Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
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Autore: musa07    21/04/2014    5 recensioni
" Fu il chiarore del lampo che rischiarò la stanza a riportarlo prepotentemente nello stato di veglia, strappandolo al sonno.
Si scostò appena, risvegliandosi di soprassalto, sradicato da un lembo di sogno.
La prima cosa che percepì fu una fitta allucinante alla testa, la seconda che la bocca dello stomaco stava protestando malignamente sempre per lo stesso identico motivo, la terza …
La terza che qualcuno stava dormendo di fianco a lui. E allora tutto tornò prepotentemente alla memoria.
- Che cosa abbiamo fatto! – si maledì portandosi le mani al volto, ora completamente desto e abbandonando nuovamente la testa sul cuscino. – Che cosa ho fatto! – ripeté angosciato."
Storia che parla di un Triangolo, neanche tanto insolito. E di come ogni nostra scelta porti a delle conseguenze, a volte con effetti devastanti.
Ciaossu^^ E ben ritrovati. Ohh, da quanto tempo. Qualche mese, no? Maronn! Dopo aver infestato questo fandom con i miei ripetuti emboli, ero mezza andata in letargo, ma ora: eccomi qui!
Che dire? È qualcosa di leggermente diverso rispetto al mio solito. Provare per credere.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Yhuppi, ce l’ho fatta! Son riuscita a recuperare il link della immy della quale vi parlavo l’altra volta. E ditemi se non è poco meravigliosa.  Io l’adoro! E la dedico ai miei angeli del focolare che, come sempre, con le loro belle parole mi rendono happy, spronandomi ad impegnarmi per dare sempre il meglio. (Che poi io produca obbrobri indecenti, questa è tutta un’altra storia ahahah^O^)
Un caloroso grazie quindi, dal profondo del mio cuoricino, a Terry, Kyoite, SweetHell e Lux_Daisy, e grazie a Liberty che l’ha inserita tra le seguite. Grazie Ragazze. E grazie anche a tutti voi che avete letto.

 
E grazie Terry! Ti ho fatto fare gli straordinari anche il giorno di Pasqua, gomen.
 
 
 
“Dimentica tutto, eccetto ciò che devi fare ora, e fallo”
 
 
 
CAPITOLO 2

 

Tsuna era da poco rientrato a casa.
Aveva appena finito di fare la doccia. Con ancora i capelli gocciolanti si portò verso la cucina, a recuperare un bicchiere di acqua fresca. Stava pensando al giorno prima, a quando Yamamoto era ritornato a casa, quando il campanello suonò.
Istintivamente guardò l’orologio alla parete, inarcando un sopraciglio. Non attendeva nessuno. Ma mai, in quel pomeriggio, si sarebbe aspettato lui. O meglio, l’avrebbe sperato, ma mai aspettato.
- Hayato? – esclamò sorpreso, rabbrividendo con la sola maglietta a maniche corte addosso quando aprì la porta.
Il Guardiano sollevò lo sguardo verso di lui. Si trovava tre gradini in giù rispetto alla soglia, appoggiato allo stipite. Dentro di sé evitava di chiedersi perché, o cosa, l’avesse trascinato fino a lì.
- Mi fai entrare? – chiese semplicemente, abbozzando un sorriso.
Tre parole semplici. Una richiesta non inusuale, ma - da come aveva sollevato lo sguardo verso Tsuna, da come questi avesse sgranato gli occhi, andando oltre a quelle parole, arrivando al loro significato più recondito -  che valse più di mille preghiere.
E, d’altra parte, la soglia era stata già varcata una volta.
Tsuna aveva perfettamente visto, in quei due giorni, come il rapporto tra i due Guardiani – da parte di Gokudera almeno - corresse sul filo del rasoio, su una lama sottile di ghiaccio pronta ad incrinarsi e spezzarsi in mille pezzi, in una situazione greve di stasi. Di attesa.
Avendo un’infinità d’immagini che gli passarono a velocità fulminea davanti agli occhi, in particolar modo una foto di loro tre – di lui, di Hayato, di Takeshi il giorno del diploma del Liceo – che ancora conservava in bella mostra attaccata al frigo, Tsuna lottò l’ennesima battaglia dentro di sé, prima di spostarsi di lato per farlo entrare.
 
