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Autore: Chanel483    04/05/2014    3 recensioni
(SPOILER per chi non ha letto tutti e tre i libri.)
"Amavo Will? Mi piace pensare di sì, di un amore fresco e giovane come solo quello di un'irritante candida di sedici anni che non sa nulla dei dolori della vita può essere. Il mio unico rimpianto è quello di non averglielo mai detto, per una volta volevo fare le cose per bene, con calma, senza affrettare troppo i tempi, convinta che avrei avuto mille e mille altri giorni per dirglielo. E invece, non lo ha mai saputo."
A distanza di anni dalla loro morte, Christina ripensa a Will, Tris e tutti i suoi amici, pensando al tempo passato insieme e al futuro che avrebbero potuto avere.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christina, Will
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno (no ok, essendo le 02:33 forse sarebbe il caso di dire "buonanotte" più che altro) a tutti!
Sì, sono in astinenza da fanfiction. Il problema è che il mio pc è morto - DI NUOVO - e lì sopra ho salvato il continuo delle mie due long che quindi non posso pubblicare finché non viene riparato. Piango.
Così nel frattempo ho pensato di dedicarmi a questa os con assolutamente zero pretese uscita da un momento di crisi post Allegiant.
E niente, spero vi piaccia e se avete tempo/voglia mi piacerebbe leggere una recensioncina anche piccola piccola. 
Un bacio,
Chanel

 

Treni.


