Il Maligno Puffo Volgare
Heading 2
Normal
Capitolo1
“Io li odio. Io li odio tutti. Tutti, dal primo all’ultimo. Perché?
Perché? Perché sono tutti assurdamente alti! Si, ecco, non c’è un motivo più
serio, c’è solo questo e questo mi basta per odiarli. Tutti i giorni da quattro
anni mi sento richiamare da chiunque mi stia attorno, anche da coloro di cui
conosco il solo nome, con paroline intimidatorie sul mio aspetto. La cosa porta
ad odiare anche il più insignificante della scuola che riesce ad avere la sua
perfida rivincita su di me, sfogando la sua frustrazione. Giorno dopo giorno mi
ripresento al mondo sperando di non
essere il solito zimbello...Perchè cazzo dev’essere tutto così alto?? Uno ha
bisogno di una scala solo per abbracciare qualcuno. Ma il mio dilemma non è
l’essere basso di per se, ma essere basso e avere diciannove anni! E che cazzo!
Poi uno dice che non deve essere volgare...Ci si fa suggestionare dall’aspetto e
tutti allora ti etichettano come sfigato. Ed eccomi là, nel reparto di
tutti i diciottenni e diciannovenni della scuola che in quattro anni non sono
riusciti a diventare qualcuno. La vita è dura.”
Guardava le sue scarpe da ginnastica consumate, camminando a testa bassa
sul marciapiede davanti alla scuola. Per poco non finì a sbattere contro un palo
della luce. Per fortuna che alle 7:45 del mattino non c’è mai nessuno per
strada. Mancava solo quello per farlo sentire peggio. Ogni giorno la scuola era
come un campo minato, qualunque passo falso che faceva, lo portava
inesorabilmente alla figuraccia, che rimaneva nitida nelle menti degli
spettatori. Salì le scale di corsa, senza neanche aspettare i suoi compagni di
classe. Almeno con loro andava d’accordo...Forse perché lo conoscevano da più
tempo, e ormai sapevano che non sarebbe mai cambiato, ed era un vero peccato
prenderlo in giro. Forse per non farlo sentire più a terra di quanto fosse già?
Non voleva la loro compassione ed era certo di non averla, anche perché non era
il solo che a diciannove anni giocava ancora con i videogiochi e leggeva ancora
manga giapponesi, torturandosi il cervello con ogni sorta di fesserie fantasy.
Almeno su questo, sentiva di avere qualche punto in comune con gli altri. Entrò
in classe dirigendosi verso l’ultimo banco accanto al muro, si tolse il
giubbotto e aprì il libro a una pagina a caso, per dare l’impressione di
ripetere all’ultimo momento la materia del giorno. Nelle orecchie la solita
musica spacca timpani, ascoltata a qualunque ora del giorno, mentre lui cercava
di imitare con la bocca i suoni di un basso o di una batteria. Tentativo
inutile, fallito, dal momento che essere intonato era veramente un desiderio
irraggiungibile per lui. A poco a poco che i minuti si avvicinavano al suono
puntuale della campanella, la classe si riempì di studenti intenti a ripetere e
parlottare tra loro. Ma lui non ascoltava, continuava imperterrito a disegnare
sul banco. Era un personaggio di un videogioco, o meglio, inventato prendendo
spunto da un gioco. Almeno in questo se la cavava ed era piuttosto bravo. Su
questo era il migliore e nessuno poteva batterlo, peccato che non facesse un
grande effetto positivo sulle ragazze. Al suono della campanella, scattò in
piedi (in tutta la sua altezza, per quanto poteva esserlo) mentre la
professoressa entrava in classe sbattendo la porta.
- Ragazzi, oggi non è proprio giornata, evitate di farmi arrabbiare e
vedremo di raggiungere un punto d’accordo - Sempre le stesse parole da cinque
anni, ormai si era annoiato di sentirle ogni mattina. Se solo avesse detto
qualcosa d’interessante, forse l’avrebbe potuta
ascoltare.
- Prima di incominciare vorrei ricordare a tutti gli interessati che a
breve avranno inizio i corsi di teatro...e per essere più chiara, visto il
vostro scarso entusiasmo alla notizia, vi darà dei punti credito... – A questa
parola metà classe scattò in piedi. Era come una luce proveniente dal cielo
scesa in terra per aiutarli. Lui avrebbe fatto di tutto per poter avere qualche
chance in più, dal momento che i suoi voti potevano scendere in picchiata molto
rapidamente. Per la prima volta da giorni, uscì dalla fine delle cinque ore con
un sorriso stampato in faccia: una buona notizia. Doveva solo scrivere il suo
nome su quel maledettissimo foglio nell’ingresso per poi presentarsi al primo
incontro. Una cosa estremamente noiosa...Questo doveva voler dire socializzare
con i compagni di teatro? Dannazione. Socializzare. Un rischio che doveva
correre, un rischio che doveva affrontare. “ Ma perché anno inventato l’azione
di fare amicizia??...Uff...” Pazienza, in fondo si trattava solo di tenere duro
per qualche tempo ed evitare di essere eccessivamente simpatico (come in effetti
era), e cercare di fare lo scorbutico. Così non ci sarebbero stati problemi. Si
avviò zompettante verso l’ingresso, pensando che magari l’indomani sarebbe stato
una giornata migliore per lui.