Dopo nemmeno due giorni, si ritrovarono nuovamente sul suo letto e stavolta, invece dell’alba, a testimoniare il loro fondersi insieme, c’era il crepuscolo.
Sapeva che Hayato stava cercando conforto in lui. Era una cosa strana, a tratti forse morbosa e, forse, addirittura non sana. Avrebbe dovuto dire no, per il bene di tutti e due. Per il bene di tutti e tre  … Ma proprio non gli riuscì. In quegli istanti, senza pensare a nient’altro, solo a loro due uniti in quella maniera viscerale, sentiva la Felicità scorrergli tra le dita. Per poi sfuggirgli effimera l’attimo immediatamente successivo.
“Com’è facile restar invischiati nelle situazioni che noi stessi creiamo. Pensiamo che così come le abbiamo create, possiamo distruggerle, perché ne abbiamo il pieno controllo. Ma non ne abbiamo la forza … Soprattutto se ci regalano quel briciolo di felicità, di serenità che ci permette di dire “sì” all’Inferno che ne conseguirà l’attimo immediatamente conseguente.” Pensò il giovane Boss, sentendo come i gemiti ansimanti di Hayato gli stessero stregando i sensi più dolcemente del miele. E ancora una volta, si aggrappò a lui. Sentendosi dannato, ma maledettamente felice.
Mollò la stretta sui fianchi dell’altro solo quando sentì che i cuori di entrambi avevano frenato il loro martellare incessante, e davanti ai suoi occhi ritornarono le lunghe ombre della sera all’intero della stanza. Questa volta era stato differente rispetto alla volta precedente. Stavolta Tsuna aveva percepito chiaramente il tormento di Hayato, da come si era ancorato a lui. Ne aveva sentito la sofferenza, da come il Guardiano aveva cercato in lui un appiglio. Ed ora, era lui che cercava qualcosa a cui aggrapparsi, per risalire la china; e questo qualcosa gli fu offerto da Gokudera. Dai suoi occhi. Mentre cercava di calmare anche il respiro, sentì il bisogno impellente di guardarlo negli occhi. Delicatamente, gli strofinò la punta del naso sulla guancia, obbligandolo a sollevare il volto verso di lui. Sorrise teneramente alla vista dei suoi capelli dolcemente arruffati.
Lesse dentro quegli occhi. Non voleva vederci alcuna sofferenza, non l’avrebbe retta. Allargò ancora di più il sorriso, a comunicargli che andava tutto bene, che con lui era al sicuro. Che lui sarebbe sempre stato il suo porto in caso di bisogno. Se era questo quello che poteva offrigli, non gliel’avrebbe negato di certo. Per la seconda volta se la stava raccontando, mentendo a se stesso.
“Non lo stai facendo solo per questo …” gli ricordò inflessibile la sua coscienza. Coscienza che fece immediatamente tacere.
Sollevò di poco la testa dal cuscino, fino ad incontrare le labbra di Hayato – che non si negarono – per depositargli un bacio appena sfiorato. E un altro ancora. E ancora …
Fu una cosa dolcissima. Così come fu dolcissimo come il Guardiano appoggiò la testa sulla sua spalla, lasciandosi accarezzare la schiena rabbrividendo sotto i tocchi delicati delle sue dita.
Stava quasi per abbandonarsi alla dolce tentazione delle braccia di Morfeo, quando l’improvviso sollevarsi di Hayato lo risvegliò prepotentemente da quell’ammaliante torpore.
Schiuse gli occhi sorpreso, vedendo come l’altro si abbassò su di lui per baciarlo nuovamente. Si lasciò stregare, rapire da quelle labbra, legandosene e prendendo il comando. In breve le posizioni s’invertirono e si ritrovò sopra Gokudera, a cavalcioni su di lui, sempre legati in quel bacio particolarissimo. Percepiva, intuiva, che c’era qualcosa di diverso, non capendo tuttavia se fosse qualcosa di imputabile solo a se stesso. Ma quando, lentamente, lo fece scivolare nuovamente dentro di sé, iniziando a cavalcarlo, e Hayato gli prese il volto tra le mani, comprese. Qualcosa era cambiato, ma non solo in lui. Solo non sapeva dire cosa, e lo temeva. Si sentì estremamente vulnerabile e attaccabile in quel momento, come mai prima di allora si era sentito, ma vide perfettamente che questa sensazione si rifletteva anche nell’animo di Hayato.
- Guardami … - gli sussurrò quest’ultimo sulle labbra in un soffio, costringendolo a spostare l’attenzione sui suoi occhi turchesi. – Guardami. – ripeté perentorio, ma con una venatura di dolcezza che era in grado di produrre a volte, con effetti devastanti nell’animo di Tsuna; non mollando la presa sul suo viso. Hayato lo stava scrutando dentro, inquisendolo. O forse, chissà, cercando se stesso in quegli occhi.
 
 
Se Tsuna si lasciò vincere dall’inebriante tentazione del sonno in un battito di ciglia, lo stesso non si poté dire di lui. Hayato, disteso come sempre pancia sotto, stava osservando quel volto come se lo vedesse allora per la prima volta.
Yamamoto, che non lo vedeva da tanto tempo, aveva detto che assomigliava sempre più al Primo.
Era vero! Dovette costatare.
Col tempo, l’espressione sempre spensierata di Tsuna, a volte incerta e dubbiosa in merito a quella che fosse la soluzione migliore da mettere in pratica per il bene di tutti, di quando erano solo dei ragazzini delle medie, aveva lasciato spazio ad un’espressione sempre spensierata e attenta, ma anche più assorta, più consapevole, proprio com’era stata quella di Giotto.
Quando Tsuna volgeva lo sguardo su di loro, quando li abbracciava con lo sguardo, era come se vegliasse su di loro, sempre in prima linea per proteggerli, soprattutto da un punto di vista emotivo. Non avrebbe mai permesso che qualcuno, a causa sua o per mancanza di tatto o sensibilità – cosa impossibile per altro – potesse sentirsi turbato o non a casa.
Yamamoto ci aveva proprio azzeccato.
Yamamoto …
Inalò un ispiro profondo, scostando una ciocca di capelli dal volto con un leggero movimento della testa.
Quanta sofferenza gli procurava quel nome. Però …
“Io sono innamorato di lui, però … però oggi non ho pensato ad altro che correre qui, a casa del Juudaime, non appena la giornata sarebbe finita. Era come un faro in una notte di tempesta l’idea di venire qui, di vederlo. Di stare con lui. Di sentirmi a casa. Che cosa sta succedendo?” Si chiese tormentato. Hayato era sempre stato uno estremamente razionale, portato alla pratica e alla ricerca di una ragione che spiegasse ogni cosa.
Con un sospiro si mise supino, portando una mano sotto alla nuca.
“È quasi come se il mio amore per il fissato del Baseball fosse solo motivo di cruccio per me, mentre il Juudaime, la sua presenza, il balsamo che mi risana da questa sofferenza.”
Voltò la testa di lato, a guardare il sonno tranquillo dell’altro. Si soffermò sulla leggera increspatura verso l’alto delle labbra e a quella vista, di rimando, anche la sua bocca si piegò in un leggero sorriso.
“Ok, con Yamamoto non ho mai avuto un contatto fisico così viscerale, e lo vorrei, però ...”
Possibile che condividere con Tsuna un’esperienza così coinvolgentemente emozionale come il fare l’amore insieme, gli avesse smosso qualcosa? Si chiese. Come spiegare il bisogno urgente di sentirsi un Unico con lui? Emozionalmente parlando.
“Sto continuando a dire fare l’amore, non: andarci a letto.” Notò, iniziando a mordicchiarsi il labbro inferiore.
Si può amare due persone nello stesso identico istante, in due modi differenti?
Nemmeno la sua tanto amata razionalità gli permetteva di continuare ad indagare oltre.
- Che casino! – ringhiò, mettendosi di lato, di fronte a Tsuna e vedendo come le sue dite si mossero da sole verso il suo volto per depositargli una leggera carezza.
 
