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Autore: Polaroid    21/04/2014    2 recensioni
Dopo aver lasciato Fell’s Church definitivamente, Damon si ritrova spesso ad osservare Bonnie da lontano e a riflettere su come se la sia lasciata sfuggire.
***
Una "what if" abbastanza libera, diciamo che non ho tenuto davvero troppo in considerazione i fatti avvenuti da "La maschera" in poi, sebbene la fic sia ambientata in quel ciclo. Spero che possa piacervi ugualmente.
***
Pima classificata al concorso "Contest Multifandom: Mirrors" di Annabelle Liz Meyers.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Aveva detto che se ne sarebbe andato e aveva mantenuto la parola, ma erano anni che Bonnie McCullough era diventata il suo chiodo fisso.
La stava osservando, poggiato sul ramo di un albero di fronte la finestra di camera sua, mantenendo la propria forma umana. Non gli serviva assumere le sembianze di un corvo per nascondersi nell’oscurità.
Doveva solo preoccuparsi di schermare la propria presenza con il Potere:  quello della strega si era sviluppato parecchio e avrebbe altrimenti individuato facilmente la sua presenza.
La rossa mimava espressioni buffe rivolte al proprio specchio, lasciandosi sfuggire delle leggere risate e il giovane si perse, osservandola.
I capelli erano cresciuti, in morbide onde color fragola, fino a sfiorarle il fondoschiena che sembrava essere uno dei lati della ragazza su cui il vampiro lasciava cadere più spesso lo sguardo. La sua pelle gli sembrava fatta di porcellana o, ancora meglio, di neve. Ogni tanto si mordicchiava nervosamente le piccole labbra piene e pulite da qualsiasi tipo di cosmetico.
Eppure i suoi grandi occhi nocciola erano lì. Non erano cambiati di una virgola da quando le aveva donato il proprio sangue, molto tempo prima, per salvarla dal veleno dei malach. Brillavano d’impazienza e di attesa. Sembrava quasi una bambina alla vigilia di Natale.
Era felice.
Senza di lui.
L’espressione di Damon era completamente indifferente a quei pensieri, come se non lo sfiorassero nemmeno. L’armatura di pietra che imprigionava il suo cuore da secoli si strinse un po’ di più attorno a quest’ultimo.
La vide avvolgersi una sciarpa color lavanda attorno al collo, prima di spegnere la luce e lasciare la propria stanza.
Saltò, con la stessa grazia di un gatto, raggiungendo il pavimento della stanza della rossa e trovandosi a fissare la stessa superficie riflettente usata da lei qualche attimo prima, quasi sperando di scorgervi una ciocca di boccoli rossi; ma tutto ciò che lo specchio gli rimandò fu il suo stesso riflesso.
L’espressione imperturbabile del giovane nascondeva un fitto strato di disgusto.
L’aggettivo che più spesso gli veniva associato era “strafottente”. Gli umani a volte erano decisamente troppo stupidi per comprendere la sottile differenza che correva tra questo e ciò che Damon era realmente. Più osservava i tratti del proprio volto e più si rendeva conto che il suo atteggiamento non era mai stato arrogante, anche se la maschera che aveva sempre indossato avrebbe fatto intendere il contrario. A lui semplicemente non importava. Si ritrovava così spesso a galleggiare in una bolla d’apatia totale, completamente indifferente a tutto ciò che lo circondava, eccetto quando si trattava di lei.
L’inerzia mentale di Damon svaniva totalmente quando si parlava della bella streghetta.
Ma non hai più il diritto di pensare a lei in questo modo, la sua stessa immagine sembrò deriderlo dallo specchio e una piccola smorfia si dipinse sulle labbra del giovane.
Si era lasciato scappare il Suo pettirosso, mentre lei probabilmente adesso stava correndo tra le braccia di quel cane.
 
