. Le persone diventano le
loro storie, ha sempre pensato, e leggere le parole scritte sulla loro pelle,
nei loro sguardi è automatico, istintivo.
John non è
stato l’inizio, ma è stato un inizio. È stato una scelta.
Con l’avvento
di John Watson si è verificato un sottile, ma percepibile mutamento di registro
nel suo rapportarsi alle persone. No, non alle persone in generale quanto piuttosto
alle sue conoscenze.
Conoscenze come
Mrs. Hudson, l’Ispettore Lestrade e sì, anche lei, Molly Hooper.
Sherlock non
ha creato nessuno di loro, ma ha avuto la fortuna di incontrarli e quando è
successo, la sua opinione non è cambiata: si è scissa.
Ora, attende il
giorno in cui una delle due controparti prevarrà.
N/a:
Il dialogo
tra Sherlock e la madre… fa molto One Piece, vero?
Leggermente
stremata dal corso delle giornate, mi sono goduta il primo giorno di riposo di
quelli che saranno molte altri. Una settimana, per la precisione :)
Spero di
riuscire a completare degli scritti che ho in sospeso durante questo lasso di
tempo. Se non dovessi riuscirci, ne approfitto qui per augurarvi una serena
Pasqua. Un abbraccio forte a tutti!