Il trillo martellante del cellulare dimenticato accesso sul comodino, lo riportò bruscamente indietro dal limbo felice e quieto nel quale si trovava.
Annaspando con la mano fuori dalle lenzuola, dovette procedere a tentativi e a tastoni, cercando di fare un rapido set-up dei neuroni che vagavano ancora felici nel mondo dei sogni.
Alla fine, riuscì a recuperarlo. Facendo leva sul gomito si sollevò dal letto per leggere il mittente della chiamata.
Yamamoto.
Quando vide il nome dell’amico sul display, si risvegliò completamente.
Ormai la sera aveva preso il posto del crepuscolo e nella stanza regnava l’oscurità più totale, tolta la luce argentea della luna che filtrava attraverso le tende della finestra. Luce spettrale che gli permise di vedere come Hayato fosse ancora lì accanto a lui, dormiente. Suo malgrado, aveva imparato molto presto che la sua posizione preferita per addormentarsi subito dopo aver fatto l’amore era pancia sotto, con le braccia sotto al cuscino.
Fissò il Guardiano, e riportò lo sguardo sul telefonino, che continuava a suonare. Si portò una mano al volto, stringendo gli occhi, sentendosi lacerato dentro di sé. Il suo stesso Io l’aveva fregato un'altra volta, si trovò a pensare. Così come pensò che il percorso di certe scelte, sia come delle spirali che si attorcigliano sempre più intorno a noi, rendendo sempre più difficile liberarsene. Poi l’ultima occhiata ad Hayato - che seguitava a dormire ignaro - prima di alzarsi dal letto, uscire dalla camera e rispondere.
- Pronto? – si sforzò di dare una modulazione allegra alla sua voce.
°° Yo Tsuna.°°
Inutile dire che quando sentì la voce allegra di Takeshi, tutte le nuvole nel suo Animo si dissiparono all’istante e il sorriso gli affiorò spontaneo alle labbra.
- Ciao. – salutò, ora veramente allegro.
°° Ti disturbo? Sei a casa? °°
E con quelle parole, con quelle due semplici domande, Tsuna fu nuovamente rigettato nell’Abisso, pensando seriamente di essere diventato borderline. (OMG OMG XD     Terry, anche questa la lascio, perché è troppo divertente^O^ndClau) Si era sempre reputato una persona con un sano equilibrio psicofisico – o perlomeno rispetto ai vari personaggi non propriamente equilibrati che via-via avevano costellato la sua vita, e nonostante questi – ma in quei due giorni, vedeva come bastasse veramente poco, un niente, per fargli cambiare repentinamente l’umore. Dalle stelle alle stalle nel giro di un soffio di respiro. Perché qualcosa era cambiato, molte – piccole - cose avevano spezzato quell’equilibrio. Il ritorno di Takeshi, l’aver fatto l’amore con Hayato più di una volta, il fatto che quest’ultimo l’avesse ricercato per una seconda volta, i loro sguardi di poco prima …
Sospirò silenziosamente.
Lanciò un’occhiata alla porta della camera da letto, socchiusa, dalla quale poteva chiaramente vedere la sagoma di Hayato che continuava a dormire beatamente.
D’istinto, si spostò da dove si trovava, portandosi verso la finestra della cucina e scostando la tenda per poter trovar forza e conforto nel cielo stellato.
- Sì. – rispose infine.
°° Ho fatto una corsetta serale e son arrivato fino alle parti di casa tua …°°
Il Juudaime spostò repentinamente l’attenzione dello sguardo alla strada e sentì il sangue defluirgli verso il basso, obbligandolo a trattenere il respiro.
°° … e niente, pensavo … ti va di raggiungermi al parco all’angolo della via? Così, giusto per salutarci.°° continuò a parlare lo spadaccino.
Tsuna si portò una mano al petto, rendendosi conto solo allora di come fosse ancora completamente nudo, segno inequivocabile di quello che era successo e di ciò che comportava. Perché ci sarebbero state di sicuro delle conseguenze. Ogni nostro atto ne porta, pensò.
Quella situazione lo stava facendo ammattire. Avrebbe dovuto scindere il suo Io se avesse voluto mantenersi saldo. Una parte avrebbe dovuto esser presente quando c’era Yamamoto, e l’altra quando si trovava con Hayato.
C’era solo un piccolo particolare … Che lui non era proprio per niente bravo a mentire. Soprattutto se ci si trovava davanti uno come Yamamoto Takeshi, in grado di scalfire ogni tentativo di difesa in merito ai propri sentimenti.
°° Mi sei mancato in questi anni. E voglio recuperare il tempo perduto. °° confessò candidamente il Guardiano, come il suo solito, e Tsuna percepì chiaramente - vide con gli occhi della mente -  che le labbra dell’amico si erano aperte nel loro sorriso incantevole, regalando anche allo sguardo quella stessa identica modulazione. Takeshi, tra tutti loro, era quello che non aveva mai avuto problemi a manifestare i propri sentimenti. Era cristallino e diretto. Ok, anche Ryohei, ma Ryohei lo faceva urlando e sfondando i timpani, quindi non veniva mai preso troppo in considerazione; e oltretutto Takeshi non era mai invadente e si ricercava spontaneamente la sua presenza, come le api con il miele.
Tsuna lanciò un’ultima, angosciata, occhiata alla camera da letto. Voleva sinceramente incontrarsi con Yamamoto, ma con che coraggio l’avrebbe guardato negli occhi?
“Perché non può tornare tutto com’era quando ci siamo conosciuti? Quando eravamo tutti e tre semplicemente amici, e ci legava gli uni agli altri solo affetto fraterno …”si chiese afflitto.
- Ok, dammi il tempo di arrivare. – sentì la sua voce rispondere.
°° Ok? Wow, perfetto!°° fu la replica dell’altro felice e sollevato. Takeshi aveva percepito chiaramente come, per un attimo, Tsuna fosse stato assente. Aveva sentito in quella pausa una sorta di sofferente tormento nell’amico. °° Ti aspetto qui allora. °°
- Arrivo. –
Dopo aver chiuso la conversazione, si riportò verso la camera, recuperando nel tragitto vestiti che – anche stavolta – erano stati seminati al loro passaggio. Curioso il fatto di come uno razionale come Hayato, in quei momenti fosse in grado di far eclissare completamente il raziocinio e lasciarsi condurre esclusivamente dai sensi.
- Dopo tutti questi anni che ti conosco, non avrei mai pensato ci fosse ancora qualcosa che non conoscevo di te. – bisbigliò Tsuna divertito, seduto ai piedi del letto, scompigliandogli teneramente i capelli. Gokudera protestò flebilmente, miagolando nel sonno e girando la testa verso l’altro lato.
- Hayato, io esco un attimo. – gli sussurrò ad un soffio dal volto, non ricevendo – ovviamente – nessuna risposta. – Resta … - per favore.
 