La prima volta che ho visto Will eravamo a bordo di un treno.
La prima volta che ci siamo baciati stavamo passeggiando vicino a dei treni.
Un treno ci ha condotti al suo patibolo.
No, non è vero. Queste sono tutte balle e, come ama ricordarmi mia mamma, i candidi non mentono, mai. Ma io non sono una candida, sono un'intrepida e penso che qualche piccola bugia possa solo fare bene, ogni tanto.
La verità, in ogni caso, è che io e Will ci siamo sicuramente incrociati decine di volte nei corridoi della scuola o durante le lezioni di storia delle fazioni che, ho scoperto, frequentavamo insieme. Semplicemente non ho mai avuto motivo per notarlo o parlare con lui o anche solo domandargli il suo nome.
Ogni tanto mi ritrovo a chiedermi cosa sarebbe successo se ci fossimo conosciuti prima, quando io ero un'impertinente candida e lui un saccente erudito. Ci saremmo innamorati comunque? Io lo avrei visto con gli stessi occhi? Sono cambiata così tanto dal giorno in cui ci siamo conosciuti. Sono cambiata insieme a lui e, in parte, grazie a lui. La sua presenza ha lasciato un segno così profondo dentro di me, tanto da convincermi che non sarei mai stata la stessa persona che sono ora, se non avessi avuto la fortuna di incontrarlo.
Non è vera neanche la storia del primo bacio. Quello vicino al treno è stato un impacciato sfioramento di labbra durato pochi secondi, esitante ed imbarazzato. Il primo vero bacio gliel'ho dato io poco dopo, accanto alla porta che dal tetto dell'edificio conduceva all'interno della residenza degli intrepidi.
Per quanto riguarda invece il tragitto verso il luogo della sua morte, posso solo supporre che il mezzo con cui lo abbiamo percorso sia stato un treno. Ero sotto l'effetto di un qualche siero disgustoso al quale non voglio neanche pensare e non ricordo nulla, assolutamente nulla.
Trovo ci sia dell'ironia nel fatto che non mi sia dato di ricordare gli ultimi momenti passati con l'amore della mia vita.
Ricordo senza alcuna difficoltà le sue mani forti strette attorno ai miei fianchi e le sua labbra tese in un sorriso contro le mie, mentre sussurrava frasi sconnesse e non troppo sensate, preda dell'euforia donatagli dai risultati della classifica.
E ricordo perfettamente il suo sorriso illuminato dalla fioca luce della luna, mentre mi ripeteva che ce l'avevamo fatta, che la nostra vita era nelle nostre mani e che da quel momento avremmo potuto fare ciò che volevamo, essere chi volevamo. E intanto mi stringeva di nascosto tra le lenzuola del suo letto e baciava ogni centimetro della mia pelle che riuscisse a raggiungere, cercando di fare piano per non svegliare gli altri durante quell'ultima notte trascorsa nel dormitorio comune.
Meglio di qualsiasi altra cosa ricordo quell'ultimo bacio, più dolce e lento dei precedenti, dato con la calma di chi sa che ne seguiranno molti altri, rubatogli mentre sgusciavo fuori dalle lenzuola, lontana da lui, diretta verso il mio letto.
Poi il buio e di colpo la luce. Il rumore degli spari nelle orecchie. Quel senso di stordimento. Il volto rigato di lacrime di una bambina abnegante dagli abiti grigi e i capelli biondo cenere legati in due trecce ai lati del viso, così simile a come doveva essere Tris da piccola. La mia pistola che cade a terra. Il rumore di metallo e asfalto che si scontrano. La corsa a perdifiato alla ricerca delle persone che amavo. Il corpo di Will, riverso in una pozza di sangue.
Vorrei dire che, a distanza di tutto questo tempo, i ricordi non fanno più male ma mentirei perché non è vero, sono sempre dolorosi e sempre lo saranno.
Un po' come quando, amputando a qualcuno un arto che gli ha procurato dolore per tanti anni, egli continua a sentire il male. Will diceva che lo chiamano “arto fantasma” o qualcosa di simile. Così mi sento quando ripenso alle persone care che non ci sono più. È un dolore sordo, nulla di tangibile, nulla che può essere sedato con un antidolorifico, ma comunque qualcosa che c'è sempre, che porti costantemente con te, anche se non lo vedi.
Il tempo aiuta, in parte. Ci insegna a sopravvivere a quel dolore e ad essere forti, a stringere i denti e ignorare il male, anche quei giorni in cui alzarsi dal letto sembra uno sforzo disumano, quei giorni in cui tutto ciò che vorresti fare e stare da sola e piangere.
Amavo Will? Mi piace pensare di sì, di un amore fresco e giovane come solo quello di un'irritante candida di sedici anni che non sa nulla dei dolori della vita può essere. Il mio unico rimpianto è quello di non averglielo mai detto, per una volta volevo fare le cose per bene, con calma, senza affrettare troppo i tempi, convinta che avrei avuto mille e mille altri giorni per dirglielo. E invece, non lo ha mai saputo.
A volte mi ritrovo a domandarmi se la nostra storia sarebbe durata. Se avremmo superato ogni avversità fianco a fianco come Quattro e Tris, oppure se avremmo percorso insieme un tratto delle nostre vite, per poi separarci per prendere strade diverse o ancora se avremmo vissuto una storia struggente, fatta di litigi e passione, per poi sgretolarci come creta tra le dita.
Ma questo non lo saprò mai. Come mai saprò come sarebbe andata a finire con Uriah o quante cose avremmo ancora potuto fare insieme io e Tris, né se sarei mai riuscita a convincerla a comprarci due braccialetti uguali, come amavano fare le ragazzine dei pacifici.
Non ho alcun ricordo di loro, non una foto o anche solo una maglietta sgualcita, ma li porto sempre con me, tatuati sulla mia pelle. Sul petto, proprio sopra al cuore, ho un nuovo tatuaggio, uno dei corvi di Tris che si intreccia con una semplice W. Non è come se lì avesse fatti Tori, ma mi aiutano a trovare la forza necessaria per non abbandonarmi al dolore.
Il pensiero di tutti loro colma il mio cuore di malinconia e rabbia, mi fa venire voglia di piangere a dirotto o urlare il mio dolore al cielo. Ma dura solo un istante, il tempo del passaggio di un treno sulle rotaie sospese a pochi metri da noi.
<< Ti ho vista, sai? >> mi informa Quattro, appoggiato accanto a me al cornicione del tetto di uno dei più alti edifici di Chicago.
Gli lancio un'occhiata e faccio una smorfia, sono una donna adulta ormai, ma so che mai riuscirò ad abbandonare il mio lato adolescenziale:<< Ah sì? >> gli domando in tono impertinente, lo stesso che usavo quando lui era un istruttore ed io un'iniziata dalla lingua troppo lunga.
Lui annuisce:<< So a cosa stai pensando. >> aggiunge, ma sul suo viso intravedo l'ombra di un sorriso e non l'espressione avvilita che ci si potrebbe aspettare.
Non riesco a trattenermi e sorrido anche io, stirando le labbra fino a far intravedere due file di denti bianchi:<< A volte fa bene ricordare. Tu lo sai forse meglio di me. >> dico semplicemente, accompagnando la frase con una spallata scherzosa.
Lui annuisce e si fa di colpo più serio, il ricordo di Tris stampato a fuoco nei linamenti duri del suo volto:<< Basta non perdercisi. Nei ricordi intendo. >>.
Annuisco, perché so che ha ragione. Ci sono giorni in cui il dolore sembra quasi insopportabile e penso che sarebbe più facile abbandonarsi a quel mondo di fantasia in cui Will è vivo, Tris è viva e con loro lo sono anche Uriah, Tori, Al e tutti gli altri. Ma so che non sarebbe giusto, non è così che loro vorrebbero vedermi vivere la mia vita.
Tutti loro amavano un'intrepida, non una codarda.
Poggio le mani sul parapetto e con una spinta mi ci isso sopra, mulino un attimo le braccia per trovare l'equilibrio e poi con una mano mi paro gli occhi dagli ultimi raggi rosati del sole che tramonta all'orizzonte. L'ombra di un treno si disegna in lontananza.
Inizio a correre.
Sento Quattro, alle mie spalle, balzare sul muretto e seguirmi con rapidità:<< Cosa pensi di fare?! >> mi domanda allarmato, mentre l'aria che gli sferza il viso minaccia di portarsi via le sue parole.
Non riesco a trattenermi, scoppio a ridere con la stessa spontaneità con cui lo facevo da bambina e giro appena la testa per vedere il treno farsi sempre più grande e definito:<< Prendo il treno. >>.
<< Ma nessuno lo fa più in questo modo! >>.
Senza smettere di correre, mi giro quel tanto che basta per vedere Quattro in faccia e fargli l'occhiolino:<< Sii coraggioso. >>
Io lo sono e non solo per me. Lo sono per Will per Tris, per Uriah, Al, Tori e per tutti i coraggiosi che non possono più esserlo.
E allora salto.
  
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