Aveva sperato a lungo che lei capisse che Zander non era il ragazzo giusto per lei, ma finalmente era successo. Bonnie lo aveva lasciato. Certo, indubbiamente per i motivi sbagliati, ma lo aveva lasciato. Credere di non andare bene per lui. Stupido, piccolo Uccellino.
 
I ricordi gli opprimevano la mente, mentre si rendeva conto dell’assurdità della cosa, scivolando mano a mano fuori dal suo stato di insensibilità totale.
Lei era semplicemente troppo. Per chiunque. Anche per lui.
 
Non capiva nemmeno perché si fossero rivisti quella sera, ma stava aspettando unicamente il momento giusto per entrare in scena in modo teatrale, come aveva sempre amato fare. Non gli importava davvero che Elena avesse preferito il suo stupido fratellino a lui. Si divertiva a confondere la bionda, cercando di allontanarla in tutti i modi possibili da Stefan, ma era solo un gioco. Ringhiò a bassa voce, notando che il licantropo non sembrava avere minimamente intenzione di andarsene. Fece un passo avanti, intenzionato a cacciarlo lui stesso, bloccandosi mentre usciva dall’ombra dell’albero da cui osservava la scena. Bonnie aveva preso il volto di Zander tra le sue candide manine e aveva dovuto mettersi sulle punte per riuscire a baciarlo. Il licantropo le aveva poggiato le mani sui fianchi, abbassandosi nella sua direzione per facilitarle il compito. Come osava toccarla? Come si permetteva di baciarla? Avrebbe volentieri sradicato l’albero che aveva accanto, ma prese la decisione più ovvia, quelli che tutti si sarebbero aspettati da lui. Volò via, lasciando solo qualche piuma nera a testimoniare la sua presenza.
 
Sentiva la rabbia montargli nello stomaco in modo talmente forte che sentì quasi l’impulso di piegarsi sulle ginocchia. Non aveva mai provato un sentimento d’odio tanto profondo nei confronti di qualcuno, nemmeno verso Santo Stefan.
Si aggrappò alla carta da parati rosa, strappandone un lungo pezzo. Non importava quanto quel posto profumasse di lei, quando lei non era più sua.
Non importava come ricordasse di essersi fatto invitare lì dentro con l’inganno. Non importava quanto la amasse perché era unicamente colpa sua.
Era stato lui a decidere di vederla come un fragile uccellino e l’aveva lasciata completamente da sola ad affrontare la sua vita.
Afferrò un cuscino tra le dita lunghe ed affusolate, riducendolo in mille brandelli.
Era stato lui a permettere  che lei si abbandonasse tra le braccia di Zander.
Tornò davanti allo specchio, rendendosi conto che il suo bel volto aveva assunto gli stessi tratti di un demone e che l’apatia si era completamente dissolta  dai suoi lineamenti. Ringhiava, con la bocca aperta a mostrare i denti e in modo gutturale.
Era stato lui a decidere di rinchiudere il suo cuore sotto uno spesso strato di pietra e ad allontanare l’unica persona che potesse liberarlo.
Era stato lui a odiare suo fratello da quando l’aveva ritenuto responsabile della morte della madre.
Era stato lui a precludersi qualsiasi tipo di amore.
Non era Zander. Non si trattava di Stefan. Non riusciva nemmeno ad incolpare quel miserabile umano di Mutt.
E mentre frantumava il vetro dello specchio riuscì ad ammettere che l’unica persone che odiava in quel modo era se stesso.


Note!

Considerando che ho partecipato al concorso qualche mese fa, mi sembrava anche il caso di pubblicare la storia. xD
E poi avevo voglia di pubblicare qualcosa Bamon. *-*
Anche se solitamente scrivo cose più felici. (seeeeeeeeeh).
 Vedevo anche il fandom sul libro un po' vuoto di questo periodo e quello sul telefilm decisamente troppo intasato dalle Delena shippers (non ho niente contro di loro, è Elena -a meno che non si parli delle prime due stagioni- a stizzarmi e loro due insieme non mi trasmettono nulla).

Quindi... nulla! Spero vi piaccia. :3
  
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