 
Inutile dire che per Tsuna quei minuti di chiacchiere con Yamamoto, furono come la prima boccata d’aria dopo l’apnea. Il giovane Boss volle sapere ogni cosa dell’amico, di quegli ultimi mesi in cui non si erano visti dall’ultima volta. Della squadra di Baseball, del Campionato. E Takeshi raccontò, ma quando fu suo il turno di chieder com’erano andate le cose lì, Tsuna tergiversò.
- Sono contento tu sia tornato. – gli ripeté, come il giorno prima, mentre erano seduti sulle altalene e si dondolavano leggermente, stringendosi nei loro vestiti dopo l’ennesima folata di vento.
- Non prenderai freddo? – si informò Tsuna, preoccupato. – Vuoi … - ma si bloccò di colpo.
Vuoi venire a farti una doccia da me? Gli stava per chiedere. Si portò una mano a massaggiarsi le tempie. Ecco perché non era bravo a nascondere le cose! Perché anche lui era troppo limpido e, a tratti, ancora ingenuo.
- Tsuna? – lo richiamò lo spadaccino, voltandosi a guardarlo.
- Ahehm, tutto bene. – ridacchiò nervosamente, ritornando per un attimo l’ImbranaTsuna che era stato. – No, seriamente: non vorrei ti prendessi un malanno a star qui con me dopo una corsa. –
Il Guardiano della Pioggia scoppiò nella sua risata cristallina.
- Non sei cambiato affatto. – esclamò, sempre ridendo. – Stai tranquillo, ho il fisico temprato. Ho sempre fatto gli allenamenti all’aperto, e poi adesso rientrerò a casa correndo. – lo rassicurò, rialzandosi e stiracchiandosi.
- Tsuna, senti pensavo … -
- Sì? –
- Una delle prossime sere potremmo farci una bella serata tutti insieme, come ai vecchi tempi. Tu, io e Gokudera … - gli propose sorridendo dolcemente.
- Ahehm … C-che meraviglia … - balbettò lui, in risposta, rabbrividendo al solo pensiero di loro tre soli insieme sullo stesso tavolo.
- … e anche il Senpai. E poi oggi son rientrati anche Dino e Hibari. - concluse lo spadaccino.
- Ah! Grandioso! – si rincuorò all’aggiunta di quei nomi. – Assolutamente. – concluse, veramente felice all’idea, mentre si alzò a sua volta dall’altalena e iniziando ad incamminarsi con lui all’uscita del parco, prima che le loro strade si dividessero.
- Ah, Tsuna? – lo richiamò indietro Takeshi, all’ultimo.
- Hum? – si voltò, con sguardo interrogativo e, per la prima volta da quando lo conosceva, lo vide seriamente in imbarazzo mentre si massaggiava la nuca, e un brivido ghiacciato gli attraversò la schiena.
- Ahehm, sono passato anche sotto casa di Gokudera, ma … ma non c’era … -
“Voglio morire in questo istante!” Pensò il Juudaime, socchiudendo gli occhi e sentendosi trafitto da parte a parte dalla ormai ben nota stilettata. “Scusami Yamamoto, sono una merda lo so!”
- Ecco … niente. Mi son preoccupato … sta bene, vero? – continuò a parlare il Guardiano.
E fu proprio perché Takeshi era così impegnato a nascondere il suo imbarazzo, che non si accorse del sorriso triste che ornò le labbra dell’amico, mentre lo fissava dolcemente. La sua intuizione del giorno prima, in aeroporto, si era rivelata esatta.
- Sta bene, sì … Yamamoto? –
- Sì? – gli occhi color nocciola dello spadaccino si riportarono sul volto di Tsuna.
- Queste cose, dille direttamente a lui. – gli suggerì, sorridendo dolcemente. – Digli che ti preoccupi per lui. –
- Tsuna, scherzi? Vuoi che mi uccida? – esclamò ridendo, seriamente divertito all’idea. – L’unico che Gokudera ascolta, e che non minaccia di morte con lo sguardo, sei tu. – gli ricordò sempre ridente, e quelle parole furono in grado di portargli prepotentemente alla memoria l’immagine di solo un’ora prima, quando Hayato – sotto di lui – gli aveva preso il volto tra le mani …
Guardami …  gli aveva ordinato perentorio. Perché? Si chiese nuovamente in quel momento mentre guardava il suo miglior amico riprender la sua corsa, non prima di essersi voltato verso di lui, a salutarlo con una mano.
- Ciao … - sussurrò Tsuna, agitando la mano a sua volta per poi voltarsi ed incamminarsi verso casa.
 
 
Rientrò a casa che Hayato stava ancora dormendo. Si appoggiò allo stipite della porta, ad osservarlo. Scosse la testa divertito, a veder come non avesse nemmeno cambiato posizione.
“Perché tutto non può ritornare a com’era una volta? Stavamo bene, eravamo felici. Ci volevamo bene, ed io … io pensavo che sarebbe stato così per sempre.” Si chiese nuovamente, con un amaro sorriso, mentre recuperava una coperta dall’armadio e andava a dormire in divano.
 
 
Il ritornare della Luce sulle Tenebre della Notte, non fece comunque chiarezza nell’Animo di Tsuna. Né tanto meno in quello di Hayato.
Terminando di abbottonarsi i polsini della camicia, Tsuna osservò il finire del levarsi del Sole all’orizzonte dalla finestra della cucina, mentre il fischio lamentoso del thermos gli fece capire che il the era pronto. Jasmine the, il preferito di Hayato. Versò il contenuto fumante in due tazze, inspirandone l’aroma per poi recuperare la sua tazza ed uscire in terrazza.
Appoggiato alla balaustra, si godette quell’innaturale silenzio irreale che regna in città solo l’attimo che segue l’albeggiare.
Si lasciò accarezzare il volto dai primi timidi, ma coraggiosi, raggi di sole, e pensò a Ryohei. Che era il loro Sole. Istintivamente, una piccola risata gli nacque in gola a pensare al loro esagitato Guardiano, a come fosse veramente l’astro che si fa spazio a forza nel cielo, spazzando via ogni nuvola o ombra. Pensò a tutti loro, con affetto. Con tenerezza. A come ognuno incarnasse perfettamente bene il proprio elemento. Come aveva fatto a tenerli a bada in tutti quegli anni?, si chiese perplesso. A tenerli uniti, sempre e comunque.
“Veramente nelle mie vene deve scorrere il sangue del Primo, altrimenti non saprei spiegarmi il motivo.” Si rispose umilmente, convinto che solo grazie alla sua discendenza aveva potuto portare a compimento tante cose.
- Giotto … - bisbigliò meditabondo.
La prossima settimana sarebbe scaduto l’anno. Sarebbe stato il momento. Avrebbero dovuto rinnovare nuovamente la Promessa degli Anelli. (Oh, sta roba me la sono inventata di sana pianta, giusto per far apparire in scena i ragazzuoli di Prima Generazione^^ Mi son detta: così come hanno dovuto dimostrare una volta di esser degni eredi dell’Eredità dell’Anello, facciamoglielo fare ogni anno và. ndClau)
Non vedeva l’ora. Anche se, questa volta, visto ciò che era accaduto negli ultimi due giorni, temeva un po’ quell’incontro. Come ogni volta, in quella specie di Cerimonia, avrebbero dovuto dimostrare ai loro Predecessori di essere ancora degni di indossare gli Anelli e degni di ricevere il loro Potere, la loro Eredità.
Si trovò costretto a buttar fuori l’aria, a pensar agli occhi dorati di Giotto. Quegli occhi che erano sempre stati in grado di inquisirlo fin nel profondo, senza lasciargli spazio per segreto alcuno. Il Primo l’aveva sempre sostenuto e rassicurato, incoraggiato e rinfrancato, ma questa volta, l’idea di trovarsi di fronte a lui, lo preoccupava parecchio. Perché Giotto avrebbe capito tutto all’istante. Come sempre.
E di certo Hayato non se la sarebbe passata tanto meglio, pensò lasciandosi sfuggire una piccola risata. Il rapporto tra i due Guardiani della Tempesta era una specie di amore ed odio. Troppo simili per carattere – impetuosi, arditi, schietti, ostinatamente testardi – a Tsuna il loro legame ricordava il rapporto tumultuoso che Hayato aveva avuto all’inizio con Uri. Con la sola differenza che Gokudera, nel suo rapporto con G., aveva sempre anelato a lui come l’ideale a cui ispirarsi. (Vd. Volume 33, ch.316.ndClau) Si volevano bene, si vedeva, ma l’unica maniera che avevano di dimostrarselo – testoni com’erano - era quella di urlarsi contro e sbeffeggiarsi a vicenda.
Era così immerso in queste sue meditazioni, che sentì solo all’ultimo la porta-finestra aprirsi alle sue spalle.
- Buongiorno. – biascicò Hayato, grattandosi la punta del naso, in imbarazzo, decidendosi solo alla fine di piantargli gli occhi addosso.
- Buongiorno. – replicò lui di rimando, sorridendo per tranquillizzarlo mentre gli porgeva la tazza che aveva preparato per lui.
- Grazie … - nuovamente il Guardiano dovette dar fondo a tutta la sua caparbietà per guardarlo in faccia.
- Va tutto bene. – lo rassicurò Tsuna, non potendo sapere che l’imbarazzo e la circospezione dell’altro erano dovute solo in parte a quello che pensava lui. Se era convinto di esser l’unico tra i due ad aver in corso una lotta intestina, dalla sera prima si sbagliava di grosso.
- Sei uscito ieri sera? –
- Hum? Sì. – ammise, voltandosi a fissarlo negli occhi. Decise di non nascondergli nulla. - Mi son incontrato con Yamamoto. Era da queste parti e mi ha chiamato per salutarmi. – Gli spiegò, studiando attentamente ogni sua minima reazione.
- Ah … - si limitò a replicare Hayato, soffiando sul liquido bollente e guardando davanti a sé.
- Hayato, parlatevi, per favore. – lo pregò Tsuna, avvicinandosi a lui. – Per favore … - bisbigliò nuovamente, portando lo sguardo a terra. Sapeva che fintantoché la situazione fosse rimasta in quella sorta di Limbo, lui – masochisticamente – avrebbe continuato a sperare che la cosa potesse volgere a suo favore.
Ma Gokudera si limitò semplicemente a sospirare amaramente continuando a tenere gli occhi fissi davanti a sé.
“Quando capirò.” Si disse dentro di sé.
 
Gli incontri tra il giovane Boss e Gokudera non si conclusero lì. Il bisogno, la necessità di Hayato di avere Tsuna sempre più vicino a sé, di sentirsi rinfrancato e rinsaldato dalla sua presenza, si fece via-via più impellente. Più Takeshi cercava di avvicinarsi a lui, più Gokudera – ostinatamente, o forse per paura, chissà – si allontanava da lui e si avvicinava sempre più al suo Juudaime. E Tsuna si ritrovò invischiato in una felicità a metà, una sorta di supplizio di Tantalo, mentre Hayato … Hayato andò sempre più in confusione, sentendosi smarrito e disorientato, incapace di capirsi. Capire se stesso e i suoi sentimenti.
Tuttavia, nessuno di loro era preparato alla bomba che stava per esplodere.
 
 
 
La mattina del giorno della Cerimonia della Promessa degli Anelli, tutti i ragazzi si trovavano presenti a Base Vongola. In ordine sparso, varcarono la soglia della Residenza.
Ryohei, che stava di vedetta nell’enorme altana della Villa, lo vide arrivare quando era pressoché un puntino in lontananza e dopo essersi assicurato che fosse proprio lui, si precipitò giù di corsa, scaraventando Hayato – che aveva avuto la sfortuna di intercettarlo nel suo cammino - giù dalle scale.
- Ah, scusa Testa a Polpo. – gli urlò ridendo, senza frenare la sua corsa.
- Muori Testa a Prato. – fu la scontata replica, mentre si rialzava sistemandosi la piega dei pantaloni. Come sempre, Hayato era impeccabile nel suo completo grigio scuro. Ma l’altro non lo poteva di certo udire, dato che proseguiva ad urlare nella sua folle corsa.
- HIBARI! –
- No, ti prego no … - frusciò tra i denti Kyoya con un sospiro, udendolo e portandosi una mano alla tempia, sentendo un martellante mal di testa partirgli all’istante. Aveva appena varcato la soglia di Base Vongola dopo settimane, e già aveva voglia di uccidere qualcuno. Già aveva un molesto inetto da sopportare costantemente nella sua vita, ma almeno Dino era silenzioso. O meglio: la sua voce era suadente e si rivolgeva a lui sempre sussurrando ammaliante.
- Sasagawa Ryohei, la tua sola presenza è in grado di urtarmi il sistema nervoso e farmi venir voglia di compiere una strage a tuo danno. – Fu questo il suo saluto quando l’altro gli si parò davanti.
- Che?! – sbraitò il Guardiano del Sole, alzando di un’ulteriore ottava il suo tono già più che squillante, e scoppiando a ridere ancora più forte.
- Non è affetto quello che ti sto dimostrando. – ci tenne a precisare l’altro, parlando sempre con voce bassa e profonda, ma trovandosi – al solito – atterrato dal Guardiano del Sole, che non aveva ascoltato una sola parola di quello che lui aveva detto, compresa la minaccia non-verbale di ucciderlo all’istante se solo si fosse azzardato ad abbracciarlo.
- Ohi Hibari, ti siamo mancati vero? – chiese Ryohei, commosso di veder l’amico mentre continuava a stritolarlo nella sua morsa.
- No! – sbottò Kyoya, scioccato all’idea che l’altro potesse anche solo pensarla una cosa del genere.
Nel frattempo, a dare il benvenuto a lui e a Dino, erano arrivati anche Tsuna, Takeshi e Hayato.
- Fratellino. – sorrise il biondo, dando prova – a differenza dell’asociale compagno – delle sue capacità di dimostrare affetto nei confronti dei suoi cari amici. Strinse Tsuna forte a sé e in quell’abbraccio pretese anche lo spadaccino, che non vedeva da mesi. Avendo cara la vita, aveva imparato che in quel genere di cose, Hayato era meglio lasciarlo fuori.
- Bentornato Takeshi. – cinguettò felice, facendogli un buffetto fraterno tra i capelli.
Tsuna, stretto tra loro due, si sentì inondare di calore e felicità. Se avesse dovuto attribuire un colore a Yamamoto e Dino, non avrebbe potuto essere altro che un arancione frizzante. Ricambiò l’abbraccio, beandosi della sensazione di serenità che ne scaturiva.
- Wow, Dino: ti sei tagliato i capelli. – esclamò Takeshi, rimanendo incanto come ogni volta di fronte a quei fili aurei, permettendosi di prenderne una ciocca tra due dita e facendola scorrere tra di essi.
A quell’espressione curiosa, a quello sfiorare incantato i capelli biondi dell’altro, Hayato si fece sull’attenti, irrigidendosi sul posto e Tsuna, dato che ormai loro due erano in simbiosi, si irrigidì a sua volta.
- Fratellino, tutto bene? – si informò Dino, piegando leggermente la testa di lato, a studiarlo attentamente. Era a conoscenza di quello che il ragazzo provava per il suo Guardiano della Tempesta. Tsuna aveva avuto bisogno di sfogarsi con qualcuno a suo tempo, per non rimanere soffocato dal suo stesso sentimento.
Ecco un altro sguardo al quale non riusciva a sfuggire mai, si trovò a pensare il Juudaime.
- Qualcuno me lo può levare di torno, prima che sia costretto a piantargli un coltello tra le scapole?– Kyoya spezzò il silenzio che si era venuto a creare, parlando con voce atona, non ricevendo risposta – né tanto meno sostegno – alcuna. Erano così abituati all’idea che lui fosse una specie di Highlander, che non pensarono di certo che la vicinanza – soffocante ed assillante certo - di Ryohei avrebbe posto fine a tale leggenda.
- Hibari, tu stai bene? – si informò Takeshi, voltandosi solo allora verso Kyoya.
- No! – sbraitò l’ex Presidente del Comitato disciplinare. – Non sto per niente bene! Levatemelo di torno, vi ho detto. -
E solo allora Hayato fu mosso a pietà per lui.
- Ohi, Testa a Prato, levati dalle palle. Lo soffochi. –
- Oh, Testa a Polpo, non sentirti trascurato, c’è un abbraccio anche per te. – asserì Ryohei imperterrito, avvicinandosi a lui dopo aver finalmente liberato Hibari.
- No! Non ti avvicinare se non vuoi che ti faccia saltar per aria. – lo minacciò, già pronto a scattare.
Takeshi rise. Era tutto com’era sempre stato, si ritrovò a pensare.
- E tu, stupido fissato del Baseball, cos’hai da ridere tanto? – gli sbraitò contro Gokudera, ben attento comunque a non subire gli assalti del boxeur.
- Niente. – si limitò semplicemente a rispondere. – Son solamente felice di vedere che tutto sia rimasto come una volta, che tra di noi nulla sia cambiato. –
A quella sua affermazione, Tsuna e Hayato si adombrarono, abbassando entrambi lo sguardo a terra, sentendosi colpevoli di aver tradito quel loro sodalizio.
Fu l’innata vena casinista e spensierata di Ryohei a salvarli.
- Dino, che ne dite di venir a cena da me domani sera? – chiese al biondo, ignorando completamente l’altra metà della coppia, ben sapendo l’ovvia risposta che ne sarebbe scaturita di fronte a quell’invito.
- Ahehm … - iniziò a biascicare il giovane Cavallone, spostando rapidamente gli occhi marroni verso quelli grigi del compagno, che gli stava lanciando chiari segnali di fumo. Kyoya capì di aver perso in partenza quando vide le labbra del biondo piegarsi in un sorrisetto impertinente e screanzato, come la sera prima quando l’aveva fregato miseramente impossessandosi – al posto suo – delle manette di Alaude. Emise un grugnito, già sapendo cosa aspettarsi.
- Ma certo, molto volentieri. – fu la risposta di Dino infatti, mentre varcavano l’entrata della Base.
- Muori Cavallone! Muori! – iniziò a salmodiare Hibari, per niente felice all’idea di sopportare per una serata intera le urla strazianti dell’altro. Minacce alle quali il biondo fece finta di niente, glissando elegantemente il discorso mentre aveva iniziato a salire le scale.
- Takeshi, hai intenzione di mettertela quella cravatta o hai proprio deciso di usarla come fazzoletto? – si divertì bonariamente a prendere in giro il Guardiano. Lo spadaccino si fermò di colpo, portando lo sguardo imbarazzato verso i propri compagni. Perfino Ryohei la stava indossando, notò a disagio recuperando l’indumento dalla tasca.
Alle parole di Dino, Hayato, che camminava avanti a tutti, solo dietro a Tsuna, si voltò. Studiò perplesso la figura di Takeshi da capo a piedi, per infine piantargli le due gemme turchesi in pieno viso, fermandosi.
Emise un sonoro sospiro, prima di ridiscendere gli scalini che lo separavano dallo spadaccino che aveva iniziato, inutilmente come sempre, a capire da che parte infilare i lembi per poter annodare l’aggeggio infernale.
- Non mi dire davvero che non hai ancora imparato? – lo rimproverò brusco, strappandogli l’oggetto incriminato dalle mani e facendogli segno con un cenno del capo di abbassare la testa.
- Ehm … - balbettò Yamamoto, sempre più in imbarazzo ma lasciandosi placidamente fare.
– Come hai fatto in questi quattro anni che non c’ero io? – gli ricordò, dato che era sempre stato lui a sistemargliela quando, in giro per i corridoi della scuola, c’era sentore di controlli da parte del Comitato disciplinare. Gli aveva parlato bruscamente, ma i gesti delle sue dita – veloci e precisi – tradivano una morbidezza in contrasto con il tono della voce.
- E’ stata dura infatti. – sussurrò Takeshi, e aveva usato un tono così allusivo, che l’altro si trovò costretto a sollevare il volto verso di lui di scatto, e per un istante i loro occhi si incontrarono.
- Tsk. – sbottò Hayato, ritornando a dedicar la sua attenzione al nodo della cravatta. – Per tua fortuna, non penso che nel tuo Ateneo esistessero fissati presi peggio di quello sbroccato di Hibari con le cagate della disciplina e tutte le stronzate che ne conseguono.-
- Io sono qui, eh. – si intromise Kyoya brusco, sentendosi chiamato in causa.
- Fatto. – concluse poi, battendogli un colpetto con le nocche sul nodo, ora perfettamente composto.
In tutto quel frangente, Tsuna non aveva neanche avuto il coraggio di voltarsi. Sarebbe morto a vedere Hayato toccare qualcuno che non fosse lui. E non un qualcuno qualsiasi.
“ Ecco che razza di spire mi sono attorcigliato attorno da solo.” Pensò in preda allo sconforto.
Li precedette tutti, andando a rifugiarsi nel suo studio. E Hayato immediatamente dietro, mentre subiva gli assalti di Ryohei.
- Vieni anche tu domani sera a cena da me, vero? – lo stava assillando, mentre si intrufolava a sua volta dentro lo studio del Juudaime.
- No, crepa Testa a Prato. – gli sbraitò contro, sbattendogli la porta in faccia.
E quando quella porta si chiudeva, quando lasciavano tutto il mondo fuori, Tsuna poteva illudersi che ci fossero solo due e basta.
- Stai bene? – si informò il Guardiano, avvicinandosi guardingo a lui. Ecco che la sua profonda sensibilità veniva fuori. Hayato si rendeva conto che quello che si era venuto a creare tra loro negli ultimi giorni, era qualcosa che stava prendendo una piega inaspettata, qualcosa che rischiava di sfuggir loro di mano. Qualcosa di strano. Non poter dare un nome a quella cosa, non finitizzarla all’interno di una definizione, la rendeva ancora più sfuggente.
Il giovane Boss si trovava davanti alla finestra che dava sull’enorme giardino, dove secolari alberi di ciliegio svettavano imperterriti e ritti. Aveva le mani dietro la schiena e Hayato si trovò a studiare la figura dell’altro, in ogni singolo dettaglio.
- Hayato, che cosa stiamo combinando? – chiese in un sussurro, reso irreale in quel silenzio pesante che era calato all’interno della stanza. Non si era voltato verso di lui, ma aveva continuato a tener lo sguardo fisso davanti a sé, allo spettacolo dei rami di ciliegio in fiore (Scusa Hibari^^’ndClau Oh, Seishiro *_*ndTerry) ed ora Gokudera poteva esaminarne il profilo. Abbassò per un attimo gli occhi a terra, per poi riportarli verso di lui, avvicinandosi.
- Non lo so … - dovette confessare, accostandosi ulteriormente; e finalmente il Juudaime spostò gli occhi verso di lui. -  … ma so che se tornassi indietro, io lo rifarei di nuovo. Ogni singola volta. – concluse in un mormorio, continuando a guardarlo dritto negli occhi. A questa confessione, Tsuna sorrise dolcemente.
- Non ha senso, vero? – si schernì il Guardiano, stringendosi nelle spalle e l’altro scosse leggermente la testa, come a volergli dire che non era in grado di dargli risposta alcuna.
- Juudaime, se  … se trovi che sia una cosa sbagliata, allora finiamola qui. – sostenne perentorio, con il solito barlume di fierezza negli occhi.
- Hayato, tu sei innamorato di un altro. – sospirò. - Tu non trovi che sia una cosa sbagliata? – gli chiese. Non aveva mai avuto il coraggio di porgli questa domanda.
- Non lo so … non lo so … - dovette ammettere umilmente per la seconda volta in breve tempo. - È così labile il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, perché siamo noi stessi a definire cos’è giusto o cos’è sbagliato; ma so che se questa è una cosa che ti fa stare male, allora bisogna finirla qui. – ripeté nuovamente.
Stava lasciando la decisione a lui. La decisione finale …
Come poteva prendere una decisione del genere? Si chiese Tsuna. Ne aveva prese di ben peggiori, perché avevano riguardato la vita o la morte dei suoi amati e adorati amici. E quando aveva preso quelle decisioni, aveva sempre anteposto il loro bene al suo.
“Il loro bene al mio …” si ripeté dentro. Strinse gli occhi, così come le mani fino a sbiancarsi le nocche. Era giusto che anche stavolta si sacrificasse per loro, che si facesse da parte. Sospirò riportando lo sguardo in alto, nei suoi occhi brillava ora una nuova risolutezza. Aveva scelto, ma proprio mentre stava per parlare, Hayato lo precedette.
- Ma voglio che tu sappia che io sono stato bene, ogni volta. – gli confessò risoluto, facendo tornare sul suo volto quell’ombra di sofferenza e tormento.
- Hayato … - bisbigliò appena. E prese al volo un’altra decisione. Se fino a quel momento - a dispetto di quanto si era preposto una settimana prima, ossia di rivelargli i suoi sentimenti - aveva taciuto quando si era reso conto che anche Takeshi era innamorato di lui, decise di parlare.
- Hayato, io  … dobbiamo parlare. –
- Shhh. Mi dispiace, scusami, sono stato un egoista. – lo interruppe ancora una volta l’altro, poggiandogli un dito sulle labbra per farlo tacere, sorridendogli impercettibilmente, pensando di capire cosa stesse passando per la testa di Tsuna. Decidendo che non fosse giusto nei suoi confronti, nei confronti di tutti, cercare di capire i suoi sentimenti confusi andandoci a letto insieme. Era una cosa deplorevole e allucinante anche solo da pensare. Doveva darci un taglio, punto! Proprio per quel sentimento nei suoi confronti che non riusciva più a capire. Anche in questo caso, il confine era diventato estremamente offuscato. E soprattutto non voleva farlo stare male.
Se solo entrambi avessero saputo! Continuavano ad autoaccusarsi di essere degli egoisti, ma erano pronti a sacrificarsi per la serenità dell’altro.
 – Sempre amici, vero? Tra noi non cambierà niente, no? -  sussurrò Hayato.
Tsuna sgranò gli occhi sorpreso, ricacciando indietro a forza le parole che erano già pronte ad uscire. Si riprese dallo sgomento, sforzandosi di sorridere.
- Sempre amici, sì … - mormorò, non mollando nemmeno per un istante gli occhi turchesi dell’altro.
Era giusto così, pensò dentro di sé, forse – dopotutto – le cose sarebbero davvero potuto tornare com’erano una volta tra loro tre. Col tempo. Con sacrificio. Il suo sacrificio. E augurando ogni felicità al suo migliore amico e al suo adorato amore, avuto tra le dita per un tempo effimero e già perso, senza mai essere stato tuttavia veramente suo.
- Sempre amici … - ripeté in un bisbiglio, appoggiando le mani sui fianchi dell’altro e attirandolo a sé, con tono di comando che fece sgranare gli occhi ad Hayato.
“Un ultimo bacio.” Sospirò Tsuna dentro di sé, ma ora comunque più sereno, e il Guardiano – capite le sue intenzioni – sorrise a sua volta, socchiudendo gli occhi e allacciandogli le mani sulla schiena, sentendo la stoffa del panciotto nero scorrergli sotto la punta delle dita.
- Quando hai bisogno, sai dove trovarmi. – si permise di prenderlo in giro Tsuna, beccandosi un’occhiata di finto biasimo, prima di socchiudere gli occhi nello stesso identico istante e permettere di donarsi un ultimo bacio.
Il Guardiano al contatto lieve delle loro labbra, appena accennato, si inarcò verso di lui, facendo aderire i loro corpi.
“Io non voglio che tutto questo finisca.” Urlò una voce dentro la sua testa, che lo fece vacillare per un attimo interdetto, ma la presa sui fianchi con la quale Tsuna lo stava tenendo a sé, lo mantenne saldo e lo spinse nuovamente verso di lui, ad appoggiargli un altro lieve bacio sulle labbra.
E fu allora che successe …
Fecero appena in tempo a sentire il bussare alla porta e un’inconfondibile voce che ben conoscevano, che il tutto era già accaduto.
- Tsuna, permes … ohh … -
Boss e Guardiano voltarono la testa di scatto, verso la porta, pietrificati, ancora abbracciati.
- Ahehm … scusatemi … - biascicò Takeshi basito e imbarazzato con ancora la mano sulla maniglia della porta, spostando lo sguardo che per un lungo istante era rimasto incatenato a quella visione. – Non volevo disturbarvi. Perdonatemi, non sapevo … -
Hayato e Tsuna, inorriditi per quello che era successo, per il fatto che Takeshi li avesse visti, aprirono la bocca senza tuttavia riuscire a formulare alcuna frase coerente.
Restarono lì, con il fiato svanito di colpo dai polmoni, incespicati. Increduli.
Tsuna si portò una mano al viso, passandola poi tra i capelli, a cercar conforto.
- Oddio, no! – riuscì solo a formulare la sua voce, quando Yamamoto era già sparito dalla loro vista, dopo aver richiuso la porta alle sue spalle, allontanandosi da lì a passi veloci ancora sotto schok.
 
 
Continua …
 
 

Clau: o_______O Sto capitolo mi ha stremata, e Goku: è tutta colpa tua! Son diventata matta per cercare di non farti apparire come un maniaco assatanato con fregole da soddisfare. Son impazzita.
Goku: Non che prima non lo fossi già.
Clau: Questo sarebbe il grazie? Mi spompa meno scriver una Lemon.
Alaude: Ecco, a tal proposito …
Clau (interrompendolo): Oh, Alaude: sì! Vuoi che scriva la threesome che ti riguarda, vero?
Alaude: No ovviamente. Ero qui proprio per persuaderti a non farlo.
Clau: E per caso avresti intenzione di persuadermi usando le tue manette per legarmi da qualche parte *ç*?
Alaude: Men che meno.
Clau: Ohh … Allora te ne puoi anche andare.
Goku: -_____-
Takeshi: Yo^^
Clau: Ohh! Takeshi lovelove. Senti, pensavo una cosa …
Tsuna: E’ sempre abbastanza inquietante quando esordisci così^^’
Hibari: Sì, in effetti.
Clau: Allora, sentite la mia idea geniale.
Goku: Eh! Mi immagino, di una genialità!
Clau: Ti ignoro. Takeshi lovelove, pensavo: i giorni pari sto con te e Dino, mentre quelli dispari con G&Giotto, come ti sembra come idea?
Goku: ‘Na merd …
Ryohei (Interrompendolo): Ohi Testa a Polpo, niente parolacce.
Takeshi: Beh, come dire … non saprei …
Dino: Buongiorno a tutti.
Clau: Oh Dino: cadi proprio a fagiolo. Tu sei d’accordo?
Dino: Su cosa?
Clau: Tu dì di sì, non ti preoccupare. È una pura formalità hi hi hi
Dino: Sì.
Clau: Ohhhh!! Intanto uno su quattro l’ho convinto *ç*
Tutti: -_________- Ma non si può continuar così.
Dino: Ma che cosa devo fare?
Hibari: Morire inetto di un Cavallone! Per mano mia.
Dino: ^_^’
Clau: Giottoooooo, G. dove siete^__^? Devo farvi una proposta interessante hi hi hi
Goku: Indecente più che interessante.
Tsuna: Hum, e già.
Clau: Goku, ti sento. Dopo che dovresti ringraziarmi che in ben due capitoli ti ho fatto far la parte del seme, cosa che non accadrà mai più in nessuna fic che scriverò.
Hibari: Oh, allora forse c’è qualche possibilità anche per me …
Dino: Che^^’?
Giotto: Anche per me?
Clau: Oh, Giotto*ç* per te forse anche sì.
G. : CHE COSA??!!!
Giotto: Kufufu.
G.: Giotto, non c’è proprio niente da sghignazzare! E sei inquietante tra l’altro, sembri quel pazzo scatenato del Guardiano della Nebbia …
Mukuro: Kufufu, qualcuno mi ha chiamato?
Clau: Oh, amichetto mio, qui tutti mi fanno i dispetti T_T
Tsuna: -____-‘ I dispetti? Ma dove siamo, alle elementari?
Clau: Ah, quasi dimenticavo! Takeshi lovelove, non mi son scordata che tra qualche giorno è il tuo birthday^^
Takeshi: Oh, grazie Clau^^
Clau: Ohhh (Avete presente l’espressione che ha I-Pin quando si trova Hibari davanti? Ecco!) ti lovvo.
 
   
 
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